un piccolo, minuscolo pensiero per il natale …

 quand’è natale?

Il natale
è dentro di me
quando vivo
nella mia vita
“prima gli altri
poi me”.
Il natale
lo vedo
quando mi accorgo
che i miei occhi vedono
quello che altri
non vedono.
Lo sfinimento di un affamato
la disperazione di un triste
l’ingiustizia
che cerco di sanare.
Ma per vedere
il natale
bisogna morire
ogni giorno
a se stessi
non sentirsi mai
a posto
chiedere sempre
la vista.
Allora
qualcosa ‘nasce’ in me,
allora
la mia coscienza
si riposa.
Allora il natale
è il tuo stupore,
è la pace che senti.
Non capisci
da dove viene
ma ti ha avvolto
senza rumore.

 

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la preghiera laica al ‘mare nostro’di Erri De Luca per i migranti

“Mare nostro che non sei nei cieli”, Erri De Luca e la preghiera per i migranti

lo scrittore e poeta si rivolge al Mediterraneo

“Custodisci le vite, le visite cadute come foglie sul viale”

 
 

Ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste”… Così Erri De Luca in una sua “preghiera laica” al Mediterraneo. Versi che ricordano le vittime dei viaggi della speranza, alle quali le onde del mare nostro fanno “da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte di padre e di madre prima di partire”

 

Mare nostro che non sei nei cieli

e abbracci i confini dell’isola e del mondo

sia benedetto il tuo sale

sia benedetto il tuo fondale

accogli le gremite imbarcazioni

senza una strada sopra le tue onde

i pescatori usciti nella notte

le loro reti tra le tue creature

che tornano al mattino

con la pesca dei naufraghi salvati

 

Mare nostro che non sei nei cieli

all’alba sei colore del frumento

al tramonto dell’uva di vendemmia,

Ti abbiamo seminato di annegati

più di qualunque età delle tempeste

tu sei più giusto della terra ferma

pure quando sollevi onde a muraglia

poi le abbassi a tappeto

Custodisci le vite, le visite cadute

come foglie sul viale

Fai da autunno per loro

da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte

di padre e  madre prima di partire

 

Erri De Luca

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quando e perché è natale?

 

 

non perché hai fatto l’albero di natale in casa e l’hai addobbato di luci e colori,

ma perché hai fatto nascere un briciolo di speranza nel cuore di chi la stava perdendo

 

non quando anche a scuola è comparso il presepe da esibire come uno dei segni forti della nostra cultura cristiana,

ma quando nel diverso da te hai cominciato a vedere un figlio di Dio e un fratello uguale a te

non perché tutto è pavesato a festa e hai illuminato tutto di luci

così forti da abbagliarti e impedirti di veder davanti e accanto a te

presenze, volti, storie di privazione, sofferenza, povertà,

ma perché hai cominciato a scorgere il volto di tuo fratello in un marginale o profugo

 

non quando piccoli e grandi aspettiamo babbo natale

che ci porti ulteriori cose di cui le nostre case sono già strapiene,

ma quando cominciamo ad accorgerci

che c’è qualcuno accanto a noi che non ha l’essenziale per vivere

o che ha bisogno che ci accorgiamo di lui

 

è natale ogni volta che sorridi
a un fratello e gli tendi una mano.

 è natale ogni volta che rimani
in silenzio per ascoltare l’altro.

è natale ogni volta che non accetti
quei principi che relegano gli oppressi
ai margini della società.

è natale ogni volta che speri
con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale

 

 

 

 

 

 

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grido contro l’indifferenza

preghiera al termine della mia giornata

sento l’inesorabile trascorrere del tempo
mi accorgo di un altro giorno passato
cerco le ragioni del mio esistere ….
trovo te, Signore della mia vita

ti conosco nel profondo del mio cuore
ti amo nella miseria del vivere quotidiano
ti incontro nell’amore dei fratelli
ti patisco nella sofferenza umana

Dio, che sei come Gesù di Nazareth mi ha mostrato e ‘praticato’
ti prego per i fratelli che affogano nel mare
ti prego per i fratelli che si fanno nelle strade
ti prego per i fratelli che sentono la fame

… e poi, ti prego per me Signore,
dammi la forza di provare, sempre, come te,
la commozione viscerale per la sofferenza
di questa umanità distrutta dalla mia e globalizzata indifferenza !

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il mistero del natale presentato da A. Maggi

il Natale non è una favola mielosa

Alberto Maggi

 

 

“La nascita di Gesù è come impiastricciata in una melassa dolciastra, che rischia di impantanare la verità evangelica in una bella favola che va a toccare le corde dei sentimenti, ma che poco o nulla incide nella vita del credente…”


 

Tanto scarno e asciutto è quel che scrivono i vangeli riguardo al Natale, quanto mielosa è diventata la maniera di presentarlo e di viverlo. La nascita di Gesù è infatti come impiastricciata in una melassa dolciastra, che rischia di impantanare la verità evangelica in una bella favola che va a toccare le corde dei sentimenti, ma che poco o nulla incide nella vita del credente.

