i ‘senza casa’ di Palermo scrivono al papa dopo il no del cardinale

rosellina

 

L’ARCIVESCOVO DI PALERMO NEGA GLI IMMOBILI DELLA CURIA AI SENZA CASA.

E LORO SCRIVONO AL PAPA

 «Gli immobili chiusi e non utilizzati della Curia di Palermo sono molti, noi vorremmo utilizzarli, recuperandoli con la nostra stessa opera per poi restituirli alla Chiesa nel momento in cui risaliremo la china della miseria in cui adesso ci troviamo». Scrivono così, in una lettera del 3 novembre, 16 famiglie palermitane sgomberate qualche giorno prima da via Calvi, dove avevano occupato, ma anche risistemato, un edificio. E scrivono direttamente al papa, dopo tre giorni e tre notti passati all’addiaccio davanti Palazzo delle Aquile, sede del Comune, perché l’arcivescovo card. Paolo Romeo non è venuto loro incontro: le giovani coppie avevano occupato uno stabile di proprietà della Curia, in piazza Verdi, disabitato da oltre 15 anni, senza luce e senza acqua, chiedendo al cardinale di poterlo utilizzare, regolarizzando la loro situazione con affitti simbolici fino ad eventuale altra sistemazione e rendendolo abitabile per usi futuri.

«Secondo Tony Pellicane, leader del Movimento dei Senzacasa – si legge sul quotidiano online BlogSicilia il 6/11 – Paolo Romeo, avrebbe chiuso al dialogo intimando di sgomberare pacificamente gli alloggi per evitare di creare ulteriori situazioni poco piacevoli». Dalla Curia solo silenzio, non esiste alcun comunicato ufficiale, ma il diniego sarebbe riconducibile, seguita il servizio di cronaca, ad un non meglio precisato «contenzioso tra la Curia, proprietaria dell’immobile e il precedente affittuario, la Idi Informatica».

I firmatari, che si dichiarano «operai disoccupati», riprendono quanto detto dal papa in visita al centro Astalli per i rifugiati il 10 settembre scorso (a «cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo»): «Il patrimonio immobiliare della Chiesa», scrivono, è innanzitutto «stato donato per i poveri e noi vorremmo che non si sprecasse, ma venisse utilizzato e valorizzato per tutti coloro che, come noi, stanno vivendo un momento di grande disagio e di sofferenze». «Non vogliamo elemosine», sottolineano nella lettera, «non tendiamo la mano per carpire la vostra pietà, ma chiediamo che ci venga restituita la nostra dignità di uomini e donne, di padri e madri che hanno voglia di lottare e di lavorare per mantenere i propri figli». «Aprite le porte dei vostri palazzi abbandonati all’incuria – è la frase finale – e noi ve li restituiremo efficienti e abitabili per le povere famiglie come noi!». 

(da: Adista)



papa Francesco: il nuovo eroe dei progressisti e degli atei?

 

 

papa Franc

papa Francesco sembra ilnuovo eroe delle sinistra, e anche degli atei, in America come anche da noi:”E’ il nome più cliccato su internet nel 2013, prima di “Obamacare” e “NSA”. E l’account Twitter di Francesco, @Pontifex, è al quarto posto. In Italia, Francesco è perfino diventato il nome quasi più diffuso per i neonati. Roma registra un’impennata nel numero dei turisti ed è aumentata anche la frequentazione delle chiese – entrambi i fenomeni sono attribuiti all’ “effetto Francesco” “

così un bell’articolo di J. Freedland e così anche una entusiasta ‘confessione’-esternazione di R. Armeni: “Dovete capirci, noi di sinistra, se ci piace Papa Francesco. Non fate del sarcasmo, non diteci con ironica condiscendenza: «E che? Ora sei diventato cattolico» quando diamo segnali di soddisfazione per le parole del Pontefice. Dovete capirci, davvero”

qui di seguito i due contributi significativi di una radicale novità culturale :

