il grido dei vescovi africani

 

I vescovi africani dicono “No alla miseria”

Nel messaggio conclusivo della riunione del coordinamento Giustizia e Pace del Secam, i presuli denunciano lo sfruttamento della popolazione e delle risorse naturali

 

 

migranti
“No alla miseria”. E’ questo il grido che i vescovi africani hanno lanciato nel messaggio conclusivo della riunione del coordinamento Giustizia e pace del Secam (Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar), svoltasi in questi giorni a Bujumbura, in Burundi.

Il testo – diffuso dall’agenzia Sir e ripreso dalla Radio Vaticana – è firmato da mons. Gabriel Justice Yaw Anokye, arcivescovo di Koumassi (Ghana) e vicepresidente del Secam. In esso i presuli africani elencano chiaramente le cause della miseria in Africa e Madagascar , esprimendo un “netto rifiuto dello sfruttamento dei più poveri e dei più deboli, la riduzione in schiavitù, il traffico dei nostri bambini e dei loro organi”.

Denunciano poi “l’insicurezza crescente in alcuni Paesi e regioni del continente” e ricordano “le violenze e le vessazioni criminali in Centrafrica, i conflitti ricorrenti nella Repubblica Democratica del Congo, il fanatismo e l’estremismo religioso in Nigeria, Mali, Egitto, Somalia, Kenya e Tanzania”. L’obiettivo è dunque porre fine allo “sfruttamento ingiusto delle nostre risorse naturali, con l’industria mineraria che provoca conflitti violenti e criminali”. L’auspicio, invece, che “gli Stati africani abbiano il coraggio di scrivere e votare delle leggi che proteggano le rispettive risorse naturali”, in modo da realizzare un “buon governo”, che escluda “tutte le forme di corruzione e cattiva gestione”.

Nel messaggio traspare, inoltre, la preoccupazione per la gestione non sempre sana delle acque del fiume Nilo. Da esse, infatti, dipende “il benessere minimo delle popolazioni e dei Paesi sulle sue rive”. Per questo, i presuli esortano ad “un dialogo paziente e fruttuoso”, rinnovando il loro impegno per “una cultura democratica rispettosa della libertà d’opinione” e che “tenga conto dei diritti dell’immigrato e affronti senza ipocrisia la questione dei rifugiati nel rispetto della loro dignità umana fondamentale”.

Riguardo ai crimini contro l’umanità, le Conferenze Episcopali del Continente nero si dicono favorevoli “al diritto legale e penale” e promettono anche di rafforzare le loro strutture di Giustizia e Pace “per un dialogo efficace con i popoli africani, le organizzazioni della società civile, i diversi gruppi religiosi e i governi”. L’ultimo pensiero, infine, alle vittime del naufragio di Lampedusa dello scorso 3 ottobre e alle loro famiglie, a cui i presuli assicurano la loro vicinanza e preghiera.

(06 Novembre 2013) © Innovative Media Inc.
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il ‘questionario’ di papa Francesco

 

 

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

LE SFIDE PASTORALI SULLA FAMIGLIA NEL CONTESTO DELL’EVANGELIZZAZIONE

Documento preparatorio

 

Città del Vaticano

2013

 

I – Il Sinodo: famiglia ed evangelizzazione

La missione di predicare il Vangelo a ogni creatura è stata  affidata direttamente dal Signore ai suoi discepoli e di essa la Chiesa è  portatrice nella storia. Nel tempo che stiamo vivendo l’evidente crisi sociale e  spirituale diventa una sfida pastorale, che interpella la missione  evangelizzatrice della Chiesa per la famiglia, nucleo vitale della società e  della comunità ecclesiale.

Proporre il Vangelo sulla famiglia in questo contesto risulta  quanto mai urgente e necessario. L’importanza del tema emerge dal fatto che il  Santo Padre ha deciso di stabilire per il Sinodo dei Vescovi un itinerario di  lavoro in due tappe: la prima, l’Assemblea Generale Straordinaria del 2014,  volto a precisare lo “status quaestionis” e a raccogliere testimonianze e  proposte dei Vescovi per annunciare e vivere credibilmente il Vangelo per la  famiglia; la seconda, l’Assemblea Generale Ordinaria del 2015, per cercare linee  operative per la pastorale della persona umana e della famiglia.

Si profilano oggi problematiche inedite fino a pochi anni fa,  dalla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio e a volte  ne escludono l’idea, alle unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado  è consentita l’adozione di figli. Fra le numerose nuove situazioni che  richiedono l’attenzione e l’impegno pastorale della Chiesa basterà ricordare:  matrimoni misti o inter-religiosi; famiglia monoparentale; poligamia; matrimoni  combinati con la conseguente problematica della dote, a volte intesa come prezzo  di acquisto della donna; sistema delle caste; cultura del non-impegno e della  presupposta instabilità del vincolo; forme di femminismo ostile alla Chiesa;  fenomeni migratori e riformulazione dell’idea stessa di famiglia; pluralismo  relativista nella concezione del matrimonio; influenza dei media sulla cultura  popolare nella comprensione delle nozze e della vita familiare; tendenze di  pensiero sottese a proposte legislative che svalutano la permanenza e la fedeltà  del patto matrimoniale; diffondersi del fenomeno delle madri surrogate (utero in  affitto); nuove interpretazioni dei diritti umani. Ma soprattutto in ambito più  strettamente ecclesiale, indebolimento o abbandono della fede nella  sacramentalità del matrimonio e nel potere terapeutico della penitenza  sacramentale.