Gli evangelisti non hanno avuto alcuna intenzione di descrivere minuziosamente la cronaca del giorno, mese e anno sconosciuti, in cui a Betlemme, è nato un maschietto al quale i genitori hanno posto nome Gesù, l’ebraico Jeshua (“Il Signore salva”).


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Quel che viene presentato nei vangeli non è una cronaca, ma un’interpretazione della nascita di Gesù, alla luce della sua morte e risurrezione, dove i sentimenti vengono fatti tacere per lasciare il posto solo ai significati. Per scoprire quali essi siano occorre procedere a un’efficace operazione di pulizia, per giungere al significato profondo della narrazione evangelica facendola riemergere da quel cumulo di leggende, tradizioni, devozioni, folklore, che l’aveva come seppellita. La luce che emerge dopo l’operazione di restauro è l’annuncio della realizzazione del progetto di Dio sull’umanità: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14), avveratosi storicamente in Gesù di Nazareth e proposto, attraverso di lui, a ogni persona: “A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12).


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Ma chi l’ha accolto? Non i capi religiosi, ma i pastori, i pària di Israele, non i pii farisei, ma i magi, gli impuri pagani. Quelli che erano considerati esclusi dal piano di Dio hanno accolto Gesù; quelli che si ritenevano gli eletti privilegiati hanno rifiutato il disegno del Signore sull’umanità (“ma i suoi non lo hanno accolto”, Gv 1,11).

Ecco allora che quei particolari che gli evangelisti hanno inserito nella loro narrazione, una volta ripuliti da ogni elemento estraneo, acquistano tutta la loro portata, cominciando dai personaggi. Matteo presenta, una ragazza, Maria, che è incinta, viene sospettata di adulterio dal proprio sposo, e per questo rischia di essere lapidata. Il marito, Giuseppe, dilaniato tra l’osservanza della Legge divina, che gli impone di denunciare e uccidere la sposa infedele, e la compassione per la propria moglie, sceglie l’amore. Là dove la ferrea osservanza della Legge, della morale e della tradizione viene incrinata da un sentimento di misericordia, si permette a Dio di farsi strada e manifestarsi nella vita dell’uomo.


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L’annuncio della nascita di Gesù, non suscita gioia, ma provoca il panico nella città santa, Gerusalemme. La venuta del“Dio con noi” (Mt 1,23), spaventa tutta Gerusalemme: da Erode, re illegittimo, ai sacerdoti, dagli abitanti ai teologi. Tutti allarmati, sbigottiti, e presi dalla paura di perdere il potere e i propri consolidati privilegi. E la casta sacerdotale, anziché accorrere per accogliere e rendere omaggio all’atteso Messia, si inquieta per la notizia. I capi religiosi preferiscono restare sottomessi a un re illegittimo per poter mantenere i propri privilegi piuttosto che accogliere il liberatore d’Israele e perdere il dominio sul popolo. A parole auspicavano la venuta del Messia, in realtà la temevano. E la stella, segno celeste che mai brillerà a Gerusalemme, sarà scorta nel tanto disprezzato mondo pagano, i cui rappresentanti, i magi, verranno per rendere omaggio al rifiutato dal suo popolo. La risposta del potere al dono di Dio all’umanità, sarà la strage, compiuta con la complicità delle autorità religiose che hanno fornito al sanguinario Erode ogni informazione su dove trovare il bambino.

Anche nel vangelo di Luca non sono le persone religiose ad accorrere alla nascita del salvatore, ma i pària, i disprezzati pastori d’Israele (“Nessuna condizione di vita è così disprezzata nel mondo come quella dei pastori”, Midrash Sal. 23). E saranno i pastori, non i teologi, a far conoscere al mondo la grande novità che diventerà poi il filo conduttore del vangelo, la “buona notizia”: quando Dio s’incontra con i peccatori, non li castiga ma li avvolge con il suo amore (Lc 1,9), perché questo Signore non è attratto dai meriti delle persone ma dai loro bisogni, ed “è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,35).

Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Ha pubblicato, tra gli altri: Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi. E’ in libreria con Garzanti Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita.

