p. Fabrizio è stato importante nella mia vita

è morto padre Fabrizio Forti

il vescovo: colonna della Chiesa dei poveri

<!-- -->

lutto nel mondo della chiesa e del volontariato trentino: si è spento padre Fabrizio Forti

Il frate è stato trovato privo di vita nella sua stanza del convento di Trento. Se n’è andato in silenzio, stroncato nella notte tra sabato e ieri da un malore che lo ha strappato ad un’esistenza dedicata agli altri, alle persone in difficoltà, agli ultimi.

Il religioso, che avrebbe compiuto 67 anni il prossimo 20 ottobre, era nato a Gardolo dove nel 1949.

Padre Fabrizio ieri mattina, come ogni domenica, avrebbe dovuto salire al carcere di Spini, per celebrare la messa per e con i detenuti. Teneva molto a questo suo impegno, per questo quando dal carcere hanno telefonato per chiedere come mai padre Fabrizio non fosse ancora arrivato, in convento a Trento hanno subito capito che poteva essere successo qualcosa di grave.

Quando i confratelli hanno notato la sua auto nel piazzale, hanno subito deciso di intervenire, forzando la porta della sua camera.

Purtroppo, però, non c’era ormai più nulla da fare: il religioso era nel suo letto, privo di vita ed ogni soccorso è stato vano.

Al convento e alla mensa dei Cappuccini, ricordano che da un paio di giorni padre Fabrizio sembrava stare meno bene del solito: piccoli segnali, di fronte ai quali però, per il religioso, gli altri avevano la priorità: «Sei matto? C’è la mensa, c’è da fare: sto già meglio», rispondeva a chi gli chiedeva se non fosse il caso di fermarsi un attimo e riposare.

Padre Fabrizio Forti, gardolòto classe 1949, fin da quando aveva risposto alla «chiamata» vocazionale aveva iniziato a cogliere il messaggio evangelico nel sostegno dei fratelli in difficoltà: «Bisogna innamorarsi: innamorarsi di un Dio che vedi dentro ogni uomo, con le sue diverse povertà. E ogni sera in verità mi sembra di riscoprirmi innamorato», raccontava sette anni fa al collega Diego Andreatta.

Il percorso seguito da padre Fabrizio prima di dedicarsi alla «mensa della Provvidenza» alla Cervara, è stato lungo e sempre segnato dall’attenzione agli ultimi, tra gli altri ed ai percorsi di vita segnati dalle difficoltà. Era stato tra i più convinti sostenitori delle esperienze di comunità di cui era stato tra le anime in Valle di Cembra – a Piazzo prima e Faver poi, con Valle Aperta, realtà alla quale l’allora trentaquattrenne religioso si dedicò intensamente – ed in Valle dei Laghi.

Le parole del vescovo

La scomparsa di padre Fabrizio Forti ci addolora molto. Con lui se ne va prematuramente una colonna di quella Chiesa capace di incarnare il Vangelo dei poveri e il volto misericordioso di Dio Padre Fabrizio si è speso per restituire dignità alle persone, fossero piegate dall’indigenza o condannate al carcere. Ha narrato un Dio che non emette giudizi, ma si prende cura di chi fa più fatica. Dio lo ha chiamato durante il Giubileo della misericordia, quella che lui ha esercitato per tutta la vita con fede tenace. Prego perché le opere e le idee dell’amico Fabrizio possano continuare a portare frutto.

Il dolore di Ugo Rossi

La comunità trentina perde un pilastro, un esempio e un punto di riferimento. Un grande uomo, che ha dedicato la propria vita a dare ristoro e soccorso ai più deboli. Ricorderemo padre Forti come il simbolo di un Trentino umile, solidale, ma anche caparbio ed instancabile nell’impegno verso gli altri. La storia di quest’uomo rappresenta una fulgida testimonianza di vita cristiana, di fede e di generosità, un insegnamento per tutti noi che non dovremo mai dimenticare, aiutando e sostenendo coloro che proseguiranno nella sua opera.