Perché perfino gli atei starebbero già pregando per papa Francesco

di Jonathan Freedland
in “www.theguardian.com” del 15 novembre 2013

Alla parete, quel poster di Obama che promette pace e cambiamento appare oggi alquanto sbiadito. Le delusioni, sia per la guerra con i droni sia per il lancio pasticciato della legge sull’assistenza sanitaria, hanno fatto sì che i liberal e i progressisti nel mondo siano alla ricerca di una nuova “immagine da copertina” che possa prendere il posto del presidente USA. Se è così, il candidato non può che essere lui: il capo di un organismo che quegli stessi liberal e progressisti hanno a lungo considerato sessista, omofobico e, a causa di una serie di scandali di abusi su minori, spaventosamente crudele. L’ovvio, prevedibile nuovo eroe della sinistra è il papa. In carica solo da marzo, papa Francesco è già diventato un fenomeno. È il nome più cliccato su internet nel 2013, prima di “Obamacare” e “NSA”. E l’account Twitter di Francesco, @Pontifex, è al quarto posto. In Italia, Francesco è perfino diventato il nome quasi più diffuso per i neonati. Roma registra un’impennata nel numero dei turisti ed è aumentata anche la frequentazione delle chiese – entrambi i fenomeni sono attribuiti all’ “effetto Francesco”. La sua popolarità non è difficile da capire. I racconti della sua personale modestia sono quasi diventati leggenda. Porta personalmente la sua borsa. Rifiuta la magnificenza del palazzo papale, preferendo vivere in un semplice ostello. Quando gli hanno presentato le tradizionali scarpe rosse da pontefice, le ha rifiutate e ha invece telefonato al suo ottantunenne ciabattino di Buenos Aires chiedendogli di riparare le sue vecchie scarpe. Giovedì Francesco ha fatto visita al Presidente della Repubblica italiana – arrivando su una Ford Focus blu – senza alcuno strombazzare di sirene. Alcuni sottovaluteranno questi atti considerandoli meri gesti esteriori, se non addirittura espedienti pubblicitari. Ma sono atti che comunicano un messaggio potente, un messaggio di un egualitarismo quasi elementare. Il suo impegno consiste nel togliere i segni esteriori, l’edificio della ricchezza vaticana cresciuto nei secoli, e nel riportare la chiesa al suo obiettivo centrale, una chiesa che Gesù stesso potrebbe riconoscere. Dice di voler presiedere “una chiesa povera, per i poveri”. Non è l’istituzione che conta, ma la sua missione. Tutto questo potrebbe scaldare i cuori perfino degli atei più fervidi, a parte il fatto che Francesco è andato molto più in là. Sembra voler fare qualcosa di più che soltanto esprimere sollecitudine e tenerezza per i deboli. Sta sfidando il sistema che li ha resi deboli e li mantiene tali. “I miei pensieri vanno a coloro che sono senza lavoro, spesso a causa di una mentalità autoreferenziale rivolta al profitto ad ogni costo” ha twittato in maggio. Il giorno prima denunciava come “lavoro da schiavi” le condizioni a cui erano sottoposti i lavoratori del Bangladesh uccisi nel crollo di un edificio. In settembre ha detto che Dio vuole che siano gli uomini e le donne al cuore del mondo, mentre invece viviamo in un ordine economico globale che adora “un idolo chiamato denaro”. È innegabile la radicalità del suo messaggio, un attacco frontale e intenso a quello che chiama “capitalismo sfrenato”, con la sua cultura dello scarto riferita al cibo sprecato o alle persone anziane trascurate. I suoi nemici non hanno certo mancato di notarlo. Se una persona dev’essere giudicata dai suoi avversari, notate che questa settimana Sarah Palin lo ha denunciato come una “sorta di liberal”, mentre l’Institute of Economic Affairs favorevole al libero mercato si è lamentato che a questo papa manchi l’approccio “raffinato” del suo predecessore in tali materie. Nel frattempo, un pubblico ministero italiano ha avvertito che la campagna di Francesco contro la corruzione potrebbe metterlo nel mirino della seconda più potente istituzione del paese, cioè la mafia. Come se questo non bastasse perché il volto del settantaseienne Francesco comparisse sulle pareti delle stanze degli studenti in tutto il mondo, il papa sembra destinato a guidare una campagna della chiesa a favore dell’ambiente. Questa settimana è stato fotografato con degli attivisti anti-fracking, mentre il suo biografo, Paul Vallely, ha rivelato che il papa ha preso contatto con Leonardo Boff, un eco-teologo precedentemente ricusato da Roma e condannato ad un “silenzio rispettoso” dalla
Congregazione un tempo conosciuta come “Inquisizione”. Sembra che sia in arrivo un’enciclica sulla salvaguardia del pianeta. Molti a sinistra diranno che tutto ciò è molto gradito, ma inutile, finché il papa non mette ordine in casa propria. Ma anche qui vi sono segnali incoraggianti. Anzi, per essere più precisi, stupefacenti. Recentemente Francesco ha detto ad un intervistatore che la Chiesa era in un certo senso “ossessionata” da problemi come aborto, matrimonio gay e contraccezione. Non voleva che la gerarchia cattolica continuasse a preoccuparsi di “piccoli precetti”. Parlando ai giornalisti durante un volo – una circostanza già di per sé degna di nota – disse: “Se una persona è gay e cerca Dio e ha buona volontà, chi sono io per giudicare?”. La sua mossa più recente è l’invio di un questionario ai cattolici di tutto il mondo per conoscere il loro atteggiamento su quei controversi problemi nella vita moderna. Dovrebbe rivelare un gregge le cui pratiche sono, potremmo dire, in contrasto con l’insegnamento cattolico. In politica si direbbe che Francesco sta preparando il terreno per una riforma. Lo testimonia la sua reazione ad una lettera – inviata a “Sua Santità Francesco, Città del Vaticano” – da una donna single, messa incinta da un uomo sposato che da allora l’ha abbandonata. Con suo grande stupore, il papa le ha telefonato e le ha detto che se, come lei temeva, dei preti si fossero rifiutati di battezzare suo figlio, avrebbe presieduto lui la cerimonia. (Telefonare alle persone che gli scrivono è un’abitudine di Francesco). Confrontate questo con l’atteggiamento cattolico di un tempo nei confronti di queste “peccatrici”, così potentemente drammatizzato nell’attuale film Philomena. Francesco sostituisce la brutalità con l’empatia. Evidentemente, non è perfetto. La sua testimonianza in Argentina durante l’era della dittatura e della “sporca guerra” non è del tutto chiara. “I suoi inizi furono quelli di un personaggio severamente autoritario, reazionario”, dice Vallely. Ma, all’età di cinquant’anni, Francesco attraversò una crisi spirituale dalla quale, afferma il suo biografo, emerse completamente trasformato. Abbandonò i segni esteriori della sua alta funzione ecclesiale, andò nelle favelas e si sporcò le mani. Ora all’interno del Vaticano affronta una sfida diversa – per fronteggiare i conservatori della curia e fissare le sue riforme, in modo che non vengano annullate quando lui non ci sarà più. Data la scaltrezza di quei cortigiani, si tratta di un compito non da poco: avrà bisogno di tutto il sostegno che può ottenere. Qualcuno dirà che le persone di sinistra e i liberal di tutto il mondo non dovrebbero desiderare una “immagine di copertina”, che il desiderio è infantile e rischia di portare ad una delusione. Ma si tratta di un bisogno molto umano e non limitato alla sinistra: pensate ai poster di Reagan e Thatcher che metaforicamente ancora ornano le pareti dei conservatori dopo ben trent’anni. È vero che il papa non ha esercito, né battaglioni, né divisioni, ma ha un pulpito – e proprio ora lo sta usando per essere la voce più forte e più chiara del mondo contro lo status quo. Non è necessario essere credenti per credere a questo.

nidiata

 

Sì questo papa ci piace

di Ritanna Armeni

in “Rocca” del 1 novembre 2013

 

