A. Potente ricorda il teologo Chiavacci
“Chiavacci, teologo classico e postmoderno”
di Antonietta Potente
Non amo fare commemorazioni di nessun genere e, ancor meno, di persone con le quali ho condiviso parte del cammino professionale. Oltre tutto, in questo caso mi viene chiesto di ricordare un collega che incontrai a Firenze quando ero appena all’inizio del mio itinerario riflessivo nell’ambito dell’università, un ambito diverso da quello da cui provenivo. Dunque, conosciuto prima attraverso la sua sintesi e poi conosciuto personalmente.
Con Enrico Chiavacci, avevo una sintonia di fondo, la stessa passione: la realtà contemporanea, con le sue più intriganti trasformazioni. La metodologia, l’approccio, lo stile, certamente erano diversi e, inoltre, dopo pochi anni persi le sue tracce, perché io feci il salto nell’altra prospettiva e partii per il Sudamerica. Così di Enrico Chiavacci, mi arrivavano solo echi e sintesi di pensiero scritte. Non lo sentii mai, in tutti questi anni, perdere il gusto e la passione per le problematiche storiche. Le sue sintesi etiche non lasciavano mai un gusto puramente ecclesiale. Le coordinate su cui si muoveva erano molto vaste, anche se il suo osservatorio non ha mai lasciato il territorio fiorentino.Ed è proprio questo che mi sembra di dover ricordare di Enrico Chiavacci: il suo pensiero era accompagnato e supportato dalla ricchezza del “suo” territorio geografico e culturale, oltre che ambientale. Chiavacci era un teologo colto e la sua morale sociale, oltre ad ispirarsi al clima postconciliare (i suoi commenti alla Gaudium et Spes erano sempre molto belli), si ispirava, a mio avviso, a questo ricco bagaglio culturale, che ispirava in lui anche la sua teologia.Acuto e critico, come un vero teologo postconciliare; e postmoderno, come chi non vuole mistificare la realtà. Ed è proprio questa realtà che si ritrova costantemente nei suoi testi, l’ambigua realtà che lui sapeva mettere in luce per trovare vie di un’etica cristiana saggiamente dialogante.
Enrico Chiavacci ha ispirato molte persone; molti studenti che attualmente sono preti della Chiesa fiorentina e, sottolineo, ha ispirato, perché la sua non mi risulta sia stata una scuola, ma piuttosto la consegna di elementi e strumenti, criteri di lettura importanti perché ciascuno impari a rileggere la vita e la storia che la vita faticosamente partorisce. Allora, forse, tra questi studenti che oggi sono preti fiorentini, si trovano persone diverse, impegnate nella storia in modo diverso, perché ciascuno ha ricevuto da Enrico Chiavacci strumenti di lettura, informazioni preziose, criteri di conoscenza delle situazioni.Come tante altre persone, anche Enrico Chiavacci, sparisce lasciando una scia tra luci e ombre che, a mio avviso non significano aspetti positivi e negativi, ma piuttosto tanti interrogativi.
Domande inquiete a cui aveva dedicato il suo studio attento e la sua fine e distinta passione per la realtà. Chiavacci infatti nella mia memoria, resta come un acuto, fine e distinto teologo della contemporaneità, proprio come la sua cravatta.Non patetico, ma elegantemente solidale. Non eroe, o rivoluzionario, ma intelligentemente impegnato a rileggere l’etica cristiana in mezzo alle molteplici ambiguità del cristianesimo e della Chiesa contemporanea.
* teologa domenicana