abolire il natale? una provocazione, con molte ragioni, di don Farinella

«S’I’ FOSSI PAPA… ABOLIREI LO NATALE»

di Paolo Farinella, prete

 

 In questi giorni ricevo auguri di ogni genere e forma. Tra gli altri quelli di una mia amica di Mantova, Luisa, che riporta un pensiero della cantante israeliana Noa sull’Italia. Noa invita a essere orgogliosi dell’Italia per la bellezza straordinaria e unica. Con puntuale meticolosità elenca le regioni d’Italia da lei visitate – tutte – per ragioni di lavoro e «per amore». Riprendo la mia risposta a Luisa allargando l’orizzonte a tutte le mie Amiche e Amici, ma non come augurio, aria fritta del solito Natale di circostanza, ma come riflessione da condividere.

Premetto che quest’anno nella mia chiesa, d’accordo con i frequentatori abituali, abbiamo fatto una «scelta pastorale»: non celebriamo la veglia di Natale né la Messa di Capodanno né quella dell’Epifania. In altre parole, di fatto, aboliamo il Natale. Non per motivi ideologici, ma per motivi pastorali e di fede. Spiego.

motivi pastorali

San Torpete in Genova, dal sec. XII è parrocchia riservata alla famiglia dei marchesi Cattaneo-Della Volta, la quale nel 1995 con atto notarile la cedette alla diocesi di Genova. Al termine del primo restauro, durato 10 anni, nel 2005, fui nominato «Amministratore parrocchiale». Mi trovo quindi in una parrocchia aperta al pubblico, ma senza territorio e, di fatto, senza parrocchiani perché i discendenti dei Cattaneo-Della Volta, circa una quarantina di persone, sono sparsi per il mondo.

La parrocchia è frequentata da persone che provengono da ogni quartiere di Genova, anche da fuori Genova. Non pochi per partecipare impiegano un’ora e anche un’ora e mezza per venire e altrettante per tornare. La liturgia che si svolge a San Torpete non è «la Messa della mutua» o dei saldi, ma è una scuola della Parola e dura da un’ora e mezza a due ore. Tenendo conto di «questa» realtà, abbiamo deciso di privilegiare «solo la domenica – Dies Domini», tralasciando tutto il resto, Veglia, Capodanno ed Epifania che capitando di sabato si addossano le une alle altre, con ingorgo per noi ingestibile.

motivi di fede

Celebrare il Natale come gli altri anni, come se nulla stesse accadendo, significherebbe compiere un atto d’inciviltà, di mistificazione e di complicità. Oggi Natale è il contrario di quello dovrebbe significare: esattamente l’opposto. Esso è strumento di un sistema economico assassino, che fomenta lo sperpero, alimenta la falsità dei falsi sentimenti d’occasione (a Natale bisogna essere buoni!!!!) e illude perché tutto lo scempio delle ingiustizie, delle immoralità e del buonismo a buon mercato si ritualizza nel contesto di una religiosità blasfema. Si inneggia al presepe col Bambino, Maria e Giuseppe, attorniati da pastori, oche e animali vari, facendo finta di non sapere che quel Bambino è un Profugo, che scappa dalla polizia di Erode, ricercato per essere fatto fuori, emigrante in Egitto in cerca di salvezza e di fortuna, nato fuori dall’abitato perché nessuno lo voleva. Solo i pastori, gli emarginati «impuri» del tempo lo assistono, mentre nel tempio di Gerusalemme splendono le luci e si elevano i canti al Dio dei cieli e compagnia cantando.

Nel 2017 Cristo non nasce in Italia, in Europa, negli Usa e non nasce nelle chiese: Egli nasce e resta nei campi profughi della Turchia che sperpera lautamente i tre miliardi della UE perché Gesù Bambino sia tenuto lontano dai Paesi europei, ubriachi di «civiltà cristiana». Egli è in Libia, dove i tanti Gesù Bambini senza pastori, Magi o pecorelle e nenie, sono stuprati, venduti, violentati e anche assassinati. Quest’anno Gesù nasce “dentro il Mediterraneo”, che assume la forma di una tomba. L’arte bizantina ha sempre raffigurato la culla di Gesù nascente a forma di sarcofago/tomba, forse immaginando che un giorno sarebbe successo «alla grande» a centinaia e centinaia di Gesù Bambini colpevoli di cercare la vita.

In Italia, in Europa, negli Usa, nel Mondo, rigurgiti pericolosi di fascismo stanno strozzando la fragile Democrazia e sono proprio i fascisti che difendono «la civiltà cristiana» e i valori cristiani, mentre affermano il loro razzismo e il loro odio per i neri, per i diversi, per gli impuri che non appartengono alla razza ariana. Oggi l’unico modo per distinguersi e per contestare questa blasfema condizione politica e religiosa, è togliere dalle loro mani il giocattolo della religione e dichiarare che quella che sventolano loro è solo una escrescenza dannosa e tumorale, vuota di senso e significato. Nulla da spartire. Fuori dal tempio del Dio che si fa carne accanto alle carni martoriate dei poveri e dei migranti che bussano alla porta e sono ricacciati, in nome del presepe e del crocifisso, nell’inferno della non-vita. Si celebra la nascita di un Bimbo e si uccidono i Bimbi suoi fratellini e sorelline. Erode non poteva trovare complici più ideali.

Non ci sto. «S’i fossi Papa», non abolirei solo il Natale, ma chiudere le chiese di tutto il mondo per almeno 10 anni, per purificarle dallo spirito capitalista e mercantile, dal consumismo che le svuota dell’anima, dall’uso strumentale politico e della politica, dalla contraddizione della stessa religione che può essere più mortale di un arma automatica. Chiuderei per fallimento, in attesa non di celebrare Dio che è da sempre, ma del desiderio di «rinascere» per essere creature nuove che costruiscono un mondo nuovo di giustizia, aperto a tutti, senza esclusione di sorta, nel segno di un Natale universale, dove il Diritto sia praticato per ciascuno, sempre e dovunque perché Natale è ogni giorno. Con affetto. Paolo Farinella prete

 

il tristissimo natale di Damasco

nel presepe di Damasco il bambinello muore di fame

 

parla il cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico in Siria:

a Ghouta non arrivano latte e farina, ma continuano ad arrivare bombe e morte

Morte e fame a Ghouta

morte e fame a Ghouta

“Prego Gesù bambino perché scenda tra le case di Ghouta a carezzare uno ad uno i bambini che in questa vigilia di natale stanno morendo di fame”