Fu una delle persone più contrarie alla realizzazione dell’inceneritore

Video of jTpfXSFbA98

L’intervista

 




in memoria di padre Fabrizio Forti, un profeta dei nostri giorni che ho avuto la fortuna di sentire amico

padre Fabrizio un missionario a casa nostra

di Paolo Mantovan fabrizio2
in “Trentino” del 17 ottobr 2016

padre Fabrizio Forti, nella sua semplicità e nel calore della sua accoglienza, era un profeta dei nostri giorni, un uomo dalla voce profonda e robusta, ma dalla parola rotonda, semplice. Era un uomo che credeva nella radicalità e che la incarnava nell’azione, senza fronzoli, col grembiule, preparando il pasto per i poveri

image-jpgfabrzio3 Ed era anche l’uomo del sorriso, genuino, semplice. Padre Fabrizio Forti ci lascia all’improvviso, dopo aver trascorso tutta la vita come un missionario dentro casa sua: perché il mondo per lui era ovunque e anche qui c’era il prossimo, c’erano i poveri. Padre Fabrizio Forti era anche una voce scomoda. Soprattutto negli anni della gioventù. A fine anni Ottanta, quando decise di fare del convento di Segonzano un luogo di grande intensità, portò con sé anche il bagaglio della protesta. Una “protesta” speciale, di chi vorrebbe attorno a sé una chiesa più vicina a quel “poveraccio di Francesco” come diceva lui. Perché tanti condividevano e perfino cantavano o pregavano con le parole di San Francesco, ma poi metterle in pratica era un’altra musica. E così Fabrizio, con padre Giorgio Butterini, là a Segonzano sembrava che coltivasse un luogo di impegno e un pochino di “contestazione”. Fu un tratto che non abbandonò mai: lo spirito critico nei confronti delle istituzioni. Erano gli anni del vescovo Giovanni Maria Sartori e per Fabrizio Forti non furono facili, perché erano anche i suoi anni bollenti, quelli della gioventù e della prima maturità. E a pensarci bene furono davvero anni formidabili per la chiesa trentina. Perché c’era una straordinaria squadra di sacerdoti degli ultimi.

fabrizio1 C’era don Valerio Piffer che prese in mano quel luogo di frontiera che era Casa Bonomelli, e poi c’era don Clauser, indimenticabile don Dante, che inventò il Punto d’Incontro, e padre Fabrizio Forti che, dentro il convento dei cappuccini di Trento, alla Cervara, quando divenne “guardiano” (ossia il “capo” pro tempore dei frati del convento), decise di aprire le porte accogliendo gli ultimi nel corridoio che dava sul chiostro per dar loro un piatto di minestra: e lo fece anche se alcuni frati lo guardarono un po’ storto. Qualcuno dei confratelli disse che era esagerato, che se i poveri non fossero esistiti lui li avrebbe inventati. E invece inventò la mensa dei poveri, che poi divenne una delle sue “missioni per sempre”. Una mensa che è riuscita a coinvolgere tantissime persone come volontari, che ha allargato il cuore a tanti trentini, soprattutto quando prendevano dei pacchi viveri o un piatto di minestra ben impacchettato da padre Fabrizio che diceva loro: «Vai là, a quel numero civico, e non dire mai che hai consegnato questo pacco a quella famiglia». Era la regola della discrezione, «la consegna del segreto», la sua capacità di tutelare chi era povero e viveva nella vergogna. Che erano e sono tanti, molti di più di quanto non si creda. E lui conosceva tutti i veri poveri, perché a lui tutti si rivolgevano, di lui tutti si fidavano. Padre Fabrizio Forti è stato un missionario di casa nostra che ha vissuto la radicalità del grembiule, quella di cui parlava don Tonino Bello. E chi ha conosciuto padre Fabrizio sa bene che la sua accoglienza era talmente calorosa da far venire i brividi: quando ti salutava sembrava che tu fossi la persona che aspettava da sempre.

fabrizio Perché padre Fabrizio aveva il dono, diversamente da altri preti e frati degli ultimi, di sapersi avvicinare a tutti, aveva quell’empatia che lo rendeva speciale. Aveva il dono della semplicità e insieme della profondità con cui riusciva ad aprire porte impensabili del cervello e del cuore di chi lo ascoltava. E poi era anche bravo a sorridere, ridere e far ridere. Aveva fatto ridere anche i confratelli a cena, sabato sera, prima di dire: «Mi ritiro in stanza un po’ prima, voglio preparare presto l’omelia di domani». Ed è morto in silenzio, nella sua cameretta. Con padre Fabrizio Forti se ne va uno degli ultimi sacerdoti trentini di frontiera in casa nostra. Ma soprattutto un uomo che ha vissuto in intensità e pienezza ciò che ha cercato per tutta la vita.




