discriminazione in nave

 

 

discriminata

Giovane cieca discriminata in nave, perchè accompagnata dal suo cane.

 

Valona-Brindisi: un viaggio da dimenticare per una ragazza di 24 anni di origine albanese, ma residente in Italia da circa 10 anni

. Kedrit Shalari è una ragazza non vedente che in compagnia del suo cane guida, Vera, aveva deciso di intraprendere il viaggio a bordo di un traghetto della compagnia European Ferries ma non si aspettava di ricevere un’accoglienza poco piacevole tanto da essere allontanata dalle aree riservate ai passeggeri e anche dal ristorante di bordo.

Motivo? Il cane! La giovane cieca ha subito vere e proprie minacce: “ Se non te ne vai buttiamo a mare te e il tuo cane”, costringendola a rimanere isolata per più di due ore sul pontile della motonave. La Feder F I D A è pronta ad appoggiare la giovane, assicurandole i legali e il sostegno nella battaglia .

Nuove norme regolano la presenza di cani in luoghi pubblici senza divieti alcuni, figuriamoci se il cane è indispensabile per motivi più che validi e seri. L’unica strada da percorrere è quella giudiziaria, visto che la strada del cuore e della coscienza è quasi sempre piena di ostacoli, con l’auspicio che giustizia sia fatta quanto prima.

chi lavora troppo, chi niente

 

 

cocomero

un mondo strano, il nostro, squilibrato, come regolato da un ubriaco, un mondo nel quale pochi lavorano troppo, molti lavorano poco o niente

una bella riflessione a proposito di M. Gramellini:

Un mondo equilibrato è forse impossibile, ma di sicuro quello che avanza dietro le gloriose insegne del progresso globale assomiglia a una giostra manovrata da un ubriaco. A Londra un ragazzo tedesco appena scampato all’età dei brufoli, Moritz Erhardt, è morto nella doccia di un dormitorio dopo avere lavorato alla City dalle 9 del mattino alle 6 di quello successivo: ventuno ore consecutive per tre giorni di fila, cibandosi esclusivamente di caffè. A vent’anni si sopravvive a strapazzi anche peggiori, quindi è probabile che Moritz fosse predisposto (soffriva di epilessia), ma la sua fine ha acceso i riflettori su una realtà: mentre la maggioranza dei giovani non trova lavoro, quelli che riescono a ottenere un posto qualificato sono sottoposti a ritmi da spremiagrumi. Un tirocinante della City lavora in media 14 ore al giorno e guadagna l’equivalente di 3000 euro, tantissimi ovunque ma non a Londra, dove l’affitto di un monolocale ne costa 1800: e infatti Moritz dormiva in un ostello.

Questa contraddizione stridente tra i pochi che lavorano troppo e i troppi che lavorano poco, o addirittura mai, sembrerebbe il frutto di un sistema senza governo. Nella storia umana, che è una storia di schiavi spesso inconsapevoli di esserlo, è sempre andata così, se si esclude un breve intervallo – dal secondo Dopoguerra agli Anni Settanta del secolo scorso – quando almeno in Occidente si riuscì a distribuire lavoro e ricchezza, e a creare il ceto medio. Ma l’intervallo è finito e la giostra dell’ubriaco ha ripreso a girare anche qui. Solo la politica avrebbe le chiavi per fermarla, ma le ha perse. Forse se l’è vendute.

Da La Stampa del 21/08/2013.

la vera malattia

 

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Monsignor Raúl Vera Lopez, attivissimo in Messico nella difesa dei diritti umani, ha detto pubblicamente che non sono i gay a essere malati, ma gli omofobi.

Vescovo cattolico sostiene che l’omofobia è la vera malattia, non l’omosessualità

Si dev’essere un po’ “malati in testa” per pensare che un gay o una lesbica siano persone depravate. Gli omosessuali sono esseri umani degni di rispetto, ha sottolineato monsignor Raúl Vera López, vescovo di Saltillo, Coahuila, in Messico.

