il messaggio vaticano al CCIT 2016 a Esztergom in Ungheria

basilica1

Dal Vaticano, 17 marzo 2016

Prot. N. 8543/2016/N

Messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti

ai Membri del Comitato Cattolico Internazionale per gli Zingari (CCIT)

(Esztergom, Ungheria, 8-10 aprile 2016)

suora

Cari fratelli e sorelle,

La celebrazione dell’incontro annuale del Comitato Cattolico Internazionale per gli Zingari mi offre gradita occasione per porgere il più cordiale saluto agli organizzatori e a tutti i partecipanti riuniti a Esztergom. Ringrazio P. Claude Dumas, Presidente, per il gentile invito, che non ho potuto onorare di persona. Tuttavia, desidero essere presente con questo breve messaggio per augurare il buon esito dei lavori e per condividere con voi alcune riflessioni sul tema della vostra riunione: “All’incrocio: l’Europa, le chiese e le culture di fronte alla misericordia”.

Tale scelta indica il desiderio di ritornare alle origini della vostra missione tra le popolazioni rom e viaggianti, che trova il suo inizio nell’incontro con Gesù Cristo, “il volto misericordioso del Padrei, e nel desiderio di comunicarLo agli altri in base al mandato conferitovi dalla Chiesa. Inoltre, è un omaggio al Santo Padre Francesco, il quale ha offerto alla Chiesa l’Anno di Grazia, il Giubileo Straordinario della Misericordia, ricordandoci che ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padreii. La vostra scelta si pone altresì in sintonia con le esortazioni che lo stesso Pontefice ha rivolto ai partecipanti al pellegrinaggio dei Rom, Sinti e altri gruppi gitani, nel suo Discorso tenuto durante l’Udienza del 26 ottobre 2015iii.

In quella circostanza, il Papa ha auspicato che anche per il popolo Rom “si dia inizio a una nuova storia, a una rinnovata storia. Che si volti pagina! È arrivato il tempo di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze che spesso sono alla base della discriminazione, del razzismo e della xenofobia. Nessuno si deve sentire isolato, nessuno è autorizzato a calpestare la dignità e i diritti degli altri” (Discorso 2015). Ciò che vi abilita a dare il vostro contributo per la realizzazione di questo complesso compito è, appunto, “lo spirito della misericordia che ci chiama a batterci perché siano garantiti tutti questi valori. Permettiamo quindi che il Vangelo della misericordia scuota le nostre coscienze e apriamo i nostri cuori e le nostre mani ai più bisognosi e ai più emarginati, partendo da chi ci sta più vicino” (Discorso 2015).

L’Anno della Misericordia che viviamo ci mostra quanto abbiamo bisogno di sperimentare l’Amore di Dio sia noi sia i nostri fratelli e sorelle Rom e Sinti e come questo amore debba permeare tutte le dimensioni della nostra esistenza, in particolare la nostra fede e le sue espressioni, la nostra società e la cultura in cui viviamo. La misericordia è “fonte di gioia, di serenità e di pace”, “condizione della nostra salvezza” e “la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita”, come scrive il Santo Padre Francesco al n. 2 della Bolla Misericordiae Vultus (MV).

In riferimento al vostro tema si può constatare che la misericordia è il luogo dell’incontro tra la Chiesa, le culture e l’Europa, ma deve essere anche il punto di convergenza per la Chiesa e per la società nella ricerca di approcci adeguati per dare vita a nuove forme di convivialità basate su giustizia, solidarietà, fratellanza e pace. La misericordia indica anche, a ognuna di queste realtà, la strada giusta per ritornare a Colui che rivela a tutta l’umanità l’amore misericordioso di Dio, a Cristo, unico Salvatore.

Il grande araldo della Misericordia di Dio, san Giovanni Paolo II, nella sua Lettera Enciclica Dives in Misericordia, al n. 13 scriveva: la Chiesa “vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia – il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice”. Su questa scia Papa Francesco rammenta: “la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, […] deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che va incontro a tutti, senza escludere nessuno” (MV 12). Là dove è presente la Chiesa deve essere evidente anche la misericordia. Ovunque si trovano i cristiani, nelle parrocchie, nelle comunità e nelle associazioni, devono sorgere oasi di carità e di amore misericordioso (cfr Idem). Permettiamo quindi che nell’opera di evangelizzazione dei nostri fratelli e sorelle Rom e Sinti, e in tutte le nostre attività a loro favore, ci guidi il motto di questo Anno Giubilare: Misericordes sicut Pater (Misericordiosi come il Padre). Chiediamo a Dio la grazia di essere misericordiosi perché ogni persona, ogni Rom, Sinto o Yenish che incontriamo nelle strade della vita, possa vedere in noi una scintilla del suo amore misericordioso e sperimentare la sua infinita tenerezza.

Questo spirito ci spinge a fare nostra la regola di vita dei discepoli di Cristo, quella che prevede il primato della misericordia improntata sul principio della valorizzazione e del rispetto della cultura e della dignità dell’altro, senza distinzioni. Non è mai un processo a senso unico, ma diventa una sorta di scambio. Donando misericordia diveniamo strumenti di carità, ma allo stesso tempo Dio ci benedice con la sua misericordia. È il principio etico di reciprocità che scaturisce dal discorso della montagna: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7,12) ed è un’espressione perfetta di osservanza del comandamento dell’amore: “Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,16-19) (cfr. CCC 2052).