cattolici uniti solo dalla guerra contro papa Francesco

quei cattolici contro Francesco che adorano Putin

di Giacomo Galeazzi e Andrea Tornielli
in “La Stampa” del 16 ottobre 2016

papa Lesbo1

A tenerla unita è l’avversione a Francesco. La galassia del dissenso a Bergoglio spazia dai lefebvriani che hanno deciso di «attendere un Pontefice tradizionale» per tornare in comunione con Roma, ai cattolici leghisti che contrappongono Francesco al suo predecessore Ratzinger e lanciano la campagna «Il mio papa è Benedetto»Socci

Ci sono gli ultraconservatori della Fondazione Lepanto e i siti web vicini a posizioni sedevacantiste, convinti che abbia ragione lo scrittore cattolico Antonio Socci a sostenere l’invalidità dell’elezione di Bergoglio soltanto perché nel conclave del marzo 2013 una votazione era stata annullata senza essere scrutinata. Il motivo? Una scheda in più inserita per errore da un cardinale. La votazione era stata immediatamente ripetuta proprio per evitare qualsiasi dubbio e senza che nessuno dei porporati elettori sollevasse obiezioni. Ancora, prelati e intellettuali tradizionalisti firmano appelli o protestano contro le aperture pastorali del Pontefice argentino sulla comunione ai divorziati risposati e sul dialogo con il governo cinese.
Il dissenso verso il Papa unisce persone e gruppi tra loro molto diversi e non assimilabili: ci sono le prese di distanza soft del giornale online «La Bussola quotidiana» e del mensile «Il Timone», diretti da Riccardo Cascioli. C’è il quasi quotidiano rimprovero al Pontefice argentino messo in rete dal vaticanista emerito dell’«Espresso», Sandro Magister.

