chi ha armato il tiranno Assad?

 

cadaveri

 

Adesso l’Occidente vuol fare la guerra alla Siria. Ma da decenni a fornire ordigni chimici a Damasco sono state Francia e Germania. Attraverso società di brokeraggio olandesi, svizzere e austriache

queste riflessioni sull’ultimo numero de l’Espresso:

 

Mille tonnellate cubiche di “aggressivi chimici” sono custodite nell’arsenale più capiente del Medioriente e quarto nel mondo. Sono prodotte e stoccate in una cinquantina di siti sparsi in Siria. Ma negli ultimi mesi gran parte sarebbero state trasferite nelle aree dove è più sicuro il controllo da parte delle forze leali al dittatore Bashar al-Assad. Prima dell’attacco del 21 agosto scorso nell’area di Ghouta, dintorni di Damasco, che ha provocato, a seconda delle fonti, tra i 300 e i 1.300 morti costringendo la comunità internazionale a valutare un intervento armato dopo due anni e mezzo di guerra civile e oltre 100 mila morti, le armi chimiche erano già state usate, stando alle prove raccolte da varie intelligence, almeno cinque volte a partire da dicembre.

Per i ribelli del Libero esercito siriano il regime vi avrebbe fatto ricorso in almeno 18 occasioni. La famosa “linea rossa” tracciata dal presidente americano Barack Obama per muovere le truppe è stata abbondantemente superata. Assad sostiene che anche i suoi oppositori sono in possesso dei micidiali ordigni e ribalta su di loro le accuse. Il timore di tutti è che almeno una parte possa finire nelle mani della formazione filo-qaedista Jabhat al-Nusra o di altre organizzazioni di estremisti salafiti che si oppongono al tiranno.

L’arsenale è infatti l’oggetto del desiderio dei molti signori della guerra che soffiano sul fuoco nell’area più rovente del Pianeta. Il padre di Bashar, Hafez al-Assad, lo iniziò a costruire dopo la sconfitta nella Guerra del sei giorni contro Israele. Non avendo il denaro per finanziare un programma nucleare aveva ripiegato sulle più economiche armi chimiche come deterrente per il potente e vicino Stato ebraico. L’Egitto fu il primo a fornire, a partire dal 1973, quantità di iprite o gas mostarda, già massicciamente usato nella prima guerra mondiale: di colore giallo-brunastro, evapora molto lentamente, provoca ustioni, grosse vesciche, la morte per soffocamento o emorragia. Il salto di qualità ci sarebbe stato solo pochi anni dopo, grazie all’aiuto di alcune aziende farmaceutiche francesi che hanno esportato materiali “dual use” contenenti il sarin, gas nervino altamente tossico che colpisce il sistema nervoso: sarebbe quello sparato sulla popolazione di Ghouta. Nella tenacia con cui il presidente Hollande si è posto in prima fila tra gli interventisti conta forse la cattiva coscienza? Non solo Parigi, tuttavia, anche la Germania (allora Ovest) è responsabile della proliferazione, così come alcuni paesi inseriti tra gli Stati canaglia come la Corea del Nord e l’Iran. Il tutto mediato da società di brokeraggio attive in Olanda, Svizzera, Austria oltre che nelle già citate Francia e Germania.

Assad non disporrebbe tuttavia di tanti strumenti di morte senza l’ausilio, a partire dagli anni Novanta, della Russia grazie a un “accordo di cooperazione” tra le istituzioni scientifiche dei due Paesi. Sarebbe stato un ex generale russo, Anatoly Kuntsevich, a promuovere il trasferimento di ingenti quantità di sarin a Damasco. E a dotare la Siria dei missili grazie ai quali i gas possono essere sparati: Frog-7 all’inizio, e poi Scud-B. Dalla Corea sono arrivate le versioni più aggiornate, gli Scud-C e D, capaci di arrivare a colpire le principali città israeliane. La Cina dal canto suo avrebbe messo a disposizione la tecnologia necessaria per la costruzione dei missili M-9 con una gittata di 900 chilometri.

Un programma vasto, insomma, in continua evoluzione tanto da preoccupare gli 007 di mezzo mondo che, in mancanza di informazioni certe da parte di un regime impenetrabile, avviano inchieste per capire cosa davvero ci sia dentro gli arsenali di Damasco. Che sarebbero tra l’altro stati completamenti rinnovati a partire dal 2009 grazie a tecnologie più sofisticate in grado di mescolare i gas per renderli ancora più pericolosi. Gli americani sono certi che Assad produca VX, altro gas nervino classificato dall’Onu come “arma di distruzione di massa” e che abbia la capacità di stoccare «alcune centinaia di tonnellate di agenti chimici l’anno». Fino a un totale (stima del ministero della Difesa indiano) di mille tonnellate, conservate in circa 50 città, quasi tutte nel nord del Paese e dunque vicino al confine turco. Dettaglio che spiega l’attivismo di Ankara tra coloro che spingono per l’opzione militare.

Non solo chimica tuttavia. Il Centre d’études et de recerches scientifiques (Cers) che si trova appena fuori Damasco e l’omologo centro di ricerca situato a Cerin sarebbero i laboratori di fabbricazioni di armi biologiche. Secondo la consulente della Nato dottoressa Jill Dekker lì si lavora su «antrace, peste, tularemia, botulino, vaiolo, colera». L’antrace sarebbe già stato inserito in testate missilistiche. Anche per le armi biologiche sarebbero state decisive le importazioni “dual use”. Pur se il Paese nella farmaceutica ha raggiunto rispettabili risultati e conta una decina di grandi imprese in grado di svolgere attività di ricerca scientifica autonoma.

