La rivoluzione di Bergoglio: il segretario non è più di Stato ma «papale»
di Gian Guido Vecchi
in “Corriere della Sera” del 30 ottobre 2013
La Segreteria di Stato vaticana è destinata a cambiare nome e diventare «Segreteria papale». E «non è una questione nominalistica», chiarisce il vescovo Marcello Semeraro, segretario del Consiglio di otto cardinali che Francesco ha nominato per riformare la Curia. Ci sono dettagli apparenti che dicono l’essenziale: tanto più mentre il Papa si prepara a convocare il 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, il suo primo concistoro per la nomina di nuovi cardinali e riunire la vigilia i porporati del mondo per discutere a porte chiuse la riforma in corso. La denominazione, di per sé, esisteva già: nella Regimini Ecclesiae Universae, con la quale Paolo VI compì la grande riforma della Curia del 1967, si parlava di Secretaria Status seu Papalis, «Segreteria di Stato o Papale», ma l’aggettivo non era in uso. Ora passa in primo piano, del nuovo «probabile» nome ha parlato il cardinale cileno Francisco Errázuriz, uno dei «G8», alla rivista Vida Nueva, e monsignor Semeraro spiega: «Oggi il termine “Segretario di Stato” può essere frainteso, ha una connotazione “politica”. Si tratta di mettere sempre più in evidenza la dimensione ecclesiale del Segretario, il suo ruolo di supporto alle funzioni del Papa come vescovo di Roma e capo della Chiesa universale. E poi ci sono formulazioni antiche che non rispettano più la realtà…». Il nome «Segretario di Stato» risale insomma ai secoli del potere temporale. Del resto lo aveva fatto capire padre Lombardi: «La parola “Stato” non deve creare equivoci. Di fatto è la Segreteria del Papa per il suo servizio di governo della Chiesa universale». Parlare di «Segreteria papale» è più consono alla nuova figura che si profila. Il Segretario di Stato come lo si è conosciuto dalla riforma di Montini è andato in pensione assieme al cardinale Bertone. Con il successore Pietro Parolin, grande diplomatico, resterà una figura centrale ma più proiettata alla dimensione internazionale della Chiesa e meno egemone in Vaticano, non più ripiegata sui problemi di una Curia destinata a cambiare radicalmente e divenire più agile e al «servizio» di una Chiesa meno «centralista». Si pensa a un Moderator Curiae o «coordinatore» curiale. Si lavora a sfoltire la pletora di pontifici Consigli e rivedere le Congregazioni: il cardinale Oscar Maradiaga, che guida il «G8», ha spiegato che ci sarà una «Congregazione per i laici» («Ce n’è una per i vescovi, una per i sacerdoti e un’altra per i religiosi, e non ne esiste una per i più numerosi!»), che a questo punto potrebbe riunire le funzioni di diversi Consigli. Ma ci vorrà tempo, anche oltre la seconda riunione del «G8» a dicembre e la terza di febbraio. Di li a poco, nel concistoro, il Papa potrebbe creare almeno 14 nuovi cardinali (gli «elettori» saranno 106, il limite non vincolante di Paolo VI è 120). In Curia ci sono almeno tre candidati: oltre a Parolin, il prefetto dell’ex Sant’Uffizio Gherard Müller e quello del Clero, Beniamino Stella. In Italia le diocesi «cardinalizie» di Torino e Venezia. In generale, nella Chiesa sempre meno eurocentrica, si attendono molti porporati fuori dal Vecchio Continente.