papa Francesco sembra credere poco a Medjugorie

Medjugorie, chiusa commissione d’inchiesta. Bergoglio scettico sui veggenti

Il lavoro, presieduto da Ruini, è durato più di tre anni e, il 23 gennaio scorso, l’ex presidente della Cei, che non hai mai messo piede nel paesino della Bosnia Erzegovina, ha informato Papa Francesco dei risultati. Grande attesa sulla decisione che prenderà il Papa
Medjugorie, chiusa commissione d’inchiesta. Bergoglio scettico sui veggenti
questa la convinzione de ‘il Fattoquotidiano’ basata su alcune espressioni altamente significative, peraltro, di papa Francesco stesso nei mesi passati:
Papa Francesco non crede a Medjugorje. Da oltre trent’anni nel paesino della Bosnia Erzegovina apparirebbe la Madonna a sei veggenti, ma Bergoglio in maniera piuttosto esplicita ha spiegato in più occasioni il suo pensiero. E ora che in Vaticano è finalmente arrivato il dossier elaborato dalla Commissione internazionale d’inchiesta su Medjugorje, voluta da Benedetto XVI e presieduta dal cardinale Camillo Ruini, c’è grande attesa sulla decisione che prenderà il Papa argentino.

Nell’omelia della Messa celebrata a Santa Marta il 7 settembre 2013, Bergoglio ha criticato duramente i “cristiani senza Cristo: quelli che cercano cose un po’ rare, un po’ speciali, che vanno dietro a delle rivelazioni private, mentre la rivelazione si è conclusa con il Nuovo testamento”. Un riferimento, seppure indirettamente, ai segreti che la Madonna avrebbe rivelato ai sei veggenti di Medjugorje. Molto più esplicito è stato, invece, il Papa il 14 novembre scorso sempre nell’omelia di Santa Marta. “Ci dicono: il Signore è qua, è là, è là! Ma io conosco un veggente, una veggente che riceve lettere della Madonna, messaggi della Madonna. Ma, guarda, la Madonna è madre! E ama tutti noi. Ma non è un capo ufficio della posta, per inviare messaggi tutti i giorni”.

Dal 24 giugno 1981, nella piccola località (2.500 abitanti) della Bosnia Erzegovina, la Madonna apparirebbe a sei veggenti (Vicka Ivanković, Mirijana Dragičević, Marija Pavlović, Ivan Dragičević, Ivanka Ivanković e Jakov Čolo). Nel 2010 Benedetto XVI ha affidato a una commissione internazionale, presieduta dal cardinale Ruini e composta da diciassette membri provenienti da tutto il mondo (porporati, vescovi, teologi e psicologi scelti tra i massimi esperti di mariologia e apparizioni) il compito di approfondire il fenomeno Medjugorje. Il lavoro è durato più di tre anni e, il 23 gennaio scorso, l’ex presidente della Cei, che non hai mai messo piede nel paesino della Bosnia Erzegovina, ha informato Bergoglio dei risultati a cui è giunta la commissione. Ora il dossier conclusivo è nelle mani della Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dal tedesco Gerhard Ludwig Müller a cui il Papa imporrà la berretta cardinalizia nel concistoro del 22 febbraio prossimo.

Ma nei sacri palazzi è forte lo scetticismo che aleggia da sempre su Medjugorje. È nota la vicenda del cardinale di Vienna ed ex alunno di Ratzinger Christoph Schönborn, che trascorse il capodanno del 2010 a Medjugorje. Il pellegrinaggio non passò inosservato scatenando non poche polemiche, soprattutto in Vaticano. Pochi sapevano che Schönborn era andato a Medjugorje anche con l’intento di raccogliere informazioni da riferire a Benedetto XVI. “Un cardinale che viene in un luogo come Medjugorjie – sottolineò il porporato rispondendo alle numerose critiche – non può passare inosservato. Ma sono venuto anzitutto da pellegrino per essere nel luogo dove tanta gente trova fede e coraggio nella fede. Non è compito dei veggenti dimostrare, ma comunicare. Io dico semplicemente e indipendentemente dal giudizio finale di questi fenomeni, che una cosa mi pare evidente: i messaggi sono semplicemente evangelici, sono di buon senso”.