Intervistato da Terra nel corso del programma Tejemaneje – programma online messicano di approfondimento politico – Vera Lopez ha commentato le recenti affermazioni di papa Francesco che, come ricorderete, si è chiesto: “Chi sono io per giudicare gli omosessuali?”.

Secondo il vescovo le parole del pontefice contrastano con quanto i vari capi della chiesa cattolica pensano in merito, cioè che l’omosessualità è una sorta di perversione. Ha commentato il vescovo:

Una mamma è venuta da me e mi ha parlato di suo figlio ed era molto preoccupata perché il ragazzo frequentava “quei depravati dei gay!”. Io le ho risposto: “Ti stai condannando da sola, perché tuo figlio si è formato così nel tuo senso e non è stato plasmato né come degenerato né come un perverso! Calmati: tu sei la madre di quel bambino e quel bambino è così come è fin da quando era nel tuo ventre”.

Secondo il vescovo domenicano, l’omosessualità ha una spiegazione scientifica che non si vuole ammettere e dal punto di vista religioso è importante tenere presente il contesto storico e rileggere con la massima attenzione “i testi biblici che citiamo di continuo per sottolineare che gli omosessuali sono condannati dalla Bibbia”.

E poi ha consluso:

Gli omofobi pensano a priori che omosessuali e lesbiche sono persone depravate e promiscue, ma la vera malattia è avere pensieri di questo tipo!

Non è la prima volta che monsignor Raúl Vera López prende apertamente le difese della comunità omosessuale, sia affermando che le coppie dello stesso sesso hanno tutto il diritto di avere dei figli, sia celebrando messe in onore dei santi gay della storia della gay come anche compiendo atti pubblici in cui chiedeva perdono per gli atti di discriminazione perpetrati dal clero alla comunità lgbt.

Nel 2010 monsignor Raúl Vera López è stato premiato con il Rafto Prize per il suo costante impegno a favore dei diritti umani e della giustizia sociale.

razzismo e razzismi

 

 

reato di clandestinità

successo davvero nei giorni scorsi:

Una donna bianca di 50 anni si è accomodata al suo posto in aereo e ha visto che il passeggero accanto a lei era un uomo nero.

Visibilmente furiosa, chiamò la hostess.

“Qual è il problema, Signora?” Le chiese la hostess.

“Non lo vedi?” Disse la Signora – “Mi è stato dato un posto accanto ad un uomo nero, non posso sedere affianco a lui! Devi cambiarmi il posto!”.

“Per favore, si calmi..” – Disse l’hostess.
“Purtroppo, tutti i posti a sedere sono occupati, ma possiamo verificare se ce ne sono ancora alcuni”.

La hostess verifico’ e poi ritornò dalla Signora.

“Signora, come vi ho detto, non c’è alcun posto vuoto in questa classe, in economy.
Ma ho parlato con il comandante e mi ha confermato che non ci sono posti vuoti in classe economica. Abbiamo solo posti in prima classe.”

E prima che la Signora dicesse qualcosa, la hostess continuò:

“Guarda, è insolito per la nostra azienda consentire ad un passeggero di cambiare la classe economy con la prima classe. Tuttavia, date le circostanze, il comandante pensa che sarebbe uno scandalo far viaggiare un passegero seduto accanto ad una persona sgradevole”

E rivolgendosi al nero, la hostess disse:

“Il che significa, Signore, se lei vuole, può prendere i suoi bagagli, vi abbiamo riservato un posto in prima classe…”

E tutti i passeggeri vicini, scioccati dall’aver visto questo comportamento da parte della Signora, hanno iniziato ad applaudire, alcuni anche in piedi”.

“fede non è neutralità, compromesso a tutti i costi” direbbe papa Francesco

se per un verso può sembrare un bel gesto aver fatto salire in prima l’uomo di colore, non è possibile intravedere qui il rischio di un razzismo al contrario che rimuove solo apparentemente le condizioni problematiche ma non affronta in radice il problema ‘culturale’ della discriminazione e separazione?