La misericordia, quindi, si esplicita nel servizio all’uomo nella carità e con amore creativo. Tuttavia, voi sapete che “il fatto di presentarsi con amore e con il desiderio di proclamare la Buona Novella non è sufficiente per creare un rapporto di fiducia tra i Rom e gli operatori pastorali. […] Il superamento di questo iniziale atteggiamento può solo provenire da dimostrazioni concrete di solidarietà, anche attraverso una condivisione di vitaiv. Questo implica una conversione della mente, del cuore e degli atteggiamenti sia dei Rom e Sinti che delle popolazioni ospitanti, con la conseguente necessità di un’autentica riconciliazione tra loro. Tanto la riconciliazione quanto la comunione contemplano l’interazione legittima delle culture; in questo processo l’iniziativa deve partire anche dai Rom. Come tutti i cittadini, anch’essi possono e devono fare la loro parte, così come ha esortato Papa Francesco quando ha detto loro “potete contribuire al benessere e al progresso della società rispettandone le leggi, adempiendo ai vostri doveri e integrandovi anche attraverso l’emancipazione delle nuove generazioni” (Discorso 2015).

È giusto osservare che, sempre più spesso, il popolo gitano dimostra il desiderio di cooperare attivamente nel risolvere i problemi che affliggono la loro vita come la discriminazione, l’emarginazione, il razzismo e la negazione dei diritti al lavoro, all’istruzione, alle cure mediche e alla casa. All’interno del Consiglio d’Europa si sono formati diversi gruppiv disposti a collaborare nella realizzazione dei progetti e programmi che riguardano Rom e Sinti. Nel 2015 è stato proposto un nuovo strumento di lavoro, il “Thematic Action Plan for the Inclusion of Roma and Travellers” per il periodo 2016-2019, in cui sono state individuate tre grandi priorità in merito: 1) affrontare con maggiore risolutezza pregiudizi, discriminazione e crimini contro le popolazioni gitane, 2) presentare modelli innovativi per le politiche inclusive delle persone più vulnerabili, 3) promuovere modelli innovativi per la soluzione di problematiche specifiche a livello locale. Inoltre, gli Organismi Internazionali e numerose ONG Rom si impegnano ad affrontare altre due piaghe vergognose per l’Europa e dolorose per il popolo Rom e Sinti: il fenomeno dilagante di anti-zingarismo e il traffico di donne e bambini all’interno delle Comunità Rom e Sinti.

L’anno della Misericordia ci rammenta che l’unica strada da seguire per creare giuste relazioni interpersonali è quella delle opere di misericordia corporale e spirituale che suggeriscono soluzioni appropriate alle reali condizioni di bisogno in cui versa l’uomo. Anche in questo contesto è importante sottolineare che il compimento delle opere di misericordia è un processo bilaterale che coinvolge chi dona misericordia e chi la riceve. Siamo chiamati a vivere di misericordia e a comunicare la misericordia “perché a noi per primi è stata usata misericordia” (MV 9).

La Chiesa è misericordiosa non solo quando richiama alla conversione, al pentimento e a riparare i danni, ma anche quando si mette in difesa dei diritti delle persone afflitte e delle vittime dei sistemi sociali o delle ideologie. Dobbiamo farci coraggio per denunciare le ingiustizie di cui i gitani sono ancora vittime e rispondere con le opere alle necessità dei Rom poveri, disprezzati e oppressi. Ciò esige da noi una “fantasia della misericordia” che, ricorrendo al termine “fantasia della carità” usato da San Giovanni Paolo II al n. 50 della Lettera apostolica Novo millennio inneunte, consiste nella “capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione”. Dobbiamo quindi “fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come «a casa loro»” (Idem).

Nell’ottica della misericordia, in questa epoca segnata dalla secolarizzazione e dal relativismo religioso, l’Europa è chiamata a riscoprire le sue origini cristiane per poter offrire ai cittadini, talvolta disorientati, incerti e segnati da una sorta di smarrimento, un giusto contesto sociale e culturale che permetta di integrare la fede nella vita quotidiana per poter agire secondo i comandamenti di Dio. Anche le culture sono chiamate a spogliarsi di tutte le manifestazioni contrarie alla dignità della persona umana e a mettersi in dialogo che “deve avere come punto di partenza l’intima consapevolezza della specifica identità dei vari interlocutorivi.

Prima di concludere, desidero ringraziarvi per la testimonianza di carità che ogni giorno offrite con il vostro servizio e per l’instancabile annuncio della misericordia con parole e gesti che permettono ai Rom e ai Sinti di sperimentare l’amore di Dio e la grazia della salvezza. Vi auguro che sappiate accogliere con gioia l’invito di Papa Francesco a essere operatori della misericordia e a insegnare agli altri questo non facile “mestiere”.

Il Dio della misericordia sia misericordioso con voi, con i vostri cari, con le vostre famiglie e le vostre comunità.

Antonio Maria Card. Vegliò

Presidente

P. Gabriele F. Bentoglio, CS

Sotto-Segretario

i Francesco, Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia Misericordiae Vultus, Vaticano, 11 aprile 2015, n. 1.

ii Idem, n. 3.

iii Il Discorso è reperibile in diverse lingue nella pagina web del Vaticano: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/october/documents/papa-francesco_20151026_popolo-gitano.html

iv Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Orientamenti per una Pastorale degli Zingari, n. 74.

v Cfr. Forum of European Roma Young People (FERYP), Ternype – International Roma Youth Network, European Roma and Travellers Forum (ERTF), Romani Women’s Networks.

vi Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in veritate, Vaticano, 29 giugno 2009, n. 26.

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