dopo l’indignazione il tentativo di comprendere

per comprendere l’attentato terroristico di Parigi

di Leonardo Boff
Boff L.

Una cosa è indignarsi, con ogni ragione, contro l’atto terroristico nei confronti dei migliori vignettisti francesi: si tratta di un atto abominevole e criminale che nessuno può difendere.

Altra cosa è cercare di comprendere in maniera analitica il perché di tali eventi. Questi non cadono dal cielo. Dietro di questi c’è un fondo oscuro, fatto di storie tragiche, di umiliazioni e di discriminazioni, di stragi, quando non di vere guerre preventive che hanno provocato la morte di migliaia e migliaia di persone.

In questo, gli Stati Uniti e in generale l’Occidente hanno il primato. In Francia vivono circa cinque milioni di musulmani, la maggior parte dei quali abita nelle periferie in condizioni precarie. Sono profondamente discriminati, al punto che si può parlare di una vera islamofobia.

Subito dopo l’attentanto alla sede di Charlie Hebdo, si è sparato contro una moschea, un ristorante musulmano è stato incendiato e una casa di preghiera islamica è stata raggiunta da colpi di arma da fuoco.

Cosa significa? Lo spirito che ha provocato la tragedia contro i vignettisti è ugualmente presente in quei francesi che hanno commesso atti violenti contro istituzioni islamiche. Se Hannah Arendt, che seguì tutto il processo contro il criminale nazista Eichmann, fosse viva, farebbe un analogo commento, denunciando questo spirito vendicativo.

Si tratta di superare lo spirito di vendetta e di rinunciare ad affrontare la violenza con maggiore violenza, la quale crea una spirale di odio interminabile, provocando innumerevoli vittime, la maggior parte delle quali innocenti. 

L’attentato terroristico dell’11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti è paradigmatico. La reazione del presidente Bush è stata quella di dichiarare la “guerra infinita” contro il terrorismo; istituire il Patriot Act che viola diritti fondamentali consentendo di arrestare, sequestrare e sottoporre a durissime tecniche di interrogatorio persone sospettate; creare 17 agenzie di sicurezza in tutto il Paese e iniziare a spiare tutti, in tutto il mondo, oltre a sottomettere terroristi certi o presunti a condizioni disumane e a torture a Guantánamo.

Quel che gli Stati Uniti e gli alleati occidentali hanno fatto in Iraq è stata una guerra preventiva che ha provocato innumerevoli morti tra i civili. Se in Iraq vi fossero state soltanto estese piantagioni di agrumi, nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Ma vi sono grandi riserve di petrolio, il sangue del sistema produttivo mondiale.

Tale violenza barbarica, che ha distrutto i monumenti di una delle più antiche civiltà umane, ha lasciato una scia di rabbia, di odio e di volontà di vendetta.

In questo quadro, si può comprendere come l’abominevole attentato a Parigi sia il risultato di questa prima violenza. Lo scopo di questo attentato è provocare il panico in tutta la Francia e in generale in Europa. È questo l’effetto perseguito dal terrorismo: occupare le menti delle persone e mantenerle ostaggio della paura.

L’obiettivo principale del terrorismo non è occupare territori, come hanno fatto gli occidentali in Afghanistan e in Iraq, ma occupare le menti. Questa è la sua sinistra vittoria. 

La profezia del mandante degli attentati dell’11 settembre, l’allora ancora non assassinato Osama Bin Laden, espressa l’8 ottobre del 2001, si è purtroppo realizzata: «Gli Stati Uniti non saranno mai più sicuri, non avranno mai più pace».

Occupare le menti delle persone, destabilizzarle emotivamente, obbligarle a non fidarsi di alcun gesto, di alcuna persona estranea, ecco a cosa mira il terrorismo: in questo risiede la sua essenza. (…). 

Formalizziamo il concetto di terrorismo: è ogni violenza spettacolare praticata con l’obiettivo di occupare le menti riempiendole di paura. La cosa importante non è la violenza in sé, ma il suo carattere spettacolare, in grado di dominare le menti di tutti. 

Uno degli effetti più deleteri del terrorismo è stato quello di aver dato vita allo Stato terrorista che sono oggi gli Stati Uniti. Noam Chomsky cita un funzionario degli organi di sicurezza nordamericani che ha dichiarato: «Gli Stati Uniti sono uno Stato terrorista e ne siamo orgogliosi».

La speranza è che questo spirito non prenda il sopravvento nel mondo e specialmente in Occidente. Perché davvero in questo caso andremmo incontro al peggio.