 

“ma mi faccia il piacere”

credere di far bene
la rubrica arguta e brillante del lunedì di M. Travaglio su ‘Il fatto quotidiano’:

TotoAutoscatto. “Lo scatto che si attende dal Cavaliere” (Piero Ostellino, Corriere , 17-8). Quello delle manette? Basta. “Letta: basta Europa del rigore” (a Repubblica, 18-8). Giusto: vogliamo l’Europa del calcio d’angolo. Libertà. “Lo scatto “De Gregori massacra i democratici e poi canta alla sua festa (per soldi)”(Libero,18-8 sulla partecipazione del cantautore alla festa del Pd di Modena). Finalmente chiarito il significato della testata “Libero”: dalla grammatica e dalla sintassi. Giustizia. “Referendum sulla giustizia. I Radicali raccolgono le firme in carcere” (Corriere della sera, 18-8). Quelli a piede libero, evidentemente, non firmano. Tutto vero. “Il Pd assomiglia a Mussolini: vuole far tacere gli avversari… Sperano di liquidare Berlusconi condannandolo al silenzio come il Duce fece con Gramsci” (Paolo Guzzanti, il Giornale, 17-8). Poi squilla la sveglia.

Coppi&Ghedini al cubo. “Muore l’avvocato Vergès, il difensore degli indifendibili. Il controverso legale ebbe tra i clienti Klaus Barbie e Carlos lo sciacallo. Scrisse saggi garantisti” (il Giornale, 17-8). Povero B., non gliene va più bene una.

Cervelli in fuga. “Con la condanna di Silvio rischiamo fughe all’estero. A preoccupare molti italiani non è la sorte personale dell’ex premier, ma la violazione della democrazia e della libertà. Così aumenta la sfiducia e la voglia di lasciare l’Italia” (Maurizio Belpietro, Libero, 17-8). Ecco cos’erano quegli assembramenti umani sulle coste siciliane.

Il Meeting della Sfiga tra i Popoli. “Enrico Letta è un amico da sempre” (Emilia Guarnieri Smurro, fondatrice del Meeting di Cl a Rimini, la Repubblica, 17-8). L’aveva già detto di Andreotti, Martelli, De Mita, Craxi, Cossiga, Monti, Passera. Avanti un altro.

Nun ce lassa’. “Una sentenza ingiusta non cancellerà un leader” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 18-8). Non s’interrompe così uno stipendio.

Fantacalcio. “La partita di Berlusconi. Sempre in gioco” (il Giornale, 15-8). Detenuti contro secondini, nell’ora d’aria.

IRagazzi dello Zoo di Arcore. “L’ex ministro Rotondi: ‘Scelto il nome del delfino’” (Libero, 18-8). Dopo i caimani, i falchi, le colombe, i pitoni, le pitonesse e il cane Dudù, mancava solo il delfino. Urge riabilitare Caligola.

Se son Rosi fioriranno. “Francesco Rosi & Roberto Saviano. Il regista incontra lo scrittore che ne ha seguito le orme” (la Repubblica, 18-8). A sua insaputa.

Marina Mercantile/1. “Il passo indietro di Marina: ‘Mai pensato alla politica’” (la Repubblica, 14-8). Se è per questo, nemmeno suo padre.

Marina Mercantile/2. “Marina Berlusconi titolare di società off-shore: un tesoretto confezionato dall’avvocato Mills” (l’Espresso, 15-8). Non c’è niente da fare, è più forte di loro: ce l’hanno nel sangue.

Agibilità. “Silvio Berlusconi tiene aperte tutte le strade. E continua a vagliare le diverse ipotesi sul tavolo per capire quale possa essere la strada maestra per provare a garantirsi la cosiddetta ‘agibilità politica’” (il Giornale, 13-8). “A Locarno vanno in scena i deliri dell’ultimo brigatista. Nel film ‘Sangue’ recita Giovanni Senzani, killer mai pentito di Roberto Peci” (il Giornale, 14-8). Gli hanno semplicemente garantito la cosiddetta “agibilità cinematografica”.

