il commento al vangelo della domenica

NON DI CONTENUTI MA DI MODALITÀ



il commento di E. Ronchi al vangelo della quindicesima domenica del tempo ordinario

Mc 6,7-13



Vangelo che mette con le spalle al muro.
Mi proteggo da questo vangelo, pensandolo rivolto agli altri, invece siamo tutti inviati, tutti sulla strada, come i Dodici, per essere un dito puntato su Gesù, un evidenziatore, un faro su di lui.
E ci viene istintiva la scusa di Mosè: ma come Signore, mandi me balbuziente a parlare alla corte, si metteranno a ridere! O di Geremia: sono troppo giovane; di Amos che protesta: sono solo un mandriano, sto dietro alle mucche.
Ma “l’annunciatore deve essere infinitamente piccolo, solo così l’annuncio sarà infinitamente grande” (G. Vannucci).
Allora vado bene anch’io.

Perché il sacerdote Amasia non si lascia aiutare dal piccolo profeta? Forse perché Dio brucia, e se l’accogli ti cambia la vita.
Io non ero profeta; ero un bovaro, un contadino, mi occupavo della vita. Ma il Signore mi ha “preso”. Confessa una chiamata che è quasi una violazione da parte di Dio. Il vangelo di oggi ci aiuta a farci “prendere”.

Per le strade di Galilea (ogni strada del mondo è Galilea) la gente vede arrivare, sotto il sole, due tipi strani, a piedi, più poveri di un povero, senza bisaccia e con solo un bastone.
​Li vede venire a due a due, che non è la somma di uno più uno, ma è l’inizio della comunione, la prima cellula della comunità.
Ma così arriva il vangelo?
Così è venuto Cristo, senza denaro, senza borsa, nudo sulla croce.
Aveva solo un bastone, il legno della croce, piantato a sorreggere.

Più che sui contenuti da trasmettere, Gesù con i Dodici insiste sulle modalità di come si passa nel mondo: liberi e leggeri. Il come si vive, è la vita. Prima si è visti, poi si è ascoltati.
In tre anni di strade, olivi, lago, pane che non finisce, malati toccati e guariti, hanno appreso l’essenziale, hanno imparato Gesù.
Lui porteranno in giro per le strade.

Riassumo in due linee questo vangelo: l’economia della piccolezza e quella della strada.
La piccolezza attraversa l’intera Bibbia e ne rappresenta l’anima profonda. Quella di Abele, delle donne sterili e madri, di Giuseppe venduto dai fratelli, di Amos e Geremia, della stalla di Betlemme, dei “beati i poveri”, del granello di senape, dei 12 che vanno senza niente fra le cose.
L’economia della piccolezza ci fa trovare profeti là dove la grandezza vede solo piccoli contadini.
E poi l’economia della strada: che è libera ed è di tutti, che non domanda tessere, che ti apre orizzonti ed è sempre nuova. Mettersi per strada è un inno alla libertà e alla fiducia. Un salmo cantato agli incontri che farai.

E i Dodici vanno, più piccoli dei piccoli; li ha messi sulla strada che non si ferma, che verrà sempre incontro, che se li porterà con sé verso il cuore della vita.

Vanno, profeti del sogno di Dio: quello di un mondo finalmente guarito; ripulito dai demoni che invecchiano il cuore giovane della vita.

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il commento al vangelo della domenica

SILLABE DI DIO
Mc 6, 1-6
Dio prende da parte il suo profeta Ezechiele e gli parla duro:
“tu vai! Lo so che sono un popolo dal cuore duro, ma tu profetizza, ascoltino o non ascoltino”.
Introduzione forte e diretta al vangelo del ritorno di Gesù a Nazaret, dove si conoscono tutti.
Nazaret è il nostro paese.
Io sono Nazaret: ho detto qualche volta “sì” a Dio e tante volte “no” al vangelo.
“Ma non è il falegname? Ma che cos’ha da mettersi a fare il maestro?
E cosa ha da toccare i malati con quelle mani, che sanno solo riconoscere i nodi del legno?”
E si scandalizzavano di lui. Di lui, andato a vivere come un senza fissa dimora, un vagabondo che non sa neanche mantenersi.
Gesù, rabbi senza titoli e con i calli alle mani, si è messo a raccontare Dio con parabole nuove, che sanno di casa e di terra, dove un grano di senape diventa rivelazione.
Ma che cosa li scandalizza? L’umiltà di Dio. Non può essere questo il nostro Dio. Dov’è la gloria e lo splendore dell’Altissimo che tuonava sul Sinai?
Questo Dio che viene a tavola con noi. Anzi di più, siede in mezzo a malati e peccatori, pubblicani e indemoniate. Lo scandalo della misericordia. E Gesù lo sa: un profeta non è disprezzato che in casa sua.
Non disprezziamo mai quelli di casa!
C’è il cromosoma di Dio, in tutte le nostre case. Ascoltiamoci!
Ascoltare non è sentire, che è un fatto sensoriale, ascoltare è un fatto di cuore.
Si ascolta come bambini o come innamorati. E noi troviamo mille scuse, anziché aprirci all’ascolto.
E Dio invece si stupisce: con Ezechiele, con i paesani, con me.
Siamo circondati da profeti, magari piccoli. E come gli abitanti di Nazaret, sprechiamo i nostri profeti quotidiani, senza ascoltare l’inedito di Dio. Non mancano i profeti, manca l’ascolto!
Siamo tutti sillabe di Dio.
Ma chi ascoltare? Da chi imparare?
C’è un criterio: ascoltiamo chi ci aiuta a crescere in sapienza e grazia,
cioè nella capacità di stupore infinito.
E non quelli che ci mettono lacci alla vita, ma quelli che ci daranno ulteriori ali e la visione di nuovi cieli e una terra nuova.
I buoni maestri ci sono!
La risposta di Gesù al rifiuto dei suoi paesani è bellissima: né rancore, né condanna, tanto meno si deprime per un insuccesso, ma apre una meraviglia che rivela il cuore di luce di Dio: “Solo impose le mani a pochi malati e li guarì”.
È rifiutato ma si fa ancora guarigione, anche di pochi, anche di uno solo. L’innamorato respinto continua ad amare, anche senza contraccambio.
Di noi Dio non è stanco: è solo qualche volta meravigliato.
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