E sulle apparizioni? “È vero che la Madonna è dappertutto – precisò il porporato – ma è altrettanto vero che in questi luoghi se ne avverte una presenza molto più forte. L’aspetto fondamentale sono i frutti. I frutti dicono, i frutti parlano, i frutti sono rivelatori”. Nel libro “Perchè è santo“, scritto dal postulatore della causa di canonizzazione di Giovanni Paolo II, Slawomir Oder, e dal giornalista Saverio Gaeta, si racconta che uno dei più stretti collaboratori del Pontefice polacco chiese a Wojtyla se avesse mai visto la Madonna. La risposta del Papa fu netta: “No, non ho visto la Madonna, ma la sento”. Nel libro si riportano, accreditandole, anche le parole pronunciate da Wojtyla, che sarà canonizzato il prossimo 27 aprile da Papa Francesco insieme a Giovanni XXIII, durante un breve colloquio con la veggente Mirijana alla quale confidò: “Se non fossi Papa, sarei già a Medjugorje a confessare”.

 

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quelli che … questo papa proprio non va!

Papa Francesco piace… non a tutti

È troppo sobrio. Troppo moderno. E pecca anche di “relativismo morale e religioso”. Sono le accuse mosse al Pontefice più rock di ogni tempo. Ecco chi sono i suoi “nemici”

Papa Francesco: cominciano a spuntare critici e nemici

Guarda la giornata che abbiamo passato con lui (foto | video)
così Michela Auriti, su ‘Oggi’, ricostruisce il quadro di una destra conservatrice o reazionaria che in America e anche da noi (all’ombra specie de ‘il Foglio’ di G. Ferrara) scaraventa addosso a papa Francesco le accuse più inverosimili:

Papa Francesco piace… non a tutti. L’idillio è finito. Dopo sette mesi di innamoramento collettivo, voci contrarie a Papa Francesco si sono levate dalle pagine di un quotidiano. E le conseguenze non sono state indolori. C’è poi chi cerca di normalizzare Bergoglio, di inserirlo in una logica di continuità pontificia, così da attenuarne la portata rivoluzionatia. Comunque sia, la luna di miele ormai sfuma.

Papa Francesco si inchina a Rania di Giordania – LEGGI | FOTO | VIDEO

 «Questo Papa non ci piace» è il titolo forte dell’articolo su Il Foglio di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, il primo giornalista e studioso di letteratura, il secondo canonista e docente di Bioetica, entrambi esponenti del mondo tradizionalista cattolico. Si accusa il pontefice di «relativismo morale e religioso», puntando il dito sull’intervista rilasciata da Francesco al non credente Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica. Il passaggio sull’autonomia della coscienza e sulla visione personale del Bene e del Male contrasterebbe con il magistero dei precedenti Pontefici. I due autori richiamano così il capitolo 32 della Veritatis Splendor in cui Giovanni Paolo II, contestando «alcune correnti del pensiero moderno», scriveva che «si sono attribuite alla coscienza individuale le prerogative di un’istanza suprema del giudizio morale», tanto che esso è diventato «radicalmente soggettivista».

Papa Francesco scende dalla macchina per salutare e baciare un disabile – GUARDA

Quando il Papa dice a Scalfari che «il proselitismo è una solenna sciocchezza», incalzano i giornalisti, è come se disconoscesse il lavoro fatto dalla Chiesa per convertire le anime al cattolicesimo. Poi si arriva all’intervista del Papa a Civiltà Cattolica, con il suo richiamo al Concilio Vaticano II che «è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea». Ma un Vangelo «deformato alla luce del mondo», si domandano Gnocchi e Palmaro, quanti altri mutamenti dovrà subire?

