SEI INVIDIOSO PERCHÉ IO SONO BUONO?
il vangelo della domenica ventiseiesima domenica (27 settembre 2017) del tempo ordinario commentato da p. Maggi:
Mt 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
La parabola della vigna nel capitolo 20, del vangelo di Matteo è la prima di tre parabole aventi come oggetto la vigna. La vigna lo sappiamo, era immagine d’Israele, del popolo di Israele. Con questa parabola Gesù intende proporre un cambio di relazione con Dio: mentre nella religione l’amore di Dio va meritato per i propri sforzi, per i propri meriti, con Gesù l’amore di Dio va accolto come un dono da parte del Signore. Quindi con Gesù l’amore di Dio non è più un premio per i meriti delle persone, perché i meriti non tutti li possono avere, ma come un dono per i bisogni delle persone, e i bisogni ce l’hanno tutti. Scrive Matteo: “il regno dei cieli”, per regno dei cieli s’intende non l’aldilà, ma questa società alternativa che Gesù è venuto a proporre, “è simile a un padrone di casa che uscì all’alba a prendere a giornata lavoratori per la sua vigna”. È strano che l’evangelista, che Gesù dica che esce il padrone di casa. Normalmente era il fattore che andava in cerca agli operai, ma per far comprendere l’urgenza e l’importanza di quello che sta per fare, esce il padrone. “si accordò con loro per un denaro al giorno”, il denaro eccolo, è questa moneta d’argento di circa 4 grammi. Il denaro era la paga quotidiana normale per l’operaio. Poi scrive l’evangelista che “uscito poi verso le 9 del mattino ne vede altri che stavano in piazza disoccupati, inoperosi”, disoccupati, inoperosi non perché siano dei fannulloni, ma perché nessuno li ha chiamati al lavoro. Allora dice il padrone “Andate anche voi nella vigna;”, e questa volta dice “quello che è giusto ve lo darò”, cioè in base al lavoro che avete fatto. Ma c’è un’urgenza da parte del padrone della vigna, che fa comprendere che è più per il bene degli operai, che per il suo bene. Infatti esce di nuovo verso mezzogiorno, poi verso le tre, e esce ancora verso le cinque. Il lavoro terminava al tramonto, più o meno verso le cinque, “ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quindi non è il bisogno del padrone, questi li chiama per un lavoro al massimo di un’oretta.
È per il bisogno degli operai, perché se non lavorano, quel giorno, non mangiano, la paga era quotidiana. “Quando fu sera il”, e qui l’evangelista adopera il termine ”signore”, per far comprendere che Gesù sta parlando di Dio, della vigna, “disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi”, gli ultimi hanno fatto una parvenza di lavoro, neanche un’ora “fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio ricevettero ciascuno un denaro”. Quello che il padrone aveva pattuito all’inizio per quelli che lavoravano per tutta la giornata, viene dato anche a quelli che hanno lavorato pochissimo, agli ultimi. “Quando arrivarono i primi pensarono che avrebbero ricevuto di più ma anche essi ricevettero ciascuno un denaro”. Il padrone non toglie niente a nessuno, aveva pattuito un denaro e un denaro dà, non c’è un’ingiustizia da parte del padrone. Però naturalmente, se agli ultimi gli ha dato un denaro, noi chissà quanto riceveremo. “Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto”, quindi è una parvenza di lavoro, “e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”, ecco questo padrone non è giusto. Gesù vuol far comprendere che la giustizia di Dio è molto diversa: Dio guarda in base ai bisogni delle persone, e non ai loro meriti. “Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico”, questa espressione nel il vangelo di Matteo è sempre negativa. È l’espressione con la quale si rivolge a Giuda, o alle persone che sono colpevoli. Dice “io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e”, no qui la traduzione è vattene, il testo è più morbido, e va. “Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio?”, ecco Gesù ci sta parlando della generosità di Dio, che viene regalata, viene donata a tutti quelli che ne hanno bisogno. “Oppure tu sei invidioso”, letteralmente il tuo occhio è maligno, immagine dell’avarizia, di essere taccagni, “perché io sono buono?”, ecco com’è Dio, Dio è la bontà. E conclude: “Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”, questa chiusura si riallaccia alla chiusura del capitolo 19, al versetto 30, dove c’era scritto “molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi primi”, qui ricollegando e quindi racchiudendo tutto questo insegnamento, dice invece gli ultimi saranno primi e i primi ultimi. L’avranno capito i suoi discepoli ? Macché, parole al vento. Subito dopo, arriverà la madre dei figli di Zebedèo a chiedere i primi posti più importanti per i propri figli.