Da tutto questo si comprende quanto urgente sia che l’attenzione  dell’episcopato mondiale “cum et sub Petro” si rivolga a queste sfide. Se ad  esempio si pensa al solo fatto che nell’attuale contesto molti ragazzi e  giovani, nati da matrimoni irregolari, potranno non vedere mai i loro genitori  accostarsi ai sacramenti, si comprende quanto urgenti siano le sfide poste  all’evangelizzazione dalla situazione attuale, peraltro diffusa in ogni parte  del “villaggio globale”. Questa realtà ha una singolare rispondenza nella vasta  accoglienza che sta avendo ai nostri giorni l’insegnamento sulla misericordia  divina e sulla tenerezza nei confronti delle persone ferite, nelle periferie  geografiche ed esistenziali: le attese che ne conseguono circa le scelte  pastorali riguardo alla famiglia sono amplissime. Una riflessione del Sinodo dei  Vescovi su questi temi appare perciò tanto necessaria e urgente, quanto doverosa  come espressione di carità dei Pastori nei confronti di quanti sono a loro  affidati e dell’intera famiglia umana.

II – La Chiesa e il vangelo sulla famiglia

La buona novella dell’amore divino va proclamata a quanti vivono  questa fondamentale esperienza umana personale, di coppia e di comunione aperta  al dono dei figli, che è la comunità familiare. La dottrina della fede sul  matrimonio va presentata in modo comunicativo ed efficace, perché essa sia in  grado di raggiungere i cuori e di trasformarli secondo la volontà di Dio  manifestata in Cristo Gesù.

Circa il richiamo delle fonti bibliche su matrimonio e famiglia,  in questa sede si riportano solo i riferimenti essenziali. Così pure per i  documenti del Magistero sembra opportuno limitarsi ai documenti del Magistero  universale della Chiesa, integrandoli con alcuni testi del  Pontificio Consiglio  della Famiglia e rimandando ai Vescovi partecipanti al Sinodo il compito di dar  voce ai documenti dei loro rispettivi organismi episcopali.

In ogni tempo e nelle più diverse culture non è mai mancato né  l’insegnamento chiaro dei pastori né la testimonianza concreta dei credenti,  uomini e donne, che in circostanze molto differenti hanno vissuto il Vangelo  sulla famiglia come un dono incommensurabile per la vita loro e dei loro figli.  L’impegno per il prossimo Sinodo Straordinario è mosso e sostenuto dal desiderio  di comunicare a tutti, con incisività maggiore, questo messaggio, sperando così  che «il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il  cuore degli uomini» (DV 26).

Il progetto di Dio Creatore e Redentore

La bellezza del messaggio biblico sulla famiglia ha la sua  radice nella creazione dell’uomo e della donna fatti entrambi a immagine e  somiglianza di Dio (cf. Gen 1,24-31; 2, 4b-25). Legati da un vincolo  sacramentale indissolubile, gli sposi vivono la bellezza dell’amore, della  paternità, della maternità e della dignità suprema di partecipare così alla  opera creatrice di Dio.

Nel dono del frutto della loro unione assumono la responsabilità  della crescita e dell’educazione di altre persone per il futuro del genere  umano. Attraverso la procreazione l’uomo e la donna compiono nella fede la  vocazione all’essere collaboratori di Dio nella custodia del creato e nella  crescita della famiglia umana.

Il Beato  Giovanni Paolo II ha commentato quest’aspetto nella Familiaris Consortio: «Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cf.  Gen 1,26s): chiamandolo all’esistenza per amore, l’ha chiamato nello stesso  tempo all’amore. Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di  comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente  conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la  vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione  (cf. Gaudium et Spes, 12). L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa  vocazione di ogni essere umano» (FC, n. 11).

Questo progetto di Dio creatore, che il peccato originale ha  sconvolto (cf. Gn 3, 1-24), si è manifestato nella storia attraverso le vicende  del popolo eletto fino alla pienezza dei tempi, allorché, con l’incarnazione il  Figlio di Dio non solo confermò la volontà divina di salvezza, ma con la  redenzione offrì la grazia di obbedire a questa medesima volontà.

Il Figlio di Dio, Verbo fatto carne (cf. Gv 1,14) nel grembo  della Vergine Madre è vissuto e cresciuto nella famiglia di Nazaret, e ha  partecipato alle nozze di Cana di cui ha arricchito la festa con il primo dei  suoi “segni” (cf. Gv 2,1-11). Egli ha accettato con gioia l’accoglienza  familiare dei suoi primi discepoli (cf. Mc 1,29-31; 2,13-17) e ha consolato il  lutto della famiglia dei suoi amici a Betania (cf. Lc 10,38-42; Gv 11,1-44).

Gesù Cristo ha ristabilito la bellezza del matrimonio  riproponendo il progetto unitario di Dio, che era stato abbandonato per la  durezza del cuore umano persino all’interno della tradizione del popolo di  Israele (cf. Mt 5,31-32; 19.3-12; Mc 10,1-12; Lc 16,18). Tornando all’origine  Gesù ha insegnato l’unità e la fedeltà degli sposi, rifiutando il ripudio e  l’adulterio.