Fiducia. “Di Napolitano ci si può fidare” (Gaetano Quagliariello, ministro delle Riforme, Libero, 15-8). Lo diceva anche Bersani.

Imbecilli. “Il mio Pd? E’ guidato da dirigenti imbecilli. Mi vergogno” (Vincenzo de Luca, sindaco di Salerno e viceministro delle Infrastrutture, Libero, 13-8). Basti pensare che quegli imbecilli hanno persino candidato Vincenzo De Luca a sindaco di Salerno e poi l’hanno nominato viceministro delle Infrastrutture.

Da Il Fatto Quotidiano del 19/08/2013.

un’altra Italia

 

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SULLA SPIAGGIA DI MORGHELLA UN BARCONE ARRIVA A POCHE DECINE DI METRI DALLA RIVA. LA SOLIDARIETÀ DEI BAGNANTI CHE SI BUTTANO IN ACQUA PER AIUTARE I 160 PROFUGHI.

Pachino (Siracusa)
Alle 11 del mattino il cielo è grigio, la luce è pesante, metallica, c’è vento di ponente. È ferragosto, Morghella è la spiaggia più vicina all’Africa, il mare rompe sulla roccia. Così la vita si ferma, alle 11 del mattino, mentre un barcone tracolla, a pochi metri dalla riva.
Una specie di golem emerso dal sonno delle nostre pavidità, sputa il carico malsano, si prende gioco del coraggio di ognuno. Il barcone, con i bambini vascello, sono uguali a quelli che finiscono negli abissi, che spirano avvolti nello hijab delle madri, con i piedini azzurri violacei, immobili come le statue di sale; e invece sono tutti lì, un carico impudico di carne viva, siriani, immigrati, profughi, clandestini, neri: sono 160, di questi 67 sono bambini e 28 le donne, oppressi nella solita lurida carretta. Solo che stavolta non muore nessuno, nessuno cade in mare. Stavolta le guardie non berciano.
LA SPIAGGIA zittisce di colpo, la vita si ferma, anche sopra la baia; la vita si ferma, in paese, qualcuno avvista il golem, è giorno, è ferragosto, il golem è un’apparizione, da far tremare i polsi. Di colpo nessuno pensa al coraggio, a tutti però tocca di essere diversi; gli uomini sono neri, sono sagome che si agitano sul barcone, ma è ferragosto, non è notte, non è il canale dove muoiono come tonni, è una spiaggia, è un giorno qualunque anche. C’è ancora uno strano silenzio, da far tremare i polsi; le creature sputate dal golem parlano la lingua di Babilonia, ognuno dei presenti avrà la certezza che l’evento è enorme e che nasconde un significato terrificante, che induce ad una pietà scandalosa come l’amore, una pietà biblica. Le donne si dispongono in fila, entrano in acqua, usano lo stesso passo, sono decise però, sorridono, cominciano a tendere le mani alle altre che tremano sul barcone, nessuno pensa al coraggio, benché la vita lo stia pretendendo in quel preciso momento, alle 11 del mattino di un giorno d’agosto, una pretesa corale, distesa come un immenso hijab sul capo di quegli uomini normali.
DIETRO LE DONNE, si aggiungono gli uomini, i ragazzini, le onde si rompono sulla roccia, il barcone è fissato alla cima. Il barcone è un golem circondato da mani tese adesso, i giovani si tuffano in mare, guizzano come delfini nei loro costumi sportivi, raggiungono le fiancate del peschereccio, con la prua azzurra, le donne in fila con i pareo annodati al fianco tendono le braccia alle altre avvolte dalle pashmine, i colori delle stoffe si confondono dentro la luce metallica, non un neonato cade in mare, non un vagito inghiottito dagli abissi. Catania ha appena seppellito i suoi morti, l’olocausto dei sei sulla spiaggia della plaja. Ci sono molti catanesi a Morghella, il lutto brucia ancora, tutti presenti stavolta, se la vita interroga sul coraggio o la coscienza, saremo tutti presenti: è accaduto.
LA SPIAGGIA di Morghella è un luogo inaudito, sconfessa l’umanità che ci hanno raccontato in questi anni, chi sono costoro? Chi era quell’umanità? Un vecchio in canottiera, un vecchio nero profugo clandestino, tentenna accompagnato da due ragazzoni, uno con gli occhiali, l’aria da bravo studente, il vecchio è al sicuro, ha le lacrime agli occhi, o le abbiamo noi che li guardiamo da qui. Oggi il presidente Napolitano esulta. “Questa è l’Italia migliore”. Così è stato: gli uomini aspettavano a prua, nel golem fissato alla cima, ammutoliti, mentre si compiva ogni cosa; gli altri smettevano di essere gli altri, da qualunque parte si osservassero, ognuno era un po’ più libero.

