cosa manca alle religioni per accettare l’omosessualità
l’intervento del prof. Vito Mancuso al convegno sull’omosessualità tenutosi martedì 19 maggio nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica
Anche se oggi il giudizio delle religioni sull’omosessualità è per lo più di condanna, qualcosa sta cambiando. È ormai citatissima la frase di papa Francesco del 28 luglio 2013: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? ». Affermazione scioccante perché i Papi, compresi gli immediati predecessori di Francesco, hanno sempre formulato esplicite valutazioni sull’omosessualità, e sempre di condanna. Nel 2006 il Dalai Lama riaffermava la disapprovazione buddhista: «Una coppia gay è venuta a trovarmi cercando il mio appoggio e la mia benedizione: ho dovuto spiegare loro i nostri insegnamenti. Una donna mi ha presentato un’altra donna come sua moglie: sconcertante». Nel 2014 l’approccio è stato diverso: «Se due persone, una coppia, sentono veramente che quel modo è più pratico, più fonte di soddisfazione, e se entrambi sono pienamente d’accordo, allora va bene»…
Oggi tutte le religioni presentano tale oscillazione, in esse si nota l’evoluzione prodotta dallo “spirito del mondo”, per riprendere l’espressione con cui Hegel qualificava l’azione divina. È in atto nel mondo una complessiva riscrittura dei rapporti tra singolo e società: all’insegna del primato non più della società e delle sue tradizioni, ma del singolo e della sua realizzazione, un movimento che sta portando a valorizzare i soggetti tradizionalmente più emarginati, tra cui appunto gli omosessuali. Ne viene che oggi l’atteggiamento delle religioni sull’omosessualità presenta orientamenti molto diversi, dalla tradizionale e intransigente condanna alla più totale accoglienza. È vero tuttavia che le religioni abramitiche sono tradizionalmente più chiuse e che tra esse la posizione più rigida è quella dell’islam: ancora oggi nella gran parte del mondo musulmano l’omosessualità non è socialmente accettata e in alcuni paesi (Afghanistan, Arabia Saudita, Brunei, Iran, Mauritania, Nigeria, Sudan, Yemen) è persino punita con la pena di morte. Ciononostante in altri paesi a maggioranza musulmana non è più illegale, e in Albania, Libano e Turchia vi sono addirittura discussioni sulla legalizzazione dei matrimoni gay.
All’interno dell’ebraismo gli ebrei ortodossi considerano l’omosessualità un peccato e tendono a escludere le persone con tale orientamento, gli ebrei conservatori accettano le persone ma rifiutano la pratica omosessuale, gli ebrei riformisti ritengono l’omosessualità accettabile in tutti i suoi aspetti tanto quanto l’eterosessualità.
All’interno del cristianesimo si riproduce la medesima situazione, non solo a seconda delle diverse chiese, ma anche all’interno di una stessa chiesa. I luterani per esempio in Missouri dicono no all’ordinazione, alla benedizione delle coppie, ai matrimoni e persino all’accoglienza tra i fedeli dei gay, mentre in altri stati Usa e in Canada dicono sì su tutte e quattro le questioni. Si può comunque dire che il mondo protestante pentecostale (tra cui avventisti, assemblee di Dio, mormoni, testimoni di Geova) è generalmente contrario ai diritti gay, mentre il protestantesimo storico (tra cui luterani, riformati, anglicani, battisti, valdesi) è più favorevole.
La Chiesa cattolica riproduce la medesima dialettica, anche se sbilanciata a favore del no. La dottrina è giunta a dire sì all’accoglienza delle persone gay (cf. Catechismo, art. 2358) ma è ferma nel dire no alla benedizione della coppia e al matrimonio. Tale no si basa sul ritenere peccaminosa ogni forma di espressione omosessuale della sessualità: «Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» (art. 2357). Da qui una conseguenza implacabile: «Le persone omosessuali sono chiamate alla castità» (art. 2359). Più controversa è la posizione sull’ordinazione sacerdotale. In un documento del 2005 della Congregazione per l’Educazione cattolica sull’ammissione in seminario di omosessuali si legge: «La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne». Ciò non impedisce tuttavia la presenza di omosessuali tra il clero cattolico e le comunità religiose maschili e femminili, con una percentuale difficilmente quantificabile ma certo non inferiore rispetto alla società, e da molti ritenuta doppia o ancora maggiore.