Proprio attraverso la straordinaria bellezza dell’amore umano –  già celebrata con accenti ispirati nel Cantico dei Cantici, e del legame  sponsale richiesto e difeso da Profeti come Osea (cf. Os 1,2-3,3) e Malachia (cf.  Ml 2,13-16) –, Gesù ha affermato l’originaria dignità dell’amore dell’uomo e  della donna.

L’insegnamento della Chiesa sulla famiglia

Anche nella comunità cristiana primitiva la famiglia apparve  come la «Chiesa domestica» (cf. CCC,1655): Nei cosiddetti “codici  familiari” delle Lettere apostoliche neotestamentarie, la grande famiglia del  mondo antico è identificata come il luogo della solidarietà più profonda tra  mogli e mariti, tra genitori e figli, tra ricchi e poveri (cf. Ef 5,21-6,9;  Col 3,18-4,1; 1Tm 2,8-15; Tt 2,1-10; 1Pt 2,13-3,7; cf. inoltre anche la Lettera a  Filemone). In particolare, la Lettera agli Efesini ha individuato nell’amore  nuziale tra l’uomo e la donna «il mistero grande», che rende presente nel mondo  l’amore di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5,31-32).

Nel corso dei secoli, soprattutto nell’epoca moderna fino ai nostri giorni, la  Chiesa non ha fatto mancare un suo costante e crescente insegnamento sulla  famiglia e sul matrimonio che la fonda. Una delle espressioni più alte è stata  proposta dal  Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes,  che trattando alcuni dei problemi più urgenti dedica un intero capitolo alla  promozione della dignità del matrimonio e della famiglia, come appare nella  descrizione del suo valore per la costituzione della società: «la famiglia,  nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a  raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare  i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il  fondamento della società» (GS 52). Di speciale intensità è l’appello a  una spiritualità cristocentrica per gli sposi credenti: «i coniugi stessi,  creati ad immagine del Dio vivente e muniti di un’autentica dignità personale,  siano uniti da un uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune  santità, così che, seguendo Cristo principio di vita nelle gioie e nei  sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano  diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo  con la sua morte e la sua risurrezione» (GS 52).

Anche i Successori di Pietro dopo il  Concilio Vaticano II hanno arricchito con  il loro Magistero la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia, in particolare  Paolo VI con la Enciclica Humanae vitae,  che offre specifici insegnamenti di principio e di prassi. Successivamente il Papa Giovanni Paolo II nella  Esortazione Apostolica Familiaris Consortio volle insistere nel proporre  il disegno divino circa la verità originaria dell’amore sponsale e della  famiglia: «Il “luogo” unico, che rende possibile questa donazione secondo  l’intera sua verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta  cosciente e libera, con la quale l’uomo e la donna accolgono l’intima comunità  di vita e d’amore, voluta da Dio stesso (cfr. Gaudium et Spes, 48), che  solo in questa luce manifesta il suo vero significato. L’istituzione  matrimoniale non è una indebita ingerenza della società o dell’autorità, né  l’imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d’amore  coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo perché sia  vissuta così la piena fedeltà al disegno di Dio Creatore. Questa fedeltà, lungi  dal mortificare la libertà della persona, la pone al sicuro da ogni  soggettivismo e relativismo, la fa partecipe della Sapienza creatrice»(FC 11).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica raccoglie questi  dati fondamentali: «L’alleanza matrimoniale, mediante la quale un uomo e una  donna costituiscono fra loro un’intima comunione di vita e di amore, è stata  fondata e dotata di sue proprie leggi dal Creatore. Per sua natura è ordinata al  bene dei coniugi così come alla generazione e all’educazione della prole. Tra  battezzati essa è stata elevata da Cristo Signore alla dignità di sacramento [cf.  Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et Spes, 48;  Codice di Diritto Canonico, 1055, 1]»  (CCC 1660).

La dottrina esposta nel Catechismo tocca sia i principi  teologici sia i comportamenti morali, trattati sotto due titoli distinti: Il  sacramento del matrimonio (nn. 1601-1658) e Il sesto comandamento (nn.  2331-2391). L’attenta lettura di queste parti del Catechismo procura una  comprensione aggiornata della dottrina della fede a sostegno dell’azione della  Chiesa davanti alle sfide odierne. La sua pastorale trova ispirazione nella  verità del matrimonio visto nel disegno di Dio che ha creato maschio e femmina e  nella pienezza del tempo ha rivelato in Gesù anche la pienezza dell’amore  sponsale elevato a sacramento. Il matrimonio cristiano fondato sul consenso è  anche dotato di propri effetti quali sono i beni e i compiti degli sposi,  tuttavia non è sottratto al regime del peccato (cfr. Gen 3,1-24) che può  procurare ferite profonde e anche offese alla dignità stessa del sacramento.

La recente Enciclica di  Papa Francesco, Lumen Fidei,  parla della famiglia nel suo legame con la fede che rivela «quanto possono  essere saldi i vincoli tra gli uomini quando Dio si rende presente in mezzo ad  essi» (LF 50). «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli  uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e  della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza  dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della  differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cf. Gn 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del  Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore,  uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta  la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per  sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti,  che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata» (LF 52). «La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della  vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura  che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il  suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra  fragilità» (LF 53).