Il cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico della martoriata Damasco, anche questo Natale è costretto a lanciare un appello, a ripetere l’appello perché le parti in campo facciano passare latte, farina e medicine per soccorrere chi muore. In questi anni di follia, di morte e distruzione, il nunzio lo ha fatto quando si moriva a Damasco ovest, lo ha fatto lo scorso anno quando a spegnersi erano i bambini di Aleppo. “E’ una follia che ci sia il latte, che ci siano i camion carichi di farina e di medicine e che non si possa entrare a Ghouta est per soccorrere chi muore. E tutto accade a non più di 15 chilometri da qui, dalla nunziatura…”. A Zenari diciamo di aver appena visto le immagini di un reportage della Reuters, realizzato qualche giorno addietro, in quella periferia di Damasco. Un pugno allo stomaco, bambini pelle e ossa che aspettano solo di morire. Le ha viste pure lui, quelle immagini. “Dal giorno del reportage – dice il nunzio di Damasco – le cose sono peggiorate. A Ghouta ci sono almeno 500 persone che dovrebbero immediatamente essere portate in ospedale nella speranza di strapparle alla morte. Dovrebbero essere immediatamente evacuate, e invece…”. Invece Damasco sta diventando maledettamente lontana dagli obiettivi dei media, dai racconti di parte della stampa internazionale. Praticamente scomparsa dall’informazione italiana. Damasco, la Siria ora solo muta scacchiera di spartizioni, con Putin che conosce il gioco meglio degli altri. Da una parte le politiche che accompagnano le macerie delle guerre, dall’altra i visini pelle e ossa dei bambini di Ghouta. Lo scandalo è questo.
“A Ghouta – dice Zenari – non arrivano latte e farina, ma continuano ad arrivare bombe e morte. L’anno scorso uccideva il freddo, questo Natale è la fame a mietere vittime. Alla periferia est di Damasco – continua la cronaca del nunzio apostolico – ci sono 400mila persone che non conoscono tregua o cessate il fuoco. L’Onu – aggiunge il nunzio – ha classificato 10 zone, in Siria, come “zone assediate”. Ebbene, da sola Ghouta raccoglie il 94 per cento della popolazione siriana assediata”.
“Nella speranza che la parola di Gesù incontri uomini di buona volontà – continua il nunzio – la verità tragica è che alle porte di Damasco, a pochi chilometri da qui, le mamme non sanno come allungare la vita ai figli, in attesa del latte…Ciascuno di noi – aggiunge – dovrebbe leggere il drammatico rapporto del Pam sulle condizioni nelle quali uomini, donne e bambini sopravvivono in quei quartieri. La situazione è catastrofica, anche quest’anno”.
“Il mio appello? – dice il nunzio – Che le parti in causa ascoltino Gesù e lascino passare gli aiuti, il latte per i più piccoli, la farina, le medicine, questo il mio appello”. Invito che Mario Zenari ripeterà la notte di Natale celebrando messa all’ospedale italiano di Damasco e nel giorno di Natale nella Chiesa latina.

Zanotelli e il kairòs che le Chiese non possono perdere per la salvezza del pianeta

Il ruolo delle Chiese per la salvezza del pianeta

Il ruolo delle Chiese per la salvezza del pianeta

da: Adista Documenti n° 44 del 23/12/2017
 

La Chiesa cattolica e tutte le altre Chiese possono svolgere un grande ruolo per salvare il pianeta. Bisogna riconoscere che le Chiese della Riforma legate al Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC) si erano impegnate prima di altre in campo ecologico. Una serie di importanti documenti sono lì a dimostrarlo. Ma è stato straordinario anche il lavoro a favore dell’ambiente del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, uno dei pionieri in questo campo: «Provocare – ha scritto – l’estinzione della specie, distruggere la biodiversità della creazione di Dio, minare l’integrità della terra provocando mutamenti climatici, spogliandola delle sue foreste naturali e distruggendo le zone umide, ledere la salute di altri esseri umani, contaminare le acque, la terra, l’aria e la vita del pianeta con sostanze velenose: tutto questo è peccato». Purtroppo le altre Chiese ortodosse sono ben lontane da queste posizioni.

La Chiesa cattolica è arrivata abbastanza tardi a una seria presa di posizione sulla gravità della situazione in campo ecologico. Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno denunciato questo grave problema, ma non hanno mai affrontato il tema in maniera organica. È stato papa Francesco a farlo, coraggiosamente, con l’enciclica Laudato si’ (2015), un documento che è diventato un punto di riferimento per credenti e laici. Un documento fondamentale per la Chiesa, che è parte in causa del problema. Infatti «l’attuale distruzione di tutte le fondamentali forme di vita sulla Terra avviene all’interno di una cultura che è emersa da una matrice biblico-cristiana», afferma uno dei pochi teologi cattolici in campo ecologico, l’americano p. Thomas Berry, non a caso emarginato per le sue prese di posizione. Questa crisi, infatti, scrive nel suo libro The Christian Future and the Fate of the Earth, «non nasce dal mondo buddista o dal mondo islamico, ma all’interno della cosiddetta civiltà cristiana occidentale. La difficoltà di uscire da questa strettoia potrebbe essere attenuata se ricordassimo che le prime comunità cristiane facevano riferimento a due fonti di rivelazione: la manifestazione del divino nel mondo naturale e la manifestazione del divino nel mondo biblico. Le quali devono essere interpretate l’una insieme all’altra. In questo contesto preservare la Terra è una parte essenziale del compito di salvare l’originaria presenza divina nel mondo».

Nel suo libro The Sacred Universe, Thomas Berry spiega bene il suo punto di vista: «Dobbiamo passare da una spiritualità di alienazione dal mondo naturale a una spiritualità di intimità con il mondo naturale, da una spiritualità del divino rivelato nelle Sacre Scritture a una spiritualità del divino rivelato nel mondo visibile attorno a noi, da una spiritualità impegnata per i diritti umani a una spiritualità della giustizia per la comunità devastata del pianeta Terra». Per questo diventa fondamentale il ruolo delle Chiese, perché si tratta di cambiare i fondamenti culturali dell’Occidente che stanno distruggendo il pianeta. Le Chiese dovranno contestare il primato assoluto dei criteri economico- materiali per misurare la felicità e il progresso; la fede nella crescita costante e illimitata; la convinzione che la tecnologia risolverà tutti i problemi; l’assurdità di un’economia che quantifica tutto, salvo i costi ecologici; il rifiuto di riconoscere la sacralità della materia. Le Chiese hanno quindi il compito immenso di creare un nuovo paradigma, una nuova visione della terra e del mondo. È quanto afferma anche papa Francesco: «Una presentazione inadeguata dell’antropologia cristiana ha finito per promuovere una concezione errata della relazione dell’essere umano con il mondo. Molte volte è stato trasmesso un sogno prometeico di dominio sul mondo che ha provocato l’impressione che la cura della natura sia cosa da deboli. Invece l’interpretazione corretta del concetto dell’essere umano come signore dell’universo è quella di intenderlo come amministratore responsabile» (Laudato si’, 116).