Secondo Rachel Schwartz, dell’International institute for counter-terrorism di Herzliya (Israele), autrice di uno degli studi più accurati sull’arsenale siriano, l’uomo chiave del regime con la delega alle armi chimiche è Ali Mamlouk, 67 anni, consigliere di Bashar, e indicato come il mandante di alcuni omicidi in Libano. E’ lui che si occupa della sicurezza e soprattutto dei trasferimenti da un luogo all’altro perché non cadano in mani nemiche. I siti di produzione principali si trovano ad Hama, Homs, Latakia e Al-Safira. Quelli di stoccaggio a Khan Abu Shamat, Furqlus, Masyaf, Palmyra (il famoso sito archeologico) e Dumayr.

Prima di Ghouta, i cinque casi in cui le intelligence occidentali hanno accumulato prove circa l’uso di armi chimiche sono questi. Homs, 23 dicembre 2012: 7 morti e 50 feriti a causa del gas nervino BZ (provoca asfissia). Khan al-Assal, 19 marzo 2013: 31 morti e 300 feriti per il gas nervino sparato da un missile. I ribelli hanno accusato il governo e viceversa. L’Onu ha concluso che è impossibile stabilire chi siano gli autori dell’attacco. Adra, 24 marzo: 2 morti e decine di feriti per una bomba al fosforo. Le forze di opposizione hanno documentato con un video gli effetti: crampi, problemi respiratori, convulsioni, vomito. Quartiere Sheikh Maqsoud, Aleppo, 13 aprile: 31 morti e decine di feriti per sostanze tossiche accertate anche dall’Onu. Saraqeb, 29 aprile: bombardamento da un elicottero col sarin eseguito «senza alcun dubbio», secondo il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, dagli uomini di Bashar al-Assad.




Gesù liberatore (Alberto Maggi)

 

cuore naturale

(…)Perché tanto astio attorno la figura di Gesù? Cosa ha detto e fatto di tanto grave da attirarsi contemporaneamente addosso diffidenza, ostilità, rabbia omicida e lo condurranno a finire, nella più completa solitudine abbandonato dalla famiglia, dai suoi discepoli e deriso dalle autorità religiose, inchiodato al patibolo riservato ai maledetti da Dio (Dt 21,23)?
Gesù nell’insegnamento e nella pratica ha distrutto il concetto stesso di religione proponendo – e dimostrando di essere – il Dio con noi (Mt 1,23), un Dio a servizio degli uomini, un Dio liberatore..L’immagine di Dio con Gesù cambia radicalmente: non più l’uomo al servizio di Dio ma Dio al servizio degli uomini, come insegna Paolo nel discorso di Atene:
“[Dio]non si lascia servire dall’uomo come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa” (At 17,24-25).
L’immagine di un Dio che si mette a servizio degli uomini per liberarli era completamente sconosciuta nel panorama religioso contemporaneo a Gesù. In ogni religione veniva insegnato che l’uomo – creato o no dal suo dio – aveva compito di servire il suo Dio. Un Dio presentato sempre come Sovrano. Un uomo sempre nella condizione di servo.
Un Dio che continuamente chiede agli uomini, sottraendo loro cose, tempo, energie.
La nuova immagine proposta da Gesù di un Dio a servizio degli uomini, è alla base della libertà dell’individuo. Questo nuovo rapporto con il Padre non incide soltanto nel rapporto dell’uomo verso Dio, ma pure quello nei rapporti tra gli uomini, inaugurando una nuova relazione nella quale viene esclusa qualunque forma di dominio o di potere nell’ambito dei rapporti umani: se Dio stesso non domina ma serve nessuno può più dominare gli altri – tantomeno in nome di Dio.
Ciò causa l’allarme nei tre ambiti dove dominio e potere venivano esercitati e il concetto di libertà era completamente sconosciuto:
La famiglia dove il marito era il padrone della moglie e dei figli,
la nazione dove chi deteneva il comando spadroneggiava sui sudditi,
e la religione, dove il dominio veniva esercitato in nome di Dio e giungeva dove gli altri ambiti di potere si fermavano: l’intimo della persona, la coscienza.
Questi tre poteri si scateneranno contro Gesù e i suoi discepoli:(…)
http://www.studibiblici.it/appunti/Presentazione%20del%20Vangelo.pdf




i trucchi di Berlusconi

una riflessione di C. Maltese

La minaccia di far cadere il governo era un bluff, come prevedibile, ed è durato ancora meno del previsto. Berlusconi in persona ha dato il contrordine, falchi e colombe sono rientrati nel pollaio. È andata male. Qualcuno del resto poteva credere che si facesse sul serio? La permanenza del governo Letta è l’unico salvacondotto possibile rimasto a Berlusconi. Un’ancora alla quale si è aggrappato con forza. Le ipotesi alternative sarebbero state una follia.

Da un lato, c’era la prospettiva di un Letta bis senza i voti decisivi del Cavaliere. Dall’altro, l’avventura di elezioni anticipate in autunno, che sarebbero state drammatiche per il Paese e probabilmente catastrofiche per il centrodestra. In entrambi i casi, per Berlusconi avrebbe significato la condanna all’irrilevanza politica. Come sempre, ha scelto la soluzione migliore per i propri interessi. Non senza aver inflitto al Paese l’ennesimo trucco. Per settimane i media sono corsi dietro al bestiario di falchi e colombe e pitonesse, prima di rendersi conto che era il solito teatrino di cortigiani dove il padrone passa ogni tanto a distribuire le parti in commedia.