III – Questionario

Le seguenti domande permettono alle Chiese particolari di  partecipare attivamente alla preparazione del Sinodo Straordinario, che ha lo  scopo di annunciare il Vangelo nelle sfide pastorali di oggi circa la famiglia.

1 – Sulla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero  della Chiesa riguardante la famiglia

a) Qual è la reale conoscenza degli insegnamenti della Bibbia,  della “Gaudium et Spes”,  della “Familiaris Consortio” e di altri documenti del Magistero  postconcilare sul valore della famiglia secondo la Chiesa Cattolica? Come i  nostri fedeli vengono formati alla vita familiare secondo l’insegnamento della  Chiesa?

b) Dove l’insegnamento della Chiesa è conosciuto, è integralmente accettato? Si  verificano difficoltà nel metterlo in pratica? Quali?

c) Come l’insegnamento della Chiesa viene diffuso nel contesto dei programmi  pastorali a livello nazionale, diocesano e parrocchiale? Quale catechesi si fa  sulla famiglia?

d) In quale misura – e in particolari su quali aspetti – tale insegnamento è  realmente conosciuto, accettato, rifiutato e/o criticato in ambienti extra  ecclesiali? Quali sono i fattori culturali che ostacolano la piena ricezione  dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia?

2 – Sul matrimonio secondo la legge naturale

a) Quale posto occupa il concetto di legge naturale nella cultura civile, sia a  livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare? Quali  visioni dell’antropologia sono sottese a questo dibattito sul fondamento  naturale della famiglia?

b) Il concetto di legge naturale in relazione all’unione tra l’uomo e la donna è  comunemente accettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale?

c) Come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge naturale sull’unione  tra l’uomo e la donna in vista della formazione di una famiglia? Come viene  proposta e approfondita negli organismi civili ed ecclesiali?

d) Se richiedono la celebrazione del matrimonio battezzati non praticanti o che si  dichiarino non credenti, come affrontare le sfide pastorali che ne conseguono?

3 – La pastorale della famiglia nel contesto  dell’evangelizzazione

a) Quali sono le esperienze nate negli ultimi decenni in ordine alla preparazione  al matrimonio? Come si è cercato di stimolare il compito di evangelizzazione  degli sposi e della famiglia? Come promuovere la coscienza della famiglia come  “Chiesa domestica”?

b) Si è riusciti a proporre stili di preghiera in famiglia che riescano a resistere  alla complessità della vita e della cultura attuale?

c) Nell’attuale situazione di crisi tra le generazioni, come le famiglie cristiane  hanno saputo realizzare la propria vocazione di trasmissione della fede?

d) In che modo le Chiese locali e i movimenti di spiritualità familiare hanno  saputo creare percorsi esemplari?

e) Qual è l’apporto specifico che coppie e famiglie sono riuscite a dare in ordine  alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana  credibile oggi?

f) Quale attenzione pastorale la Chiesa ha mostrato per sostenere il cammino delle  coppie in formazione e delle coppie in crisi?

4 – Sulla pastorale per far fronte ad alcune situazioni  matrimoniali difficili

a) La convivenza ad experimentum è una realtà pastorale rilevante nella  Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?

b) Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né religioso né civile? Vi  sono dati statistici affidabili?

c) I separati e i divorziati risposati sono una realtà pastorale rilevante nella  Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente? Come  si fa fronte a questa realtà attraverso programmi pastorali adatti?

d) In tutti questi casi: come vivono i battezzati la loro irregolarità? Ne sono  consapevoli? Manifestano semplicemente indifferenza? Si sentono emarginati e  vivono con sofferenza l’impossibilità di ricevere i sacramenti?

e) Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla  Chiesa a proposito dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione? Tra  le persone che si trovano in queste situazioni, quante chiedono questi  sacramenti?

f) Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della  dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale  contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte?  Se sì, in quali forme?

g) Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come si svolge tale  attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e  diocesano? Come viene annunciata a separati e divorziati risposati la  misericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro  cammino di fede?

5 – Sulle unioni di persone della stesso sesso

a) Esiste nel vostro paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di  persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?

b) Quale è l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo  Stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di  fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione?

c) Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che  hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni?

d) Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini  come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?

6 – Sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di  matrimoni irregolari

a) Qual è in questi casi la proporzione stimata di bambini e adolescenti in  relazione ai bambini nati e cresciuti in famiglie regolarmente costituite?

b) Con quale atteggiamento i genitori si rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono?  Solo i sacramenti o anche la catechesi e l’insegnamento in generale della  religione?

c) Come le Chiese particolari vanno incontro alla necessità dei genitori di questi  bambini di offrire un’educazione cristiana ai propri figli?

d) Come si svolge la pratica sacramentale in questi casi: la preparazione,  l’amministrazione del sacramento e l’accompagnamento?