Una visione che dovrà poi passare ai fedeli attraverso la liturgia, le omelie, le catechesi ai fanciulli e agli adolescenti. Ma le Chiese dovranno soprattutto creare nuovi valori etici per le comunità cristiane. Come giustamente osserva Thomas Berry, «moralmente abbiamo sviluppato una risposta al suicidio, all’omicidio, al genocidio, ma ora ci troviamo a confrontarci con il biocidio, l’uccisione del pianeta nelle sue strutture vitali e funzionali. Si tratta di un male peggiore di quello che abbiamo conosciuto fino al presente, un male per il quale non abbiamo principi etici né morali di giudizio».

Se infatti è raro che qualcuno venga a confessarsi di un peccato contro l’ambiente, è proprio perché i fedeli non hanno interiorizzato valori precisi in questo campo. È incredibile che le Chiese siano state così esigenti in campo sessuale, mentre in campo ecologico stentino a presentare parametri etici adeguati.

E qui bisogna riconoscere con onestà che la stessa Laudato si’ trova molto ostruzionismo all’interno della Chiesa cattolica, incontrando difficoltà a passare nelle omelie dei preti, nelle catechesi ai fanciulli. E penso che una delle ragioni di queste omissioni sia legata al fatto che viene richiesto un altro stile di vita per salvare noi e il pianeta.

È questo infatti è l’altro importante compito delle Chiese: proporre un radicale cambiamento di vita a tutti i livelli, economico, energetico e finanziario. Papa Francesco nella Laudato si’ scende perfino nei dettagli: «L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo fra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili e così via». E continua: «Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente. Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce a una maggiore profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo» (212).

Se vorranno seguire questa strada, le Chiese dovranno impegnarsi a fondo contro il consumismo che pervade le nostre società occidentali e il mito della crescita illimitata. Ma anche convincere tutti che si può vivere meglio con meno sposando gli ideali del ben vivere/ben convivere. È la stessa richiesta di papa Francesco nella Laudato si’: «La spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita e incoraggia uno stile di vita profetico e contemplativo, capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo. Si tratta della convinzione che “meno è di più”. Infatti il costante cumulo di possibilità di consumare, distrae il cuore e impedisce di apprezzare ogni cosa e ogni momento. La spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco».

Ma dovranno essere per primi i pastori delle Chiese a vivere così per contagiare le comunità cristiane in maniera che diventino comunità alternative al sistema. E bisognerà darsi da fare in particolare su due fronti: quello energetico e quello finanziario.

Sul fronte energetico, le Chiese dovranno impegnarsi e impegnare i propri fedeli a installare pannelli solari; a ridurre drasticamente l’uso dei combustibili fossili, puntando sull’opzione “Zero CO2”; a protestare contro le imprese altamente contaminanti; a incoraggiare il trasporto pubblico; e infine a ridurre l’uso dell’auto.

Ma sarà soprattutto in campo finanziario che le Chiese potranno dare un grande contributo alla causa togliendo i propri capitali dalle banche che investono in petrolio e carbone e spostandoli in quelle banche che investono nelle energie rinnovabili. Ma anche invitando i fedeli a fare altrettanto con i propri risparmi. Sarebbe un segno forte da parte delle Chiese.

Il Consiglio Ecumenico delle Chiese lo sta già facendo, come anche parecchie università cattoliche degli USA. Uno studio di Oxford (2014) ha definito il boicottaggio delle banche che finanziano i combustibili fossili la campagna che sta oggi guadagnando più consensi. Purtroppo questa campagna trova invece molta difficoltà a decollare in Italia.

Infine, un ruolo fondamentale delle Chiese è oggi quello di aiutare le varie realtà impegnate su questo fronte a riunirsi in un grande movimento popolare. È questo uno dei punti su cui papa Francesco insiste di più.

La politica infatti è ormai prigioniera dei poteri economicofinanziari, soprattutto delle banche. Ecco perché i governi non riescono a prendere decisioni politiche per salvare il pianeta. La speranza oggi nasce dal basso, dalle comunità cristiane e di altre confessioni, da gruppi, comitati, reti. A condizione però che abbiano il coraggio di mettersi insieme per formare un grande movimento popolare in difesa della Madre Terra. Questo movimento, come scrive Naomi Klein nel suo Una rivoluzione ci salverà, potrebbe «diventare una forza catalizzatrice per una trasformazione generale»: «L’urgenza della crisi climatica potrebbe formare la base di un potente movimento di massa, in grado di tessere questioni in apparenza disparate in un unico discorso coerente su come proteggere l’umanità dalle devastazioni generate da un sistema economico ferocemente ingiusto, quanto da un sistema climatico destabilizzato».

È un kairos che le Chiese non possono perdere!

* Alex Zanotelli è sacerdote e missionario italiano della comunità dei comboniani, ispiratore e fondatore di diversi movimenti italiani impegnati in difesa della pace, della giustizia e dell’ambiente, è direttore responsabile di Mosaico di pace sin dalle origini della rivista (settembre 1990), per espresso volere di don Tonino Bello.

 

togliere i bambini rom alle loro famiglie – parola di assessora e per di più … donna – la replica di REYN

l’assessora Donazzan non ha dubbi: ‘per il loro bene’ i bambini rom vanno tolti alle famiglie per ‘educarli’

 la replica di REYN Italia

(Romani Early Years Network – Rete per la Prima Infanzia Rom)

Veneto

l’assessore regionale Donazzan

“Basta ipocrisia, togliere i figli ai rom per educarli”

La frase durante una discussione in Consiglio Regionale sull’inserimento scolastico. L’assessora ha anche rilanciato su Facebook: “Usare il buonsenso” Per educare i figli di rom e sinti bisogna toglierli ai genitori. A fare la controversa affermazione, che non è ancora una proposta, è l’assessora all’istruzione del Veneto, Elena Donazzan, che ha risposto così a un emendamento di un consigliere Pd che aveva proposto di sostenere l’inserimento scolastico dei bambini rom e sinti. Lo riporta La Nuova Venezia.

L’assessore ha anche rilanciato sul suo Facebook la sua frase, chiedendo di togliere “il velo dell’ipocrisia” e “usare il buonsenso”.