magister Ci sono i toni apocalittici e irridenti di Maria Guarini, animatrice del blog «Chiesa e Postconcilio», fino ad arrivare alle critiche più dure dei gruppi ultratradizionalisti e sedevacantisti, quelli che ritengono non esserci stato più un Papa valido dopo Pio XII. La Stampa ha visitato i luoghi e incontrato i protagonisti di questa opposizione a Francesco, numericamente contenuta ma molto presente sul web, per descrivere un arcipelago che attraverso Internet ma anche con incontri riservati tra ecclesiastici, mescola attacchi frontali e pubblici a più articolate strategie. In prima linea sul web contro il Papa, lo scrittore Alessandro Gnocchi, firma dei siti Riscossa cristiana e Unavox: «Bergoglio attua la programmatica resa al mondo, la mondanizzazione della Chiesa. Il suo pontificato è basato sulla gestione brutale del potere. Uno svilimento della fede così capillare non si è mai visto».putin
Cabina di regia Tra le mura paleocristiane della basilica di Santa Balbina all’Aventino, accanto alle terme di Caracalla, la Fondazione Lepanto è uno dei motori culturali del dissenso a Francesco. Tra libri pubblicati, l’agenzia di informazione «Corrispondenza romana» e gli incontri tenuti nel salone del primo piano qui opera una delle cabine di regia del fronte anti-Bergoglio. «La Chiesa vive uno dei momenti di maggiore confusione della sua storia e il Papa è una delle cause – afferma lo storico Roberto De Mattei che della Fondazione Lepanto è il presidente -. Il caos riguarda soprattutto il magistero pontificio. Francesco non è la soluzione ma fa parte del problema». L’opposizione, aggiunge De Mattei, «non viene solo da quegli ambienti, definiti tradizionalisti, ma si è allargata a vescovi e teologi di formazione ratzingeriana e wojtyliana». Più che di dissenso, De Mattei preferisce parlare di «resistenza», la stessa che si è recentemente espressa attraverso la critica all’esortazione apostolica «Amoris Laetitia» di 45 teologi e filosofi cattolici e la dichiarazione di «fedeltà al magistero immutabile della Chiesa» di 80 personalità, divenute poi alcune migliaia, tra cui cardinali, vescovi e teologi cattolici. Tra gli italiani c’è il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna. Uno dei principali centri di resistenza, sottolinea ancora lo storico, «è l’Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia, i cui vertici sono stati recentemente decapitati dal Bergoglio». Nel mirino dei tradizionalisti c’è anche il «contributo che la
politica migratoria di Francesco fornisce alla destabilizzazione dell’Europa e alla fine della civiltà occidentale».
Fronda politico-teologica L’attacco a Bergoglio è globale. «Nella galassia del dissenso a Francesco c’è una forte componente geopolitica – osserva Agostino Giovagnoli, ordinario di Storia contemporanea all’Università Cattolica ed esperto di dialogo con la Cina -. Accusano Bergoglio di non annunciare con sufficiente forza le verità di fede, ma in realtà gli imputano di non difendere il primato dell’Occidente. È una opposizione che ha ragioni politiche mascherate da questioni teologiche ed ecclesiali». La Cina ne è l’esempio. «C’è un’alleanza fra ambienti Hong Kong, settori Usa e destra europea: rimproverano a Francesco di anteporre alla difesa della libertà religiosa l’obiettivo di unire la Chiesa in Cina – continua -. Sono posizioni che trovano spazio spesso nell’agenzia cattolica Asianews. Il Papa, secondo questi critici, dovrebbe affermare la libertà religiosa come argomento politico contro Pechino, invece di cercare il dialogo attraverso la diplomazia». A dar voce al dissenso, che ha innegabili sponde interne alla Curia, sono anche ecclesiastici con entrature vaticane, come il liturgista e teologo don Nicola Bux, consultore delle Congregazioni per il Culto divino e per le Cause dei Santi. «Oggi, non pochi laici, sacerdoti e vescovi si chiedono: dove stiamo andando?- spiega alla Stampa -. Nella Chiesa c’è sempre stata la possibilità di esprimere la propria posizione dissenziente verso l’autorità ecclesiastica, anche se si trattasse del Papa. Il cardinale Carlo Maria Martini, notoriamente esprimeva spesso, anche per iscritto, il suo dissenso dal pontefice regnante, ma Giovanni Paolo II non l’ha destituito da arcivescovo di Milano o ritenuto un cospiratore». Il compito del Papa, continua Bux, è «tutelare la comunione ecclesiale e non favorire la divisione e la contrapposizione, mettendosi a capo dei progressisti contro i conservatori». E «se un Pontefice sostenesse una dottrina eterodossa, potrebbe essere dichiarato, per esempio dai cardinali presenti a Roma, decaduto dal suo ufficio». In un crescendo di bordate, con un’intervista al Giornale nei giorni scorsi è sceso in campo anche il ricercatore Flavio Cuniberto, autore di un libro critico col magistero sociale del Papa, studioso di René Guenon e del tradizionalismo vicino alla destra esoterica. Ha dichiarato che «Bergoglio non ha aggiornato la dottrina, l’ha demolita, si comporta come se fosse cattolico ma non lo: l’idea stravolta di povertà eleva alla sfera dogmatica il vecchio pauperismo». Il Papa elogia la raccolta differenziata e così «le virtù del buon consumatore tardo-moderno diventano le nuove virtù evangeliche».