7 – Sull’apertura degli sposi alla vita

a) Qual è la reale conoscenza che i cristiani hanno della dottrina della Humanae vitae sulla paternità responsabile? Quale coscienza si ha della valutazione  morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite? Quali approfondimenti  potrebbero essere suggeriti in materia dal punto di vista pastorale?

b) È accettata tale dottrina morale? Quali sono gli aspetti più problematici che  rendono difficoltosa l’accettazione nella grande maggioranza delle coppie?

c) Quali metodi naturali vengono promossi da parte delle Chiese particolari per  aiutare i coniugi a mettere in pratica la dottrina dell’Humanae vitae?

d) Qual è l’esperienza riguardo a questo tema nella prassi del sacramento della  penitenza e nella partecipazione all’eucaristia?

e) Quali contrasti si evidenziano tra la dottrina della Chiesa e l’educazione  civile al riguardo?

f) Come promuovere una mentalità maggiormente aperta alla natalità? Come favorire  la crescita delle nascite?

8 – Sul rapporto tra la famiglia e persona

a) Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione dell’uomo: la famiglia è un luogo  privilegiato perché questo avvenga?

b) Quali situazioni critiche della famiglia nel mondo odierno  possono diventare un ostacolo all’incontro della persona con Cristo?

c) In quale misura le crisi di fede che le persone possono  attraversare incidono nella vita familiare?

9 – Altre sfide e proposte

Ci sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in  questo questionario, avvertite come urgenti o utili da parte dei destinatari?

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apprezzamenti e critiche ‘laiche’ sul ‘questionario’ di papa Francesco

bel giglio

una voce laica sul singolare e inaspettato ‘questionario’ che papa Francesco vuole divulgato capillarmente nella chiesa per sentire cosa pensa il popolo di Dio su tanti problemi della vita quotidiana che tradizionalmente sono stati troppo pudicamente messi nel silenziatoio o trattati con arroganza e saccenteria clericale e moralistica: l’opinione di Stefano Ceccanti (in “Europa” del 7 novembre 2013):

Che penso del questionario del sinodo sulla famiglia

di Stefano Ceccanti*

Il questionario in preparazione del Sinodo straordinario relativo alla famiglia, convocato da papa Francesco nel 2014, è meritorio nel metodo innovativo e non elusivo nel merito, non sto quindi a ripetere qui quanto esso porti una boccata d’aria nuova dato che l’hanno già detto in molti con argomenti condivisibili. Mi concentro quindi esclusivamente sulle poche riserve critiche che mi vengono di getto. 1. Non è ben chiaro perché si debba partire dal grado di conoscenza della Sacra Scrittura e del Magistero anziché dalla lettura dei cambiamenti per poi tentare di valutarli a partire da quella conoscenza. Il punto di partenza rischia di condizionare l’esito in modo non del tutto fecondo. Sacra Scrittura e Magistero non sono un sistema chiuso, c’è un problema di lettura dei segni dei tempi che può far progredire e crescere la comprensione di entrambi (Dei Verbum 8 b) e che può far valutare diversamente le difficoltà pratiche. 2. Il paragrafo 2 sembra voler ricondurre il senso della Sacra Scrittura e del Magistero al concetto di legge naturale. Tuttavia l’allora cardinale Ratzinger nel noto dialogo con Habermas riteneva lui per primo che il diritto naturale fosse uno strumento inservibile nelle società odierne. Per molti versi, in realtà, il messaggio cristiano è una sfida alla natura, a certezze consolidate, il suo fascino sta nella sfida. Peraltro nelle società tradizionali in cui si trovano ancor ad operare alcune comunità ecclesiali quel concetto è ancora usato in senso tradizionalistico, teso pericolosamente a negare l’uguaglianza tra uomo e donna nella famiglia. 3. La famiglia si trova all’incrocio tra Chiesa e società, come luogo di discernimento tra dentro e fuori: non è solo significativa rispetto alla Chiesa, ma anche come luogo di educazione alla coscienza civile e all’impegno nello studio, lavoro e nelle realtà secolari. Non si tratta quindi di «resistere alla complessità della vita e  della cultura attuale», definizione che rischia di sfociare in modelli spiritualistici e integristi, ma di affrontare quella complessità con adeguati criteri di discernimento personale e comunitario. 4. Le situazioni cosiddette “irregolari” (sia le convivenze ad experimentum, sia l’incremento delle separazioni e dei divorziati risposati) non sono solo il prodotto di scelte individuali ma anche di alcuni fenomeni sociali di per sé ambigui o comunque irreversibili come, nelle società più avanzate, l’ampliamento del periodo di adolescenza prolungata tra la maturità sessuale (anticipata) e l’inserimento lavorativo più o meno stabile (ritardato) e, ancor più, la maggiore dignità assunta dalla donna nel matrimonio, non più disponibile ad accettare condizioni anti-umane e anti-cristiane nella coppia. Si può e si deve riproporre certo l’indissolubilità come impegno serio invitando ad evitare o a ridurre la durata delle convivenze ad experimentum, ma ciò è credibile solo se si ha coscienza di questi mutamenti e se si evitano quindi giudizi semplicistici e moralistici che ignorano quei mutamenti collettivi. Lo stesso per “lo snellimento” delle procedure canoniche sulla nullità del matrimonio che va vista in relazione alla coscienza del vincolo che si contrae: una coscienza che, per quanto aiutata pastoralmente, spesso non è (e non sarà) obiettivamente proporzionale all’impegno che si assume. Per prevenire le nullità appare più opportuno insistere sul legame col sacramento del matrimonio e sul rinnovo simbolico periodico delle promesse insieme ad iniziative che non abbandonino le persone dopo la celebrazione del matrimonio anziché insistere, come nel testo, sui sacramenti dell’eucarestia e della riconciliazione. 5. Questo paragrafo consente opportunamente distinguere tra posizione delle Chiese particolari sulla regolamentazione legislativa sulle unioni di persone dello stesso sesso e atteggiamento verso le persone. Tuttavia vi è il rischio di sottovalutare che quelle unioni rispondono a modelli tra loro molto diversi: un conto è il ricondurle tout court al matrimonio e un altro adottare modelli legislativi diversi, che mantengano una distinzione. I giudizi delle Chiese particolari non dovrebbero appiattire le differenze tra questi modelli, cosa ancora non chiara nel dibattito ecclesiale
recente. Altra cosa ancora, a prescindere dalle leggi sulle unioni e dall’attenzione alle persone, dovrebbe essere la solenne condanna alle forme di discriminazione e di repressione verso le persone omosessuali. In generale può esservi nelle coppie di persone omosessuali una fecondità sociale diversa da quella fisica che può meritare anche forme di riconoscimento giuridico. Spesso il tentativo in sé condivisibile di criticare le semplificazioni delle teorie del gender finisce per scivolare in forme di opposizione radicale che possono anche sfociare in legittimazione dell’omofobia e comunque in chiavi di lettura umane e cristiane altrettanto unilaterali quanto quelle che si intendono criticare. Si veda invece un recente equilibrato intervento francese:: http://www.reseaux-parvis.fr/chretiens-en-liberte/la-revue/46-prntation-de-la-revue/537-pour-une– approche-chretienne-du-genre 6. Qualsiasi richiesta che vada nel senso dell’apertura della comunità ecclesiale ai propri figli dovrebbe essere a priori accolta. L’onere della prova deve sempre spettare a chi intenda porre condizioni, che però devono andare pur sempre nell’interesse educativo dei figli. Attenzione poi anche al linguaggio: irregolari sono definibili le situazioni, non le persone o le coppie. In termini cristiani siamo tutti “irregolari” perché la regola eccede di gran lunga i nostri limiti. 7. Qui si è ricondotti alla questione della visione personalistica della sessualità che dovrebbe essere legata alla fecondità del matrimonio nel suo insieme, in chiave teleologica, come in termini pastorali avviene già largamente di fatto, anziché inseguire in modo deontologico e invasivo i singoli atti e i singoli metodi, trattando in quel caso i coniugi, e specialmente le donne, come minorenni nella fede e nella vita.
*www.landino.it