La maggioranza dei fedeli cattolici, soprattutto tra africani e asiatici, condivide l’intransigenza dottrinale, mentre a favore dei diritti gay vi sono specifici movimenti di fedeli omosessuali, non pochi teologi e religiosi, persino singoli vescovi, e qualche giorno fa la Conferenza episcopale tedesca e la Conferenza episcopale svizzera. Ha scritto quest’ultima: «La pretesa che le persone omosessuali vivano castamente viene respinta perché considerata ingiusta e inumana. La maggior parte dei fedeli considera legittimo il desiderio delle persone omosessuali di avere dei rapporti e delle relazioni di coppia e una grande maggioranza auspica che la Chiesa le riconosca, apprezzi e benedica”.
In ambito cristiano gli argomenti contro l’amore omosessuale sono due: la Bibbia e la natura. Il primo si basa su alcuni testi biblici che condannano esplicitamente l’omosessualità, in particolare Levitico 18,22-23 e 1Corinzi 6,9-10. Il secondo dice che c’è un imprescindibile dato naturale che si impone alla coscienza al punto da diventare legge, legge naturale, il quale mostra che il maschio cerca la femmina e la femmina cerca il maschio, sicché ogni altra ricerca di affettività è da considerarsi innaturale, espressione o di una patologia o di una vera e propria perversione, cioè o malattia o peccato.
Qual è la forza degli argomenti? L’argomento scritturistico è molto debole, non solo perché Gesù non ha detto una sola parola al riguardo, ma soprattutto perché nella Bibbia si trovano testi di ogni tipo, tra cui alcuni oggi avvertiti come eticamente insostenibili. I testi biblici che condannano le persone omosessuali io ritengo siano da collocare tra questi, accanto a quelli che incitano alla violenza o che sostengono la subordinazione della donna. E in quanto tali sono da superare.
Per quanto attiene all’argomento basato sulla natura, personalmente non ho dubbi sul fatto che la relazione fisiologicamente corretta sia la complementarità dei sessi maschile e femminile, vi è l’attestazione della natura al riguardo, tutti noi siamo venuti al mondo così. Neppure vi sono dubbi però che anche il fenomeno omosessualità in natura si dà e si è sempre dato. Occorre quindi tenere insieme i due dati: una fisiologia di fondo e una variante rispetto a essa. Come definire tale variante? Le interpretazioni tradizionali di malattia o peccato non sono più convincenti: l’omosessualità non è una malattia da cui si possa guarire, né è un peccato a cui si accondiscende deliberatamente. Come interpretare allora tale variante: è un handicap, una ricchezza, o semplicemente un’altra versione della normalità? Questo lo deve stabilire per se stesso ogni omosessuale. Quanto io posso affermare è che questo stato si impone al soggetto, non è oggetto di scelta, e quindi si tratta di un fenomeno naturale. E con ciò anche l’argomento contro l’amore omosessuale basato sulla natura viene a cadere.
Gli argomenti a favore si concentrano in uno solo: il diritto alla piena integrazione sociale di ogni essere umano a prescindere dagli orientamenti sessuali, così come si prescinde da età, ricchezza, istruzione, religione, colore della pelle. Accettare una persona significa accettarla anche nel suo orientamento omosessuale. Non si può dire, come fa la dottrina cattolica attuale, di voler accettare le persone ma non il loro orientamento affettivo e sessuale, perché una persona è anche la sua affettività e la sua sessualità.
La maturità di una società si misura sulla possibilità data a ciascuno di realizzarsi integralmente in tutte le dimensioni della sua personalità. Io credo che anche la maturità di una comunità cristiana si misura sulla capacità di accoglienza di tutti i figli di Dio, così come sono venuti al mondo, nessuna dimensione esclusa.
Vito Mancuso la Repubblica 19 maggio 2015