 

La Donazzan ha fatto il parallelo con una famiglia italiana. “Se un italiano si comportasse così con i propri figli, un assistente sociale glieli toglierebbe subito”. Per la Donazzan “se si vuole avere qualche speranza che vengano educati, bisogna togliere i bambini dagli 0 ai 6 anni ai genitori rom e sinti”. L’assessore ha spiegato che è d’accordo sul principio di educare, ma che è la situazione a non permetterlo.

Il consigliere Pd ha replicato: “Perché non si possono aiutare questi bambini come fanno altri Comuni, magari con un mediatore culturale? Non si possono togliere i bambini ai genitori, nessun magistrato lo farebbe”.

Reyn Italia scrive all’Assessora Donazzan

no all’antiziganismo, puntare sulle buone pratiche

In seguito alle dichiarazioni dell’Assessora Regionale Elena Donazzan («Se si vuole avere qualche speranza che vengano educati, bisogna togliere i bambini dagli 0 ai 6 anni ai genitori rom e sinti») la rete REYN Italia ha scritto e inviato una lettera alla rappresentante istituzionale. Di seguito la versione integrale del documento:

Gentile Assessora,

siamo una Rete nazionale formata da persone che lavorano a stretto contatto con le comunità rom nel campo dello sviluppo nella prima infanzia. Abbiamo seguito attoniti le sue affermazioni relative all’educazione dei figli dei rom e dei sinti che sono state riportate da diversi quotidiani – iIl Giornale di Vicenza, la Repubblica, Il Mattino di Padova, Il Giornale – e che lei stessa ha postato sulla sua pagina Facebook invitando “a togliere il velo dell’ipocrisia” e ad “usare il buonsenso”. Nel suo post sui social lei sembra confermare quella che ritiene possa essere una proposta applicabile, ovvero quella di “togliere i bambini dagli 0 ai 6 anni ai genitori rom e sinti”, affermando successivamente che “se un italiano si comportasse così con i propri figli, un assistente sociale glieli toglierebbe subito”.

A questo proposito, ci preme informarla che in Italia il 60% della popolazione rom e sinti è di cittadinanza italiana e solo 1 rom su 5 in Italia vive in emergenza abitativa, in condizione di esclusione sociale e precarietà economica.

Le sue affermazioni, oltre ad apparire pericolose, risultano palesemente discriminatorie e contrarie ai principi fondamentali sanciti dalla Costituzione.
La sottrazione di un figlio dalla propria famiglia rappresenta un provvedimento estremo che viene preso dall’autorità giudiziaria nei confronti di un soggetto con manifesta incapacità genitoriale, che non deve avvenire mai per motivi economici e comunque sempre applicato a situazioni individuali, nel maggiore interesse del minore. Peraltro l’allontanamento rappresenta sempre e comunque un evento doloroso per il bambino e per la famiglia, per cui va sempre ponderato. Si tratta di un provvedimento che riguarda indistintamente cittadini italiani e stranieri, rom e sinti compresi, in base alle valutazioni delle autorità giudiziarie, per cui è già una legge uguale per tutti.

Dalle sue dichiarazioni sembra che lei invece auspicherebbe una norma che permetta indiscriminatamente di togliere i bambini nella fascia 0-6 ai genitori rom e sinti in quanto intrinsecamente incapaci di educare i propri figli. Tale affermazione, oltre a stridere con i principi costituzionali, ci proietta in un passato non troppo lontano quando, in diversi Paesi europei, la sottrazione dei minori rom rappresentava il principale strumento per lottare contro quella che veniva definita la “piaga zingara”.

Ci preme ricordarle come il suo ruolo istituzionale le impone il preciso mandato di adoperarsi per rimuovere gli ostacoli che negano il pieno raggiungimento del diritto all’istruzione di tutti i bambini e i ragazzi, con particolare attenzione a chi i mezzi non li ha o vive in situazione di disagio socio-economico. Una vasta letteratura scientifica e numerose esperienze dimostrano come il denaro investito in politiche educative nell’età 0-6 anni, soprattutto per le fasce economicamente e socialmente più deboli, è vantaggioso sia in termini di risultati educativi e sociali che anche in termini meramente economici.

Il nostro Paese non ha bisogno di affermazioni sensazionalistiche e utili solo a incrementare un pericoloso antiziganismo.

Se ha intenzione di affrontare in modo serio e rigoroso il problema dell’infanzia che vive in condizione di precarietà economica e segregazione abitativa, di azioni utili se ne possono fare parecchie, iniziando da percorsi educativi inclusivi e di qualità per tutti che nell’esperienza internazionale della nostra Rete sono il risultato di azioni volte a rafforzare il coinvolgimento delle famiglie nei percorsi di studio dei bambini in condizioni di fragilità, a promuovere interventi educativi e strategie didattiche personalizzate e motivanti, avvalersi di personale specializzato nella mediazione culturale e educativa, sostenere le scuole perché possano attivare percorsi extrascolastici e non-formali per sostenere i bambini che hanno maggiore difficoltà nell’apprendimento.

Siamo in grado di fornirle molteplici esempi di esperienze virtuose ed efficaci consolidate in diverse città italiane, per questo restiamo a disposizione per un incontro che ci auguriamo voglia accordarci.

Le auguriamo una più approfondita riflessione sul tema,
e buon lavoro,

REYN Italia (Romani Early Years Network – Rete per la Prima Infanzia Rom)
https://reynitaliablog.wordpress.com/

Italia, comportati con gentilezza e compassione verso gli immigrati – gli auguri della cantante Noa

le parole di Noa

io, straniera innamorata, dico: Italia, resta gentile..


Noa*
che cosa ti auguro, amata Italia, per l’avvento del nuovo anno? Che tu faccia tesoro dei doni che ti sono stati dati
Io, straniera innamorata, dico: Italia, resta gentile..

È un grande onore e un piacere essere oggi qui, grazie per l’invito; il mio cuore sta battendo molto forte mentre sto parlando. Il Parlamento è un luogo di legislazione, di dibattito e di lotta politica. È un luogo deputato a dare forma al futuro. Quando impariamo dal passato e osserviamo il presente, spesso tendiamo a giudicarci severamente. Vediamo chiaramente le nostre imperfezioni, lamentiamo la nostra debolezza e viviamo in uno stato costante di insoddisfazione e di frustazione. Credo che ciò sia una parte naturale del ciclo umano, che ci dà un incentivo a migliorarci e a svilupparci … ma anche molto spesso ci rende inconsapevoli della nostra bellezza … fino a quando arriva uno straniero innamorato, e ci ricorda quanto dobbiamo essere grati.