La recita è finita secondo la logica. Il governo va avanti e il Parlamento voterà la decadenza di Berlusconi da senatore. La guerra o la guerricciola istituzionale è finita. Peccato che la destra si sia dimenticata di avvisare qualche amico del Pd. Nessuno per esempio ha avvertito Luciano Violante, che continua a combattere nella jungla come un soldato giapponese la sua battaglia contro il nemico che più l’ossessiona: l’antiberlusconismo.

Per la verità sono molte le cose delle quali il senatore sembra rimasto all’oscuro, almeno a giudicare dalla sortita di ieri. Il senatore Violante ha ricordato il diritto alla difesa di Berlusconi contro le tentazioni del Pd di trasformarlo in un nemico assoluto e ha esortato il proprio partito ad ascoltare le ragioni dell’avversario.

Violante non è stato informato che Berlusconi oggi non è più il nemico assoluto e tecnicamente neppure un avversario del Pd, ma il suo principale alleato di governo. Come tale le sue ragioni sono ascoltate tutti i giorni dal partito di Violante e anzi, secondo molti elettori del centrosinistra, perfino un po’ troppo.

Altra informazione non pervenuta al senatore è che il processo a Berlusconi si è già celebrato in questi anni, in cui l’imputato ha potuto largamente usare e anche abusare del diritto alla difesa dentro e fuori le aule, nel processo e dal processo. Ormai non rimane, secondo Costituzione, che prendere atto della sentenza definitiva. Berlusconi non intende farlo, ma ci vuole un bel coraggio per definire un simile atteggiamento «diritto alla difesa».

Ancora una volta il Pd riesce a trasformare un problema della destra in uno proprio. Alla fine la destra ha compiuto la scelta più raziocinante, la più conveniente. Ha evitato il voto anticipato e lo spettro di un’esclusione dalla maggioranza. La scelta più conveniente per il Pd, una volta svanita la minaccia e il bluff della destra, sarebbe stata di chiudere la vicenda in fretta, archiviare il caso Berlusconi e tornare a occuparsi dei problemi seri del Paese. Ecco che invece il partito riprende a lacerarsi con una discussione assurda e fuori tempo. È davvero difficile capirne la necessità. Chissà, forse siamo noi a non essere bene informati.

Dal ’96 in poi ci siamo chiesti perché il governo di centrosinistra non avesse approvato in Parlamento una legge sul conflitto d’interessi e sul sistema televisivo. Prima di apprendere un giorno, anni dopo, dalla voce dello stesso Violante in Parlamento che c’era un accordo sottobanco fra i dirigenti della sinistra e Berlusconi per «non toccare le televisioni e le aziende ». Se anche stavolta esistono «patti della crostata» fra vertici di centrosinistra e Berlusconi, i cittadini dovranno aspettare altri nove anni per saperlo?




finalmente Bertone esce di scena

 

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CON LA CACCIATA DI BERTONE, SIMBOLO DEL MALE VATICANO, COMINCIA IL VERO PAPATO DI FRANCESCO

Inizia il purgatorio vaticano di Bertone: l’ex segretario è, suo malgrado, il simbolo della precedente e disgraziata gestione di oltretevere, quella delle magagne finanziarie e degli intrighi – C’è chi gli consiglia di stabilirsi dentro le mura vaticane perché fuori sarebbe esposto agli “sgarbi”…  (così il sito Dagospia)

invece:

Massimo Franco per “Corriere della Sera”

Con una iperbole significativa, si dice che il papato di Francesco è cominciato davvero solo ieri. È un omaggio al potere ingombrante rappresentato in questi anni dal segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone; e la conferma che senza la sua rimozione lo spartiacque fra passato e presente rimaneva nebuloso, incompiuto.

Probabilmente «Arci-Tarci», il nomignolo affettuoso datogli dai familiari ai tempi in cui era arcivescovo di Genova, cominciava a presentirlo. Eppure si è illuso. Non ha voluto, o forse non è stato in grado di capire che la sua stagione era finita: si era conclusa il 28 febbraio scorso, con le dimissioni di Benedetto XVI; ed era stata seppellita con l’elezione di Jorge Mario Bergoglio.

Gli amici lo avevano consigliato di presentare le dimissioni subito dopo l’arrivo del nuovo pontefice: gli stessi che ora suggeriscono al Segretario di Stato uscente di trovarsi un appartamento ben dentro le Sacre mura. Ricerca non semplice: anche in Vaticano, le porte si chiudono verso i potenti caduti in disgrazia. «Ma deve trovarlo. Fuori è in pericolo. Per l’immagine che si è creato, un personaggio come lui potrebbe subire qualche sgarbo…».