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il vangelo della domenica commentato da p. Maggi

GESÙ NASCERÀ DA MARIA, SPOSA DI GIUSEPPE, DELLA STIRPE DI DAVIDE

commento al vangelo della quarta domenica di avvento (18 dicembre 2016) di p. Alberto Maggi:

Mt 1,18-24

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Il vangelo di Matteo si apre con la genealogia di Gesù. Leggiamo in Matteo: “Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo, Abramo generò Isacco…” e via di seguito, c’è tutta una serie di generazioni. Per comprendere questo, bisogna situarsi nella cultura ebraica, nella lingua ebraica del tempo, dove non esisteva la parola genitori. C’era un padre, che è colui che genera, e la madre, colei che si limita a partorire. Nella nascita di un bambino non è che il papà e la mamma contribuivano allo stesso modo: la madre era considerata una sorta di incubatrice, che soltanto riceveva il seme del marito, e poi, a suo tempo, lo espelleva, e quindi è un uomo che genera un maschio. Ebbene abbiamo tutta la genealogia di Gesù, generazione dopo generazione, di uomini che generano altri uomini, finché arriviamo al versetto 16: “Giacobbe…”, Giacobbe è il nonno di Gesù padre di Giuseppe “Giacobbe generò Giuseppe…” e qui ci si aspetterebbe, per la quarantesima volta, il verbo generare, e Giuseppe generò Gesù. Invece qui si tronca, si tronca questa genealogia: “Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale fu generato Gesù, chiamato il Cristo”. C’è qualcosa di nuovo, c’è una novità incredibile: a Maria viene attribuito lo stesso verbo “generare” che si attribuiva alla generazione degli uomini. Cosa vuol dire l’evangelista ? Che con Maria, quella tradizione nata alle origini del tempo, e che ha portato avanti tutta la storia d’Israele, si chiude con Giuseppe. Il padre quando generava un figlio, non gli trasmetteva soltanto la vita fisica, biologica, ma tutta la tradizione e la spiritualità del suo popolo, ebbene tutto questo prezioso capitale di storia si ferma a Giuseppe. Con Gesù, con Gesù c’è una nuova creazione. Allora vediamo il brano che la liturgia ci presenta in questa domenica, è Matteo, il capitolo primo, dal versetto 18 al 24: “Così fu generato Gesù Cristo…”: letteralmente questa di Gesù Cristo è la genesi, l’evangelista si  richiama con la parola, con il termine, al primo libro della Bibbia, vuole indicare che in Gesù c’è una nuova creazione, qualcosa di inedito, qualcosa di mai avvenuto. “Così fu generato Gesù Cristo…”, questa è la genesi di Gesù Cristo, “…sua madre Maria…” essendo non promessa sposa, sposata: anche qui bisogna comprendere com’era l’istituzione matrimoniale al tempo di Gesù: il matrimonio avveniva in due tappe: la prima parte che si chiamava sposalizio, e la seconda, un anno dopo, che erano le nozze, quindi il matrimonio divise in due parti. Qui Maria e Giuseppe si trovano nella prima fase, è già sposata, sono già marito e moglie, ma ancora non vivono insieme. “Sua madre Maria essendo…” quindi non “…promessa sposa…”, ma sposata di Giuseppe ”…prima che andassero a vivere insieme…”, quindi prima che passassero nella seconda fase, quella della coabitazione nella casa paterna, “…si trovò incinta per opera dello Spirito Santo”: che cosa ci vuole indicare l’evangelista con questa affermazione ? Anzitutto andiamo ai termini: in ebraico il termine spirito, ruah,  è femminile, in greco pneuma è neutro. Quindi l’evangelista evita assolutamente qualunque riferimento a quelle storie, che nel mondo pagano erano frequenti, di dèi che si accoppiavano con delle fanciulle. Qui non si tratta di un accoppiamento di un maschio con una femmina, per questo l’evangelista adopera un termine neutro, ma lo Spirito Santo cos’è ? È la forza creatrice di Dio. Quello che è nato in Gesù, è la stessa forza che ha dato inizio alla creazione. Nel libro della Genesi, alla quale Matteo si richiama, “In principio Dio creò il cielo e la terra e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”, ora lo Spirito di Dio ho fatto di nuovo irruzione in questa creatura. “Giuseppe, suo sposo poiché era un uomo giusto…”, giusto non ha il nostro significato morale, giusto significa fedele osservante di tutte le regole e le prescrizioni della legge, “…e non voleva accusarla pubblicamente…”, già nella prima fase del matrimonio, lo sposo e la sposa erano marito e moglie, e l’uomo si premuniva al riguardo, stabilendo che, in caso di adulterio, la donna andava lapidata. Ebbene Giuseppe è in dilemma, e questo dramma nei libri apocrifi, nel protovangelo