Teorie sui due Papi Nella sua pagina ufficiale su Facebook, Antonio Socci sostiene che Benedetto XVI non si sia voluto davvero dimettere ma si consideri ancora Papa volendo in qualche modo condividere il «ministero petrino» con il successore. Interpretazione che lo stesso Ratzinger ha smentito seccamente a più riprese a partire dal febbraio 2014 fino al recente libro-intervista «Ultime conversazioni», dichiarando pienamente valida la sua rinuncia e manifestando pubblicamente la sua obbedienza a Francesco. La teoria ha tratto nuova linfa dall’interpretazione da alcune parole pronunciate nel maggio scorso dall’arcivescovo Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia e segretario di Benedetto XVI. Don Georg, intervenendo alla presentazione di un libro, aveva affermato: «Non vi sono dunque due papi, ma di fatto un ministero allargato – con un membro attivo e un membro contemplativo». Socci pubblica a fine settembre, una accanto all’altra, le foto di Bergoglio e Ratzinger sotto la scritta «quale dei due?». E scrive: «C’è chi si oppone l’amore alla verità (Bergoglio) e chi le riconosce unite in Dio (Benedetto XVI)». Tra i tanti commenti in bacheca, Paolo Soranno risponde: «Francesco I sembra che sia messo al servizio del Dio Arcobaleno (quello che non impone obblighi religiosi e morali) e non del Dio Cattolico». È nella Rete che il dissenso a Bergoglio assume i toni più accesi, con persone che dietro il paravento del computer si lasciano andare a furiose invettive, come si legge nei commenti sotto gli articoli postati sui social. Sul sito «messainlatino», che si dedica a promuovere la liturgia antica, ma ospita spesso anche commenti al vetriolo sul Papa, si parla di «noiosa monotonia ideologica dell’attuale pontificato». In rete si  leggono commenti sulla Chiesa che «sarà spinta a sciogliersi in una sorta di Onu delle religioni con un tocco di Greenpeace e uno di Cgil», dato che «oggi i peccati morali sono derubricati e Bergoglio istituisce i peccati sociali (o socialisti)». Sul blog ipertradizionalista di Maria Guarini, «Chiesa e Postconcilio», si leggono titoli tipo questo: «Se il prossimo papa sarà bergogliano, il Vaticano diventerà una succursale cattomassonica». Il dissenso viene dall’area più conservatrice, ma trova sponde anche in qualche ultraprogressista deluso. È il caso del prete ambrosiano don Giorgio De Capitani, che attacca senza tregua Francesco da sinistra, e dunque non è assimilabile ai gruppi finora descritti. Sul suo sito web non salva nulla del pontificato. «Quante parole inutili e scontate – inveisce -. Pace, giustizia e bontà. Il Papa ci sta rompendo le palle con parole e gesti strappalacrime. Francesco è vittima del proprio consenso e sta suscitando solo illusioni, butta tanto fumo negli occhi, stuzzica qualche applauso manda in visibilio i giornalisti ignorantotti sulla fede». Giuseppe Rusconi, il giornalista ticinese curatore del sito «Rossoporpora», si chiede: «il nostro Pastore è veramente in primo luogo “nostro” o non mostra di privilegiare l’indistinto gregge mondiale, essendo così percepito dall’opinione pubblica non cattolica come un leader gradito ai desideri espressi dalla società contemporanea? Lo farà per strategia gesuitica o per scelta personale? E quando il Pastore tornerà all’ovile, quante pecorelle smarrite porterà con sé? E quante ne ritroverà di quelle lasciate». Questa composita galassia del dissenso ha eletto come suoi punti di riferimento alcuni vescovi e cardinali. Magister sul suo blog ha lanciato la candidatura papale del cardinale guineano Robert Sarah, attuale ministro per la liturgia di Francesco, amato da conservatori e tradizionalisti e molto citato nei loro siti e nelle loro pubblicazioni.
Rischio scisma? Tra coloro che vengono considerati stelle polari da parte di questo mondo ci sono soprattutto il porporato statunitense Raymond Leo Burke, patrono dei Cavalieri di Malta, e il vescovo ausiliare di Astana, Athanasius Schneider. Ma al di là dell’amplificazione mediatica offerta dalla rete, non sembra proprio che vi siano all’orizzonte nuovi scismi, dopo quello compiuto dal vescovo Marcel Lefebvre nel 1988. Ne è convinto il sociologo Massimo Introvigne, direttore del Cesnur: «I vescovi cattolici nel mondo sono più di cinquemila, il dissenso riesce a mobilitarne una decina, molti dei quali in pensione, il che mostra appunto la sua scarsa consistenza». Introvigne sostiene che questo dissenso «è presente più sul web che nella vita reale ed è sopravvalutato: ci sono infatti dissidenti che scrivono commenti sui social sotto quattro o cinque pseudonimi, per dare l’impressione di essere più numerosi». Per il sociologo è un movimento che «non ha successo perché non è unitario. Ci sono almeno tre dissensi diversi: quello politico delle fondazioni americane, di Marine Le Pen e di Matteo Salvini che non sono molto interessati ai temi liturgici o morali – spesso non vanno neppure in chiesa – ma solo all’immigrazione e alle critiche del Papa al turbo-capitalismo. Quello nostalgico di Benedetto XVI, che però non contesta il Vaticano II. E quello radicale della Fraternità San Pio X o di de Mattei e Gnocchi, che invece rifiuta il concilio e quanto è venuto dopo. Nonostante vi sia qualche ecclesiastico che fa da sponda, le contraddizioni fra le tre posizioni sono destinate a esplodere, e un fronte comune non ha possibilità di perdurare». Introvigne fa notare una sorprendente caratteristica comune a molti di questi ambienti: «È l’idealizzazione mitica del presidente russo Vladimir Putin, presentato come il leader “buono” da contrapporre al Papa leader “cattivo”, per le sue posizioni in materia di omosessuali, musulmani e immigrati. Con il dissenso anti-Francesco collaborano fondazioni russe legatissime a Putin».