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no alla ‘cultura dello scarto’

 

il mondo visto da Papa Francesco: no alla cultura dello scarto

dalla strage a Charlie Hebdo alla Nigeria, dal disgelo Usa-Cuba alle politiche migratorie

ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images

papa Francesco 
“C’è un’indole del rifiuto che ci accomuna, che induce a non guardare al prossimo come ad un fratello da accogliere, ma a lasciarlo fuori dal nostro personale orizzonte di vita, a trasformarlo piuttosto in un concorrente, in un suddito da dominare”. Così il Papa nel discorso al Corpo diplomatico, a proposito di quello che ha definito il cuore indurito dell’umanità. “Si tratta di una mentalità – ha sottolineato – che genera quella cultura dello scarto che non risparmia niente e nessuno: dalle creature, agli esseri umani e perfino a Dio stesso. Da essa nasce un’umanità ferita e continuamente lacerata da tensioni e conflitti di ogni sorta… Constatiamo con dolore le conseguenze drammatiche di questa mentalità del rifiuto e della “cultura dell’asservimento” nel continuo dilagare dei conflitti”.
“Come una vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi – ha aggiunto – essi toccano, seppure con forme e intensità diverse, varie zone del pianeta”.

La strage di Charlie Hebdo

La “tragica strage avvenuta a Parigi alcuni giorni fa”, ha detto il Papa, nasce da “una cultura che rigetta l’altro, recide i legami più intimi e veri, finendo per sciogliere e disgregare tutta quanta la società e per generare violenza e morte”

La situazione in Ucraina

La “vicina Ucraina” è “divenuta drammatico teatro di scontro e per la quale auspico che, attraverso il dialogo, si consolidino gli sforzi in atto per fare cessare le ostilità, e le parti coinvolte intraprendano quanto prima, in un rinnovato spirito di rispetto della legalità internazionale, un sincero cammino di fiducia reciproca e di riconciliazione fraterna che permetta di superare l’attuale crisi”.

La strage dei bimbi in Pakistan

Ricordando nel suo discorso al Corpo diplomatico il re Erode che “fa uccidere tutti gli infanti di Betlemme”, papa Francesco ha detto che “il pensiero corre subito al Pakistan, dove un mese fa oltre cento bambini sono stati trucidati con inaudita ferocia. Alle loro famiglie – ha aggiunto – desidero rinnovare il mio personale cordoglio e l’assicurazione della mia preghiera per i tanti innocenti che hanno perso la vita”

Israele e Palestina

In Medio Oriente è necessario “possa riprendere il negoziato fra le due Parti, inteso a far cessare le violenze e a giungere ad una soluzione che permetta tanto al popolo palestinese che a quello israeliano di vivere finalmente in pace, entro confini chiaramente stabiliti e riconosciuti internazionalmente, così che la soluzione di due Stati diventi effettiva”.

Il Fondamentalismo religioso

“Il fondamentalismo religioso, prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico” ha detto il Papa parlando dei “risvolti agghiaccianti” per il dilagare del terrorismo di matrice fondamentalista in Siria ed in Iraq. “Tale fenomeno – ha detto – è’ conseguenza della cultura dello scarto applicata a Dio. Un Medio Oriente senza cristiani sarebbe un Medio Oriente sfigurato e mutilato!”.

E ancora: “Con una lettera inviata poco prima di Natale ho personalmente inteso manifestare la mia vicinanza e assicurare la mia preghiera a tutte le comunità cristiane del Medio Oriente, che offrono una preziosa testimonianza di fede e di coraggio, svolgendo un ruolo fondamentale come artefici di pace, di riconciliazione e di sviluppo nelle rispettive societa’ civili di appartenenza”.

Di fronte alla “ingiusta aggressione”, che colpisce i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi in Siria e Iraq, “occorre una risposta unanime che, nel quadro del diritto internazionale, fermi il dilagare delle violenze, ristabilisca la concordia e risani le profonde ferite che il succedersi dei conflitti ha provocato. In questa sede – ha detto Francesco nel suo discorso al Corpo diplomatico – faccio perciò appello all’intera comunità internazionale, così come ai singoli Governi interessati, perchè assumano iniziative concrete per la pace e in difesa di quanti soffrono le conseguenze della guerra e della persecuzione e sono costretti a lasciare le proprie case e la loro patria”.

