oltre le religioni, l’amore
un libro di Adista e Gabrielli Editore sul cristianesimo del futuro
da: Adista Notizie n° 17 del 07/05/2016
Nell’arco della storia, le religioni hanno fatto tutto e il contrario di tutto: hanno legittimato sistemi di dominio e suscitato movimenti di liberazione; hanno invocato il nome di Dio per benedire il capitale e incoraggiato la creazione di società anticapitaliste, hanno invitato ad amare il prossimo come se stessi e hanno, di fatto, contribuito ad opprimerlo, calpestarlo, umiliarlo, massacrarlo. Cosa c’è allora che non funziona nella nostra idea di Dio, nella nostra visione della religione? È da qui che si muove la ricerca teologica impegnata nella formulazione del cosiddetto paradigma post-religionale, al centro del libro Oltre le religioni. Una nuova epoca per la spiritualità umana, primo frutto di una collaborazione tra Il Segno dei Gabrielli e Adista (2016, pp. 239, euro 16,50; il libro può essere acquistato anche presso Adista, scrivendo ad abbonamenti@adista.it; telefonando allo 06/6868692; o attraverso il nostro sito internet, www.adista.it). Curato dalla nostra redattrice Claudia Fanti e da don Ferdinando Sudati, il libro raccoglie gli interventi (alcuni dei quali già pubblicati in forma ridotta sulle pagine di Adista) di John Shelby Spong, María López Vigil, Roger Lenaers e José María Vigil – quattro tra i nomi più prestigiosi, brillanti e amati della nuova teologia di frontiera –, accomunati dalla tesi che le religioni così come le conosciamo siano destinate a lasciare spazio a qualcosa di nuovo e non ancora facilmente prevedibile, ma sicuramente aprendo all’insopprimibile dimensione spirituale dell’essere umano un futuro ricco di straordinarie possibilità.
Con i loro miti e i loro dogmi, con le loro leggi e la loro morale, le religioni sono state a lungo il motore del sistema operativo delle società. Ma, almeno nella forma che ci è familiare, non sarebbero destinate, secondo gli autori, a durare per sempre. “Per sempre” sarebbe la spiritualità, intesa come dimensione profonda costituiva dell’essere umano, non la religione, che ne costituisce la forma socio-culturale concreta, storica e dunque contingente e mutevole. In questo senso, allora, post-religionale non starebbe a significare post-religioso né post-spirituale, ma più in là del religionale, cioè più in là di ciò che hanno rappresentato le religioni agrarie, quelle religioni, cioè, che si sono formate durante l’età neolitica, quando la nostra specie, passando dalle tribù nomadi di cacciatori e raccoglitori alla vita sedentaria in società urbane legate alla coltivazione della terra, ha dovuto necessariamente creare dei codici che le permettessero di vivere in società, con un diritto, una morale, un senso di coesione sociale e di appartenenza. Un ruolo, quello delle religioni neolitiche, che, come evidenzia il clarettiano spagnolo, naturalizzato nicaraguense, José María Vigil, sta ormai venendo meno di fronte alla profonda metamorfosi che l’essere umano sta vivendo: una trasformazione radicale delle strutture conoscitive ed epistemologiche, con tutti i relativi cambiamenti nel modo di conoscere, nei postulati e negli assiomi millenari su cui l’umanità si basava inconsapevolmente.
Di certo, però, anche nella nuova veste che saranno chiamate ad assumere, le religioni, viste ora non più come un’opera divina, ma come una costruzione degli stessi esseri umani (sia pure spinti dalla forza del mistero divino), «dovranno concentrarsi – sottolinea José María Vigil – sul compito essenziale, che non cambierà: aiutare l’essere umano a sopravvivere diventando sempre più umano». Solo che «questo compito, benché sia quello di sempre, potrà essere espresso con un grande e creativo ventaglio di possibilità». E a chi teme la perdita d’identità, cristiana o più strettamente cattolica, il teologo brasiliano Marcelo Barros, nella sua prefazione, risponde non a caso citando le parole di un amico rabbino, secondo cui «noi siamo umani non tanto per quello che ci costituisce (nella nostra identità originale) quanto per la possibilità di trasformarci o di lasciar evolvere quello che ci costituisce, senza smarrirci».