Dovete capirci, noi di sinistra, se ci piace Papa Francesco. Non fate del sarcasmo, non diteci con ironica condiscendenza: «E che? Ora sei diventato cattolico» quando diamo segnali di soddisfazione per le parole del Pontefice. Dovete capirci, davvero. Ricordate quando Francesco è stato eletto? Era il 13 marzo di quest’anno, in Italia c’erano appena state le elezioni politiche e, mentre la sinistra dava una delle peggiori prove di incertezza e inettitudine, la chiesa, che aveva avuto lo choc delle dimissioni di Benedetto XVI, in quattro e quattr’otto ha eletto un Papa che veniva dalla «fine del mondo». Sapete, malgrado tanti anni in cui anche noi siamo stati invischiati nel pantano delle decisioni lente e burocratiche della gestione del governo e dello stato, un po’ di sano gusto per l’efficienza ci è rimasto. E quella elezione rapida da parte di una istituzione che era in crisi ci è piaciuta. Sapete anche che abbiamo un passato terzomondista e quel capo della chiesa che veniva dalla «fine del mondo» rinverdiva molti vecchi sogni, ci faceva sperare in una nuova linfa vitale per la vecchia Europa cristiana. Ma queste sono state le prime reazioni, positive, ma limitate e, se volete, superficiali. Poi c’è stato il seguito. Da tanto tempo noi di sinistra, non abbiamo un padre o una madre. Qualcuno che ci dica con chiarezza e, magari anche con qualche eccesso di semplificazione: questo è bene, questo è male, questo si fa, questo non si fa. Presto probabilmente capo della sinistra diventerà Matteo Renzi che – ammetterete – della figura paterna ha ben poco. Al massimo somiglia a quegli amici dei nostri fratelli minori, furbi e bricconcelli ai quali a nessuno di noi sarebbe venuto in testa di chiedere consiglio sulle grandi domande della vita. Di una certa autorevolezza sentiamo disperatamente bisogno. Di qualcuno che dica, per esempio, «vergogna» di fronte alle morti nel Mediterraneo. Per anni in molti – e non solo di sinistra – ricevevamo un pugno allo stomaco alla notizia di quei barconi affondati, di quelle morti innocenti, ma si doveva stare attenti a non dimostrarlo troppo altrimenti nel migliore dei casi si era accusati di «buonismo» (ritenuto evidentemente di caratura morale inferiore al «cattivismo») e quindi di ignoranza delle cose del mondo, di incompetenza sui flussi, sulle leggi, sulle statistiche sulle compatibilità, sui pericoli per l’identità del paese ecc. ecc. Ci dovete capire. Quando il Papa, dopo aver abbracciato un disoccupato e un cassintegrato, dice «Signore Gesù dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro» abbiamo un sussulto, quasi un momento di commozione. Davvero. La parola «lotta» l’avevamo dimenticata, avevamo dimenticato che potesse avere un suono elevato, nobile. In tanti l’hanno calpestata in questi anni, disprezzandola come primitiva o usandola male, strumentalizzandola ai loro fini. Francesco invoca Gesù perché sa che non si può avere un lavoro se qualcuno non ci insegna anche come lottare per averlo. Ogni insegnamento, ogni regola, ogni priorità sono andate evidentemente perdute. I sindacati, è chiaro, hanno bisogno anche loro di qualche ripetizione. Come tanti di noi anche il Papa pensa che si deve cominciare proprio tutto daccapo. E allora, per favore, comprendeteci. Comprendete chi per anni a sinistra, quando andava bene, ha sentito parlare di disagio sociale, di crisi che ridimensiona i redditi e di soluzioni che alla fine buttavano sempre ad aumentare quel disagio sociale e a ridimensionare i redditi di chi aveva già poco. Poi abbiamo sentito un Pontefice che vuole mettere al primo posto gli ultimi. Fino ad allora nel dibattito pubblico erano apparsi lontani, lontanissimi, invisibili. Le reazioni, infatti sono state di meraviglia e stupore. Le sue parole sono suonate scandalose. Ma quello scandalo a noi è sembrato benefico. Qualcuno finalmente squarciava un velo. E poi di questo Papa ci è piaciuto anche qualcosa di meno nobile, ma di molto utile. Una sorta di furbizia, qualcuno dice da parroco di campagna, che gli ha fatto intuire immediatamente l’odio crescente nei confronti del privilegio. Il Pontefice che porta la sua borsa da viaggio, il Papa che telefona agli amici, il successore di Pietro che paga il conto in albergo, il capo della chiesa che non abita negli appartamenti vaticani, ma nel convento di Santa Marta. Non siamo così ingenui da pensare a gesti che non siano ponderati e inviati come messaggi, ma ci siamo chiesti perché tanti politici, anche di sinistra, non hanno sentito il bisogno di mandare messaggi analoghi. Per furbizia, magari, se non per convinzione. Ma quella furbizia avrebbe indicato una sintonia e un rispetto, un senso dell’opportunità che ai nostri antichi padri e antiche madri non mancava. Ma la dottrina, direte, la dottrina? Quando questo Papa parlerà di matrimonio gay, di aborto, divorzio, allora voi di sinistra che direte? Sarete ancora così entusiasti, così «papisti»? Probabilmente no. Probabilmente avremo molto da dire, da contestare, da criticare. Per il momento abbiamo provato una certa consolazione quando il Papa ha parlato degli omosessuali come «feriti sociali» e ha detto che la chiesa è la casa di tutti, anche e soprattutto, degli irregolari. E quando abbiamo constatato che dopo anni di affermazione di valori «non negoziabili» questo Pontefice ci ha detto: «L’opinione della chiesa su questi temi è nota e non c’è bisogno di parlarne sempre». Per il momento ci basta. E anche qui dovete capire: non ne potevamo più di quella perdita di buon senso a cui sempre più spesso portano le discussioni di dottrina. Non è inevitabile che sia così, ma così finora è stato. E allora per il momento attendiamo e pensiamo che non sarebbe male cominciare a discuterne prima di litigare con la chiesa. E chissà perché ci viene da pensare che, quando ne discuteremo con chi segue «la nota dottrina», troveremo orecchie più attente, una testa più aperta, e gli steccati, anche quelli dei laici, potranno essere più fragili. Sì, questo Papa ci piace. E chi alla chiesa ha sempre creduto dovrebbe essere contento della possibilità di una nuova fratellanza che si fonda su una fiducia reciproca. Di recente il mio amico Fausto Bertinotti, anche lui «papista» convinto, mi ha passato un numero del 2007 della rivista 30 giorni diretta da Giulio Andreotti. Contiene una stupenda intervista a Papa Francesco allora cardinale di Buenos Aires. Ne consiglio la lettura. Nell’intervista, nella quale con assoluta coerenza c’è già tutto Francesco, il Papa parla fra l’altro della necessità di «uscire dal recinto dell’orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è Dio». «Questo vale anche per i laici?», chiede l’intervistatrice Stefania Falasca. E il cardinale Bergoglio risponde: «La loro clericalizzazione è un problema. I preti clericalizzano i laici e i laici ci pregano di essere clericalizzati… È proprio una complicità peccatrice». E prosegue: «E pensare che potrebbe bastare il solo battesimo. Penso a quelle comunità cristiane in Giappone che erano rimaste senza preti per più di duecento anni. Quando tornarono i missionari li trovarono tutti battezzati, tutti validamente sposati per la chiesa, i loro defunti avevano avuto un funerale cattolico. La fede era rimasta intatta per i doni di grazia che avevano allietato la vita di questi laici che avevano ricevuto solo il battesimo e avevano vissuto la loro missione apostolica in virtù del loro battesimo. Non si deve aver paura di dipendere solo dalla Sua tenerezza». Adesso è chiaro perché ci dovete capire? Perché molti di noi di sinistra sono quelli che Karl Rahner definiva «cristiani anonimi», siamo fuori dal perimetro della chiesa, però ne possiamo condividere idee e convinzioni. E questo – rassicuratevi – sempre per dirla con Rahner «non rende superfluo il cristianesimo esplicito, anzi lo reclama per la sua stessa essenza e per la sua specifica dinamica». Allora tranquilli. Niente di male se il Papa piace a sinistra. Se piace ai laici, ai non credenti, agli atei e ai miscredenti. Abbiate un po’ di comprensione. Anche noi abbiamo bisogno di un padre che abbia fiducia in noi. Che poi sia santo, questo lo ammetto, è fatto che vi riguarda quasi esclusivamente.