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Facebook era la vetrina per adescare ragazzine

benvenuto al “Club dello stupro”

club dello stupro-neozelanda-facebook-tuttacronaca

 

Come è possibile che Facebook il social blu che non permette neppure di postare una foto di una mamma che allatta la propria figlia permetta la pubblicità di un vero e provo “Club dello stupro”? Sembrerebbe proprio così! Due giovani neozelandesi hanno usato il social network per adescare ragazze e minorenni per poi, dopo averle fatte ubriacare, stuprarle fotografando la violenza e pubblicando le foto su Facebook. Naturalmente non mancavano neppure commenti per deriderle. La pagina è stata aperta nel 2011 e il profilo si intitolava , “Roast Busters”. I due ragazzi, uno figlio di un poliziotto e l’altro figlio di una star internazionale, Joseph Levall Parker, il quale ha avuto un ruolo nel film ‘The Matrix‘, sono stati arrestati. Nessuna delle ragazze coinvolte fino a oggi aveva avuto il coraggio di denunciarli.

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la ‘rivoluzione’ di papa Francesco

anemoni

Tutti parlano di ‘rivoluzione’ nella chiesa di papa Francesco, molti con entusiasmo, alcuni con perplessità o paura

mi piace, come anche in altro momento ho fatto in riferimento ad affermazioni o pronunciamenti del papa, mettere qui a confronto due posizioni a proposito del ‘questionario’ che papa Francesco ha mandato ai vescovi per interpellare tutti i cristiani: una consultazione globale, un mini concilio on-line che mette rinnovato entusiasmo ai più e fa storcere il naso a molti fuori e dentro il Vaticano

di seguito, a confronto, l’articolo di M. Politi (apparso su ‘il Fatto quotidiano’ del 6.11.2013)e di M. Matzuzzi (apparso su ‘il Foglio’ del 6.11.2013):