Le brutalità in Nigeria

Tra le “forme di brutalità che non di rado mietono vittime fra i più piccoli e gli indifesi” ci sono quelle che riguardano la Nigeria, “dove non cessano le violenze che colpiscono indiscriminatamente la popolazione, ed è in continua crescita il tragico fenomeno dei sequestri di persone, sovente di giovani ragazze rapite per essere fatte oggetto di mercimonio. È un esecrabile commercio che non può continuare! Una piaga che occorre sradicare” ha aggiunto. Il Papa ha detto poi di guardare “con apprensione ai non pochi conflitti di carattere civile che interessano altre parti dell’Africa, a partire dalla Libia, lacerata da una lunga guerra intestina che causa indicibili sofferenze tra la popolazione e ha gravi ripercussioni sui delicati equilibri della Regione”.

E ha ricordato anche le drammatiche situazioni nella Repubblica Centroafricana, in Sud Sudan e in alcune regioni del Sudan, del Corno d’Africa e della Repubblica Democratica del Congo. “Auspico pertanto – ha detto – un impegno comune dei singoli governi e della comunità internazionale affinchè si ponga fine ad ogni sorta di lotta, di odio e di violenza e ci si impegni in favore della riconciliazione, della pace e della difesa della dignità trascendente della persona”.

Il nuovo atteggiamento per migranti e profughi

“È necessario un cambio di atteggiamento” nei confronti dei migranti e dei profughi, “per passare dal disinteresse e dalla paura ad una sincera accettazione dell’altro… Giunti spesso senza documenti in terre sconosciute di cui non parlano la lingua, è difficile per i migranti venire accolti e trovare lavoro. Oltre alle incertezze della fuga, essi sono costretti ad affrontare anche il dramma del rifiuto”, ha sottolineato il Pontefice. “Quante persone perdono la vita in viaggi disumani, sottoposte alle angherie di veri e propri aguzzini avidi di denaro?” ha anche detto Francesco. “Nel ringraziare quanti, anche al costo della vita – ha proseguito – si adoperano per portare soccorso ai rifugiati e ai migranti, esorto tanto gli Stati quanto le Organizzazioni internazionali ad agire con impegno per risolvere tali gravi situazioni umanitarie e a fornire ai Paesi di origine dei migranti aiuti per favorirne lo sviluppo socio-politico e il superamento dei conflitti interni, che sono la causa principale di tale fenomeno… È necessario agire sulle cause e non solo sugli effetti – ha aggiunto il Papa – peraltro, ciò consentirà ai migranti di tornare un giorno nella propria patria e contribuire alla sua crescita e al suo sviluppo”

L’Asia

“Questa sera stessa avrò la gioia di ripartire per l’Asia, per visitare lo Sri Lanka e le Filippine e così testimoniare l’attenzione e la sollecitudine pastorale con cui seguo le vicende dei popoli di quel vasto continente” ha detto Papa Francesco. “A loro e ai loro Governi desidero manifestare, ancora una volta, l’anelito della Santa Sede a offrire il proprio contributo di servizio al bene comune, all’armonia e alla concordia sociale… In particolare, auspico una ripresa del dialogo fra le due Coree, che sono Paesi fratelli che parlano la stessa lingua”

Usa-Cuba

“Un esempio a me molto caro di come il dialogo possa davvero edificare e costruire ponti viene dalla recente decisione degli Stati Uniti d’America e di Cuba di porre fine ad un silenzio reciproco durato oltre mezzo secolo e di riavvicinarsi per il bene dei rispettivi cittadini” ha sottolineato Papa Francesco, che è stato parte attiva nel negoziato tra i due Paesi. Papa Francesco accoglie “con soddisfazione la volontà degli Stati Uniti di chiudere definitivamente il carcere di Guantanamo, rilevando la generosa disponibilità di alcuni Paesi ad accogliere i detenuti”.

La dignità del lavoro

“Non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro e che rende il lavoro una forma di schiavitù” ha detto papa Francesco nel discorso al Corpo diplomatico, parlando dei tanti “esiliati nascosti” che “vivono all’interno delle nostre case e delle nostre famiglie”, tra cui gli anziani, i disabili, i giovani, della “piaga sempre più estesa della disoccupazione giovanile e del lavoro nero” e del “dramma di tanti lavoratori, specialmente bambini, sfrittati per avidità. Tutto ciò – ha aggiunto Bergoglio – è contrario alla dignità umana e deriva da una mentalità che pone al centro il denaro, i benefici e i profitti economici a scapito dell’uomo stesso.

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