i poveri si prendono la rivincita

la rivincita dei poveri

migranti

 

di Patrick Royannais
in “La Croix” del 16 gennaio 2016

non possiamo pretendere che le ingiustizie continuino, che i poveri restino poveri per mantenere il nostro tenore di vita. Sì, la nostra civiltà sta cambiando. In una società globalizzata, opporsi all’accoglienza di coloro che avevamo tenuto fino a questo momento ai margini della nostra prosperità e delle nostre libertà, è omicida, ma è anche suicida

Facciamo troppo per i migranti? Non credo proprio. Non abbiamo ancora accolto i 24000 siriani che ci eravamo impegnati ad ospitare. Eppure, alcuni temono per l’unità e l’identità della Nazione, per le nostre capacità di integrazione, per il mercato del lavoro, ecc. Non dobbiamo proteggerci dall’arrivo in Europa di un milione di rifugiati nel 2015? La nostra società è in pericolo. Sì, la nostra società è in pericolo, ne sono convinto. E anche la nostra fede. Ma il pericolo non viene da dove pensiamo. Probabilmente viene più da noi stessi che da coloro che, come viene detto, ci stanno invadendo, e che per di più sono musulmani.

foto premio migranti Di fatto, è questo uno dei sottintesi della questione. Fondamentalmente, anche se non in maniera esclusiva, interpreto il fenomeno migratorio a cui assistiamo come la rivincita dei poveri. Che lo si voglia o no, noi beneficiamo e siamo quindi responsabili dello squilibrio economico e geopolitico. In una società globalizzata c’è interazione a tutti i livelli, non ci si può proteggere economicamente e geopoliticamente. Per questo la retorica dell’estrema destra è una menzogna. Non possiamo pretendere che le ingiustizie continuino, che i poveri restino poveri per mantenere il nostro tenore di vita. Sì, la nostra civiltà sta cambiando. In una società globalizzata, opporsi all’accoglienza di coloro che avevamo tenuto fino a questo momento ai margini della nostra prosperità e delle nostre libertà, è omicida, ma è anche suicida. Visto che non siamo disposti a diminuire le disuguaglianze e a condividere ciò che abbiamo, la gente viene qui da noi, tanto più che da loro non si riesce più a vivere, in parte per colpa nostra. La stragrande maggioranza viene senza violenza, senza armi. (…) Chiedono solo di poter vivere più degnamente, con maggiore sicurezza. Cambieranno la nostra cultura. Anche questa è una rivincita dei poveri. Anche loro saranno trasformati. Mantenere la nostra cultura contro di loro è impossibile, perché sarebbe negare quello che chiamiamo appunto la nostra cultura. Siamo schizofrenici. Quindici anni fa, c’era che rifiutava di riconoscere le radici cristiane dell’Europa. Oggi, sono in molti a rivendicare il cristianesimo come radici o valori (pensiamo alla questione dei presepi). Ma non è di fede che si tratta: chi mai è preoccupato per la Trinità, la salvezza, la condivisione, il servizio? È l’identità che si cerca. Di fatto, i nostri paesi non sono più cristiani – se mai ha avuto un senso parlare di paese cristiano.

ungheria-muro-fermare-migranti-orig_mainNon si definiscono in maniera univoca. Prima di deplorarlo, bisognerebbe accorgersi della ricchezza e della libertà che questo rappresenta! Altri rivendicano la laicità: stessa schizofrenia. Ben lungi da ciò che la parola designava nel 1905 – la neutralità dello Stato che permette di far coabitare pacificamente opinioni diverse, in particolare in riferimento al religioso -, essa viene intesa oggi come la rivendicazione di vivere in società senza dover incontrare la differenza di coloro che non pensano o non vivono “come me” (tipica è stata l’opinione dei sindaci francesi sui presepi). La nostra paura davanti all’arrivo massiccio di migranti mette in evidenza, più che un problema economico o di sicurezza interna, la nostra incapacità alla differenza. Rivendichiamo di essere una società libera e aperta, ma, dipende: i poveri, i rifugiati, i musulmani, i cristiani, insomma, tutte le minoranze – numeriche o economiche – non hanno diritto di cittadinanza – o il diritto di essere visibili… in nome della libertà! Questa contraddizione, che è nostra, è la nostra morte. Non abbiamo scelta. Accogliere coloro che si rifugiano da noi è un obbligo, proprio in nome della cultura o dei valori che vogliamo difendere, cristiani o laici che siano. Salviamo anche noi stessi accogliendo quelle persone. Uccidiamo noi stessi se lasciamo che siano portate via dal mare, dalle guerre, dalla povertà o dai briganti. Per noi, discepoli di Gesù, chiudere la porta a coloro che chiedono aiuto, vuol dire mettere Cristo fuori dalle nostre vite; vuol dire non essere più suoi discepoli! Dio si incontra proprio nella persona dell’altro così diverso, così vicino, senza tetto né patria, spesso povero ma sempre chiamato ad
essere riconosciuto come fratello. Ho l’impressione che Francesco dica proprio questo. Ma certo, so bene che certi pensano che sia un cattivo papa…

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