di Giacomo, viene espresso molto efficacemente. C’è Giuseppe che afferma: ”se nasconderò il suo errore mi troverò a combattere con la legge del Signore”, quindi Giuseppe è di fronte ad un dramma: lui è un fedele osservante della legge, la legge gli comanda di denunciare e far ammazzare la donna adultera infedele, ma lui non se la sente. “…pensò di ripudiarla in segreto…”: il ripudio era molto semplice a quel tempo, era un foglio di carta dove il marito scriveva semplicemente: “tu da oggi non sei più mia moglie”, lo consegnava alla donna e questa andava via. I motivi per il ripudio erano molteplici, e quindi non c’era nessun problema ed è questo quello che Giuseppe sta pensando di farle. “Mentre però stava considerando queste cose, gli apparve in sogno un angelo del Signore…”: è  la prima volta nel vangelo di Matteo dove appare questa espressione “angelo del Signore”. Dio, nella cultura ebraica, era lontano dagli uomini, e, quando doveva intervenire nella vita degli uomini, non si presentava mai con la sua la divinità, personalmente, ma attraverso quella formula che è “l’angelo del Signore”. “L’angelo del Signore” non significa un angelo inviato da Dio, ma è Dio stesso quando entra in contatto, in comunicazione con gli uomini. E perché in sogno ? Il sogno nel libro dei Numeri si legge “se ci sarà un vostro profeta, io Jahvè , il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui”, Dio appunto è lontano dagli uomini, non si manifesta agli uomini direttamente, ma solo attraverso il sogno. Questo “angelo del Signore” è la prima volta che appare, e compare tre volte in questo vangelo, e sempre per la vita. Qui è la prima volta, Dio che comunica la vita, poi apparirà per difendere questa vita dalle trame omicide di Erode, e poi, al momento della resurrezione, per confermare che la vita, quando proviene da Dio, è indistruttibile. “…e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo;…”: ecco c’è l’assicurazione di Dio che Maria non è una donna adultera, non ha tradito Giuseppe, ma in lei si è creato qualcosa di nuovo, è una nuova creazione che in Maria prende forma. “…ella darà alla luce…” letteralmente partorirà, “…un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».”. Qui l’evangelista mette un nesso tra il nome di Gesù e salvare il popolo dai peccati. Questo, nella nostra lingua italiana, non si può comprendere, ma nell’ebraico sì: Gesù in ebraico è Jeshuà, ed il verbo salvare, al futuro, salverà, si dice joshuà; quindi in ebraico c’è un gioco di parola: lo chiamerai Jeshuà – Gesù, egli infatti joshuà, salverà il suo popolo. In italiano dovremo rendere con l’espressione: egli si chiamerà salvatore, perché salverà il suo popolo nei suoi in peccati. Matteo è l’unico evangelista che, nella cena del Signore, aggiunge le parole che il sangue di Gesù è dato per cancellare, in condono dei peccati, i peccati non sono le colpe, le mancanze degli uomini, il peccato è un passato negativo, è un passato non conforme al desiderio di Dio. “Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore, per mezzo del profeta…”, e si riferisce al capitolo settimo d’Isaia, al versetto 14, dove il profeta si rivolge al re Acaz, annunciando la nascita di un figlio, il futuro re Ezechia. “«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele»…” e qui è il punto dove l’evangelista ci voleva portare, è il filo conduttore di tutta la sua teologia, di tutto il suo vangelo, la grande novità che porterà Gesù, il Dio che si fa uomo, che significa Dio con noi. Perché filo conduttore ? Perché appare qui all’inizio, tornerà circa a metà del vangelo, e poi alla fine di questo vangelo con le parole di Gesù: “io sono con voi per sempre”. Questa è la novità che Gesù ci porta: un Dio non lontano, ma un Dio con noi. Allora, se Dio è con noi, non è più un Dio da cercare, ma da accogliere, e con Lui e, come Lui, andare verso gli uomini. Mentre prima l’umanità viveva per Dio, era orientata verso Dio, il traguardo era Dio, ora l’umanità con Gesù vive di Dio, e, con Lui e come Lui, porta questa onda d’amore ad ogni creatura. “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.”, quindi Giuseppe viene presentato come il giusto nel vero senso, colui che, anche andando al di là della tradizione delle prescrizioni della legge, è in sintonia con la parola di Dio e la osserva, anche quando questa va contro le proprie consuetudini e regole religiose. Ma grazie a questa omissione dell’osservanza della legge, lo Spirito Santo si fa breccia e può formarsi una nuova vita, quella di Gesù.