Da Il Fatto Quotidiano del 17/08/2013.

Battiato bacchetta il papa

battiato

Battiato bacchetta il Papa: “Parli più seriamente di Dio”

“Papa Francesco è popolaresco, ma mi piacerebbe se parlasse di Dio in maniera più seria”.

Lo ha detto Franco Battiato durante il talk show ‘Io chi sono?’ che si è tenuto in piazza Duomo a Ragusa Ibla, durante il quale si è confrontato col cantautore ragusano Giovanni Caccamo, da lui prodotto e che di recente ‘apre’ i suoi concerti.

”Sono nato con un microchip incorporato – ha ironizzato – che mi indirizza verso la spiritualità. All’età di otto anni scrissi, andando clamorosamente fuori tema, ‘Io chi sono?’. Una domanda particolare per un bambino nato in una famiglia dove non si avevano libri da leggere, ma nella quale sono stato felice di nascere. Credo che ogni individuo abbia il dovere di approfondire la conoscenza di se stesso. Nascere nel regno umano e non in uno di quelli inferiori è un grande dono che non deve essere sprecato. La dimensione del silenzio è ideale e preziosa per indagare la propria autentica natura”.

p. Balducci commenta il vangelo della festa dell’assunta

bel crocifisso

 

Omelia di Ernesto Balducci per la festa dell’Assunta

II confronto col drago
Festa dell’Assunta
Letture:
Ap 11,10; 12,1-6.10
1 Cor 15.20-26
Lc 1,39-56

