lettera aperta a Dio
non sappiamo a chi rivolgerci …
(in un momento storico difficile, soprattutto in mezzo agli ‘invisibili’, ai ‘condannati per reato esistenziale’)
da: ‘altranarrazione’
“noi vorremmo fare come te. Ma siamo soli, c’è un clima diffuso di torpore che ostacola. Sono rarissime le voci che rompono il compromesso tra benestanti con il problema della noia e i loro assistenti spirituali. Il professionista che porta soldi e prestigio viene ossequiato, il povero che chiede soldi e disturba le “funzioni” fa anticamera, o peggio, allontanato. Ci fanno sentire eretici quando diciamo che Tu sei presente nei diseredati come nel tabernacolo”
Non sappiamo a chi rivolgerci. Sentiamo che ci chiami negli abissi della terra, in mezzo agli invisibili, ai condannati per reato esistenziale. Ma gli esperti, quelli che dicono di aver lasciato tutto per Te, Signore, ci ammoniscono di non esagerare. Ci spiegano che i poveri non sono solo i mendicanti (di solito li chiamano barboni) e la povertà non è solo materiale, ma anche spirituale: carrierismo, infedeltà coniugali, ed altri disagi tipicamente borghesi. Altri ci scherniscono domandandoci, con un ghigno di circostanza, se vogliamo andare anche noi nelle baracche. Altri ci scoraggiano dicendo che aiutiamo ubriaconi, parassiti, e comunque persone che non si meritano nulla (secondo il loro amorevole giudizio). Ma soprattutto che la nostra attività è totalmente inutile. Allora, noi, ci mettiamo alla ricerca, ma nel Vangelo l’utilità non è contemplata.
Ci dicono che occorre interpretare Matteo 25, e che non va preso alla lettera, a differenza dei c.d. 10 comandamenti (soprattutto il sesto). Allora noi, tra questi, ci mettiamo alla ricerca ma nella lista delle priorità riportata dall’evangelista di genitori/fratelli/amici delusi per il mancato premio aziendale, nervosi per il traffico o per aver litigato con i condòmini non c’è traccia. Piuttosto si fa riferimento ai lontani, gli sconosciuti, e proprio a quelli che hanno sbagliato. Infatti si tratta del Vangelo, non del manuale del bravo cittadino. Non lo comprendono, è la Tua logica “al contrario” a risultare indigesta. Ti vedono come uno che premia l’impegno e lo sforzo e si aspettano il salario. Rivendicano il contraccambio e così fanno nelle relazioni sociali. Ma tu sei il Dio degli operai dell’ultima ora, che viene per condividere e non per retribuire. E noi vorremmo fare come te. Ma siamo soli, c’è un clima diffuso di torpore che ostacola. Sono rarissime le voci che rompono il compromesso tra benestanti con il problema della noia e i loro assistenti spirituali. Il professionista che porta soldi e prestigio viene ossequiato, il povero che chiede soldi e disturba le “funzioni” fa anticamera, o peggio, allontanato. Ci fanno sentire eretici quando diciamo che Tu sei presente nei diseredati come nel tabernacolo.
Per recuperare qualche testimonianza che ci possa incoraggiare andiamo nelle biblioteche a disseppellire dalla polvere i testi che parlano dell’opzione preferenziale per i poveri. E se non ci fossero state le parole di questi “martiri” autentici forse ci saremmo arresi. Ma questi “scandali” ci hanno anche insegnato una cosa fondamentale: per collaborare alla costruzione del tuo Regno si deve prendere l’iniziativa (“Primerear”* come direbbe Papa Francesco). E questa, oggi, è la nostra gioia più grande: renderci disponibili al Tuo progetto ritirando tutte le deleghe.
*”prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 24)