La rivoluzione è nelle domande

di Marco Politi

 Trentotto domande su famiglia, unioni di fatto, contraccezione, legami omosessuali… rivolte al basso, alle famiglie, al popolo dei credenti. La rivoluzione di Francesco compie un altro passo in avanti. Semplice come l’uovo di Colombo, audace come il passaggio dalla monarchia assolutista a un governo in cui il “capo” ascolta il suo popolo.
Da 50 anni, da quando Paolo VI tolse al Concilio la facoltà di occuparsi della contraccezione e volle risolverlo con l’enciclica Humanae Vitae (persino contro il parere della maggioranza delle commissione da lui creata, che riteneva possibile l’uso dei contraccettivi in certi casi), la Chiesa gerarchica dei celibi ha sempre spiegato dall’alto qual è la “verità”, quali sono i dettami della “natura”, qual è il “giusto” modo di rapportarsi sul piano sessuale senza mai attingere al- l’esperienza delle centinaia di milioni di uomini e donne che vivono questi legami. Per secoli il popolo dei credenti è stato trattato da gregge specialmente in questo campo, ora Francesco gli restituisce la parola. Lo fa senza mettere in discussione la dottrina, ma ponendosi come un prete che vuole confrontarsi con l’esistenza dei suoi fedeli, i loro problemi, i loro interrogativi e bisogni. Il tenore delle domande – che il Vaticano ha pubblicato ieri – è di una disarmante concretezza e rende visibile l’approccio strategico così ben descritto da Francesco nella sua intervista-manifesto alla rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica: “Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla ‘sicurezza’ dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante”. Ed ecco che le domande sono una sincera richiesta ai vescovi e al popolo credente di esprimere la realtà così com’è. Perché non ha senso decidere in base a schemi e dettami astratti. Ad esempio, come si pongono le Chiese locali “nei confronti della gente coinvolta in unioni dello stesso sesso? Qual è l’attenzione pastorale rivolta a queste persone?”. E – ancora più importante – nel caso che una coppia gay “abbia adottato figli, cosa è possibile fare pastoralmente alla luce della trasmissione della fede?”. E ancora “…i genitori (delle coppie omosessuali) come si rapportano alla Chiesa?”. Di colpo intere categorie trattate in passato come lebbrosi e in tempi recenti come i samaritani al tempo di Gesù (quelli condannati per un modo di vivere sbagliato, non come i giusti farisei!) diventano persone a cui rivolgersi con attenzione umana inscindibile da quella pastorale. Alla Chiesa wojtyliana e ratzingeriana che già sapeva cosa dire ai divorziati risposati “no” secco alla richiesta di poter fare la comunione – Francesco contrappone la semplicità del questionario: “Che domande pongono i divorziati risposati alla Chiesa riguardo ai sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione? Tra quelle persone, che si trovano in questa situazione, quanti chiedono questi sacramenti? Una semplificazione dei procedimenti canonici nel riconoscere la dichiarazione di nullità del legame matrimoniale potrebbe favorire un contributo positivo alla soluzione dei problemi delle persone coinvolte?”. La prima lezione che si trae da questo evento è che per la prima volta un papa vuole ascoltare ciò che le Chiese locali dicono dal basso, in ogni parte del mondo. Ma c’è un secondo aspetto significativo che riguarda le difficoltà che la rivoluzione di Bergoglio incontra e incontrerà. Il questionario è stato mandato alle conferenze episcopali tempo addietro. Soltanto i vescovi d’Inghilterra e del Galles hanno colto lo spirito della svolta di Francesco e hanno messo immediatamente in Internet il questionario, chiedendo esplicitamente ai fedeli di rispondere. Con una trasparenza totale, stimolando gli interlocutori nella loro precisa esperienza di vita. A uno a uno: laici, genitori, catechisti, membri di associazioni, preti, cappellani ecc. La maggioranza degli episcopati, dall’Italia agli Stati Uniti, si è tenuta invece per sé il questionario:
nell’ottica tradizionale di elaborare dall’alto – o con prudenti consultazioni ben guidate – le risposte da mandare al papa (formalmente alla segreteria del Sinodo dei vescovi), che le chiede entro tre mesi. È stato per questo che Francesco ha dato l’ordine di rendere pubblico al mondo intero il contenuto del questionario. E in questa linea il segretario del Sinodo, mons. Lorenzo Baldisseri, ha comunicato alla stampa che ciascun fedele può mandare direttamente le sue risposte in Vaticano. Francesco può pure incontrarsi regolarmente con il pontefice emerito Benedetto e intrattenere con lui rapporti cordiali di stima e di affetto sincero. Ma niente come l’iniziativa del questionario caratterizza meglio il rovesciamento di prospettiva e di azione del governo di Bergoglio rispetto ai metodi del pontificato di Wojtyla e di Ratzinger. La Chiesa sta vivendo una rivoluzione. “Purtroppo”, pensano molti prelati.

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Dalle convivenze ai figli delle coppie gay, 39 domande spigolose ai vescovi