Succede spesso, ormai, che quando siamo chiamati a riflettere su alcuni momenti del mistero cristiano, dobbiamo abbandonare le immagini che si sono consolidate lungo i secoli, le fabulazioni con cui il cuore devoto ha creato dinanzi a sé e al di sopra di sé un mondo splendente in cui si appaga il sogno, il desiderio di felicità. Succede spesso che siamo costretti — dovendo per necessità leggere la parola della Scrittura — a seguire una strada totalmente opposta. Per celebrare la gloria di Maria assunta in cielo, non si potevano togliere dal Vangelo se non queste pagine, dove però Maria ci appare in una totale condizione umana, senza splendore regale, senza nessuna esenzione dalle leggi comuni del vivere. Quella che l’immaginazione pensa come gloria celeste, qui, in questo stupendo episodio, è semplicemente il palpito di un neonato nel seno della madre. Al polo opposto della forza, della grandezza, c’è il germogliare della vita. E’ questa la vera via evangelica per entrare in un mistero dove — come voi capite — la realtà di Dio e quella dell’uomo, non possono più essere separate, mentre, più di quanto non sembri, il nostro bisogno è di tenere Dio nel suo splendore e di colorare questo splendore di tutte le ansie e le aspettative umane senza più rispetto, però, per il mistero dell’uomo, che è il luogo in cui Dio abita. Se l’incarnazione ha un senso, ha questo senso.
Tenendo fermo questo invito della Scrittura, possiamo disporre in un certo ordine, le molte cose che ci sono state dette dalla parola di Dio, oggi. Al primo posto, come è proprio di un messaggio la cui natura è profetica, c’è la rappresentazione del punto di arrivo del mistero della salvezza. Questo punto di arrivo ci è detto, con parole ferme e grandiose, da Paolo quando parla della fine che coinciderà con 1’annientamento di «tutti i principati, di tutte le potestà e di tutte le potenze»: in quel momento il regno sarà consegnato al Padre. Solo allora la creazione, ricomposta nella pace e nella fratellanza, liberata dalla sovrastruttura demoniaca del potere — come si toglie la scorza da un frutto —, sarà consegnata al Padre. Questo termine di arrivo implica qualcosa di assolutamente indicibile, di incredibile secondo le misure umane: l’annientamento della morte, l’ultima nemica. In questa visione mistica del potere avverso al regno di Dio, la morte non è che un momento – quello decisivo – che svela la sostanza di tutti gli altri e che l’autore dell’Apocalisse rappresenta come un drago. Storicamente sappiamo cosa era il drago: era l’Impero Romano. Questo drago rosso con sette teste e dieci corna e con sulle teste sette diademi, è una rappresentazione, fatta con una immaginazione iperbolica all’orientale, dell’impero di Roma. La donna che partorisce non è Maria, ma è il popolo di Dio, e la chiesa appena allo stato nascente che si trova dinanzi questo drago terribile. E’ un modo di esprimere il conflitto fra le fragili e povere comunità di credenti nella resurrezione e l’immenso apparato dell’Impero Romano. La riflessione medievale poi ha identificato la donna coronata di dodici stelle con Maria. Del resto nella nostra fede, liberata da ogni superstizione, sappiamo che gli aspetti tipici della storia del popolo di Dio, sono riferibili tutti alla storia di Maria che è come l’emblema, il segno anticipato del destino intero del popolo di Dio. Questo conflitto è come quello spiegato prima da Paolo, tra un popolo di Dio il cui principio è l’amore, la mitezza, la non violenza e il drago che è la violenza stessa. Dall’Impero Romano ai blocchi atomici di oggi, c’è una linea di continuità. Non so cosa potrebbe di¬re oggi un veggente come quello dell’Apocalisse per descrivere il drago: basterebbe una descrizione scientifica, senza bisogno di simboli, per darci un’immagine molto più paurosa che quella lievemente infantile del drago dell’Apocalisse. Basterebbe fare il conto delle testate atomiche già pronte per capire che cosa è il potere, intrinsecamente disumano, nemico dell’uomo, omicida e perciò “regno di Satana” di cui siamo tutti contribuenti in qualche modo, al livello fiscale se non altro. Dinanzi all’apparato del potere sta la vita che possiamo osservare o nel seno di Elisabetta che è presa da improvvisa gioia, o nelle piccole comunità che sono dinanzi al drago come il neonato della donna di cui parla l’Apocalisse: è la fragilità vitale dinanzi alla mortale potenza che la minaccia. Credere vuol dire fare la nostra scelta. Se fosse luogo, potremmo anche spiegare tutta la storia dei nostri tradimenti come un tentativo di fare un compromesso con il drago. Il drago dà a questo figlio nato