«Sgarbo»: il termine è gentile, somiglia a un eufemismo curiale. La verità cruda è che Bertone, alla vigilia dei suoi 80 anni, probabilmente deve prepararsi a un lungo purgatorio. Quel Vaticano dove per oltre sette anni ha dominato come «primo ministro» di Joseph Ratzinger o, per i suoi detrattori, come «vice Papa», si è trasformato in un luogo più che ostile, alieno.
Tarcisio BertoneTarcisio Bertone
Chi lo temeva, aspetta sulle rive dell’altra sponda del Tevere la sua giubilazione definitiva: formalmente il 15 ottobre, per dare tempo al sostituto di lasciare la sede diplomatica di Caracas. Ma le pedine della sua rete di potere sanno che, caduto lui, anche loro sono in bilico. Riviste adesso, le sue immagini rare accanto a papa Francesco nel recente viaggio in Brasile per la Giornata della Gioventù raccontano un rapporto quasi inesistente.
Fisichella bertone eFisichella bertone e
Bertone pensava di continuare a svolgere un ruolo almeno simile a quello concessogli da Benedetto XVI. Il suo ultimo tentativo è di resistere al vertice della commissione cardinalizia che controlla lo Ior. Lo ha proposto al Papa perché in fondo, ha argomentato, la proroga fu concessa anche al suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano.
PAPA BENEDETTO XVI E TARCISIO BERTONEPAPA BENEDETTO XVI E TARCISIO BERTONE
Può darsi che accada, ma servirà a poco. Il colloquio con Francesco a metà agosto sarebbe stato una sorta di breve, imbarazzante dialogo fra sordi. Anzi, la richiesta di Bertone ha acuito i sospetti di quanti si chiedono se voglia accompagnare la tormentata operazione di trasparenza finanziaria dello Ior solo per il bene della Chiesa, o perché ci sono interessi corposi e ingombranti da difendere.

Quando si parla di «conti di religiosi», scatta una chiusura a riccio. Ma dalla corazza di un mondo spaventato dai propri segreti filtrano voci di somme ingenti che prima o poi richiederanno una spiegazione: sia in Vaticano che con la magistratura italiana. Su questo, Francesco ha dimostrato di non volere indietreggiare di un millimetro.
TARCISIO BERTONE PADRE GEORG PAPA BENEDETTO XVITARCISIO BERTONE PADRE GEORG PAPA BENEDETTO XVI
Il tramonto di Bertone, dunque, non sarà indolore, perché non è solo quello di un alto prelato, ma di un sistema di governo e di una mentalità dei quali, suo malgrado, è diventato da tempo il simbolo e la metafora. Non esistono problemi personali col nuovo pontefice. Ma l’ex arcivescovo gesuita di Buenos Aires è espressione di un Conclave che voleva ed è riuscito a eleggere un Papa chiamato a eliminare quello che l’ormai ex Segretario di Stato ha rappresentato, al di là delle sue vere responsabilità.
TARCISIO BERTONE CON LE CUFFIETARCISIO BERTONE CON LE CUFFIE
La litigiosità e gli intrighi del «partito italiano» ecclesiastico. I rapporti opachi con un sottobosco finanziario che ha prodotto scandali e beghe giudiziari perfino ai Salesiani come lui. La fuga di documenti dall’Appartamento di Benedetto XVI. Nomine che hanno esasperato un italocentrismo curiale avulso dagli equilibri del cattolicesimo mondiale.
luca di montezemolo cardinal bertone a maranelloluca di montezemolo cardinal bertone a maranello
E, alla fine, sono arrivate le dimissioni di Ratzinger. Scorrono come al rallentatore una serie di forzature che solo il rapporto speciale con Benedetto XVI poteva permettere; ma che Bertone si è illuso di poter perpetuare, almeno in parte, col successore. La verità è che l’abbandono del Papa tedesco ha sbriciolato qualunque posizione di rendita. E ha offerto mano libera a Francesco nel ridisegnare il governo della Chiesa. Nel suo papato, la segreteria di Stato non sarà più la stessa.

Il cosiddetto «G8 vaticano», gli otto cardinali del mondo chiamati a consigliare in modo permanente il pontefice, già prefigurano una sorta di governo collegiale della Chiesa che rende il «primo ministro» una figura più tecnica e di servizio. E il ritorno a Roma del «giovane» Pietro Parolin, il diplomatico della scuola di Agostino Casaroli, che non è ancora neanche cardinale, suona come la sconfitta totale del modello precedente. Soprattutto indica la volontà del Vaticano di riprendere a fare politica estera dopo una fase di immobilismo e di improvvisazione.

Sia chiaro. Bertone non è stato la causa dello schianto del cuore del potere vaticano, al massimo l’ha rivelato. Ma certamente la sua figura controversa ne ha segnalato e estremizzato le contraddizioni e l’anacronismo. E le dimissioni di Benedetto XVI sono apparse come un atto d’accusa implicito verso i collaboratori più stretti. A quel punto è stato ancora più chiaro agli episcopati mondiali che il sistema andava riformato radicalmente, per evitare derive e guerre interne devastanti.
TARCISIO BERTONETARCISIO BERTONETREMONTI E BERTONETREMONTI E BERTONE
Quando alla fine di luglio Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente dell’episcopato Usa, ha detto al National Catholic Reporter che si aspettava da Francesco un rinnovamento più rapido, pensava soprattutto a Bertone. E infatti ha aggiunto che se non fosse successo nulla si sarebbe sorpreso.

Da almeno un mese si parlava di sostituzione a inizio settembre. E da qualche settimana si sapeva che il Papa aveva deciso. Il nome di Parolin circolava in Vaticano da giorni. E in alcune ambasciate del Centro e Sud America era arrivata informalmente la notizia della promozione del nunzio in Venezuela, con tanto di data.