Papa Francesco beve dalla lattina di un fedele e manda nel panico la sicurezza – GUARDA

ALLONTANATI DA RADIO MARIA 

La visita di Francesco ad Assisi, il 4 ottobre, diventa per loro «un’imponente esibizione di povertà». Questo Papa è un leader «che dice alla folla proprio quello che la folla vuol sentirsi dire. Ma ciò viene fatto con grande talento e mestiere». L’augurio è che si impari l’umiltà vera, consistente «nel sottoporsi a Qualcuno di più grande, che si manifesta attraverso leggi immutabili persino dal Vicario di Cristo». Punto. Per Gnocchi e Palmaro, la conseguenza di tanta libertà di pensiero è l’allontamento da Radio Maria. Collaboravano da dieci anni, per loro ammissione in totale autonomia. Ma il direttore don Livio Fanzanga ha chiarito: «Tra i principi della nostra emittente c’è la fedeltà al Papa e al suo magistero».

I giudizi negativi vengono comunque condivisi da circoli intellettuali e gruppi tradizionalisti attivi sul web. A dar fastidio sono l’insistenza del Papa sui principi del Concilio, la sobrietà eccessiva, il viaggio a Lampedusa tra gli immigrati, i frequenti accenni alla misericordia di un Dio che non si stanca mai di perdonare. Gli stessi motivi che invece fanno leva sulle masse e conquistano a Francesco una popolarità vastissima, senza appartenenza né colore.

Certo Il Foglio si è smarcato dal consenso unanime, e non da ora, diventando il polo dei ratzingeriani irriducibili. Il direttore Giuliano Ferrara scriveva qualche settimana fa: «Le mie ferite non sono curabili nel suo ospedale da campo», con riferimento all’espressione usata da Francesco nell’intervista a Civiltà Cattolica. La critica era per il gesuita relativista che, come lo scomparso cardinal Martini, «assolve il mondo che ha processato e condannato la Chiesa cattolica e il pensiero cristiano». Sempre su quelle pagine, il giornalista e saggista Mattia Rossi sostiene una tesi cara agli ambienti tradizionalisti: Francesco, ai limiti dell’eresia, sta fondando «una nuova religione, una neo-chiesa in netta rottura non solo con i predecessori ma con il magistero cattolico perenne». Cita esempi, come la scomparsa dal pensiero di Bergoglio del peccato originale, e ne sindaca la fratellanza «umanitarista da ong e sentimentalista, tanto sbandierata quanto inaccettabile». Lorenzo de Vita, editore della cattolica Effedieffe, in uscita con Mistero di iniquità di Pierre Virion, aggiunge: «Questo Papa vuol portare alle estreme conseguenze le aperture del Concilio. Preoccupa. Se fuori dalla Chiesa non c’è salvezza, ha un senso aprire il recinto per accogliere il maggior numero di persone. Cristo però ha detto: “Non sono venuto a portare pace, ma una spada”. Allora salvarsi l’anima implica un percorso di sofferenza, ostico. Se ora Scalfari si sente giustificato, io penso alla Maddalena pentita. Gesù l’ammonì: “Va’ e non peccare più”».

«LOBBY E POTENTATI LAICISTI» 

 Sotto accusa finisce il nuovo linguaggio usato dal Papa e con strumenti diversi da quelli della consuetudine. Lo storico Roberto de Mattei, tradizionalista, lo ha definito «molto pericoloso», perché «chi domina il mondo della comunicazione non è il Papa né tantomeno i cattolici, ma lobby e potentati laicisti in grado di farne un uso distorto». Di conseguenza, ha espresso «una posizione di forte riserva nei confronti della strategia comunicativa del Pontefice».

Il professor Pietro De Marco, sull’autorevole blog di Sandro Magister Settimo cielo, rompe «il coro cortigiano» che si infiamma  agli interventi pubblici di Bergoglio: «Il Papa piace a destra e a sinistra, a praticanti e a non credenti senza discernimento. Il suo messaggio prevalente è “liquido”. Su questo successo, però, non può essere edificato niente, solo reimpastato qualcosa di già esistente e non il meglio». Prevede che anche i media si stancheranno «di fare da sponda a un Papa che ha troppo bisogno di loro». E conclude: «Non approvo gli estremismi tradizionalisti, ma non v’è dubbio che la tradizione sia la norma e la forza del successore di Pietro». Sandro Magister, vaticanista di L’Espresso, aggiunge: «La forza di Francesco sta nel non prendere mai posizione. Dice cose che vanno incontro alle attese di chi ascolta, evitando di toccare in modo netto temi che possono portare divisioni. Fa cenni vaghi. Ma questa modalità di comunicare non può durare in eterno e rischia di scontentare sia a destra sia a sinistra». Per ora Ritanna Armeni spiega bene come la sinistra, da tempo orfana di un padre che indichi «questo si fa, questo non si fa», si sia accoccolata su Francesco che restituisce dignità al Terzo Mondo e alla lotta per il lavoro.

