L’intervento di Cristina Simonelli al Convegno di Assisi:
“COMUNITA’ – TRAUMA E SOGNO NEL MONDO PLURALE”
Non ha disatteso o frustrato le attese, ancorché tante, Cristina, nel suo intervento al Convegno.
Le è stato affidato il compito, per così dire, della sentinella che, quasi al termine della notte, è sollecitata a rispondere alla domanda: “che cosa vedi?”, per sostenere, così, una rinnovata speranza al termine (?) di un lungo percorso di individualismi, ‘desertificazione delle comunità’ (E. Bianchi), ’affanno della comunità’, … nel rinascere di una ‘voglia di comunità’.
Il Convegno sentiva il bisogno di gettare un’occhiata al di là della notte, dopo riflessioni anche impegnate su temi come questo: “se l’individualismo giunge al capolinea”. E poi?
Fin da subito e con chiarezza Cristina ha affermato che non è affatto ingenuità parlare di ‘germogli’ di novità (il titolo preciso della sua riflessione era infatti: “germogli di futuro e responsabilità”), anche se non immediatamente visibili, perché seminati e cresciuti in ‘luoghi liminari’, di ‘non massa’, fuori dal ‘grande gruppo’, fuori dalle ‘forme oceaniche’, ma pur già presenti e attendono di esprimersi in forme più chiare in tempi che non necessariamente sono i nostri, in un ‘altrove’ non immediatamente individuabile e fruibile.
Cristina tiene a precisare che riflette con speranza su questo, a partire non da elucubrazioni teorico-astratte o leggendo come in una palla di vetro indisponibile ma, per così dire, a partire ‘dai suoi piedi’, dalle sue esperienze vitali, dai ‘luoghi teologici plurali’ (la ‘grazia’ di aver potuto partecipare di un’esperienza di vita tra i rom nel contesto pastorale dell’u.n.p.r.e s., e la ‘grazia’ dello studio teologico di liberazione della donna) che sono stati in grado di esprimere piccoli germi, virgulti, germogli di ‘novità evangelica’, fuori dall’ossessione del risultato immediato.
Punto centrale della sua riflessione è stato il domandarsi “cosa vuol dire oggi, tra individualismo e massificazione, tra globalizzazione e localismi, pensare la ‘comunità come grazia non scontata’ (il riferimento è a Bohnoeffer e al suo ‘la vita comune’ del 1939). Quali ‘luoghi’ individuare per avere cura, cioè ‘responsabilità’ rispetto a tali germogli nell’impegno e nel rispetto?”
Così, sinteticamente, Cristina individua alcuni di questi ‘luoghi’:
• ‘abitare il tempo ‘ : cfr. il proverbio afghano che dà il titolo al fortunato libro di Rampini: “voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”
• ‘stimare le differenze ‘ purificandole dalle discriminazioni: questione di genere improcrastinabile; il rispetto delle minoranze …
• ‘la giustizia sia di questo mondo’: la finanza, i migranti …
“Come suggerisce il testo profetico inserito nel discorso di Pentecoste – “effonderò il mio Spirito su ogni carne e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani sogneranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”- perché i giovani abbiano visioni ci sono quanto meno alcune condizioni: che i vecchi non smettano di sognare, che continuino ad aggiustare gli aratri anche quando non li utilizzano (Antonella Fucecchi in ‘Missione oggi’), che imparino o conservino lo sguardo che scruta i germogli. Infine che facciano spazio senza risentimento: dando piuttosto fiducia, come porto sicuro in cui si può tornare ma da cui si deve partire”
(una noticina a margine: presentazione brillante, esposizione vivace, migliaia di intelligenti e dotte allusioni e riferimenti: talora un vero fuoco d’artificio, il tutto sfociato in una convinta e generale approvazione con un grosso e meritato battito di mani)