Uno dei suoi grandi sostenitori è stato il cardinale honduregno di Tegucigalpa, Óscar Rodríguez Maradiaga, coordinatore del «G8 vaticano»; e dietro di lui si scorge la filiera potente degli episcopati latino-americani. D’altronde, si aveva l’impressione che fino a quando Bertone rimaneva al suo posto, seppure ridimensionato, alla «rivoluzione» di Bergoglio mancasse qualcosa. Ma c’era la necessità di non umiliare Benedetto XVI mandando a casa in modo sbrigativo il suo braccio destro.
BERTONE-BERGOGLIOBERTONE-BERGOGLIOBERTONE VS VIGANOBERTONE VS VIGANO
Il problema è che la resistenza di Bertone impedisce di parlare di avvicendamento fisiologico. La sua uscita di scena suona come la fine di un’epoca. Alle dimissioni volontarie e disperate di Benedetto XVI si aggiungono dopo sei mesi quelle forzate e al rallentatore di Bertone. Il volto del «cardinale del sorriso», titolo di una vecchia, benevola biografia scritta da Bruno Viani, oggi appare segnato da una smorfia di sorpresa: come se all’improvviso gli fosse crollato addosso il suo mondo. Ma l’universo autoreferenziale di Bertone era già pericolante. Francesco e il Conclave ne hanno soltanto preso atto, coi tempi lenti, ma inesorabili di una Chiesa tornata a guardare avanti.




il vangelo della domenica: il commento di p. Maggi

girasolo
CHIUNQUE SI ESALTA SARA’ UMILIATO, E CHI SI UMILIA SARA’ ESALTATO

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi : Lc 14,1.7-14
 del 1° settembre, domenica 22° del tempo ordinario:

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Non è consigliabile invitare a pranzo Gesù, almeno per i farisei. Ogni volta che hanno provato a farlo, Gesù gli ha mandato a rotoli il pranzo. Qui è il capitolo 14 che è iniziato con l’invito di uno dei capi dei farisei a Gesù per pranzare con lui e con gli altri, c’è stato l’incidente dell’ammalato dell’idropico, quando Gesù aveva chiesto se era lecito o no curare di sabato, ed essi non hanno risposto.
E Gesù continua attaccando la loro ambizione e “diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti”. Non è la prima volta che Gesù rimprovera i farisei di scegliere i
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primi posti. Queste persone tanto pie, tanto devote, sono divorate dall’ambizione, dal desiderio di primeggiare, e, citando un esempio molto conosciuto che troviamo anche nel libro dei Proverbi, è praticamente quasi preso alla lettera dal libro dei Proverbi, al capitolo 25 si legge, “Non darti arie davanti al re e non metterti al posto dei grandi, perché è meglio sentirsi dire ‘Sali quassù’’, piuttosto che essere umiliato davanti a uno più importante”.
Quindi Gesù, citando questo esempio già conosciuto, praticamente quasi con le stesse parole, consiglia: “«Quando sei invitato va a metterti all’ultimo posto»”, ma attenzione, non per umiltà, non per modestia, ma per amore, per far sì che l’altro possa avvantaggiarsi. I primi posti nelle mense erano quelli dove si era serviti prima e meglio, allora scegliere l’ultimo posto non è per un senso malsano di umiltà o di chissà altro, ma è per amore, per favorire l’altro.
“«Perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: ‘Amico, vieni più avanti’. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali»”. Ed ecco la sentenza di Gesù, “«Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato»”.
Ma, ripeto, questo non per un senso di modestia; sempre per un senso d’amore. Scegli sempre il bene dell’altro, allora, quando scegli sempre il bene dell’altro il Signore, che vede, penserà lui al tuo bene. Quindi Gesù inverte la scala dei valori della società dove tutto viene fatto con interesse e invita a scegliere la sua via, che è quella del dono.
E poi “Disse a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini»”. Qui ci sono quattro aspetti che riguardano i rapporti di amicizia, parentela, di interesse, potremmo dire, una cricca che è legata dall’interesse, dai propri affari. Quindi sono legami di amicizia, di parentela, di interesse, sono legami che sostengono una società che si auto-protegge, a scapito degli altri.
Quindi non invitare per difendere i tuoi beni e il tuo benessere, “«Perché a loro volta non ti invitino. Al contrario quando offri un banchetto, invita gli esclusi»”. Qui Gesù elenca quelli che erano gli esclusi che non potevano entrare al tempio ed erano esclusi dal sacerdozio: i poveri, gli storpi, zoppi e ciechi. “«E sarai beato»”.
Ecco disseminate nel vangelo troviamo tante beatitudini, cioè l’invito alla pienezza della felicità. La felicità non consiste nel fare le cose per interesse, ma fare le cose per amore, nel donare.
Sarai beato perché? “«Perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla …»”, attenzione questo non è un messaggio per i credenti, Gesù parla per i farisei nella maniera in cui loro possono comprendere, “«risurrezione dei giusti»”, perché i farisei credevano che i giusti sarebbero risuscitati, invece gli altri no.
Cosa ci vuol dire Gesù? Non fare le cose per interesse, ma fai le cose per generosità, tu occupati del bene degli altri e permetterai poi a Dio di occuparsi del tuo bene e lo farà in abbondanza.
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la giusta ironia di M. Serra su Berlusconi

