a Francesco
pastore della Chiesa che è in Roma
ai fratelli e alle sorelle, popolo di Dio in Roma.
Sabato scorso un nostro giovane fratello Roberto si è ucciso travolto dal silenzio, dalla emarginazione, dalla non comprensione e accettazione, dalla solitudine, dalla mancanza di qualcuno
che ascoltasse e comprendesse la sua vita più grande e problematica della sua adolescenza, e la sua modalità di amore.
Ogni gesto così violento esige silenzio e rispetto.
Ma a noi credenti impone anche degli interrogativi.
Come popolo di Dio, come fratelli a cui Roberto era stato affidato, dobbiamo interrogarci sulla sua morte!
Non possiamo più tacere, non possiamo più essere complici di questa violenza che testimoniano solo la sconfitta del messaggio di accoglienza e di attenzione agli “ultimi” della nostra città.
Ogni vita persa, ogni suicidio è una sconfitta per noi tutti. La solitudine di Roberto è una solitudine che uccide, uccide il tessuto umano della nostra città,
uccide il tessuto di amore della nostra comunità di fede.
E’ una sconfitta. Sconfitta per non esserci presi cura del fratello. Sconfitta perchè non siamo riusciti a vederlo, a capirlo, ad aiutarlo, ad accoglierlo. Ad essere suo compagno di strada.
Non possiamo più solo piangere, solo confortare, solo dare l’ultimo saluto a chi ha vissuto, anche per colpa nostra, l’emarginazione, la derisione, l’umiliazione per un’orientamento sessuale differente.
Non possiamo sempre arrivare dopo!
Dobbiamo dire basta!
Sulle strade della Galilea, Cristo andava incontro. Anticipava. Sapeva interrogarsi dei mali e delle sofferenze dell’umanità ferita e offriva accoglienza. Sapeva accogliere e valorizzare le differenze
e amarle.
La morte di Roberto invece ci ricorda la nostra dimenticanza. Ancora una volta ci siamo dimenticati.
E le nostre dimenticanze diventano giorno dopo giorno assuefazione, routine, solo titoli di giornali e non più indignazione.
Non abbiamo visto, anzi abbiamo cercato di nascondere ed emarginare ai confini delle nostre città, non abbiamo condiviso e capito.
È ora di dire basta!
Come pastore soprattutto di questi fratelli e di queste sorelle che maggiormente oggi soffrono per un orientamento che è ai più giudizio e condanna, Francesco, ti chiediamo un segno forte, evangelico,
di amore e accoglienza.
E’ giunto il momento di aprire un dialogo vero nelle nostre chiese, nelle nostre comunità. Aprirsi a un dialogo profondo
perché il suicidio di Roberto sia davvero l’ultimo. O almeno sia ultimo con il nostro silenzio complice.
La comunità deve iniziare un percorso per andare incontro, per conoscere i vissuti, per abbracciare e condividere le sofferenze e le diversità, e accoglierle nella ricchezza del nuovo che vivono.
Come Noi Siamo Chiesa, nodo romano ti chiediamo di iniziare questo cammino di ascolto, dialogo, accoglienza verso i nostri fratelli e le nostre sorelle omosessuali
che vivono e soffrono l’emarginazione proprio nella comunità dei figli e delle figlie di Dio quotidianamente, perché la morte di Roberto non si vana.
Chiediamo a tutta la chiesa di Roma di chiedere perdono nelle prossime celebrazioni comunitarie domenicale per questa morte, per il silenzio e la solitudine di Roberto
perché tutti siamo responsabili di questa morte.
E chiedere perdono è ricominciare da dove si è fallito perché nessuno viva più la solitudine, la sofferenza e il dolore di Roberto. Ma soprattutto per non dimenticare.