di Matteo Matzuzzi

 Il Sinodo è dei vescovi e non dei laici, precisa subito monsignor Lorenzo Baldisseri a margine della conferenza stampa sulla preparazione della Terza assemblea generale straordinaria del Sinodo, in programma dal 5 al 19 ottobre 2014. Certo, poiché il tema è ampio e delicato (“Le sfide della famiglia nel contesto della nuova evangelizzazione” è il titolo scelto), tutti avranno la possibilità di far sentire la propria voce, a cominciare dalle donne, attese in gran numero in qualità di uditore. Baldisseri, da poco più di un mese segretario di quell’organismo che Papa Francesco vuole più dinamico e flessibile, spiega che l’intenzione è di trasformare il Sinodo in “un vero ed efficace strumento di comunione attraverso il quale si esprima e si realizzi la collegialità auspicata dal Concilio”. Al centro dell’incontro, l’illustrazione del questionario inviato alle chiese particolari chiamate a far sentire la propria voce entro fine gennaio, in modo da poter definire l’instrumentum laboris in vista dell’appuntamento di ottobre. Trentanove domande che indicano quanto “urgente e necessaria” sia l’attenzione dell’episcopato mondiale alle “problematiche inedite fino a pochi anni fa” che riguardano la famiglia. Nel documento preparatorio si cita la diffusione delle coppie di fatto, che “non accedono al matrimonio e a volte ne escludono l’idea”, alle unioni fra persone dello stesso sesso, “cui non di rado è consentita l’adozione di figli”. Ed è su queste sfide che viene chiesto alla chiesa universale di far sentire la propria voce. Le domande sono specifiche e dettagliate. A proposito delle unioni di fatto senza riconoscimento né religioso né civile, il Relatore generale del Sinodo, il cardinale ungherese Péter Erdö , ha sottolineato che “questo è uno dei problemi più importanti in molti paesi”, e viene chiesto alle diocesi di chiarire se ci siano iniziative pastorali riguardo alle persone che vivono in situazioni matrimoniali difficili. Il documento, poi, tocca il tema dell’apertura “degli sposi alla vita”, indagando come e se questi si rapportino alla dottrina dell’Humanae Vitae. Nulla viene tralasciato od omesso, neppure i problemi derivanti dalle unioni tra persone dello stesso sesso: “Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni? Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini, come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?”. Sono solo due dei quesiti posti dalla Segreteria generale del Sinodo alla realtà delle parrocchie e dei decanati sparsi nel mondo. L’insistenza, ha detto monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti- Vasto e segretario speciale della Terza assemblea del Sinodo, “è sulla misericordia divina e la tenerezza nei confronti delle persone ferite, nelle periferie geografiche ed esistenziali”. Diventa “vitale”, ha aggiunto, “coniugare l’impegno quotidiano in famiglia a condizioni che la sostengano tanto nell’ambito della società civile, quanto nella comunità ecclesiale, motivando concretamente la bellezza e la fecondità della fede nella sacramentalità del matrimonio e nel potere terapeutico della penitenza sacramentale”. A ogni modo, ha voluto chiarire il cardinale Erdo, “nessuno vuole riaprire il dibattito sul cambiamento della dottrina cattolica”, anche perché, come ha spiegato, “la base del Sinodo deve essere la dottrina del Magistero della chiesa”.

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stampa e pregiudizi: come si rafforzano

 

Rom ladri di bambini: così la stampa rafforza gli stereotipi

una richiesta dell’Associazione 21 luglio alla stampa

 

Una donna in un "campo rom" di Roma

un “campo rom” di Roma

 

Nei giorni del ritrovamento, in un campo rom in Grecia, di una bimba i cui tratti somatici non convincevano la polizia, parte della stampa italiana ha parlato dell’accaduto additando subito gli “zingari” come “ladri di bambini”.

“Ci hanno sempre detto che fossero fandonie. Che le zingare non rapiscono i bambini. Che ce lo inventavamo per attaccare i poveri zingari innocenti. Come, altre baggianate, erano, secondo i buonisti di sempre, le accuse di essere ladri d’appartamento e scippatori. Tiè! Ecco la prova provata”, si leggeva sul blog de Il Giornale.it lo scorso 20 ottobre.

Alcuni giorni dopo i genitori naturali della bimba dichiarano di averla affidata alla coppia con la quale è stata ritrovata, e un caso analogo in Irlanda si conclude con un test del DNA che conferma che la bimba in questione, seppur bionda con gli occhi azzurri, è figlia della coppia con la quale viveva. A fronte di questi acceratementi questo il commento del Secolo d’Italia del 24 ottobre: “Ciò conferma che pure le tribù rom, come loro stesse sostengono, possono dare alla luce bambini biondi con occhi azzurri o verdi, ma ciò non giustifica affatto la gravità del reato di rapimento da parte degli stessi nomadi, come purtroppo troppo spesso accade”.

In base a tali fatti, le associazioni Naga e Associazione 21 Luglio chiedono che la stampa agisca in modo consapevole, vista la grande responsabilità che ha nella creazione di stereotipi e pregiudizi. Un’informazione corretta deve sempre ricordare, soprattutto a se stessa, che per qualsiasi reato la responsabilità penale è individuale, mai di un “gruppo” o di un’etnia.

E non deve dimenticare che, come dimostrato anche da un’importante ricerca dell’Università di Verona, di tutte le notizie di fantomatici rapimenti che vedevano coinvolti cittadini rom tra il 1986 e il 2007, in nessun caso l’esito è stato una condanna per questo reato.

Proponiamo quindi ai singoli giornalisti, all’Ordine dei giornalisti, alla Federazione Nazionale della Stampa e agli editori di: ·         rispettare e applicare le Linee guida per l’applicazione della Carta di Roma; ·         dare voce ai cittadini rom e sinti, raccogliere le loro parole, interpellarli e ascoltarli come fonti.

Naga e Associazione 21 Luglio continueranno a monitorare i media e a fare pressione affinché la stampa si faccia portatrice di una rappresentazione diversa dei cittadini rom e sinti e di tutte le persone discriminate.

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