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in difesa degli ‘accattoni’

gli accattoni, le multe e i doveri verso i poveri

di Gian Antonio Stella

in “Corriere della Sera” del 14 dicembre 2016

 

«L’abbietto mestiere dell’accattone è una piaga sociale che è sempre esistita sin dal tempo delle repubbliche greche. (…) I legislatori hanno sempre cercato di risanare questa piaga, tentando di porre un argine all’accattonaggio nell’interesse della pubblica decenza, del buon costume e della pubblica sicurezza…».

Lo scriveva l’«Enciclopedia di polizia», di Luigi Salerno, «Ad uso dei funzionari e impiegati di P.S., ufficiali e sottufficiali dei carabinieri, degli agenti di polizia e della Guardia di finanza, magistrati, avvocati, sindaci e segretari comunali», edizioni Hoepli, 1952. Erede del fascismo, citava il rischio, lasciando in giro i questuanti, di «una menomazione del decoro nazionale».

Ecco, il sindaco forzista di Trieste Roberto Dipiazza e il suo vice leghista Pierpaolo Roberti, decisi a mostrare i muscoli vietando la pubblica carità e fissando una multa da 150 a 900 euro perfino per chi fa l’elemosina, anteponendo gli inviti evangelici a quelli securitari, potrebbero trarre ulteriori ispirazioni dalla lettura del codice Rocco e dell’enciclopedia citata, la quale liquida la «plebaglia» che «spesso non ha camicia addosso, né scarpe ai piedi, né tetto sotto cui riparare» spiegando che «il risparmio e la previdenza le sono sconosciuti».

Se poi volessero andare fino in fondo, i guardiani del decoro triestino potrebbero fare un esposto contro Bergoglio Jorge Mario, extracomunitario, nato a Buenos Aires, alias Papa Francesco, per «istigazione recidiva all’elemosina». Nell’udienza giubilare del 9 aprile 2016, infatti, dopo aver ricordato che «elemosina, deriva dal greco e significa proprio misericordia», ha detto: «Il dovere dell’elemosina è antico quanto la Bibbia. Il sacrificio e l’elemosina erano due doveri a cui una persona religiosa doveva attenersi».

E insistito che è un dovere verso «il bisognoso, la vedova, lo straniero, l’orfano…». Non bastasse, ha detto che sì, «dobbiamo distinguere tra i poveri e le varie forme di accattonaggio che non rendono un buon servizio ai veri poveri», ma non è accettabile fare di ogni erba un fascio: «Quanta gente giustifica se stessa per non dare l’elemosina dicendo: “Ma come sarà questo? Questo a cui io darò, forse andrà a comprare vino per ubriacarsi”. Ma se lui si ubriaca, è perché non ha un’altra strada! E tu, cosa fai di nascosto? E tu sei giudice di quel povero uomo che ti chiede una moneta per un bicchiere di vino?». Conclusione: «Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo». Ma si sa, il Papa non deve raccattare voti…

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nei confronti delle persone lgbt non tutti i vescovi sono uguali

viaggio tra i vescovi cattolici che sostengono apertamente l’inclusione delle persone lgbt

Articolo pubblicato sul blog Cristianos Gay (Spagna) il 13 ottobre 2016, liberamente tradotto da Sara C.

Tra i vescovi cattolici spicca il Vescovo Johan Bonny che si fa notare ancora una volta per la sua posizione a favore delle persone LGBT.
Lo fa attraverso un libro che è stato pubblicato l’11 ottobre scorso in Belgio e che raccoglie una serie di interviste con il teologo Roger Burggraeve e la giornalista Isle Van Halst, della rivista fiamminga Kerk & Leven. Il titolo evoca una celebre dichiarazione di Papa Francesco sulle tre parabole dedicate alla famiglia: “Posso? Grazie. Mi spiace. Dialoghi audaci sulla relazione, sul matrimonio e sulla famiglia” (Mag ik? Dank je. Sorry. Vrijmoedige dialoog over relaties, huwelijk en gezin).

In questo libro, come riportato nel quotidiano La Libre Belgique (tradizionalmente vicino al Cattolicesimo Belga), il Vescovo Johan Bonny afferma il primato del matrimonio eterosessuale e respinge l’equiparazione con quello tra le persone dello stesso sesso e le unioni civili. Tuttavia, il Vescovo Johan Bonny afferma che essi e le loro unioni debbano trovare posto all’interno della comunità cattolica mediante la liturgia. Proprio a questo proposito fa la sua proposta più audace: l’introduzione di un rituale di benedizione per le coppie di fatto (diverso dal sacramento del matrimonio inteso come unione di due persone eterosessuali) che abbracci anche le persone dello stesso sesso.

Il Vescovo di Anversa e le sue dichiarazioni a favore delle persone LGBT

Questa non è la prima volta che il vescovo d’Anversa si distingue per le sue dichiarazioni circa le persone LGBT, già nel settembre del 2014 ha indirizzato una lettera al Vaticano, durante la celebrazione del Sinodo straordinario sulla Famiglia, chiedendo maggior rispetto e un linguaggio più armonioso di fronte a quelle realtà considerate “diverse”; sostenendo, inoltre, che la Chiesa cattolica dovrebbe “abbandonare il suo atteggiamento difensivo” su questioni come l’accettazione degli omosessuali, divorziati e risposati o sui giovani che vivono con un partner senza essere uniti in matrimonio, sottolineando che queste situazioni “meritano maggiore rispetto e un giudizio meno duro”.