Oggi vorrei essere io quella straniera. Per venticinque anni, ho visto questo Paese con gli occhi dell’amore. Mi sono esibita in centinaia di concerti in ogni piccolo paese e grande città, in campi, festival, cattedrali, piazze e teatri dell’opera, e ho incontrato migliaia e migliaia di Italiani, ognuno dei quali ho voluto abbracciare personalmente. Ho cantato nei vostri festival, ascoltato le vostre storie, imparato le vostre canzoni, riso e pianto con i vostri film e ho adorato la vostra arte e la vostra cultura. Ho iniziato in Sicilia, la magnifica isola del sud, la cui gente è così tenace e ricca come la sua terra e la sua storia. I miei figli si sentono a casa nelle acque cristalline che abbracciano questa grande isola e quelle intorno a essa, in particolare le splendide Eolie… questo meraviglioso mare, come nessun altro al mondo, che vi prego, guardiani di questa grande terra, di fare in modo di proteggere per le future generazioni. Ho ammirato la selvaggia e splendida Sardegna, e ho adorato Napoli e i suoi dintorni, la sua gente e la sua cultura meravigliosa che ho adottato come mia propria.

La cantante Noa mentre si esibisce nell’Aula di Montecitorio per il concerto di Natale

la cantante Noa mentre si esibisce nell’Aula di Montecitorio per il concerto di Natale

E da lì, pian piano su, su, da una splendida regione ad un’altra, Calabria, Basilicata, Puglia, Molise, Lazio, Abruzzo, Umbria, Marche, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino e alla fine, il gioiello del nord, la Valle D’Aosta. Ogni regione, con la sua cultura, il suo patrimonio, la sua storia, la sua natura e unicità, mi ha abbagliato e ispirato fino a quando mi sono del tutto persa nella bellezza. Sì… mi sono persa e sono diventata una persona nuova. Ho perso, su questa terra, molte delle mie paure e della disperazione che spesso accompagnano la vita nel mio Paese, e le ho sostituite con l’ottimismo e la speranza.

Così cosa ti auguro, amata Italia, per l’avvento del nuovo anno? Che tu faccia tesoro dei doni che ti sono stati dati. Che non dia mai per scontata la tua democrazia conquistata con fatica, poiché conosci bene la strada dolorosa che hai percorso per ottenerla. Che tu continui a mettere in guardia e ad educare contro il razzismo e il fascismo, come fai per la Festa della Liberazione e la Giornata della Memoria, in modo che non  si ripeta mai più per nessuno la tragedia accaduta al mio popolo e al tuo. Che tu ti comporti con gentilezza e compassione verso gli immigrati, ricordando quanti del tuo popolo sono emigrati da questa terra e si sono sparsi per il mondo, alla ricerca di un futuro migliore.

Che tu protegga i tuoi splendidi e fragili tesori naturali e i siti storici dagli artigli dell’avidità e dell’avarizia. Che tu ti prenda cura dei tuoi poeti, musicisti, scrittori, pittori e filosofi, poiché essi sono il tuo cuore pulsante. Questa terra mi ha dato infinite opportunità di tirare fuori il meglio di me, di cantare per la pace, di abbattere muri e costruire ponti, di mettere la musica su un piedistallo, e di inginocchiarmi umilmente dinanzi ad essa, come si farebbe dinanzi all’altare, di vivere la vita come credo debba essere vissuta: con semplicità, onestà e passione, con molte risate e infinito amore. Grazie, grazie! Dio benedica l’Italia.

*La grande cantante Noa, ebrea di origine yemenita, israeliana impegnata da anni per la pace e la convivenza tra diversi, è stata la protagonista ieri sera di un intenso e bellissimo concerto di Natale nell’Aula di Montecitorio alla presenza della presidente della Camera Laura Boldrini e nel corso del quale ha dedicato una straordinaria ‘Ave Maria’ a papa Francesco. Questo è il discorso con cui l’artista ha introdotto l’evento

p. Zanotelli indignato per l’economia di guerra di Italia ed Europa

è questo il nostro Natale di pace?

 Alex Zanotelli

sono indignato davanti a quest’Italia che si sta sempre più militarizzando

 

Lo vedo proprio a partire dal Sud, il territorio economicamente più disastrato d’Europa, eppure sempre più militarizzato. Nel 2015 è stata inaugurata a Lago Patria (la parte della città metropolitana di Napoli) una delle più importanti basi NATO d’Europa, che il 5 settembre scorso è stata trasformata nell’Hub contro il terrorismo (centro di spionaggio per il Mediterraneo e l’Africa). Sempre a Napoli, la famosa caserma della Nunziatella è stata venduta dal Comune di Napoli per diventare la Scuola Europea di guerra, come vuole la Ministra della Difesa F. Pinotti.

Ad Amendola (Foggia), è arrivato lo scorso anno il primo cacciabombardiere F-35 armabile con le nuove bombe atomiche B 61-12. In Sicilia, la base militare di Sigonella (Catania) diventerà nel 2018 la capitale mondiale dei droni. E sempre in Sicilia, a Niscemi (Trapani) è stato installato il quarto polo mondiale delle comunicazioni militari, il cosidetto MUOS.

Mentre il Sud sprofonda a livello economico, cresce la militarizzazione del territorio (forse, non è per caso che così tanti giovani del Sud trovino poi rifugio nell’Esercito italiano per poter lavorare!).

Ma anche a livello nazionale vedo un’analoga tendenza: sempre più spese in armi e sempre meno per l’istruzione, sanità e welfare. Basta vedere il Fondo di investimenti del governo italiano per i prossimi anni per rendersene conto. Su 46 miliardi previsti, ben 10 miliardi sono destinati al ministero della Difesa: 5.3 miliardi per modernizzare le nostre armi e 2.6 per costruire il Pentagono italiano ossia un’unica struttura per i vertici di tutte le nostre forze armate, con sede a Centocelle (Roma).

L’Italia, infatti, sta investendo sempre più in campo militare sia a livello nazionale, europeo e internazionale. L’Italia sta oggi spendendo una barca di soldi per gli F-35, si tratta  di 14 miliardi di euro!

Questo, nonostante che la Corte dei Conti abbia fatto notare che ogni aereo ci costerà almeno 130 milioni di euro contro i 69 milioni previsti nel 2007. Quest’anno il governo italiano spenderà 24 miliardi di euro in Difesa, pari a 64 milioni di euro al giorno. Per il 2018 si prevede un miliardo in più.

Ma è ancora più impressionante l’esponenziale produzione bellica nostrana: Finmeccanica (oggi Leonardo) si piazza oggi all’ottavo posto mondiale. Lo scorso anno abbiamo esportato per 14 miliardi di euro, il doppio del 2015!