l’attenzione di papa Francesco per l’ecologia

L’ecologia al centro della prossima enciclica di Francesco

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Solanas con papa Bergoglio
Solanas con papa Francesco

Il Papa ha chiesto a un gruppo di esperti di lavorare a un testo sulla difesa dell’ambiente, tema che occuperà una parte importante della seconda enciclica del suo Pontificato

 

La prossima lettera enciclica di Francesco non si occuperà soltanto del tema della povertà, ma nel testo ci sarà spazio anche per un forte messaggio in difesa dell’ambiente.  Nonostante il progetto stia muovendo i primi passi e la sua pubblicazione non sia imminente, il Papa ha già chiesto a un gruppo di esperti di redigere il suo messaggio ecologico.

Negli ultimi giorni, Jorge Mario Bergoglio ha rivelato questa iniziativa a tre diverse personalità. In primis, al suo amico Gustavo Vera, deputato argentino e attivista nella lotta contro il traffico di persone. Ha condiviso con lui il pranzo nella residenza vaticana di Santa Marta la scorsa domenica 3 novembre.

Del tema ha anche parlato con la presidentessa del Costa Rica, Laura Chinchilla, durante l’udienza privata dello scorso 8 novembre. «Non mi stupirei se questo tema occupasse uno spazio importante nella prossima enciclica», ha detto la Chinchilla in un incontro con i giornalisti.

Il Pontefice è stato anche più esplicito durante il suo incontro con il senatore argentino Pino Solanas, che è stato ricevuto lunedì 10 novembre in un’altra udienza privata a Santa Marta. L’incontro si è svolto per quasi un’ora e il rappresentante del movimento politico “Proyecto Sur” ha affrontato con Francesco il tema dell’impunità con la quale l’uomo rovina la natura.

«Il Pontefice si è mostrato molto sensibile: mi ha detto che stava preparando un’enciclica su questo tema. Un argomento impegnativo: non a caso ha creato un gruppo di lavoro che lo aiuterà redigerla. Ecco perché le sue dicharazioni su tema si stanno diradando sebbene a settembre avesse paralto dei pericoli derivanti dallo sfruttamento eccessivo delle miniere», ha dichiarato Solanas a Vatican Insider.

Il senatore ha ricordato di aver parlato di ecologia con Papa Francesco in un’altra occasione, a giugno, quando gli aveva inviato una lettera con un rapporto allegato.

In quell’occasione Solanas aveva chiesto il supporto del Pontefice nel tentativo di definire i reati ambientali e per lanciare (in futuro) la proposta del Tribunale Internazionale Penale. Un organismo chiamato a giudicare i reati ecologici, veri e propri crimini contro l’umanità, perché a pagare le conseguenze di quei reati sono intere popolazioni. Il senatore aveva anche denunciato che tutto questo accade quasi sempre con la complicità dei governi, perché non c’è alcun controllo pubblico.

«Francesco è interessato sopratutto al tema dell’acqua. Mi ha detto: non ci sarà da stupirsi se la prossima guerra sarà proprio a causa diessa. E ha anche ricordato, da questo punto di vidta, la disastrosa situazione dell’Africa. L’ho visto molto preoccupato perchè assecondando solo la logica del profitto tutto viene raso al suolo», ha affermato.

Solanas ha ribadito che la difesa dell’ambiente rappresenta un costo molto elevato che le grosse multinazionali non sono disposte a pagare, ed è per questo che nessuna delle imprese lavora con polizze assicurative ambientali, nonostante i “paletti” legislativi

Il Papa, secondo il senatore argentino, sarà un alleato importante nella campagna di sensibilizazione sui pericoli ai quali è esposto l’ambiente. Non per niente alcuni sondaggi importanti compiuti in America Latina e in Europa collocano Francesco tra i quattro personaggi più influenti del mondo.

