Quando capiremo davvero la follia della guerra?

Da Alqosh a Hiroshima, passando per Aleppo

di Renato Sacco

(coordinatore nazionale di Pax Christi)Aleppo1

Nel dubbio, ci ha pensato il profeta Naum, con il testo letto ieri nella liturgia. Senza entrare nei dettagli di una esegesi profonda, la lettura di questo profeta mi ha riportato subito alla mente la sua tomba, che si trova ad Alqosh, nel nord dell’Iraq. L’ho visitata diverse volte in questi anni. E ieri il suo nome è risuonato quasi come un monito a non dimenticare chi vive oggi ad Alqosh e in quella terra. Due anni fa, nella notte tra il 6 e il 7 agosto, il ‘grande esodo’: circa 100.000 persone, la maggior parte cristiani e yazidi, in fuga nel cuore della notte per salvarsi dalla furia dell’Isis che stava arrivando, scappati in pigiama, in ciabatte o a piedi nudi. Una fuga di diverse ore con un caldo pesante. Ho ascoltato racconti di persone che avevano in casa malati, anziani, invalidi. Storie atroci di bambine e donne fatte prigioniere e messe in gruppi diversi per poi essere vendute al mercato. E tanta morte, nel corpo e nello spirito. Il tutto – se penso a quella mattina del 7 agosto 2014 – abbastanza nell’indifferenza dei mass media… Era l’inizio di una nuova tragedia per centinaia di migliaia di profughi. Con negli occhi e nel cuore il dolore per le tante violenze e uccisioni che avevano visto. E, ieri, diceva il profeta Naum: “Guai alla città sanguinaria, piena di menzogne,colma di rapine, che non cessa di depredare!… feriti in quantità, cumuli di morti, cadaveri senza fine, s’inciampa nei cadaveri.«Ti getterò addosso immondizie, ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio. Allora chiunque ti vedrà, fuggirà da tee dirà: “Ninive è distrutta! Chi la compiangerà? Dove cercherò chi la consoli?”».

Aleppo Sembra descrivere la realtà di oggi: di Mosul (l’antica Ninive), dell’Iraq, ma anche di Aleppo, della Siria e di tanti altri luoghi di dolore e morte, dalla Palestina al Sud Sudan, all’ Afghanistan, … Per non dire poi che il 6 agosto è anche l’anniversario di Hiroshima. Quando capiremo davvero la follia della guerra? Quando smetteremo (Italia in prima fila) di vendere armi a mezzo mondo, compresi quegli Stati che, si sa, sono i principali sostenitori dell’Isis: Arabia Saudita e Qatar.  Quando? Ce lo chiedono in tanti che vivono in quella terra: chiudete i rubinetti delle armi! Oggi il pensiero va alle tante famiglie di Mosul, Alqosh, Karamles, Batnaia, Kirkuk… che mi hanno accolto come un fratello, ai tanti amici Iracheni e Siriani: dal Patriarca di Baghdad Sako, al Vescovo di Aleppo Audo, da p. Paolo Dall’Oglio a p. Ziad e p. Mourad SJ di Aleppo. Ma, a quanto pare, c’è chi pensa che una nuova guerra in Libia sia una buona soluzione.. Ha ragione papa Francesco: “Mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?” (5 luglio 2016). Ma, oggi, è anche la festa della Trasfigurazione, c’è una Luce! Una Luce di vita per ogni




i vescovi brasiliani denunciano con coraggio il ‘reato di povertà’ alle Olimpiadi

Giochi di Rio

la Chiesa non tace e denuncia

di Luca Rolandi

in “La Stampa-Vatican Insider” del 7 agosto 2016rio

 

Si parte. La 31esima Olimpiade dell’era moderna si inaugura a Rio e al mondo olimpico sono arrivati gli auguri di papa Francesco: «Agli atleti di #Rio2016! Siate sempre messaggeri di fraternità e di genuino spirito sportivo». Papa Francesco ricorda, reduce da Cracovia, i giorni di Copacabana, il suo primo bagno di folla con i giovani di tutto il mondo ed è ben consapevole della forza di aggregazione e fratellanza dello sport. Se le Olimpiadi dovrebbero sempre rappresentare incontro, relazioni, lealtà e competizione, la Chiesa, quella brasiliana in prima linea, non dimentica tutto ciò che intorno all’evento resta ai margini. Migliaia di persone in povertà, sfruttate e senza speranza. La Chiesa brasiliana e i Giochi di Rio La Chiesa brasiliana è ovviamente mobilitata da tempo. Tanti vescovi condividono riflessioni sull’importanza dello sport nella promozione di alcuni valori. Sono stati organizzati eventi e iniziative per chiedere di mettere a tema, nei giorni delle Olimpiadi, l’esclusione sociale, la lotta al traffico di esseri umani, al lavoro schiavo e allo sfruttamento. Un centro interreligioso con luoghi di culto per cristiani, musulmani, ebrei, buddisti e indù è stato già costruito nel villaggio olimpico che ospita 10mila atleti, una collaborazione tra Comitato olimpico internazionale e arcidiocesi di Rio de Janeiro. Sul sito della Diocesi carioca è anche ospitata la piattaforma Meu lugar no Rio per tutti coloro che vorranno mettersi a disposizione come volontari o aprire le porte di casa all’accoglienza durante i Giochi. La Chiesa locale è impegnata in un momento importante di testimonianza ed evangelizzazione. Centinaia di giovani, formati dalla Comunità do caos à gloria, andranno a parlare del Vangelo ai turisti durante i weekend.

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La vergogna delle Favelas e il reato di povertà

La povertà è stata dichiarata un reato.

L’Unicef parla di 10.500 bambini e adolescenti assassinati in un anno, il doppio rispetto al 1992. In media c’è un minore ucciso ogni ora, 28 al giorno. Non tutti sono vittime della polizia, delle bande, degli squadroni della morte. Molti muoiono durante episodi di criminalità. La lotta alla povertà durante le presidenze di Lula e di Rousseff ha fatto uscire dalla povertà oltre 50 milioni di persone, ma quella brasiliana rimane una società violenta, come quella statunitense. E la polizia brasiliana gode di una sostanziale immunità, come quella a stelle e strisce.favela

la moderna schiavitù». È un’infamia che soggioga 2 milioni di minori al mondo. La conferenza organizzata al «Palazzo di vetro» di New York valuta cosa si sta facendo e cosa non si sta facendo, e cosa deve essere fatto per liberare bambini e ragazzi dalla schiavitù e raggiungere l’obiettivo nell’«Agenda» Onu, che obbliga la comunità internazionale entro il 2030 a porre fine all’abuso, allo sfruttamento, al traffico e a tutte le violenze e torture contro i bambini.