Ha 800 anni ma il peso di tutti questi secoli non si avverte. Il Cantico delle Creature, primo poema in lingua volgare i cui versi sono composti sul modello dei salmi biblici di Davide, resta inossidabile, di una attualità inusitata, perché dotato di una dimensione profonda, quasi vertiginosa, capace di dare un senso alla più grande e importante domanda esistente: chi è davvero l’Uomo?
San Francesco quando compone il Cantico (detto anche Cantico di Frate Sole) sente che è alla fine. Inizia ad elaborarlo nell’ultimo biennio della sua vita (1225-1226), sente ormai che le sue forze stanno venendo meno, si trova in una condizione fisica e personale di totale sofferenza. È stigmatizzato, quasi cieco, vive al buio quasi da eremita a San Damiano in una celletta fatta di stuoie, piena di topi che lo tormentavano di giorno e di notte e, secondo le cronache, lo disturbavano anche durante la preghiera. In questo stato lui immagina il potentissimo legame tra tutte le cose viventi, la natura, il cosmo. La rete delle reti. “Laudato sì, mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’hai formate clarite preziose e belle”.
Francesco, il “Piccolino”, come si faceva chiamare dai suoi compagni, non è di certo come ce lo ha trasmesso Franco Zeffirelli nel bellissimo Fratello Sole Sorella Luna, con l’aitante Graham Faulkner che corre vigoroso nei campi di papaveri, proiettando di questo santo medievale un’icona romantica e un po’ patinata. In realtà Francesco è un uomo assai sofferto, tenacemente attaccato al convincimento di dover lasciare ai suoi fratelli una visione mistica e profetica capace di trasmettere ai suoi contemporanei il collegamento tra il Creatore e le creature, anche le più piccine.
ERESIA
E non è proprio un dettaglio, visto che in quel periodo il mondo cristiano è pesantemente segnato dall’eresia catara che spopola e sta portando avanti l’idea estremista di una natura maligna, dove tutto è in preda al demonio.
Francesco oltre a lasciare la Regola francescana e il suo testamento affida ai suoi seguaci anche questa poesia immortale, il Cantico, impegnandoli moralmente a cantarlo in ogni dove e a diffonderlo urbi et orbi.
CONTRAPPOSIZIONE
«Laudato sì mio Signore per sor’Acqua, la quale è multo utile, et humile e preziosa e casta. Laudato sì mio Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la notte: et ello è bello e iocundo e robusto e forte». L’italiano dei versi è ovviamente nascente. L’autore ricorre volutamente al volgare proprio per essere in contrapposizione con il latino che resta la lingua utilizzata dai dotti e delle élite. Lui, invece, vuole seguire un filo conduttore immediato e semplice, privo di intermediari, come se avesse voluto rimarcare l’urgenza di diramare con più efficacia il messaggio della fratellanza con il Tutto. Il Cantico esprime ammirazione per la bellezza, incoraggia i rapporti pacifici, incalza il perdono ma pure l’accettazione della sofferenza che resta un terreno pieno di mistero.
LA MORTE
L’ideologia francescana delinea chiaramente il superamento della contrapposizione medioevale tra il mondo terreno inteso come regno del male e la realtà ultraterrena. Francesco riconosceva il segno dell’amore divino in tutti gli aspetti della natura (il sole, la luna, le stelle, il vento, l’acqua, il fuoco, la terra), e anche nelle realtà piu umili e persino dolorose (per esempio la morte).
In quel periodo l’amore per la natura non era di certo quello che coltiviamo oggi a seguito della crisi climatica, poiché veniva vista come una realtà matrigna e ostile: bastava davvero poco per distruggere il lavoro dei campi e gettare nella miseria intere comunità. Francesco però riesce ad introdurre una diversa prospettiva.
«Altissimu, onnipotente, bon Signore» i tre titoli che aprono il poema anticipano il mistero di Dio creatore che Francesco contempla e predica. Di recente padre Guidalberto Bormolini e il poeta David Rondoni hanno scritto a quattro mani un libro intitolato Vivere il Cantico delle Creature in cui sottolineano che spiritualità cosmica e la spiritualità cristiana non sono assolutamente in contraddizione e che Francesco non fa altro che riprendere il filo tracciato dai Padri della Chiesa, i quali consideravano l’unità del mondo come un tema essenziale.
AMORE
Persino il tema della morte («Laudato sì mio Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare») appare come un accompagnamento alla fine naturale poiché inserita dentro a un Tutto e verso un’altra dimensione.
11 GEN – Si è svolta ad Assisi la solenne apertura dell’ottavo centenario della composizione del Cantico delle Creature di San Francesco, svoltasi tra il Santuario San Damiano e il Santuario della Spogliazione, per poi concludersi sulla tomba del Santo nella Basilica di San Francesco. All’evento hanno partecipato tutti i rappresentanti della Conferenza della Famiglia francescana e monsignor Domenico Sorrentino, vescovo delle diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, oltre ai rappresentanti dell’amministrazione comunale che ha sostenuto l’iniziativa.
Fra Mauro Botti, guardiano del Santuario di San Damiano, ha fatto gli onori di casa.
“Il messaggio di Francesco ha superato i confini della Famiglia francescana – ha dichiarato fra Massimo Fusarelli, ministro generale dell’Ordine dei frati minori – e dopo 800 anni continua a ispirare molti uomini e donne di buona volontà, sia che lo leggano come poesia, come lode cristiana o come preghiera ecumenica o interreligiosa”.
Fra Francesco Piloni, ministro provinciale di Umbria e Sardegna, ha dato l’avvio ufficiale al centenario, nella sala del Cantico, adiacente al giardino nei pressi del quale era la celluzza di stuoie, che ospitò il Santo di Assisi: “Nonostante la cecità che segnava gli ultimi anni della sua vita – ha sottolineato – il Cantico ha lo sguardo di fede profonda di chi riconosce la bellezza del creato come riflesso della perfezione divina”.
Dopo la proclamazione del Cantico, a turno i ministri generali ne hanno commentato i passi.
Nel Santuario della Spogliazione fra Simone Calvarese, ministro provinciale dei Frati minori cappuccini del centro Italia ha presieduto la seconda parte della celebrazione. Qui si è voluto ricordare che Francesco, nella sua danza di lode, fa entrare l’uomo in altri due momenti dell’esistenza: il perdono e la morte.
Il vescovo Sorrentino ha concluso la celebrazione ricordando come le due ultime strofe del Cantico siano state concepite in Episcopio. “Il mio desiderio – ha detto – è che, per tutta la comunità ecclesiale e di rimbalzo per quella universale, questo inno, anche da questo Santuario, possa diventare il Cantico della pace nel mondo e tutti lo possano accogliere e cantare ogni giorno”. Nella chiesa Inferiore della Basilica è stata esposta la copia più antica del Cantico, custodita nella Biblioteca del Sacro convento.