Ma perfino tra i progressisti c’è chi rompe il consenso. Piero Stefani, intellettuale del cattolicesimo, scrive: «Si è di fronte a un susseguirsi di parole, fatti, gesti. Quasi quotidianamente c’è qualcosa di nuovo: encicliche pubblicate e annunciate, digiuni, preghiere, interviste, lettere, discorsi, nomine, udienze, viaggi, telefonate, twitter. Non si riesce a fissare un punto non dico di sosta, ma neppure di svolta. A partire da tutto ciò, e contro l’intenzione profonda del Papa stesso, quanto resta al centro è la persona stessa di Francesco e non già il suo messaggio. Così rischia di identificare il messaggio evangelico con se stesso».

LA RAMPOGNA DEL GESUITA AMERICANO 

 Ed ecco il “rabbuffo“ al Papa del gesuita americano Francis X. Clooney. Sempre sul Foglio si chiede come mai, se giudica lebbrosa la Curia, ne abbia canonizzato «il suo campione Wojtyla». Inoltre non gradisce lezioni di ecumenismo, quando il Papa dice che è stato fatto poco in quel senso. Già in passato, invece, e proprio sul tema della fratellanza interreligiosa, Magdi Cristiano Allam critica duramente Francesco. Durante un Angelus di agosto, questi si rivolge «ai nostri fratelli musulmani» dopo il Ramadan. Ma il giornalista argomenta che l’Islam pretende di «superare» il cristianesimo, continuando a massacrare «gli infedeli». Perciò nessuna legittimazione: «Così si scade nel relativismo religioso che annacqua l’assolutezza della verità cristiana».

Ma, a parte casi particolari, quanto è ampia l’area di opposizione al Papa? Massimo Introvigne, sociologo e fondatore del Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni), dice: «Occorre distinguere. Ci sono i cattolici vecchio stampo, quelli che provano un certo disagio di fronte a gesti come il colloquio con Scalfari, ma rimangono leali al Papa e al suo magistero; e piccoli gruppi che invece traggono occasione da questo disagio per ribadire critiche al Concilio, cosa che già facevano con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. In questa categoria rientra senz’altro la Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da monsignor Lefebvre, di cui molti intellettuali detti più o meno “tradizionalisti” sono simpatizzanti o almeno compagni di strada e frequentatori. Per questo mondo, l’impatto con Papa Francesco esaspera semmai il pericolo di scisma. Che però, insisto, c’era anche prima». Alberto Melloni, storico del Cristanesimo e autore di Quel che resta di Dio (Einadi),  aggiunge: «Il tradizionalismo cattolico è sempre stato eversore. Ha accusato Papa Giovanni d’essere un agente sovietico (ricordo un libretto dal titolo Nikita Roncalli), Paolo VI l’Anticristo, Wojtyla un sincretista quando fece la preghiera di Assisi. La moda di prendersela col Papa è antica, non ci vedo molto di nuovo. Ed è una forma di semplicismo ideologico dire: la tradizione ha sempre voluto e detto solo questo. Non è vero. Ciò che il Papa insegna è la caratteristica pluriforme della Verità cristiana, in un atteggiamento di continua ricerca di Dio. Questi tradizionalisti, graffitari della Chiesa che vanno a scrivere la loro protesta sui muri, sono niente».