dalla donna, a questo popolo di Dio inerme come un bambino in culla, un po’ di sicurezza. Pensiamo al Papa che va a Lourdes in nome del Signore, però ha attorno tremilaseicento uomini col fucile puntato. Il drago mette a disposizione del Messaggero la sua forza per tutelarlo. Ma quando un drago mette la sua forza a disposizione del messaggero, qualcosa di grave — voi capite — avviene, non imputabile alla persona, ma alla logica delle strutture di cui pure dobbiamo renderci conto se vogliamo non dire cose vane o non ridurre il Vangelo ad una pura esercitazione retorica. Dobbiamo do¬mandarci: come liberarci da questa insidia del drago che è — lo ripeto — la presunzione di mettere il potere come tale, con la sua forza coattiva, deterrente, al servizio del Regno di Dio, cioè di qualcosa di estremamente fragile come il neonato nel seno di Elisabetta?
Quando Gesù parla del suo regno usa sempre immagini che ci riconducono al piccolo, al fragile, all’improbabile, al minacciato: ad un pizzico di sale, ad una manciata di lievito, ad una fiammella accesa… cose piccole, che però sono nell’ordine della vita e di fronte a cui invece il potere ha l’aspetto dell’onnipotenza della morte. Il potere non fa che creare morti. Le cronache di questi giorni ce lo dicono, in America, e nell’Africa. Il potere non fa altro che darci la possibilità di fare le statistiche dei morti. II regno di Dio è dall’altra parte. Aver capito questo significa, intanto, esultare. La tristezza consiste nell’obbedire all’istinto di potenza, nel voler riusci-re, nel cercare di essere considerati nella gerarchia del drago, di essere in alto. II che comporta frustrazioni, tradimento di amici, finzione, doppi sensi, menzogne. Uno che entra nel mondo non può che pagare il suo pedaggio con la tristezza, perché in tutti noi c’è l’alba dell’idea di un mondo diverso da questo, un mondo che pare impossibile, al punto tale che l’educazione che noi diamo ai ragazzi consiste nell’addestrarli a ricordarsi che certe cose sono impossibili. Quando si sono rassegnati, sono già diventati adulti, come noi. Il regno di Dio è nel capovolgere le cose.
Torniamo pure a Maria, a questa donna che enuncia nell’inno così caro alla memoria cristiana la sua esultanza. Il suo messaggio non ha un carattere personale, intimistico, ma storico e universale. Maria non è, per cosi dire, una «devota». Quante sono le devote alla Madonna che appena si parla di problemi sociali e politici, inorridiscono! Ma la Madonna quando esulta, esulta perché «Dio ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote». E’ un capovolgimento sociale e politico quello che Maria contempla, per esaltare il Padre. In questa esaltazione è riflessa la coscienza di una scelta di vita, una scelta dove tutti i valori si trasformano. Ciò che conta nel primo registro, quello del potere, qui non conta niente, mentre conta quello che per il potere è degno di un sorriso. Credere questo significa entrare nella grande beatitudine. Cosa dice Elisabetta a Ma¬ria? «Beata te che hai creduto».
L’aver creduto all’impossibile che le fu annunciato è la vera ragione della beatitudine di Maria: le altre glorie sono frutto più o meno dell’immaginazione. Una volta accettato questo dato di fatto che Maria ha detto un si con tutta se stessa alla proposta di Dio, ha creduto alla proposta di Dio ed è entrata nel mistero del Cristo, il resto viene di conseguenza. Noi crediamo che essa è nella gloria, ma non siamo affatto curiosi di sapere come vi è salita. L’unica beatitudine che il Vangelo esplicitamente le attribuisce è questa: «Beata te che hai creduto». E quando Gesù udì dalla folla una voce che disse: «Beate le mammelle che ti hanno allattato», quasi a voler — per cosi dire — scoraggiare tutte le devozioni maria¬ne del futuro, disse: Beati quelli che ascoltano la parola del Padre — cioè che credono — costoro sono mia madre, miei fratelli e mie sorelle. Questa verità evangelica abolisce tutte le altre misure di grandezza. Nasce così in noi la simpatia per tutti coloro che nel mondo rassomigliano a questa creatura senza potere e senza importanza. Maria è in ogni donna che partorisce nella povertà e nella miseria, in ogni donna profuga, in esilio nel suo Egitto lontano, in ogni donna che accoglie sulle sue braccia il cadavere del figlio ucciso. Questo è il mistero che si ripete con puntualità nelle Viae crucis reali del mondo, fuori degli spazi sacri. Entrare in questa via vuol dire entrare in un’altra sapienza il cui frutto immediato e profondo è davvero la consolazione di ogni uomo che crede nella parola di Dio e che è perciò madre e fratello e sorella di Gesù.