Andrés Beltramo Álvarez

Città del Vaticano




commento di p. Maggi al vangelo della domenica

p. Maggi

 

XXXIII domenica del tempo ordinario

17 novembre  2013

CON LA VOSTRA PERSEVERANZA SALVERETE LA VOSTRA VITA

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi
Lc 21,5-19

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

La liturgia di questa domenica ci presenta che vuole essere di grande incoraggiamento per le comunità cristiane che sono sottoposte a degli attacchi esterni da parte della religione, dei governanti, ma anche interni da parte dei propri familiari. Allora le parole di Gesù non vogliono mettere paura, ma  toglierla, non vogliono scoraggiare i credenti, ma incoraggiarli.
Il brano prende l’avvio dall’ammirazione che i discepoli, che ancora non hanno capito la novità portata da Gesù, hanno del tempio. L’evangelista scrive: Mentre alcuni, si riferisce ai discepoli, parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi. Ebbene Gesù aveva dichiarato il tempio una spelonca di ladri un tempio dove Dio era diventato una sanguisuga, che anziché comunicare la vita ai suoi fedeli gliela toglieva, come nell’episodio che precede questo brano, quello della vedova, che poverina si dissanguava per mantenere in vita il Dio che la sfruttava.
Dio, nell’Antico Testamento, nella Legge, aveva previsto che con i proventi del tempio bisognasse mantenere proprio le categorie più deboli, rappresentate dalla vedova. Ebbene l’istituzione religiosa aveva deturpato il volto di Dio e non solo con i proventi del tempio non si mantenevano le vedove, ma erano le vedove, quindi la parte più debole della società, che dovevano dissanguarsi per mantenere in vita questo Dio vampiro.
Gesù non tollera tutto questo e allora all’ammirazione dei discepoli Gesù risponde: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”.
Questo è il primo dei grandi cambiamenti che avverrà nella storia. Ogni istituzione religiosa e civile che si oppone al bene dell’uomo, che sfrutta l’uomo, che umilia l’uomo, Gesù ci assicura – ed è questa la grande speranza, la grande certezza dei credenti – cadrà, anche se sembra una cosa impossibile, come il tempio di Gerusalemme, una delle meraviglie del mondo, uno splendore come ammirano questi discepoli, tutto cadrà.
Non c’è sistema di potere economico, politico, religioso che sfrutti l’uomo, lo schiacci, lo umili e non vedrà la fine. E Gesù quindi ha parole di incoraggiamento verso i suoi, verso la comunità cristiana, avvertendo però che tutto questo non sarà indolore, perché questa società si rivolterà contro i discepoli di Gesù che annunziano un mondo nuovo.
Gesù, e qui delude i suoi discepoli, non è venuto a restaurare il defunto regno di Israele, con la sua idea di grandezza, ma è venuto ad inaugurare il Regno di Dio, una nuova società alternativa e i principali nemici di questo regno saranno quei tre pilastri sacri di ogni società, pilastri che si reggono su valori considerati talmente sacri per la difesa dei quali si può dare la propria vita o si può togliere la vita all’altro, e sono Dio, Patria e Famiglia; sistemi di potere basati sull’obbedienza.
A Dio l’obbedienza del credente, attraverso i rappresentanti religiosi, il cittadino che deve obbedienza ai governatori e la famiglia dove la moglie deve obbedire al marito e il figlio al padre.
Ebbene saranno proprio questi tre ambiti che si rivolteranno contro Gesù e contro i suoi discepoli perché Gesù ha presentato un Dio diverso, un Dio che non comanda, ma che serve, un Dio soprattutto che non chiede obbedienza, ma somiglianza al suo amore.
Allora questi tre ambiti dominati dal potere e dall’obbedienza si rivolteranno contro i discepoli di Gesù che, con il loro annunzio di una società diversa, un modello di vita completamente differente, metteranno in crisi proprio le basi, le radici di questa società autoritaria. Ecco perché Gesù dice che “saranno portati di fronte alle sinagoghe, di fronte ai governanti, ma addirittura all’interno della famiglia ci sarà un odio mortale che farà sì che tra congiunti, appartenenti alla stessa famiglia, ci si ammazzerà”.
Perché? Perché l’adesione a Gesù verrà considerata un crimine talmente grave da annullare perfino i legami di sangue. Ma Gesù assicura: “Nonostante queste sofferenze, nonostante queste inevitabili tribolazioni, persecuzioni, siete i vincitori.” E conclude: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.
E Gesù assicura che neanche un capello, la parte più piccola della persona, andrà perduto.
Quindi chi collabora al messaggio di Gesù, all’inaugurazione del Regno di Dio, è già vincitore contro queste forze che sembrano preponderanti, contro queste forze che schiacciano, questi poteri che sembrano indistruttibili, Gesù ci assicura: “Lavorate per il Regno e uno dopo l’altro, cominciando dal tempio di Gerusalemme, tutte queste istituzioni si dissolveranno nel nulla”.
Il brano dell’evangelista continua poi con il versetto 28 in cui conferma che è un’immagine di speranza, di salvezza e non di paura. Gesù annunzia: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina”. Quindi non catastrofi che mettono paura al gruppo di discepoli, ma l’annunzio di una grande verità: tutto quello che domina, che opprime e umilia l’uomo, man mano nella storia cadrà.
Questo comporterà inevitabili sofferenze ai componenti della comunità cristiana, ma questo non li deve scoraggiare perché sono già i vincitori.




lo stereotipo ‘gli zingari rubano i bambini’ duro a morire

rapitrice

 

ci risiamo: ancora articoli strillati sulla classica zingara o nomade o rom che rapisce il bambino e fugge: così ieri il Messaggero intitolava e strillava:

Rapisce un neonato davanti alla madre

nomade arrestata a Ponte Mammolo

 

Chissà cosa si prova a essere strappati violentemente dallo sguardo della propria madre , a perdersi nel vuoto di un abbraccio di una sconosciuta che ti prende per una gamba, ti solleva, ti scuote stringendoti con violenza e corre verso l’ignoto di un’altra vita. Chissà quale traccia, profonda e dolorosa, rimarrà nella memoria di Marco (il nome è di fantasia), un neonato di 8 mesi che lunedì è riuscito a fuggire a un sequestro da parte di una nomade nel cuore delle viscere rumorose della metropolitana di Roma.
Stazione della linea B di Ponte Mammolo, estrema periferia della capitale: c’è una mamma che sta cullando il suo bambino. È appena scesa da un vagone della metropolitana, deve correre al capolinea dei pullman Cotral. Deve tornare a casa, in famiglia, affrontare un lungo viaggio verso Vicovaro. Lo ha già fatto tante volte, conosce a memoria quella stazione frequentata ogni giorno da migliaia di pendolari. Sa bene che troverà una panchina nella sala d’attesa dove può riposarsi, dove può cullare Marco prima di mettersi in viaggio. La mamma premurosa decide di cambiare il neonato. Ha una borsa con tutto l’occorrente, lo ha già fatto altre volte. Stende una copertina sulla panchina, intanto fuori piove e fa freddo. Deve sbrigarsi e inizia a cambiare amorevolmente Marco che sorride alla mamma, incrociando il suo sguardo si sente al sicuro.