LA SCHIERA DEI “NORMALISTI” 

 C’è poi la legione di quanti, di fronte alla dirompente novità di Francesco, cercano di convincere se stessi e gli altri che nulla cambia. La parola chiave è «continuità» rispetto al passato. Scrive sul Corriere della Sera Vittorio Messori, contestualizzando questo Papa: «Con il suo stile da “parroco del mondo”, vuole impegnare la Chiesa intera in quella sfida di rievangelizzazione dell’Occidente che fu centrale anche nel programma pastorale dei suoi due ultimi predecessori. Nessuna frattura, dunque, bensì continuità, pur nella diversità dei temperamenti».

Ma riuscirà, Francesco, ad attuare il suo programma così ambizioso? «È un Papa destinato a dividere», nota Ignazio Ingrao, vaticanista di Panorama. «Se da un lato attrae le folle, dall’altro mette in crisi tutto un sistema anche di potere, di concezione dell’autorità della Chiesa. E questo gli procura dei nemici. Bisognerà vedere se riusciranno a fermarlo. Francesco si spoglia degli orpelli del monarca, ma compensa con uno straordinario carisma. Tuttavia io credo che i suoi oppositori cresceranno. Il punto più critico di questo Pontificato è il livello di attesa, di aspettative che crea. E che rischia di non riuscire a soddisfare».

Michela Auriti

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ingiurie e condanne anziché vicinanza e accoglienza anche nella chiesa di papa Francesco

da Adista la ricostruzione di un difficilissimo inizio di relazione del neo-cardinale mons. Fernando Sebastián Aguilar ,eletto da papa Francesco, con ampie componenti del suo popolo nella sua cura pastorale: le donne e i gay, un rapporto fatto di ingiurie, grossolani pregiudizi … forse qui è il caso di dire che papa Francesco non ha aperto tutti e due gli occhi … e le orecchie!

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Omosessualità è una «deficienza di sessualità» e può essere curata. Le donne abortiscono perché «vogliono godersi la vita». Opinioni di un neo-cardinale, precisamente dell’84.enne arcivescovo emerito di Pamplona, mons. Fernando Sebastián Aguilar (fra i 19 nuovi cardinali cui papa Francesco imporrà la berretta il 22 febbraio prossimo), colte in due interviste: al quotidiano malagueño Sur (19/1/14) e al catalano El Periódico (15/1/14). Nella prima, Sebastián afferma, con toni da entomologo, che «l’omosessualità è una maniera deficiente di manifestare la sessualità, perché questa ha una struttura e un fine, che è la procreazione. L’omosessualità non può raggiungere questo fine, perciò è un fallimento». Lo dice «con tutto il rispetto» e consapevole che «molti si arrabbiano e non tollerano» una simile visione. «Non è un oltraggio per nessuno», spiega invece, perché, «nel nostro corpo, di deficienze ne abbiamo varie. Io soffro di ipertensione: mi arrabbio perché me lo dicono? È una deficienza che devo correggere come posso. Segnalare a un omosessuale la sua deficienza non è un’offesa, è un aiuto, perché molti casi di omosessualità si possono recuperare e normalizzare con un trattamento adeguato. Non è un’offesa, è un segno di stima. Se una persona ha un difetto, il buon amico è colui che glielo dice».

“Da curare sarai tu, e non proprio per l’ipertensione”, è in soldoni la risposta che è subito arrivata al neo-cardinale da Colegas, ovvero la Confederazione spagnola di lesbiche, gay, bisessuali, transessuali: «Le ricordiamo che l’omosessualità non è una malattia curabile, ed invece l’omofobia sì», ha scritto il gruppo, e «lamentiamo questo tipo di sfortunate associazioni fra omosessualità ed infermità che credevamo superate nell’attuale Spagna e che sono molto simili a quelle fatte recentemente dal presidente della Russia, Vladimir Putin, che ha associato omosessualità e pederastia». Il papa avrà preso un abbaglio, deve essere il sospetto di Colegas: Francesco, secondo il collettivo, non dovrebbe nominare cardinali «che difendono pubblicamente simili impostazioni se vuole una Chiesa più inclusiva e aperta, come ha lasciato intravedere in diverse sue manifestazioni sul tema dell’omosessualità».

