La testimonianza è di una passante che ieri mattina si trovava in via Andrea Doria, Napoli, quartiere di Fuorigrotta. Le “manine” erano quelle di un bambino rom. Le teneva sugli occhi perché qualcuno da un balcone del palazzo al civico 22 gli aveva gettato addosso dell’acido, probabilmente muriatico. Anche la mamma, che era accanto a lui, è rimasta ustionata al volto.
Sul sito de il Mattino, il giornale che ha lanciato la notizia, ci sono le immagini della maglietta del piccolo: una maglietta gialla bruciata dall’acido all’altezza della spalla, un foro ben visibile.
Mi chiedo che cosa ci può essere di più orrendo e vigliacco che colpire in questo modo un bambino innocente e la sua mamma. Forse solo rinchiuderli in un lager e gassarli come hanno fatto i nazisti, i camerati di quel tale morto centenario nel suo letto e le cui spoglie sono oggi oggetto di culto per nuovi aspiranti aguzzini.
Pare che spesso, dai balconi del civico 22, piovano sui rom che stazionano in strada secchi di acqua e rotoli di carta igienica per farli allontanare. “Ogni giorno ci arrivano segnalazioni da più quartieri, di incendi, minacce, atteggiamenti ostili nei confronti dei rom che prima non registravamo, tranne in casi clamorosi come l’incendio del campo di San Giovanni” dicono dall’Opera Nomadi di Napoli.
Oggi qualcuno è andato oltre.
Qualcuno potrebbe dire che prova pena per quel bambino ma reiterare comunque le lamentazioni su questi individui brutti sporchi e cattivi che turbano la quiete delle loro civili abitazioni. Qualcuno potrebbe dirmi di andare ad abitare vicino a un campo rom, se mi piacciono tanto gli zingari.
Io vi chiedo di fermarvi a pensare al significato di quell’atto. Alla disumanità di chi pensa di risolvere “il problema rom” togliendoli semplicemente di mezzo. O almeno nascondendoli alla vista dei probi cittadini, come polvere sotto il tappeto.
Come se non fossero uomini, donne e bambini ma rifiuti.
Che pena.