Qualche mese dopo, dicembre 2014 , lo stesso Vescovo ha sostenuto la necessità di un riconoscimento liturgico delle coppie omosessuali, atteggiamento che gli è costato l’opposizione dei settori fondamentalisti . “Dobbiamo trovare nel seno della Chiesa un riconoscimento formale per la relazione intesa come unione sia delle persone omosessuali sia di quelle eterosessuali. Come nella società esistono dei riconoscimenti giuridici per le coppie  altrettanto dovrebbero esistere all’interno della Chiesa stessa”, ha affermato senza però specificare se questo “riconoscimento formale” dovrebbe avere o meno carattere liturgico.

Un piccolo e insistente gruppo di vescovi aperturisti

La verità è che il Vescovo Bonny non è del tutto solo ma fa parte di un gruppo di vescovi che hanno avanzato diverse posizioni sulle persone LGTB, rispetto alla maggior parte della gerarchia cattolica. Si tratta di un piccolo ma notevole gruppo in quanto sta mantenendo la stessa linea ormai da diversi anni. Tra di loro troviamo il Vescovo di Osnabrück (Germania), Franz-Josef Bode, il quale, nel mese di settembre 2015, si mostrò favorevole a benedire, in privato e non attraverso una cerimonia pubblica, le coppie omosessuali unite da una relazione stabile.

Tra di loro, spicca anche il cardinale  Reinhard Marx , presidente della Conferenza Episcopale Tedesca nonché arcivescovo di Monaco e Frisinga e stretto collaboratore di Papa Francesco. È stato lui il primo ad affermare che la Chiesa cattolica dovrebbe chiedere scusa per come ha trattato gli omosessuali, dando così origine alle dichiarazioni che il Papa stesso fece a tal proposito. Il Cardinale affermò che “La storia degli omosessuali nella nostra società è una storia terribile; li abbiamo emarginati e pertanto dobbiamo chiedere loro perdono, sia come Chiesa sia come società”. Il cardinale tedesco ha anche osservato che il rapporto di fedeltà tra le persone dello stesso sesso deve valorizzarsi positivamente: “Dobbiamo rispettare le decisioni degli individui. Come ho già affermato nel primo Sinodo – dove alcuni sono stati costernati, ma penso che sia normale – non si può dire che una relazione fedele tra due uomini o due donne non sia nulla, che non abbia alcun valore”.

Anche prima del pontificato di Papa Francesco, nel 2012, il Cardinale Rainer Woelki, Arcivescovo di Berlino, chiamò la Chiesa a riflettere sulla propria posizione nei confronti delle coppie omosessuali affermando, a questo proposito, che dovrebbero essere considerate come analoghe a quelle eterosessuali. Allo stesso modo, durante un’intervista avvenuta in seguito, ha denunciato il ” falso perfezionismo ” che, a parer suo, prevale nel seno della Chiesa. Tuttavia, poco dopo ha chiarito la sua posizione in modo curioso affermando, da un lato, che “dove ci sono individui inclini e disposti gli uni verso gli altri, questi meritano un riconoscimento” mentre, dall’altro, ha aggiunto che gli “atti”  omosessuali vanno “contro la legge naturale e quindi non possono essere accettati dalla Chiesa.”

A tal proposito, va menzionato il Vescovo di Saltillo (Messico), Raul Vera, che da anni si sta distinguendo per la difesa delle persone LGBT. Nel 2011 aveva sostenuto l’organizzazione del Forum sulla diversità sessuale, familiare e religiosa  da parte della Comunità di San Elredo (gruppo di cristiani LGBT) affermando che: “la società messicana non è ancora stata in grado di liberarsi dai pregiudizi, dall’intolleranza e dall’ostilità nei confronti delle persone gay, generando così atti di violenza e un rifiuto sociale e familiare”. Nel 2014, lo stesso Vescovo battezzò la figlia nata da una coppia di due donne che avevano contratto matrimonio nel Distretto Federale del Messico, primo territorio messicano ad approvare il matrimonio omosessuale.

Cattolicesimo tedesco, punta di diamante

Non deve sorprendere che la maggior parte degli esempi appena menzionati provengano proprio dalla Germania, Paese nel quale è presente una delle comunità cattoliche più aperte nei confronti delle persone LGTB. Nonostante tutto, però, le dichiarazioni di questi vescovi tedeschi sembrano timide in confronto a quelle dei laici. Nel dicembre 2015, la divisione locale della Confederazione Cattolica della Gioventù Tedesca (Bund der Deutschen Jugend Katholischen -BDK-) approvò un documento intitolato “Tutti sono i benvenuti”, in cui affermava che “l’amore di Dio non fa distinzioni” e ha riconosciuto che “le persone omosessuali” possono “vivere il sesso in modo responsabile”. Un altro esempio eloquente è stato il documento firmato nel 2011 da 144 teologi cattolici tedeschi (circa un terzo del totale), nel quale si sosteneva la necessità di una profonda riforma da parte della Chiesa stessa che comprendeva, tra le altre cose, la fine del “rigore morale” che condanna all’ostracismo le coppie omosessuali e le coppie di persone divorziate unite in seconde nozze.