Per la Federazione Statale di lesbiche, gay, transessuali e bisessuali (Felgtb) le espressioni di mons. Sebastián sono «seme di odio e miccia per azioni violente», mentre per Juan Cejudo, delle Comunità cristiane di Base e del Moceop (Movimento per il celibato opzionale), sono «un insulto» e meritano un ammonimento del papa e una pubblica richiesta di scuse da parte dell’autore.

Il teologo José María Castillo, dalle pagine di Redes Cristianas (21/1), invita tutti, a partire dal neo-cardinale, a «misurare bene» le parole, «soprattutto su questioni che hanno conseguenze sulla felicità o sulla disgrazia degli altri»; e rileva che Sebastián, parlando di procreazione quale fine della sessualità, «riduce la sessualità umana a mera animalità».

Levata di scudi su Twitter, invaso da critiche indignate e richieste di spiegazioni al papa. Ma anche una presa di distanza da parte del Partito popolare di Malaga, che ha fatto sapere di non condividere «in assoluto» le parole dell’arcivescovo emerito. Ovviamente ben più ferma la posizione del partito socialista, il Psoe: esigiamo una rettifica, ha detto la portavoce María Gámez. Le parole del neo-cardinale contribuiscono a «fomentare la discriminazione e l’omofobia», ha dichiarato Purificación Causapié, che del Psoe nazionale è la segretaria per l’Uguaglianza.

Nell’intervista a El Periódico (15/1), anch’essa rilasciata in occasione della nomina a cardinale, mons. Sebastián è sollecitato sugli stessi argomenti (per inciso, a proposito della “novità” rappresentata da papa Francesco, sostiene: «Non bisogna credere a chi dice che la Chiesa funziona meglio o sta cambiando. Tutti i papi all’inizio realizzano cambiamenti e semplificano l’amministrazione»). Parla ancora di omosessualità come di «deficienze di cui bisogna prendersi cura e che non sono nel piano di Dio» e si esprime sulla questione aborto, tema caldissimo in Spagna, dove il governo ha da poco presentato una riforma della legge che lo regola. Tema che il neo-cardinale liquida con queste parole: «Tutte le donne che chiedono di abortire lo fanno perché vogliono togliersi di mezzo i figli per godersi la vita. Quante sono le ragazzine che chiedono di abortire perché sono state violentate? Questa è la domanda. Dei 120mila aborti l’anno, quanti avvengono perché la gravidanza è frutto di stupro? Questo dibattito è distorto, nessuno vuole riconoscere la verità, che si sta ammazzando un figlio che comincia a vivere nel ventre. L’aborto è uccidere un bambino, e nessuno vuole guardare in faccia questo. Questa ipocrisia sta pervertendo le coscienze».

Anche queste affermazioni sono state stigmatizzate da Purificación Causapié: Sebastián, ha detto, dimostra «disprezzo assoluto per la libertà delle donne» ed evidenzia «la volontà di imporre la sua morale al di sopra delle leggi della democrazia». Dal canto suo, la deputata di Bildu (in euskera, “Riunirsi”, coalizione elettorale indipendentista basca) Bakartxo Ruiz, accusa il vescovo emerito di «apologia di violazione dei diritti delle donne» e ritiene «molto grave che queste persone siano state e continuino ad essere le massime autorità religiose della Comunità». Ha reagito alle affermazioni di mons. Sebastián manifestando tutto il suo scandalo il direttore del sito web di informazione religiosa Religión digital (22/1), José Manuel Vidal, che scrive direttamente al vescovo emerito. “Le donne abortiscono perché vogliono godersi la vita”?, riassume. «Non ho mai sentito (dalla bocca di un ecclesiastico di alto rango) un’idea tanto ingiusta e peregrina». “L’omosessualità è una deficienza da curare”? «Le sue parole stanno producendo un danno enorme alla Chiesa e al papa che lo ha scelto per il cardinalato. Per questo, sebbene io non sia nessuno per darle consiglio, oso chiederle, con il rispetto e la stima che le porto, una pubblica rettifica. Convochi al più presto una conferenza stampa su un unico punto: chiedere perdono». Prima agli offesi, «poi, al papa e alla Chiesa». 

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