l’Onu «bacchetta» i Grandi
l’1% delle spese militari per affrontare le crisi globali
di Lucia Capuzzi
in “Avvenire”
Non è retorica. È aritmetica. Per affrontare così tante crisi umanitarie in corso sono necessari – in base ai calcoli delle Nazioni Unite – 240 milioni di dollari l’anno. Un traguardo tutt’altro che impossibile: la cifra rappresenta solo l’1 per cento delle attuali spese militari mondiali. A ricordarlo ai 57 capi di Stato e di governo e quasi 6mila delegati riuniti a Istanbul per il Primo summit umanitario è stato ieri Ban Ki-moon. Il segretario generale, promotore dell’iniziativa, si è detto «orgoglioso» dei risultati della conferenza. Devo, però – ha aggiunto – esprimere «disappunto per il fatto che alcuni leader non siano venuti, soprattutto quelli del G7, ad eccezione di Angela Merkel». Ban ha, dunque, lanciato un appello ai membri del Consiglio di sicurezza «a intraprendere passi importanti: la loro assenza non è una scusa per non fare nulla»
La situazione è drammatica: 130 persone hanno necessità di assistenza per sopravvivere. E il loro numero cresce al ritmo allarmante di un milione al mese. Per far fronte all’emergenza, è urgente riformare il sistema degli aiuti in modo – afferma l’Onu – da renderlo «più inclusivo». A preoccupare, in particolare, è il proliferare di conflitti e le difficoltà nel fermare quelli in corso: come sottolinea l’Onu, l’80 per cento dei fondi devono tamponare tragedie create dall’uomo. Una vera soluzione, come ha ricordato papa Francesco nel messaggio inviato al summit, si può trovare solo mettendosi nei panni e dalla parte delle vittime. Ascoltiamo il loro pianto – ha chiesto il Pontefice –, lasciamo che ci diano «una lezione di umanità». La chiave per la riuscita del vertice – ha ribadito ieri il cardinale Pietro Parolin – è «mettersi dalla parte di quanti soffrono». In un’intervista a Radio Vaticana, il segretario di Stato – che ha guidato la delegazione della Santa Sede a Istanbul – ha sottolineato la centralità della persona umana «ma della persona umana nella sua concretezza, nella sua singolarità. Quindi la persona che soffre, la persona che si trova nella necessità».
La conferenza non è stata, comunque, esente da polemiche. Il leader del Paese ospite, Recep Tayyb Erdogan, ha colto l’occasione per lanciare un nuovo affondo all’Ue. Il giorno dopo le critiche di Merkel per il giro di vite turco, il presidente ha detto di non aver ricevuto dall’Europa gli aiuti promessi per l’accordo sui profughi. E ha lanciato la sfida a Bruxelles: «Se non ci saranno progressi sulla liberalizzazione dei visti, Ankara non continuerà nell’attuazione dell’intesa sui migranti». Eloquente, pure, in tale direzione la scelta di non inserire nel nuovo esecutivo Volkan Bozkir, protagonista della recente mediazione con l’Europa.