Grazie alla vendita di 28 Eurofighter al Kuwait per otto miliardi di euro, merito della ministra Pinotti, ottima piazzista d’armi. E abbiamo venduto armi a tanti Paesi in guerra, in barba alla legge 185 che ce lo proibisce. Continuiamo a vendere bombe, prodotte dall’azienda RMW Italia a Domusnovas (Sardegna), all’Arabia Saudita che le usa per bombardare lo Yemen, dov’è in atto la più grave crisi umanitaria mondiale secondo l’ONU (tutto questo nonostante le quattro mozioni del Parlamento Europeo!) L’Italia ha venduto armi al Qatar e agli Emirati Arabi con cui quei Paesi armano i gruppi jihadisti in Medio Oriente e in Africa (noi che ci gloriamo di fare la guerra al terrorismo!). Siamo diventati talmente competitivi in questo settore che abbiamo vinto una commessa per costruire quattro corvette e due pattugliatori per un valore di 40 miliardi per il Kuwait.

Non meno preoccupante è la nostra produzione di armi leggere: siamo al secondo posto dopo gli USA! Sono queste le armi che uccidono di più! E di questo commercio si sa pochissimo.

Quest’economia di guerra sospinge il governo italiano ad appoggiare la militarizzazione dell’UE. È stato inaugurato a Bruxelles il Centro di pianificazione e comando per tutte le missioni di addestramento, vero e proprio quartier generale unico. Inoltre, la Commissione Europea ha lanciato un Fondo per la Difesa che, a regime, svilupperà 5,5 miliardi d’investimento l’anno per la ricerca e lo sviluppo industriale nel settore militare.

Questo fondo, lanciato il 22 giugno, rappresenta una massiccia iniezione di denaro pubblico nell’industria bellica europea. Sta per nascere la “PESCO-Cooperazione strutturata permanente” dell’UE nel settore militare (la Shengen della Difesa!).

“Rafforzare l’Europa della Difesa – afferma la Mogherini, Alto Rappresentante della UE, per gli Affari Esteri- rafforza anche la NATO”.

La NATO, di cui l’UE è prigioniera, è diventata un mostro che spende 1000 miliardi di dollari in armi all’anno. Trump chiede ora ai 28 Paesi membri della NATO di destinare il 2% del Pil alla Difesa. L’Italia ne destina 1,2 %. Gentiloni e la Pinotti hanno già detto di Sì al diktat di Trump. Così l’Italia arriverà a spendere100 milioni al giorno in armi. E la NATO trionfa, mentre è in forse il futuro della UE. Infatti, è la NATO che ha forzato la UE a creare la nuova frontiera all’Est contro il nuovo nemico, la Russia, con un imponente dispiegamento di forze militari in Ucraina, Polonia, Romania, Bulgaria, in Estonia, Lettonia e con la partecipazione anche dell’Italia.

La NATO ha stanziato 17 miliardi di dollari per lo “Scudo anti-missili”. E gli USA hanno l’intenzione di installare in Europa missili nucleari simili ai Pershing 2 e ai Cruise (come quelli di Comiso). E la Russia sta rispondendo con un altrettanto potente arsenale balistico.

Fa parte di questo piano anche l’ammodernamento delle oltre duecento bombe atomiche B-61, piazzate in Europa e sostituite con le nuove B 61-12. Il ministero della Difesa ha pubblicato in questi giorni sulla Gazzetta Ufficiale il bando di costruzione a Ghedi (Brescia) di nuove infrastrutture che ospiteranno una trentina di F-35 capaci di portare cadauno due bombe atomiche B61-12. Quindi, solo a Ghedi potremo avere sessantina di B61-12, il triplo delle attuali! Sarà così anche ad Aviano? Se fosse così, rischiamo di avere in Italia una forza atomica pari a 300 bombe atomiche di Hiroshima! Nel silenzio più totale!

Mai come oggi, ci dicono gli esperti, siamo vicini al “baratro atomico”. Ecco perché è stato provvidenziale il Trattato dell’ONU, votato il 7 luglio scorso, che mette al bando le armi nucleari. Eppure l’Italia non l’ha votato e non ha intenzione di votarlo. È una vergogna nazionale.

Siamo grati a papa Francesco per aver convocato un incontro, lo scorso novembre, in Vaticano sul nucleare, proprio in questo grave momento in cui il rischio di una guerra nucleare è alto e per il suo invito a mettere al bando le armi nucleari.

Quello che non riesco a capire è l’incapacità del movimento della pace a mettersi insieme e scendere in piazza a urlare contro un’Italia e Unione Europea che si stanno armando sempre di più, davanti a guerre senza numero, davanti a un mondo che rischia l’olocausto nucleare. Eppure in Italia c’è una straordinaria ricchezza di gruppi, comitati, associazioni, reti che operano per la pace. Ma purtroppo ognuno fa la sua strada.

E come mai tanto silenzio da parte dei vescovi italiani? E che dire delle parrocchie, delle comunità cristiane che si apprestano a celebrare la nascita del “Principe della Pace?”

“Siamo vicini al Natale – ci ammonisce papa Francesco – ci saranno luci, ci saranno feste, alberi luminosi, anche presepi… tutto truccato: il mondo continua a fare guerra!”.

Oggi più che mai c’è bisogno di un movimento popolare che contesti radicalmente questa economia di guerra.

 

 

il presepe sul gommone dei profughi

dov’è Cristo?

oggi è sul gommone

 

La Sacra Famiglia sul gommone: l’immagine scelta da un comune del Bolognese per rappresentare il presepe – non nuova perché molte comunità cristiane hanno scelto la stessa lettura della Natività in anni recenti –, si è accompagnata al solito stuolo di polemiche, spesso violente, che fioriscono ogni volta che si tocca il delicato tema dei migranti. E la scelta del comune è ancor più significativa, se pensiamo al recente conformismo che rende impopolare ogni forma di apertura e di empatia nei confronti dei sofferenti, siano essi rifugiati o migranti economici.

 

«Riconoscere Cristo in chi soffre» è uno dei messaggi che, nel solco della tradizione della Chiesa, sempre più frequentemente lancia papa Francesco, sfidando l’onda nera che porta con sé chiusure ed egoismi e che monta nelle nostre opulente, per quanto affannate, società occidentali. Un’onda che si sta pericolosamente alimentando della complicità di settori rilevanti del mondo cattolico, non necessariamente le correnti più estremiste che oggi contestano Francesco. Ambienti che, nel nome della difesa di presunti “principi non negoziabili”, fanno un’accurata selezione di detti principi da difendere, proclamandosi difensori della vita nascente se si parla di leggi sulla libertà di scelta della donna, ma ignorando e respingendo come minaccia la vita del bambino denutrito che approda sulle coste italiane (che dovrà rimanere straniero anche dopo anni di vita e di socializzazione in Italia!) o dell’adulto che è scampato alla morte nella sua terra o in mare.