LA VIOLENZA

All’improvviso un’ombra sovrasta il volto della mamma, un braccio afferra Marco per una gambetta, lo trascinava via velocemente dalla panchina, lo solleva e poi la corsa verso l’uscita. Mamma grida, chiede aiuto, Marco è ormai in braccio a una donna, una nomade di 25 anni, bulgara, che in pochi secondi è riuscita a portare via il neonato e si sta dirigendo verso l’uscita. In mezzo a tanti volti e sguardi, ci sono anche quelli di due ragazzine di 16 anni. Sono del vicino e difficile quartiere di San Basilio, trascorrono i pomeriggi in stazione insieme alla comitiva, vivendo quei cunicoli desolati animati da una pizzeria come un piccolo centro commerciale dove svagarsi. Le ragazzine assistono al sequestro, non ci pensano un secondo e corrono all’inseguimento della nomade. Riescono a bloccarla, a riprendere il bimbo e urlano, chiedono aiuto.

L’ARRESTO

Le guardie giurate dell’Italpol che stazionano nel box informazioni dell’Atac si precipitano verso le ragazzine e bloccano la nomade. «La mattina l’avevamo vista infastidire una signora con un passeggino e le avevamo chiesto di allontanarsi – raccontano gli agenti – poi abbiamo sentito le grida, siamo corsi e abbiamo subito bloccato la nomade». Gli addetti dell’Atac hanno prestato i primi soccorsi alla mamma, hanno cercato di tranquillizzarla: spaventata, sotto choc, la donna, italiana, trentenne, ha avuto bisogno delle cure del 118. «Aveva la pressione altissima, stava per svenire» raccontano i testimoni. «Marco, Marco» ha continuato a gridare stringendo tra le braccia il bimbo. Gli agenti hanno chiamato i carabinieri che hanno raccolto le testimonianze, la denuncia della mamma e portato la nomade nella stazione Tiburtino III. È stata arrestata con l’accusa di tentato sequestro di persona e portata nel carcere di Rebibbia. La nomade risiede in un campo nomadi a Striano, in provincia di Napoli. Girovagava da tempo nella stazione di Ponte Mammolo e nessuno avrebbe mai immaginato cosa volesse fare. Voleva portare via Marco in pieno giorno. Voleva che Marco finisse nella lunga lista di bimbi scomparsi e mai più ritrovati.

Nello studio condotto da Sabrina Tosi Cambini che va dal 1986 al 2007 il risultato principale è che in Italia non esiste nessun caso in cui viene commesso un rapimento di un bambino da parte di una persona rom. Nei tanti casi riportati dal…la stampa, e poi rivelatisi infondati, si ripete una medesima struttura concettuale così descritta dalla ricercatrice: “- Si tratta di “donne contro donne” ossia è la madre ad accusare la donna rom di aver tentato di prendere il bambini – La madre è una sorta di “madre coraggio”: difatti è la sua decisa reazione ad impedire l’azione criminosa – Glieventi accadono spesso in luoghi affollati –  Non ci sono testimoni del fatto tranne i diretti interessati” Anche nella storia riportata oggi riemergono, puntuali, i medesimi elementi…

 

giusta l’indignazione dell’ ‘Associazione 21 luglio’  che ha cercato di vederci un po’ più chiaro e dopo un minimo di verifica pone una chiara ed esplicita domanda al giornale in una ferma e severa dichiarazione:

 

Su quali basi Il Messaggero scrive che una donna rom ha tentato di rapire un bambino a Ponte Mammolo, Roma?

Ieri il quotidiano Il Messaggero.it diffondeva la notizia «Rapisce un neonato davanti alla madre, nomade arrestata a Ponte Mammolo». http://ilmessaggero.it/roma/cronaca/rapisce_neonato_davanti

_alla_madre_nomade_arrestata_a_ponte_mammolo/notizie/356305.shtml

 

La giornalista Laura Bogliolo (@Laura Bogliolo Messaggero) scriveva che «la donna, di nazionalità bulgara, risulta residente in un campo nomadi a #Striano, provincia di Napoli». http://ilmessaggero.it/roma/cronaca/ponte_mammolo_metropolitana_

neonato_mamma_rapimento_arresto/notizie/357690.shtml

Dai riscontri effettuati dall’Associazione 21 luglio risulta invece che a Striano, dove la donna sarebbe residente, non esiste alcun insediamento rom.

 

Essendo stato dunque verificato che nella cittadina campana non vi sono insediamenti rom, come sostiene la giornalista de Il Messaggero.it, l’Associazione 21 luglio si chiede su quali basi la cronista Laura Bogliolo abbia potuto affermare che la donna di nazionalità bulgara sia «nomade», come peraltro sottolineato nel titolo stesso dell’articolo.

 

Ecco come iniziava l’articolo di Laura Bogliolo: «Chissà cosa si prova a essere strappati violentemente dallo sguardo della propria madre , a perdersi nel vuoto di un abbraccio di una sconosciuta che ti prende per una gamba, ti solleva, ti scuote stringendoti con violenza e corre verso l’ignoto di un’altra vita. Chissà quale traccia, profonda e dolorosa, rimarrà nella memoria di Marco (il nome è di fantasia), un neonato di 8 mesi che lunedì è riuscito a fuggire a un sequestro da parte di una nomade nel cuore delle viscere rumorose della metropolitana di Roma».

 

La notizia, nel frattempo è riuscita a generalizzare allarmismo sociale nei confronti dell’intera comunità rom rispolverando nuovamente lo stereotipo dei “rom che rubano i bambini”.

Eppure, più che un atto criminale giustificato dalla connotazione etnica dell’autrice, come invece evidenziato, pur senza una previa verifica delle informazioni, dall’articolo de Il Messaggero.it, la notizia sembra un gesto compiuto da un qualunque individuo in stato confusionale, come sembra emergere da questo resoconto pubblicato da Giornalettismo: http://www.giornalettismo.com/archives/1214533/la-vera-storia-della-nomade-che-ruba-il-bambino-a-roma/

 

L’Associazione 21 luglio ricorda, ancora una volta, ai singoli giornalisti, così come all’Ordine dei giornalisti, alla Federazione Nazionale della Stampa e agli editori di:

  • rispettare e applicare le Linee guida per l’applicazione della Carta di Roma;·
  • dare voce ai cittadini rom e sinti, raccogliere le loro parole, interpellarli e ascoltarli come fonti.