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Dopo la condanna in primo grado, la condanna in appello, la conferma della Cassazione, verrà presentato un ricorso alla Corte europea. Se il ricorso alla Corte europea non dovesse avere successo, Berlusconi ricorrerà alle Nazioni Unite. Se le Nazioni Unite rimanessero sorde e cieche, è pronto un appello al Tar del Lazio, sotto la cui giurisdizione, come è noto, ricade l’intero pianeta. Ove il Tar del Lazio fosse oberato di pratiche, e lo sportello chiuso sul naso dell’avvocato Ghedini da un impiegato scortese, si presenterà un dettagliato esposto-denuncia al Tribunale di Saturno, nel quale giudici a forma di alga, ferratissimi, propendono in genere per l’assoluzione. Se da Saturno arrivasse una nuova delusione, allora Berlusconi farà appello al Papa, al Dalai Lama, agli imam di Persia, affinché sia il giudizio di Dio, non quello fallace degli uomini, a regolare la questione. Se anche Dio opponesse l’ostinato silenzio che gli è proprio, lo staff degli avvocati stilerà una memoria che potrà essere aperta solamente dopo il 2123, e affiderà ai posteri, e solo a loro, la sentenza.
Dopodiché ci si chiede: ma non era a favore del processo breve?

Da La Repubblica del 31/08/2013.




i quattro senatori a vita

 

 

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ll presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha nominato senatori a vita il maestro Claudio Abbado, la ricercatrice Elena Cattaneo, l’architetto Renzo Piano e il fisico Carlo Rubbia.

“Sono convinto che dai 4 senatori a vita cosi’ prescelti verra’ un contributo peculiare, in campi altamente significativi, alla vita delle nostre istituzioni democratiche, e – in assoluta indipendenza da ogni condizionamento politico di parte – all’attivita’ del Senato e dell’intero Parlamento”.

ELENA CATTANEO – Nata nel 1962, Elena Cattaneo si laurea in farmacia all’Universita’ di Milano dove successivamente consegue il dottorato e dal 2003 insegna come professore ordinario. Ha operato come ricercatrice per tre anni al MIT di Boston nel laboratorio del Prof. Ron McKay, dove ha avviato studi su cellule staminali cerebrali. Rientrata in Italia, ha fondato e dirige il Laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative del Dipartimento di bioscienze dell’Universita’ di Milano, dedicandosi allo studio della Corea di Huntington. E’ stata Rappresentante Nazionale presso l’Unione Europea per la ricerca Genomica e Biotecnologica. Ha coordinato il progetto europeo NeuroStemcell e, da ottobre 2013, coordinera’ il progetto NeuroStemcellrepair nell’ambito del 7 Programma Quadro della Ricerca Europa.

CLAUDIO ABBADO Nato nel 1933, Claudio Abbado si e’ diplomato al Conservatorio di Milano. Ha acquisito meriti artistici nel campo musicale attraverso l’interpretazione della letteratura musicale sinfonica e operistica alla guida di tutte le piu’ grandi orchestre del mondo. A tali meriti si e’ congiunto l’impegno per la divulgazione e la conoscenza della musica in special modo a favore delle categorie sociali tradizionalmente piu’ emarginate. Ha avuto la responsabilita’ della direzione stabile e musicale delle piu’ prestigiose Istituzioni musicali del mondo come il Teatro alla Scala e i Berliner Philharmoniker; ha ideato istituzioni per lo studio e la conoscenza della nuova musica. Si e’ in pari tempo caratterizzato per l’opera volta a valorizzare giovani talenti anche attraverso la creazione di nuove orchestre, come la European Union Youth Orchestra, la Chamber Orchestra of Europe, la Mahler Chamber Orchestra, la Orchestra Mozart.

RENZO PIANO Nato nel 1937, Renzo Piano si laurea al Politecnico di Milano nel 1964. Vincitore, tra l’altro del Premio Pritzker (Washington), Praemium Imperiale, (Tokyo), Erasmus (Amsterdam), Leone d’Oro, (Venezia). Dal 1994 e’ Godwill Ambassador dell’Unesco per la Citta’. Ha costruito spazi pubblici per le comunita’, musei, universita’, sale per concerto, ospedali. Tra i suoi piu’ importanti progetti il Centro Culturale Georges Pompidou a Parigi, l’aeroporto Kansai in Giappone, l’auditorium Parco della Musica a Roma, il museo dell’Art Institute a Chicago, il nuovo Campus della Columbia University a New York. Nel 2004 istituisce la Fondazione Renzo Piano, con sede a Genova, organizzazione no-profit dedicata al supporto dei giovani architetti, che accoglie a “bottega”.

CARLO RUBBIA – Carlo Rubbia e’ nato nel 1934. Si e’ laureato presso la Scuola Normale di Pisa e ha svolto il suo dottorato alla Columbia University. Ricercatore al CERN di Ginevra dal 1961, ne e’ stato Direttore Generale dal 1989 al 1993. Per diciotto anni ha svolto l’attivita’ di Professore di Fisica presso la Harvard University. Nel 1984 ottiene il Premio Nobel insieme a Simon van der Meer per la scoperta dei particelle W e Z, responsabili delle interazioni deboli. Membro delle piu’ prestigiose accademie scientifiche, detiene 32 lauree honoris causa. Attualmente svolge le sue attivita’ di ricerca fondamentale al CERN e ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso.




il pericolo di mettere da parte la costituzione

 

 

 