(Ernesto Balducci: Il Vangelo della pace; Borla 1985 – Vol. 3 , pp. 332-337

‘grazia’ grazie ai rom

graziagrazia2Agostino

Agostino l’ha scampata bella: può ringraziare i rom se è stata ‘graziata’ la sua campina a pochi centimetri della quale si sono ‘miracolosamente’ fermate le fiamme in pieno agosto (anche l’impietoso ‘agosto’ non ha voluto essere spietato contro ‘Agostino’!), … per questa volta almeno!

qui sotto il racconto del ‘miracolato’ stesso che ha creduto bene di finire tutto a … tarallucci e vino (non ha fatto assolutamente come quello che: “fatta la festa gabbato lu santu”):

L’altro giorno mentre mi trovavo in un altro campo Rom di Pisa, è scoppiato un incendio proprio a pochi metri dalla mia campina, alimentato anche dal vento che soffiava. In un attimo le fiamme sono diventate quasi incontrollabili, alte e rapide. Ma i rom si sono dati da fare, quando hanno capito che la mia campina rischiava di finire in arrosto, chi con l’acqua presa dalle piscine x bambini, chi con stracci usati per allontanare le fiamme e grazie a Dio a 2 estintori presi dalle loro macchine, sono riusciti9 a fermare le fiamme che nel frattempo avevano raggiunto l’autostrada che passa a lato del campo. Poi l’arrivo dei vigili del fuoc hanno completato l’opera.

Quando sono tornato al campo tutto già era al sicuro, mi hanno raccontato l’accaduto e la loro soddisfazione per essere riusciti a salvare la mia roulotte.

ieri sera ho offerto pizze, birra, bevande, una torta e una bella anguria in segno di ringraziamento..gesto apprezzato dai rom.

Grazie a Dio (e ai Rom) tutto è andato bene!

a proposito del ragazzino gay suicida

 

micino primaverile

ha fatto giustamente parlare e riflettere molto la notizia del ragazzino quattordicenne suicida perché denigrato e incompreso socialmente e familiarmente, incapace quindi di gestire in totale solitudine le incertezze della sua dimensione sessuale

trovo opportune queste indignate domande e riflessioni preliminari, che attendono certo ulteriori e più pacati approfondimenti, che ho trovato nel blog ‘cor-pus’:

  sessualità obbligata, sessualità deviata 
 .

quando leggo di un ragazzo di 14 anni che si uccide perchè si sente gay e gli altri lo classificano come tale, vorrei gridare: chi in tutta onestà non ha sentito a quell’età in certi momenti di poterlo essere?

chi mette in testa agli adolescenti di oggi che si vive incasellati dentro categorie invalicabili?

chi propaga questa idea di sessualità incanalata, obbligata, rigida, predefinita?

in una parola, deviata?

i veri deviati sessuali sono loro, questi etero obbligati.

* * *

lo fanno sia coloro che ritengono di dovere ostentare la loro virilità perseguitando chi esprime un modo di essere maschile diverso dal loro.

ma lo fanno anche coloro che sono pronti a incasellare come cosa propria qualunque incertezza, curiosità, crisi di fiducia, che a 14 anni sono cosa del tutto comune.

* * *

chi dirà ai ragazzi d’oggi la verità sul sesso, cioè sulla loro stessa identità?

anche sessualmente, ognuno di noi è un unicum, e poveretti coloro che perdono la loro unicità prima ancora di cominciare a viverla pienamente, per correre a incasellarsi nelle definizioni senza fantasia che porteranno soltanto noia a loro e a chi si avvicinerà a loro…

vivere e costruire la propria identità sessuale è una sfida da vincere in modo creativo.

 

 

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