 




papa Francesco è sotto tiro

 

un vero verminaio circonda papa Francesco

 

Papa Francesco

non sarà sotto tiro nel senso di pericolo fisico per la sua persona, ma certo col suo stile, la sua ‘parresia’, le sue scelte e priorità, le sue strategia di pulizia totale dentro la chiesa, di fatto ha aperto una fase di scontro sotterraneo perché in ballo ci sono interessi troppo grossi finendo per disturbare, in questo modo, “intrecci di malafare tra mafie e settori clericali”

Papa Francesco è sotto tiro. Troppo insistenti i suoi interventi contro il sistema delle tangenti, della corruzione, del “pane sporco”. Perché di sistema si tratta, non di singoli peccatori. Le parole pacate e perciò più pesanti del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, sono un segnale allarmante. Il sistema del malaffare è “innervosito” e non tollera una strategia papale di pulizia a 360 gradi.

Non c’è bisogno di pensare a mezzogiorni di fuoco. C’è da rendersi conto invece che si apre una fase di scontro sotterraneo. 

La svolta di Francesco tocca interessi corposi, disturba intrecci di malaffare tra mafie e settori clericali, infastidisce profittatori piccoli e grossi, suscita robuste resistenze passive. C’è un verminaio su cui fare luce. Le operazioni opache dell’Apsa, le centinaia di posizioni chiuse allo Ior di cui nulla si sa, suore con 150.000 dollari in mazzette da cento , vescovi (come l’ex di Urbino, mons. Marinelli) che guadagnano ufficialmente meno di 1.500 euro al mese e fanno bonifici a parenti per oltre un milione. E questo in un paese dove in tribunale è stato certificato che Berlusconi ha negoziato con la mafia, mentre il suo mediatore Dell’Utri appare regolarmente sui media come opinion maker e il ministro della Giustizia Cancellieri considera “non giusto, non giusto, non giusto” mettere in prigione chi, come i Ligresti, ha frodato e sottratto a risparmiatori e fisco centinaia di milioni. Per tacere dei milioni rapinati alla collettività per “attività politiche” rivelatesi ingordamente private. Malavita e mala-abitudine di far finta di niente, magari invocando a sproposito il garantismo, trascendono ogni frontiera confessionale. Anzi, le sporche alleanze si basano sul ripudio di ogni credo.

Nel verminaio Francesco è destinato – se insiste – a diventare una figura sempre più scomoda. Da frenare e neutralizzare. I suoi appelli toccano la coscienza di tutti. Sarebbe importante una diretta assunzione di responsabilità da parte del mondo cattolico nelle sue articolazioni, perché si sappia chi è dalla parte di Francesco e con quali mezzi si vuole combattere la sua battaglia.

Da Il Fato Quotidiano del 14/11/2013.




santa subito!

Quell’elemosina della Pascale e lo scatto che fa il giro del web!

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santa subito! santa subito!

Lo scatto che mette a confronto la ricchezza e la miseria, che sintetizza in un gesto la situazione economica italiana e i disequilibri sociali che sempre più stanno spaccando il paese in due fasce, i ricchi e i poveri, azzerando  la classe media. Uno scatto che forse ci potrebbe richiamare alla memoria anche i gesti di Evita Peron, con una Pascale che in centro a Roma, apre il portafoglio, si china, lascia l’elemosina di 50 euro alla mendicante.  E subito sul web la foto inizia a girare, diventando un simbolo, un messaggio promozionale, un campo di battaglia.




tentato rapimento?

La nomade che tenta di rapire un bebè nella stazione della metro

 

 

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Nella stazione della metropolitana di Ponte Mammolo, nella periferia di Roma, una nomade bulgara avrebbe cercato di rapire un bimbo di appena otto mesi in pieno giorno, portandolo via alla madre che lo stava cambiando su una panchina della sala d’attesa in attesa della metro. Come riporta il Messaggero, la 25enne avrebbe trascinato via il piccolo correndo verso l’uscita venendo però fermata da alcuni ragazzi presenti allertati dalle richieste d’aiuto della madre. A quel punto sono intervenuti anche gli addetti della sicurezza che hanno chiamato i carabinieri. Sono anche stati prestati i primi soccorsi alla madre del bambino, in stato di shock. La nomade è stata arrestata con l’accusa di tentato sequestro di persona.




il questionario per il sinodo

rinnovamento

il questionario per il sinodo sulla famiglia

Qui sotto il questionario che hanno ricevuto i vescovi di tutto il mondo allegato al documento preparatorio del Sinodo sulla famiglia che si terrà in Vaticano nel mese di ottobre 2014. I vescovi sono stati invitati anche a consultare su queste domande associazioni, movimenti e gruppi. Cosa ne pensate? Su alcune questioni fondamentali si potrebbe pensare anche di redigere delle risposte, raccogliere adesioni e inoltrarle ai nostri rispettivi vescovi.
Le seguenti domande permettono alle Chiese particolari di partecipare attivamente alla preparazione del Sinodo Straordinario, che ha lo scopo di annunciare il Vangelo nelle sfide pastorali di oggi circa la famiglia.

1 – Sulla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famiglia
a) Qual è la reale conoscenza degli insegnamenti della Bibbia, della “Gaudium et spes”, della “Familiaris consortio” e di altri documenti del Magistero postconcilare sul valore della famiglia secondo la Chiesa Cattolica? Come i nostri fedeli vengono formati alla vita familiare secondo l’insegnamento della Chiesa?
b) Dove l’insegnamento della Chiesa è conosciuto, è integralmente accettato? Si verificano difficoltà nel metterlo in pratica? Quali?
c) Come l’insegnamento della Chiesa viene diffuso nel contesto dei programmi pastorali a livello nazionale, diocesano e parrocchiale? Quale catechesi si fa sulla famiglia?
d) In quale misura – e in particolari su quali aspetti – tale insegnamento è realmente conosciuto, accettato, rifiutato e/o criticato in ambienti extra ecclesiali? Quali sono i fattori culturali che ostacolano la piena ricezione dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia?