A questa apertura corrisponde un atteggiamento progressista da parte del cattolicesimo tedesco su questioni come la contraccezione e il divorzio; temi sui quali la Germania già marcava differenze con i pontefici precedenti, in particolare con il tedesco Joseph Ratzinger.

In definitiva, all’interno delle dinamiche della Chiesa cattolica di alternare passi in avanti con altrettanti in dietro (come si è potuto ben notare dalle più recenti dichiarazioni del Papa), esiste un gruppo di vescovi che sembra premere in modo insistente. Non c’è bisogno di ricordare, purtroppo, in che posizione si trovino le voci dell’episcopato spagnolo, con qualche eccezione come il vescovo Vera. Sembra, comunque, che ai vescovi del Nord Europa vada aggiudicato ancora una volta il riconoscimento di avere una visione avanguardista su tal questione.

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«Il mondo è sull’orlo di un’apocalisse climatica»

l’apocalisse è a un passo ed è climatica

l’allarme dell’“Osservatore Romano”

Eletta Cucuzza

da: Adista Notizie n° 44 del 17/12/2016

 

«Il mondo è sull’orlo di un’apocalisse climatica». Lapidaria e disperante, la frase apre un articolo de L’Osservatore Romano del 2 dicembre (“Apocalisse climatica”), il cui scopo va al di là della semplice informazione, è insieme allerta e sprone, perché il «riscaldamento globale rischia di produrre cambiamenti radicali sulla società umana, in primis a livello geopolitico e demografico»

«Le previsioni più attendibili – scrive il quotidiano ufficioso della Santa Sede – parlano di almeno 350 milioni di “migranti ambientali” (ovvero migranti causati da rischi legati al clima) entro il 2050»; e «entro il 2020 ben sessanta milioni di persone potrebbero spostarsi dalle aree desertificate dell’Africa subsahariana verso il Nord Africa e l’Europa». Previsioni realistiche se si guarda ai dati più recenti riferiti dal quotidiano: «Secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Iom), nel 2014 la probabilità di essere sfollati a causa di un disastro è salita del 60 per cento rispetto a quarant’anni fa. Per l’Internal Displacement Monitoring Centre del Norwegian Refugee Council, dal 2008 al 2015 ci sono stati 202,4 milioni di persone delocalizzate o sfollate, il 15 per cento per eventi geofisici come eruzioni vulcaniche e terremoti, e l’85 per eventi atmosferici. Nel solo 2015 gli sfollati interni allo stesso stato sono stati 27,8 milioni, di cui 8,6 milioni provocati da conflitti e violenze e 19,2 milioni da disastri naturali, intensi e violenti. L’Unhcr, nel Global Trend 2016 dà, invece, numeri ben più sostanziosi: 40,8 milioni di profughi interni o sfollati nel 2015». Da pochi giorni, «la Fao ha lanciato un nuovo allarme per le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla lotta contro la fame. “Saranno 130 milioni le persone in più che soffriranno la fame e la malnutrizione come causa diretta dei cambiamenti climatici, se continuiamo con le politiche attuali”, ha detto Maria Helena Semedo, vicedirettrice generale della Fao». Secondo Semedo, «nei prossimi quindici anni vivremo un aumento della popolazione e, contemporaneamente, vedremo uno spostamento nelle città, dove è previsto che vivrà il 60% delle persone. Avremo quindi meno persone disponibili a produrre cibo», e sarà ancora più difficile, ha sottolineato la vicedirettrice della Fao, «raggiungere il nostro obiettivo di eliminare la fame nel mondo entro il 2030».

Eppure «la questione del legame tra cambiamenti climatici e migranti – evidenzia L’Osservatore – non ha ricevuto finora l’attenzione di molti ricercatori e dunque non esistono ancora ricerche approfondite su diverse questioni, tra cui anzitutto lo status di “migrante ambientale”. In effetti, i “migranti ambientali” non rientrano nei parametri della figura di rifugiato riconosciuta dalla convenzione di Ginevra. Per cui, a livello di protezione internazionale, non hanno alcun diritto. Bisognerebbe quindi, dicono numerosi esperti, superare la definizione di rifugiato e in questo l’Europa – sprona il quotidiano – potrebbe farsi promotrice presso l’Onu perché vengano riconosciuti diritti ai profughi economici e ambientali».

E poi «servono politiche incisive, basate su misure concrete, che possano favorire le popolazioni più deboli», suggerisce L’Osservatore, che fa eco ancora alla proposta di Maria Helena Semedo: «Dobbiamo – ha detto la vicedirettrice della Fao – modificare il nostro modo di produrre verso uno più sostenibile, come discusso nell’evento di oggi: è necessario un approccio più integrato, che aiuti le popolazioni a diventare resilienti rispetto ai cambiamenti climatici. Altrimenti diventeranno più povere e aumenterà l’insicurezza alimentare».