 

altro gatto fiorito

il maggior danno che potremmo fare al nostro paese è mettere da parte la costituzione e fare come se tutto sia possibile per ‘sanare’ alcuni problemi immediati

in proposito un bell’articolo di Gianluigi Pellegrini su ‘La Repubblica’ odierna:

Se la Costituzione viene dimenticata

 

Il maggior danno che si sta facendo al Paese è quello di dare per plausibile ciò che pacificamente non lo è. Plausibile che un Parlamento violi smaccatamente un norma anticorruzione che ha appena approvato. Plausibile chiedere al capo dello Stato di abbuonare la pena ad un conclamato evasore fiscale, plurinquisito e pluricodannato in vari gradi di giudizio. E questo perché è «un leader politico al quale assicurare agibilità», costituzionalizzando cosi il principio che fare politica garantirebbe uno statuto legale privilegiato, una minore soggezione alla legge. E dimenticando che il presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale (art. 87 della Costituzione) e non può certo mettere i suoi poteri a servizio della pretesa di una parte politica che abbia pure il dieci, il venti o il trenta per cento dei voti.
I pareri affannosamente depositati ieri dalla difesa di Berlusconi in realtà già nel loro affastellarsi e nello sforzo comprensibilmente titanico dei redattori, finiscono con il dar conto di come davvero non vi sia nessuno spazio per il Senato, di non dichiarare la dovuta decadenza dal seggio di Silvio Berlusconi. Decadenza che peraltro è destinata a conseguire anche in via automatica non appena si sarà perfezionata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, rinviata dalla Cassazione con qualche generosità per l’imputato (che nessuno però sottolinea). E se è comprensibile che dalla parte del Cavaliere tutti si impegnino nel disperato tentativo, gli altri dovrebbero fare più attenzione prima di essere costretti a smentire e rettificare, a non cadere in trappole di strumentalizzazione buone sole a sbandare ulteriormente il grande pubblico dei non addetti ai
lavori. Perché non ha nessun senso dire che in astratto la giunta delle elezioni potrebbe rimettere la questione alla Consulta, se allo stesso tempo non si dice dove sarebbe questa pretesa incostituzionalità della legge che per semplicità chiamiamo Severino ma che in realtà l’intero Parlamento a larghissima maggioranza e lo stesso Pdl hanno confezionato e approvato pochi mesi addietro e ora si pretende di non applicare ad personam.
Sul punto i pareri prodotti da Berlusconi cercano di allegare una violazione dell’articolo 66 della Carta che attribuisce alla Camera di appartenenza l’accertamento della sussistenza della causa di decadenza. Ma basta leggere il precedente articolo 65 per trovarvi la disposizione che è «la legge» che «determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di deputato e senatore ». Sicché la norma del 2012 altro non ha fatto che applicare la Costituzione che è l’opposto di violarla. E ha poi puntualmente rimesso alla giunta di accertare che in effetti la causa di decadenza si sia verificata come avviene per tutte le altre cause di incompatibilità. Dove sia quindi l’incostituzionalità risulta davvero misterioso.
Il secondo affannato argomento è quello della cosiddetta retroattività. Ma di retroattivo non c’è un bel niente atteso che la decadenza opererà in avanti, non certo indietro, e l’ordinamento, sol che venga rispettato, è ricco di norme che a tutela dell’interesse pubblico prevedono preclusioni per i soggetti condannati. Un esempio per tutti la disciplina in tema di pubblici appalti che nessuno
si è mai sognato di applicare a corrente alternata in base a quando furono compiuti i delitti. Ciò che in realtà viene evocato dai pidiellini è la pretesa applicazione del favor rei, senza però citarlo per non ricordare che di un reo accertato si sta parlando e perché è noto che quel principio riguarda le pene, non certo le misure di salvaguardia istituzionale: nel caso a tutela del Parlamento e dell’interesse pubblico alla sua composizione.
Così crollata anche la seconda questione un giudice che sollevasse una inesistente eccezione di costituzionalità al solo fine di prendere tempo meriterebbe per questo un procedimento disciplinare. Lo facesse il Parlamento calpestando clamorosamente le sue stesse leggi, se ne imporrebbe lo scioglimento come per l’ultimo Consiglio comunale.
Il punto allora non è come finirà una vicenda dall’esito costituzionalmente dovuto; ma quanto sia ancora tollerabile questo dare tutto per plausibile, l’abbandono di ogni fermezza morale, il ritenere tutto negoziabile. Con la dialettica democratica strozzata dalle larghe intese, e con le istituzioni di garanzia assediate e costrette ad affermare elementari ma fondanti valori di una democrazia costituzionale, come «la legge uguale per tutti». È questa deriva di etica civica il colpo di coda di un ventennio che l’ha prosciugata e svilita; e che se non interrompiamo con un sussulto inequivoco, rischiamo di pagare tanto, anche molto più di un benvenuto risparmio di una rata di Imu.

