i rom ghettizzati nei ‘campi’

«Chiudere i campi rom perché sono solo ghetti»

Convegno di Amnesty International per promuovere politiche di inclusione
Presentato il docufilm “Container 158” di Stefano Liberti ed Enrico Parenti

il gruppo sassarese di Amnesty International, l’Università di Sassari, la Caritas locale e le Associazioni 21 luglio e Inthum hanno organizzato nei giorni scorsi il convegno “sulla pelle dei rom” che, analizzando le condizioni di vita dei rom nei campi della zona e nel resto dell’Italia, è arrivato alla conclusione della opportunità della chiusura di questi campi perché generatori di marginalità e impedimento per una vera inclusione

sarebbe interessante sapere quali proposte in positivo e nel rispetto vero della cultura e delle opzioni personali dei singoli rom sono state proposte: ma ciò per ora non è dato sapere:

 I campi rom devono essere chiusi, perché finché i rom vivono nei campi non ci può essere inclusione. Questo il punto d’arrivo del convegno “Sulla pelle dei Rom”, che si è svolto martedì nell’aula magna del Dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell’Università. L’evento – organizzato dal gruppo Amnesty International di Sassari con il laboratorio Foist dell’ateneo sassarese, l’associazione Inthum, la Caritas turritana e l’Associazione 21 luglio – si è concluso con il proposito di riunire associazioni e istituzioni in uno sforzo comune verso il superamento dei campi rom.

La serata si è aperta con la proiezione del docufilm “Container 158” dei registi Stefano Liberti ed Enrico Parenti, presente all’incontro. La pellicola racconta la vita nel campo rom di via Salone a Roma, il più grande d’Europa. I problemi sono gli stessi che si ritrovano in tutti i campi rom, ai margini delle città. Luoghi dove si riproducono tutte le dinamiche del ghetto: difficoltà di raggiungere il centro della città e le scuole, isolamento, impossibilità di integrazione.

Riccardo Noury, portavoce della Sezione italiana di Amnesty, ha parlato della discriminazione dei rom in Europa. Dodici milioni di persone, la più grande minoranza del vecchio continente, a cui vengono negati i diritti fondamentali. «Quello che non è messo in discussione è la costruzione di politiche anti rom, che è una costante dell’Unione Europea – ha detto – non è stata mai aperta una proceduta di infrazione nei confronti dei Paesi che non rispettano i diritti dei rom. Amnesty International chiede che ne venga aperta una contro l’Italia per gli sgomberi forzati. In più, l’Italia è l’unico paese dell’Unione Europea nel quale come soluzione abitativa per i rom viene unicamente proposto il campo». Della nascita dei campi rom in Italia e della necessità del loro superamento ha parlato Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio.

Don Gaetano Galia, direttore della Caritas Turritana, ha parlato della situazione dei rom in Sardegna, facendo il punto su Cagliari, Alghero e il campo rom di Sassari a Piandanna, dove abitano 137 rom divisi nelle due comunità musulmana e cristiano-ortodossa. Il primo passo per cambiare le cose però, deve partire dalla sensibilizzazione: «La discriminazione nasce dalla negazione dell’identità dell’altro, dalla pretesa di cambiarlo, dalla nostra abitudine di etichettare le persone – ha detto don Galia –. Noi non ragioniamo più in termini di fratellanza, ma la persona umana è unica e questo è il punto di partenza».

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