Che ne sarà allora in questo quadro della tradizione di Gesù? Riuscirà il cristianesimo nell’impresa di trasformare se stesso, reinterpretando e riconvertendo tutto il suo patrimonio simbolico in vista del futuro che lo attende? Riuscirà a liberarsi di dogmi, riti, gerarchie e norme, di tutti quei rituali religioni che, spesso e volentieri, hanno finito per sovrapporsi al Vangelo, per complicare anziché favorire la nostra relazione con Dio e con l’altro?
Il compito non è di certo semplice, richiedendo un lavoro al tempo stesso decostruttivo per superare tutto ciò che è ormai diventato obsoleto – e costruttivo – per esplorare i modi in cui sviluppare in pienezza la nostra dimensione spirituale. Di sicuro, come evidenzia il vescovo episcopaliano John Shelby Spong (sulla cui figura e sulla cui opera si sofferma più estesamente, nella sua introduzione, don Ferdinando Sudati), gli esseri umani continueranno ad aver bisogno di riunirsi, di condividere, di celebrare, di alimentare la loro spiritualità, ma senza più strutture e rapporti di potere che riproducano il potere paternalistico di un Dio in senso teista. Di un Dio, cioè, inteso come «un essere dal potere soprannaturale, che vive nell’alto dei cieli ed è pronto a intervenire periodicamente nella storia umana, perché si compia la sua divina volontà», un essere con poteri miracolosi da supplicare, servire e compiacere, di fronte a cui prostrarsi come uno schiavo di fronte al padrone. Tuttavia, pur nella necessaria – dolorosa ma alla fine liberante – rinuncia all’immagine di un essere soprannaturale che ci faccia da genitore, il messaggio originario della fede cristiana – è la convinzione di fondo attorno a cui ruota la riflessione degli autori – non perde nulla di veramente essenziale, restando inalterata, come spiega il gesuita belga Roger Lenaers, «la confessione di Dio come Creatore del cielo e della terra, inteso come Amore Assoluto, che nel corso dell’evoluzione cosmica si esprime e si rivela progressivamente, prima nella materia, poi nella vita, poi nella coscienza e quindi nell’intelligenza umana, e infine nell’amore totale e disinteressato di Gesù e in coloro in cui Gesù vive». Come pure resta invariata «la confessione di Gesù come la sua più perfetta auto-espressione e la comprensione dello Spirito come un’attività vivificante di questo Amore Assoluto».
È a questo complesso compito di riformulare il messaggio cristiano in un linguaggio che possa risultare nuovamente rilevante e significativo che hanno rivolto le loro riflessioni, e dedicato la loro vita, gli autori di questo libro, ma a cui guardano con interesse e passione anche tutti coloro che avvertono la necessità di trasformare radicalmente la propria religiosità, proprio per sentirsi più vicini «alla Vita che Gesù ha difeso e a cui ha dato dignità», come spiega nel suo modo impareggiabile la scrittrice cubana-nicaraguense María Lopez Vigil. E così scoprire che, in questo viaggio iniziato nell’età adulta della nostra vita spirituale, non si è in fondo perso nulla di importante. Che, come sottolinea Claudia Fanti nella presentazione, «il nostro bagaglio è ora molto più leggero, ma c’è ancora tutto quello di cui abbiamo veramente bisogno». E che, anzi, «questo bagaglio diventato così lieve ci permette ora di camminare più spediti, di godere realmente di tutto ciò che ci circonda, sentendoci parte di questo paesaggio e cogliendone tutta la struggente bellezza. Ci permette di sentire il respiro dell’universo, il nostro indistruttibile legame con la Vita, con l’Amore senza limiti».
Che è, poi, la stessa conclusione di Marcelo Barros: «Oltre le religioni: l’amore».