La Repubblica 29.08.13




giustizia solo apparente

circo Italia
lo diceva già don Milani che “niente è più ingiusto che trattare allo stesso modo chi è sazio e chi ha fame”

Brunetta non ci arriva: una bella tiratina d’orecchi ne ‘l’amaca’ odierna di Serra:

Il socialista (cose da pazzi) Brunetta annuncia gongolante che non si pagherà l’Imu sulla prima casa, qualunque reddito si abbia. Non può non sapere che niente è più iniquo che trattare allo stesso modo i poveri e i ricchi, ma non sembra importargliene più di tanto: l’importante era far pagare il prezzo politico della campagna elettorale del suo capo a tutto il Paese.
Perché mai uno come me (e come tanti italiani che l’Imu volevano e potevano pagarla) debba essere esentato da quella tassa allo stesso modo del pensionato o dell’operaio monoreddito, non si capisce. Neppure si capisce che genere di copertura, e a spese di chi, sarà escogitata per coprire il buco, sempre per pagare la campagna elettorale di Berlusconi. Una politica onesta dovrebbe dire ai cittadini che abolire una tassa (specie una tassa come l’Imu) pesa sulle finanze degli enti locali, costringendo a tagliare i servizi sociali. E dunque penalizzando i deboli. La demagogia disonesta si guarda bene dal fare questo genere di conti in pubblico. Strilla “vi levo l’Imu” per avere gli applausi e i voti degli sprovveduti. Che poi si domandano furibondi perché non passa più l’autobus, o perché aumentano i ticket sui farmaci.

Da La Repubblica del 29/08/2013…




domande e risposte sulla guerra (senmpre da evitare)

 

 

 

 

 

 

no guerra

dal sito di FAMIGLIA CRISTIANA

http://www.famigliacristiana.it/articolo/sacco-pax-christi-.aspx

«Quello che è successo in Afghanistan, Iraq e Libia evidentemente non
ha insegnato nulla», spiega il coordinatore nazionale del movimento
don Renato Sacco, «l’Occidente prima vende le armi a questi regimi e
poi li attacca»

«In Siria un conflitto c’è già, si tratta di vedere come spegnere il
fuoco non come alimentarlo. Di fronte a una guerra non si può
rispondere con un’altra guerra. Vuol dire che di una tragedia ne
facciamo due».
Don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, si dice
«triste ed amareggiato» per la piega che stanno prendendo gli eventi
in Siria.

L’America dice che non si può più restare inermi di fronte ai crimini
commessi dal regime di Assad.
«La guerra, ogni guerra è un’avventura senza ritorno. Anzi, come ha
detto papa Francesco, è il suicidio dell’umanità. Basta vedere a
quello che è successo in Afghanistan, in Iraq, in Libia: il
rovesciamento del capo del regime non ha portato affatto la pace. È
una storia che si ripete sempre, con amarezza: noi abbiamo sempre
cullato i dittatori, li abbiamo ritenuti nostri amici, li abbiamo
armati e poi abbiamo detto che bisognava fargli la guerra. È successo
con Saddam e poi con Gheddafi. La comunità internazionale ha fatto di
tutto con la sua indifferenza a far precipitare della situazione,
l’Italia stessa ha venduto le armi alla Libia e poi si è detto che
bisognava bombardare. Questa non è pace. La guerra non è mai la strada
da percorrere, come afferma la Dottrina sociale della Chiesa e come ha
ribadito qualche giorno fa mons. Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra.
Una chiave di questo precipitare degli eventi potrebbe essere quella
delle pressioni esercitate da parte delle lobby delle armi. Qualcuno
parla già di accordi economici e militari tra Usa e Arabia Saudita».

Ma le vittime degli attacchi di Assad non vanno tutelate?
«Chi oggi si scandalizza di fronte alle vittime siriane, se lo fa per
arrivare alla guerra lo fa per interessi. Poi le vittime vengono
dimenticate e non se ne parla più. In Iraq nel mese di luglio ci sono
stati mille morti, siamo arrivati ai livelli di violenza del 2006 e
nessuno parla più. Quando si utilizzano le vittime per giustificare
una guerra non lo si fa per amore delle vittime ma per amore dei
propri affari e dei propri interessi. Essere in Afghanistan ci dà la
visibilità di sedere al tavolo degli accordi internazionali. Poi
succede che alcuni piccoli progetti di cooperazione in alcuni villaggi
afghani non vengono finanziati dalla comunità internazionale perché
sono troppo piccoli e non fanno notizia. Invece sarebbero i passi per
la pace».

Come se ne esce dal pasticcio siriano?
«La soluzione in tasca non ce l’ha nessuno, bisogna cercarla. L’unica
cosa di cui sono certo è che la guerra non è la soluzione. È come
avere un figlio che dà problemi, l’unica cosa che so è che non lo devo
uccidere anche se mi fa disperare. L’intervento armato a sostegno
dell’uno o dell’altro schieramento porterebbe alla catastrofe totale,
renderebbe esplosiva tutta l’area mediorientale già instabile con
conseguenze devastanti per tutti, a cominciare dall’Europa.. Io credo
che la comunità internazionale in passato non abbia fatto quasi nulla
per fermarsi e vedere cosa stava succedendo in Siria. La soluzione
passa dall’abbandono dell’intervento militare. Non forniamo più armi,
isoliamo le lobby degli armamenti. È una strada in salita, quella
della pace, faticosa, è un cammino, come diceva don Tonino Bello. La
Siria, come la Libia, fa notizia adesso, fra un mese o due non se ne
parlerà più. A nessuno interessa da dove arriva il gas, chi glielo
fornisce. Come è successo a Sarajevo, per anni abbiamo fatto finta di
non vedere, abbiamo venduto le armi a chi bombardava Sarajevo, io ho
le foto e le testimonianze, poi abbiamo deciso di intervenire e fare
la guerra. Così abbiamo guadagnato due volte vendendo le armi agli uni
e agli altri. Temo che con la Siria finisca proprio così».

28 agosto 2013