Questi “valori”, branditi come arma e non vissuti come testimonianza, cristallizzati in forme anonime e anodine e non incarnati nella vita quotidiana, diventano strumento al servizio delle correnti più radicali della politica, innervate di razzismo e nazionalismo, che sempre hanno cercato di legittimarsi ricorrendo al linguaggio e all’immaginario religiosi, ben lungi dall’essere reali portatrici delle istanze professate. Era così negli anni Trenta.

È vero, ci sono molti poveri autoctoni. Molti che non riescono a far quadrare i conti, a dare un domani ai propri figli, a fare progetti per il futuro. Ma la povertà relativa dei nostri ultimi non è paragonabile alla miseria assoluta dei dannati della Terra, quelle mamme che devono scegliere quale figlio far sopravvivere perché non c’è spazio per tutti, quei papà che devono abbandonare la famiglia per anni per cercare il più umile dei lavori concesso dagli europei. Lo ha ricordato papa Francesco, ai cristiani e ai laici, inaugurando il Giubileo della Misericordia nella Repubblica Centrafricana e non a Scampia o a Quarto Oggiaro, chiedendoci di riprendere possesso del senso della realtà e delle proporzioni.

Lo avevano ben capito i nostri poveri e poverissimi nonni, che nelle campagne, nonostante anni di privazioni e di sofferenze dovute alla guerra fascista, nell’ora più buia non esitarono a mettere a disposizione quel poco che avevano di fronte al dolore e alla miseria più grandi che bussavano alle loro porte nelle vesti dei perseguitati in cerca di salvezza. Loro sì che avevano il senso delle proporzioni.

Oggi, Cristo, dimenticato e svuotato dai cristiani d’Europa, è su quel gommone e, prima ancora, là da dove quel gommone è partito.

papa Francesco chiede perdono agli (impronunciabili) Rohingya

papa Francesco

“la presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya”

di Andrea Tornielli
in “La Stampa-Vatican Insider” del 1° dicembre 2017

È un incontro commovente, fatto di sguardi, di gesti e di lacrime, più che di parole. Un gruppo di profughi Rohingya sale sul palco alla fine dell’incontro interreligioso. Dopo la preghiera ecumenica presieduta dal vescovo anglicano , che si è inginocchiato davanti al Pontefice chiedendo di essere benedetto, i Rohingya si avvicinano. Sono sedici, 12 uomini, due donne e due bambine. Le due donne indossano il velo e portano anche il niqab sul volto, ma lo abbassano. Migliaia di persone presenti li accolgono con un applauso e dopo i primi saluti, quando Bergoglio parla brevemente a loro, le immagini e l’audio vengono tagliati. Sfilano uno ad uno a salutare il Papa, che ha deciso di intrattenersi con loro anche dopo la fine dell’evento pubblico. Francesco poggia la sua mano sul capo di alcuni di loro, ha ascoltato con il volto serio e partecipe i racconti e le loro richieste. Bergoglio aveva lanciato un forte appello pubblico in loro favore lo scorso agosto , ha parlato dei diritti delle minoranze alle autorità del Myanmar, ha chiesto ieri alla comunità internazionale di intervenire in questa emergenza umanitaria e infine ha reso visibile questa sua vicinanza e compartecipazione alle loro sofferenze. Il Papa ha detto loro: «Vi siamo vicini, la vostra situazione è molto dura. In nome di tutti quelli che vi hanno fatto del male, per l’indifferenza del mondo, chiedo perdono». «Cari fratelli e sorelle – ha aggiunto Bergoglio – tutti noi siamo creati a immagine di Dio, noi siamo tutti immagini del Dio vivente. La vostra religione insegna che all’inizio Dio ha preso un po’ di sale e l’ha buttato nell’acqua che è l’anima di tutti gli uomini, e ognuno di noi porta un po’ di questo sale. Questi fratelli e sorelle portano dentro il sale di Dio».

Alcuni Rohingya piangono.

«Cari fratelli e sorelli soltanto facciamo vedere al mondo che cosa fa l’egoismo del mondo con l’immagine di Dio. Continuiamo a fare del bene a loro, ad aiutarli, continuiamo a muoverci perché siano riconosciuti i loro diritti, non chiudiamo il cuore. Non guardiamo dall’altra parte. La presenza di Dio oggi anche si chiama Rohingya. Ognuno di noi dia la propria risposta». Francesco ha infine assicurato che farà «tutto ciò che posso per aiutarvi!».

G. Gutierrez: il vangelo è “ontologicamente” sovversivo

 se il Vangelo non scuote le coscienze non è colpa del messaggio contenuto ma dell’interpretazione

Il contenuto infatti è radicalmente incompatibile con le strutture che realizzano e mantengono l’ingiustizia. Solo la manipolazione può contribuire invece a stabilizzarle e garantirle. Il Vangelo è “ontologicamente” sovversivo: o Dio o mammona. Su questo non c’è compromesso né mediazione. Bisogna schierarsi, il Vangelo non tollera sistemi oppressivi. Sopravvive quietamente solo in comunità solidali. 

 Gustavo Gutierrez:

“…non si può dimenticare che la bibbia è stata letta e comunicata a partire dai settori e dalle classi dominanti (è ciò che capita con buona parte dell’esegesi considerata scientifica). Si è fatto svolgere all’elemento «cristiano» un certo ruolo all’interno dell’ideologia imperante che sostiene e dà coesione a una società divisa in classi […] Per questa ragione, la comunicazione del messaggio riletto dal punto di vista del povero e dell’oppresso, e capito a partire dalla solidarietà attiva con le loro lotte, avrà una funzione smascheratrice di ogni tentativo di utilizzare il Vangelo per giustificare una situazione contraria «alla giustizia e al diritto», come afferma la bibbia.”

(Gustavo Gutiérrez, La forza storica dei poveri, trad. C. Delpero, Queriniana, Brescia, 1979, p. 24)

pubblicato da altranarrazione

i nostri giovani sono attratti sempre di più dall’estrema destra

l’estrema destra avanza tra i giovani

(e non stiamo facendo abbastanza per impedirlo)

‘Azione studentesca’ è un movimento attivo fra gli studenti delle scuole superiori, che si sta facendo strada a forza di slogan che ricordano il ventennio. E qual è la risposta degli istituti?