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l’urlo e la lotta degli indios contro la nostra tracotanza e i nostri silenzi

gli indios stanno lottando contro la bulimia di energia

 
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scrittore e operatore socioculturale
Il problema non è la tv, che trasmette spesso anche cose interessanti. Vedi per esempio Report, film e documentari vari. Quello che preoccupa è la massa di zombies che passa le serate a discutere chi sia meglio o peggio nei teatrini dei catafalchi come quello di Costanzo che invita altri catafalchi a parlare del passato. Oppure Fazio che, non sapendo più cosa inventare, scalda la minestra del Rischiatutto per gli zombies.Tutti si preoccupano di tirare avanti come possono e di spiegare che bisogna per forza fare certe cose poiché costretti dal mercato.

L’unica cosa che tutti saranno veramente costretti a fare nei prossimi decenni, se non si svegliano, è vivere in un mondo tossico, privo di valori e tradizioni, con un bassissimo livello di energia e con un alto livello di schiavitù.

Inutile inventare scuse. La vita passa in un istante e l’unica cosa sensata che rimane è pensare ai propri figli. Ma fare questo, oltre ad essere solo una traslazione nel tempo dello stesso problema, ha l’aggravante di lasciare loro, se andiamo avanti accettando tutto così, un mare di macerie solide, liquide, psichiche e gassose.    

 

Di fatto ciò che sta accadendo è il seguente. Dall’Amazzonia al nord del Brasile, dal North Dakota fino all’Alaska gli indios stanno lottando, qua e là sostenuti da intellettuali e ambientalisti, per salvare quello che resta dei loro ultimi santuari, che poi sono gli ultimi per tutti. Numerose le violazioni dei diritti umani e alto rischio del perpetrarsi di omicidi. Tutto questo sta avvenendo in nome del fabbisogno ormai bulimico di energia. Le cause della distruzione sono il petrolio e le idroelettriche, con trivellazioni, oleodotti, dighe, ma anche piantagioni intensive e a perdita d’occhio di biomasse. Contribuiscono anche lo sviluppo turistico di bassa lega, la deforestazione per creare pascoli, la speculazione immobiliare.

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Per fare alcuni esempi. 170 Guarany (50 uomini, 50 donne, 70 bambini) hanno minacciato il suicidio di massa qualora venissero deportati dal territorio sacro nel quale sono accampati ora che loro chiamano “tekoha”, cimitero ancestrale, nel Mato Grosso do Sul (Brasile). Non è una minaccia qualsiasi, avviene già da anni che molti di loro si tolgano la vitaCinque villaggi Pataxò, nello Stato di Bahia (Brasile) saranno rasi al suolo per speculazione immobiliare.

I Krenak, violentemente danneggiati dal disastro della diga di Mariana, tragedia storica passata sotto silenzio dai media di tutto il mondo, denunciano la dolosità dell’evento in questa intervista ad Ailton Krenak, un leader della comunità. E mentre negli Stati Uniti continuano le proteste per la costruzione dell’oleodotto in un’area sacra nel Dakota, si è sollevata una ulteriore protesta in Canada per la costruzione di una idroelettrica nella Peace River Valley.

Un grande esploratore artico italiano, Ario Daniel Z’Hoo, guida alpina nelle Dolomiti, il quale ha già attraversato più volte in solitaria invernale, con temperature che possono arrivare anche a 30 o 40 gradi sotto zero e anche oltre, Scandinavia, Siberia e Alaska, sta lottando per i Gwich’in dell’Alaska. Il nord del territorio, sacro agli indigeni, ma anche santuario ecologico dove si riproducono caribù e altre specie è pieno di petrolio e dunque ad alto rischio. Di fatto sarebbe un genocidio. Ario a breve rifarà la pericolosa traversata in invernale per dare loro visibilità e sostegno.

Ma il capolavoro di scempio e corruzione è la ormai famigerata diga di Belo Monte, sul Rio Xingù in Brasile. Un disastro ambientale e umano costato 30 miliardi di reali, quattro volte il preventivo iniziale. Si calcolano 150 milioni di reali solo in mazzette (1% del guadagno). Il regista canadese naturalizzato brasiliano Todd Southgate, ha realizzato uno splendido documentario dove fa un’anatomia di questo crimine contro l’umanità, l’ambiente, gli indigeni e il popolo brasiliano, che ha pagato di tasca propria.

Le proteste degli indios sono voci che rimangono perlopiù inascoltate. Questo mio post è una patetica goccia in un oceano di mancanza di informazione su temi cruciali che prima o poi dovranno interessare tutti. La situazione è molto grave sia sul piano umano che ambientale.

Foto: @mvillone – Xowá Tapuya Fulni-ô, che presidia da anni, con il suo gruppo, un territorio minacciato in Brasilia, considerato sacro dai Fulni-o

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