2 – Sul matrimonio secondo la legge naturale
a) Quale posto occupa il concetto di legge naturale nella cultura civile, sia a livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare? Quali visioni
dell’antropologia sono sottese a questo dibattito sul fondamento naturale della famiglia?
b) Il concetto di legge naturale in relazione all’unione tra l’uomo e la donna è comunemente accettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale?
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c) Come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge naturale sull’unione tra l’uomo e la donna in vista della formazione di una famiglia? Come viene proposta e approfondita negli organismi civili ed ecclesiali?
d) Se richiedono la celebrazione del matrimonio battezzati non praticanti o che si dichiarino non credenti, come affrontare le sfide pastorali che ne conseguono?

3 – La pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione
a) Quali sono le esperienze nate negli ultimi decenni in ordine alla preparazione al matrimonio? Come si è cercato di stimolare il compito di evangelizzazione degli sposi e della famiglia? Come promuovere la coscienza della famiglia come “Chiesa domestica”?
b) Si è riusciti a proporre stili di preghiera in famiglia che riescano a resistere alla complessità della vita e della cultura attuale?
c) Nell’attuale situazione di crisi tra le generazioni, come le famiglie cristiane hanno saputo realizzare la propria vocazione di trasmissione della fede?
d) In che modo le Chiese locali e i movimenti di spiritualità familiare hanno saputo creare percorsi esemplari?
e) Qual è l’apporto specifico che coppie e famiglie sono riuscite a dare in ordine alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi?
f) Quale attenzione pastorale la Chiesa ha mostrato per sostenere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?

4 – Sulla pastorale per far fronte ad alcune situazioni matrimoniali difficili
a) La convivenza ad experimentum è una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare?
In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?
b) Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né religioso né civile? Vi sono dati statistici affidabili?
c) I separati e i divorziati risposati sono una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente? Come si fa fronte a questa realtà attraverso programmi pastorali adatti?
d) In tutti questi casi: come vivono i battezzati la loro irregolarità? Ne sono consapevoli? Manifestano semplicemente indifferenza? Si sentono emarginati e vivono con sofferenza l’impossibilità di ricevere i sacramenti?
e) Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione? Tra le persone che si trovano in queste situazioni, quante chiedono questi sacramenti?
f) Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte? Se sì, in quali forme?
g) Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come si svolge tale attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene annunciata a separati e divorziati risposati la misericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro cammino di fede?

5 – Sulle unioni di persone della stesso sesso
a) Esiste nel vostro paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?
b) Quale è l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione?
c) Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni?
d) Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?

6 – Sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolari
a) Qual è in questi casi la proporzione stimata di bambini e adolescenti in relazione ai bambini nati e cresciuti in famiglie regolarmente costituite?
b) Con quale atteggiamento i genitori si rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono? Solo i sacramenti o anche la catechesi e l’insegnamento in generale della religione?
c) Come le Chiese particolari vanno incontro alla necessità dei genitori di questi bambini di offrire un’educazione cristiana ai propri figli?
d) Come si svolge la pratica sacramentale in questi casi: la preparazione, l’amministrazione del sacramento e l’accompagnamento?

7 – Sull’apertura degli sposi alla vita
a) Qual è la reale conoscenza che i cristiani hanno della dottrina della Humanae vitae sulla paternità responsabile? Quale coscienza si ha della valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite? Quali approfondimenti potrebbero essere suggeriti in materia dal punto di vista pastorale?
b) È accettata tale dottrina morale? Quali sono gli aspetti più problematici che rendono difficoltosa l’accettazione nella grande maggioranza delle coppie?
c) Quali metodi naturali vengono promossi da parte delle Chiese particolari per aiutare i coniugi a mettere in pratica la dottrina dell’Humanae vitae?
d) Qual è l’esperienza riguardo a questo tema nella prassi del sacramento della penitenza e
nella partecipazione all’eucaristia?
e) Quali contrasti si evidenziano tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile al riguardo? f) Come promuovere una mentalità maggiormente aperta alla natalità? Come favorire la crescita delle nascite?

8 – Sul rapporto tra la famiglia e persona
a) Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione dell’uomo: la famiglia
è un luogo privilegiato perché questo avvenga?
b) Quali situazioni critiche della famiglia nel mondo odierno possono diventare un ostacolo all’incontro della persona con Cristo?
c) In quale misura le crisi di fede che le persone possono attraversare incidono nella vita familiare?

9 – Altre sfide e proposte
Ci sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come urgenti o utili da parte dei destinatari?




nella desolazione qualche miracolo … anche da noi

 

nel desolante e glaciale e lacerante silenzio della morte consola l’animo accogliere un bambino vivo come piccolissimo squarcio per immaginare  un possibile nuovo futuro … ma non solo nei luoghi disastrati, anche proprio nelle nostre case!

in modo meraviglioso riflette su questo M. Serra ne ‘l’amaca’ odierna:

Filippine

In termini di devastazione e di morte, la catastrofe delle Filippine rimanda ai giorni terribili dello tsunami di nove anni fa nel Sud dell’Asia. Ma lì c’era il turismo, ci furono molte vittime europee e americane, l’impatto mediatico in Occidente fu enorme e duraturo, negli anni successivi su quell’onda spaventosa vennero scritti libri, girati film. Nelle Filippine invece ci sono “solamente” i filippini, pochissimo turismo, ed è assai possibile che in pochi giorni il tifone Hayan diventi, da questa parte del mondo, solamente un ricordo da archiviare. A meno che – accadono anche i miracoli – si allarghi il piccolo grande varco che alcuni media hanno aperto sulla numerosa, silenziosa, discretissima comunità filippina in Italia. Persone che lavorano tanto, parlano poco, puliscono le nostre case, badano ai nostri vecchi e alle quali in questi giorni molti domandano, spesso per la prima volta, notizie di casa loro, delle loro famiglie lontane, delle loro case forse scoperchiate, di una città cancellata dal vento, come se solo nell’emergenza ci accorgessimo che le persone sono sempre persone, le case sempre case, le vite sempre vite.

L’amaca di Michele Serra
in “la Repubblica” del 12 novembre 2013