 

Sulla loro pagina Facebook campeggia la scritta: «Tutto per la patria. Il futuro si conquista combattendo». Occorre «ribellarsi», dicono, e «difendere la Patria», dove oggi «imperano il multiculturalismo e la mescolanza» e dove assistiamo alla «invasione migratoria che alimenta il business dell’accoglienza, che ci espone ai rischi del terrorismo». Sembra di sentir parlare Matteo Salvini o CasaPound. E invece sono stralci del manifesto di Azione Studentesca, il movimento dichiaratamente di destra attivo tra gli studenti delle scuole superiori che negli ultimi mesi che, come dice a Linkiesta il suo coordinatore nazionale Anthony La Mantia, «è cresciuto a livelli esponenziali».

Solo nell’ultimo mese Azione Studentesca è sbarcata a Modena, Montecatini, Arezzo, Lecce, Rovigo, Cassino. E poi manifestazioni e volantinaggio in ogni parte d’Italia, dalla Sicilia alla Lombardia, passando per Puglia, Lazio e Campania. Ma il risultato più eclatante, ottenuto in questi giorni, è arrivato nella roccaforte del Pd, a Firenze. Dopo i casi di Pistoia e Prato, infatti, anche nella città gigliata le elezioni della Consulta provinciale degli studenti sono state un trionfo della destra. I numeri parlano chiaro: 18mila voti ottenuti e 32 eletti su 58, con la presidenza finita appunto a un ragazzo di Azione Studentesca. «La nostra forza è il programma», dice La Mantia, che ci tiene a riconoscere come il movimento sia indipendente da partiti e forze politiche, «anche se collaboriamo attivamente in diverse realtà con Gioventù Nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia».

Insomma, a suon di slogan che ricordano il ventennio, tanti studenti non ancora maggiorenni o appena sbarcati nella maggiore età virano verso la destra nazionalista e identitaria. Il responsabile fiorentino di Azione Studentesca, Dario Bordoni, lo dice senza giri di parole: «Il fascismo? Noi la vediamo come un’esperienza da non rinnegare». Fa niente se la nostra Costituzione, che pur si dovrebbe studiare a scuola, si fondi su principi antifascisti. Ma la lettura di La Mantia è lucida anche su quest’aspetto: «Riconosco che la componente identitaria ha giocato un ruolo importante. Prendiamo Firenze: in una città fondamentalmente di sinistra, essere di destra oggi è un’alternativa, un’alternativa valida». Una visione, questa, che coincide con quella del vicepresidente di CasaPound, Simone Di Stefano: «C’è un cambiamento in atto – dice a Linkiesta – La sinistra rappresenta il potere costituito: si è schiacciata sul pensiero unico che è quello che vige nella comunicazione del globalismo. E i giovani vanno dall’altra direzione». D’altronde, continua Di Stefano, «se le battaglie all’interno delle scuole devono essere per i bagni per i transessuali, dall’altra parte c’è più concretezza quando si riesce a parlare di valori, di lavoro, di patria».  

 

«Credo che il problema di fondo – dice interpellata sul punto da Linkiesta – sia quello di far conoscere ai giovani la nostra storia nazionale affinché comprendano che il nostro oggi poggia sulle spalle di altri giovani come loro che non avevano nessun diritto, che furono mandati in una guerra terribile e feroce ma che seppero conquistare ogni giorno, con la lotta della Resistenza, un mondo diverso».

Carla Nespolo

Che qualcosa sia venuto meno è riconosciuto anche da Alice Da Boit, rappresentante della Rete degli Studenti Medi, organizzazione studentesca di sinistra, che sarà vicepresidente della Consulta fiorentina. «Quanto accaduto qui – dice – non è una cosa da poco. È il segno di un cambiamento, dovuto a due ragioni: da una parte gli slogan populisti della destra che colpiscono alla pancia, dall’altra il disinteressamento da parte degli studenti per la vita politica studentesca». Di chi la colpa? Una lucida risposta arriva dalla neopresidente Anpi, Carla Nespolo: «Credo che il problema di fondo – dice interpellata sul punto da Linkiesta – sia quello di far conoscere ai giovani la nostra storia nazionale affinché comprendano che il nostro oggi poggia sulle spalle di altri giovani come loro che non avevano nessun diritto, che furono mandati in una guerra terribile e feroce ma che seppero conquistare ogni giorno, con la lotta della Resistenza, un mondo diverso».

Valori e ideali, forse, andati perduti. Perché, sottolineano ancora dalla Rete degli Studenti Medi, la vittoria di Azione Studentesca non nasce dal nulla. Nonostante La Mantia sottolinei che «noi non siamo razzisti», nell’ultimo periodo negli istituti fiorentini ci sono stati casi di ragazzi senegalesi pesantemente insultati per il colore della pelle, mentre una ragazza omosessuale è stata costretta a cambiare scuola per le violente accuse e minacce che le venivano rivolte. E i dirigenti in tutto questo? «La ragazza in questione – ci spiega Alice – era andata anche a parlare con la preside, ma poi la questione è morta lì». Non è un caso che la stessa Nespolo sottolinei come «molto resta da fare, sul piano politico e civile. Per il lavoro, l’ambiente, la salute e soprattutto per la pace. Ma partiamo da quello che i partigiani hanno conquistato per noi. Per proporre ai giovani e prima di tutto agli studenti questo ragionamento: in questo occorre un ruolo attivo della scuola, ma anche dell’informazione, della famiglia e di ogni forma di associazionismo».

Progetti importanti. Ma che per ora si scontrano con l’avanzata esponenziale di Azione Studentesca che rispediscono al mittente ogni tipo di accusa, convinti che si debba cambiare modo di intendere la società attuale e la storia passata. Ragazzi e ragazze che il 25 aprile, dicono, preferiscono andare al cimitero di Trespiano a commemorare i repubblichini di Salò. Per poi pubblicare video e foto della loro iniziativa sui social. E poi slogan e striscioni con tanto di font littoriano. E citazioni. «Tra mille infamie e mille tradimenti, passi sicuri, passi pesanti e lenti», si legge in un post. Così recitava l’inno di Terza Posizione, la formazione eversiva di destra attiva negli anni di piombo.

Nonostante La Mantia sottolinei che «noi non siamo razzisti», nell’ultimo periodo negli istituti fiorentini ci sono stati casi di ragazzi senegalesi pesantemente insultati per il colore della pelle, mentre una ragazza omosessuale è stata costretta a cambiare scuola per le violente accuse e minacce che le venivano rivolte.

image_pdfimage_print

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi