a proposito della orribile morte delle tre sorelline rom

 

Sarebbe meglio preoccuparsi. E stare attenti

Francesca, Angelica ed Elisabeth Halinovich. Due bambine piccole e una ragazza bruciate vive dentro una roulotte parcheggiata sul piazzale del supermercato Primavera, quartiere Centocelle, Roma. Le videocamere mostrano l’immagine di un uomo, forse a volto scoperto, che lancia una molotov e poi scappa. La polizia al termine di una giornata confusa smentisce la possibilità di una pista xenofoba, intuendone i disastrosi risvolti: più probabile, dicono, una faida tra rom. I fatti nudi e crudi sono questi, ma intorno ai fatti c’è molto di più. Ci sono, ad esempio, migliaia di commenti in rete – sui siti del Giornale e di Libero i più violenti – che apologizzano il rogo al grido di “tre di meno”. C’è uno stupefacente sfogo di odio collettivo. C’è la consapevolezza che, stavolta, questa roba non sia attribuibile al web: chi scrive (firmando con nome e cognome) «Io mi auguro ke tutti i rom facciano la stessa fine» non fa che echeggiare la violenza verbale con cui la politica e la tv si esprimono da anni sulla questione nomadi, sicurezza, microcriminalità.

Questo irresponsabile, martellante tam tam, negli ultimi due mesi ha subito un ulteriore salto di qualità, approdando dalle ruspe, dai lanciafiamme, dalle bombe da sganciare sui barconi con tutte le analoghe evocazioni di misure di forza estreme ma pur sempre “di Stato”, alla categoria del “facciamo da soli”. Il dibattito sulla legittima difesa, l’elogio dell’armarsi, dello sparare, del risolvere da se’ quel che le istituzioni non risolvono, del diritto a tutelare con le armi in pugno se stessi, la propria famiglia e per esteso la propria comunità, ha portato un elemento aggiuntivo al degrado di un dibattito già irresponsabile, caotico, evocatore di rancori oscuri e incontrollati. E non stupisce che gli inquirenti abbiano così velocemente escluso il raid xenofobo e annunciato la prevalenza di una “pista interna”: sono probabilmente consapevoli del carattere esplosivo della situazione, e della necessità di tamponarla in qualche modo prima che deflagri in mano alle autorità cittadine e alla politica tutta.

Il Far West che ogni giorno viene evocato da una parte della politica e della comunicazione, è lì, dietro l’angolo. Potrebbe succedere, non è impensabile che succeda. Le frasi d’odio con cui ci martellano certe trasmissioni radiofoniche o televisive, la caccia ai voti e agli ascolti fatta rimescolando i rancori

E però, davanti alla consapevolezza che per dodici ore, nella tollerante e disincantata città di Roma, tutti noi abbiamo ritenuto possibile l’ipotesi di una strage dettata da odio razziale, una riflessione collettiva andrebbe fatta. Il Far West che ogni giorno viene evocato da una parte della politica e della comunicazione, è lì, dietro l’angolo. Potrebbe succedere, non è impensabile che succeda. Le frasi d’odio con cui ci martellano certe trasmissioni radiofoniche o televisive, la caccia ai voti e agli ascolti fatta rimescolando i rancori, propagandando il diritto/dovere alla violenza difensiva, screditando il ricorso allo Stato – “Tanto non serve a niente” – e catalogando come “buonismo” ogni appello ai principi di umanità e ogni riferimento al diritto, sono gocce che scavano la pietra. Persino la pietra millenaria della Capitale, dove i sentimenti xenofobi sono rimasti sconosciuti per millenni.

Deve essersene accorta anche Giorgia Meloni, che ieri è stata la prima – quando ancora sembrava prevalente la tesi di un raid punitivo – a tagliar netto con ogni distinguo: «Orrore e profondo dolore – ha scritto – Mi auguro che i responsabili siano presto arrestati e che marciscano in galera per sempre». Chissà se aveva presenti altre stagioni di irresponsabile odio alimentate dalla politica “ufficiale”, per altri motivi, sotto il manto di giustificazioni ideologiche apparentemente più nobili e alte. Un altro rogo di un ragazzo e di un bambino, che chiunque provenga da destra non può dimenticare, e altre parole di disprezzo “razziale” pronunciate contro le vittime prima e dopo i fatti. Non sul web, che non esisteva, ma sui muri cittadini. La parola “Primavalle” è dura da pronunciare in questo contesto, e probabilmente fuori luogo: ma in questa città il solo precedente che viene alla memoria è quello, un’orribile e indimenticabile ferita.

La speranza è che la consapevolezza si allarghi, che si comincino a giudicare impronunciabili e impresentabili certe espressioni, non della Rete – che è solo una risonanza sguaiata di messaggi nati altrove – ma del discorso pubblico. A isolare chi le pronuncia. A demolire l’idea balzana che lo Stato sia impotente davanti al crimine e al degrado. Lo Stato ha poteri colossali, e se li non li utilizza bisogna contestare chi lo gestisce, incalzare i ministri incapaci, i sindaci imbelli, i capi della polizia inefficienti, smettere di votare chi li esprime e li nomina, usare le armi della democrazia e abbandonare l’idea che il fai-da-te ci renda più sicuri, più liberi, perchè è vero il contrario: nel Far West, di solito, sono i miti a soccombere, gli innocenti a morire.




la musica e la festa rivelano meglio di ogni altra cosa l’identità rom – il C.C.I.T. 2017 a Madrid

se vuoi conoscere nel profondo il cuore rom lasciati accompagnare dalla sua musica

 

 

 

 

Si è svolto nei giorni scorsi, 21-23 aprile, a GADARRAMA, ridente località appena fuori di MADRID, il C.C.I.T. 2017 (Comitato Cattolico Internazionale per la pastorale rom), che, per meglio capire il vero cuore rom, non poteva che avere come focus:

“LA MUSICA NELLA VITA TRA FESTA E LEGAME SOCIALE”

Il sabato ci ha visti impegnati in vari significativi momenti:

   1. i saluti ufficiali del gruppo spagnolo della pastorale rom 

   2. ascolto del messaggio Vaticano al C.C.I.T.

il prete rom attuale animatore del C.C.I.T.

conferenza della teologa

CRISTINA SIMONELLI:

“IL CANTO DI TUTTI: LA COLONNA SONORA DELLA VITA”

“La musica … può partecipare a questa conversione e diventare soglia (threshold english; seuil; umbral) per molti accessi. Consente infatti di affacciarsi all’esperienza della gioia e del dolore, della festa e del lutto. Consente di stare sulla soglia della casa e della festa dell’Altro, imparando da questo spostamento a esprimere i propri sentimenti, a pronunciare le proprie lodi, a cambiare la propria vita. Consente ancora di stare sulla soglia delle interazioni culturali: certo evitandogli ostacoli delle maschere che possono nasconderci gli uni agli altri, ma aprendo vie inedite di incontro, proprio là magari dove i conflitti sono più aspri. Come si esprime infatti mettendo in relazione contesti e elementi diversi, così può aprire vie di incontro e benedizione, senza moralismi ma con profonda eticità” (dalla relazione di C. Simonelli).

L’intensità di tale relazione è diventata ovviamente motivo di dialogo e approfondimento nei gruppi di riflessione dialogata

La celebrazione eucaristica in diverse lingue con l’omelia di Clade Dumas ha portato a termine la giornata con un messaggio e una sollecitazione forte ed efficace ad ‘accordarci’ ai progetti di Dio per noi e per la storia.

“Accordarci ai progetti di Dio significa accordarsi alla vita come si presenta a noi. Accordarsi come ci si accorda alla musica in una danza. Come in una danza bisogna accordarsi anche con il suo partner. Da sempre Dio si fa alleanza con noi e sposa la nostra umanità per farci entrare nella danza del suo amore … E se con Dio noi ci lasciamo guidare, non saremo capaci di ballare? … Lui conosce la musica. L’Ha scritta Lui. Conosce i passi. Allora accettiamo di lasciarci guidare per entrare nella danza della vita” (dall’omelia di Dumas).

La domenica mattina ha visto la descrizione della

“SITUAZIONE SOCIALE E LA PASTORALE DEI GITANI IN SPAGNA”

nimatore pastorale FERNANDO JORDAN PERMAN della pastorale rom spagnola, col preciso e ribadito invito ad “ascoltare la vita interiore del gitano”, ad “andare loro incontro”, “incoraggiare il dialogo”, “cercare la comunione”. Indubbiamente atteggiamenti molto apprezzabili perché:

nota personale:

 ha dovuto affrontare avventurosamente un viaggio’ abramitico’ verso la Francia che ha loro messo a disposizione fin da subito le prime strutture di accoglienza umana in attesa dei tempi necessari per il vaglio della loro richiesta di stato di profughi; richiesta che proprio negli ultimi giorni è stata felicemente accettata con la gioia di tutti che ha compensato l’infinita sofferenza della lunga ‘via crucis’ percorsa da questa famigliola, sofferenza arrecata dalla durezza e crudeltà di strutture pubbliche del nostro paese, perfino dei servizi sociali …




C.C.I.T. 2017 Madrid – programma

PROGRAMMA

Venerdi 21 Aprile

Pomeriggio :  Accoglienza

19 h: Cena

20 h: Preghiera animata dalla Spagna

Sabato 22 Aprile
8 h 30: Saluti da parte del gruppo pagnolo 

              Messaggio del Consiglio Pontificale Sr Alessandra (Vat)

              Introduzione Claude Dumas (F)
09 h 00: Incroccio a partire di estratti del Film « Latcho Drom » di Tony Gatlif

10 h 30:Pausa 

11h: Assemblea plenaria : restituzione dei lavori in carrefour 

12h: Spiegazioni relative al voto del comitato di vigilanza secondo al nuovo organigramma

12 h 30: Pranzo

15 h 00:  Conferenza : « il canto di tutti : la colonna sonora della vita» Cristina Simonelli teologa (I)

16 h 00: Pausa

16 h 30: Discussione, scambi in carrefour 

18 h 30: Eucaristia CCIT (Presidenza ( ?)+ omelia Claude Dumas (F) 

19 h: Preparazione serata festiva

 30 20 h: Serata festiva

Domenica 23 Aprile
8 h 30: La situazione in Spagna 

9 h00: Scambi con la conferenziera

10h: Pausa

10h15-11h: Risultati dei voti e constituzione del Comitato di Vigilanza

                     Informazioni- data e luogo del prossimo CCIT 

                     Conclusione
11 h 30: Eucaristia (presidenza + omelia ?)

12 h 45: pranzo

14h: Partenza per la visita turistica (San Lorenzo del Escoriai, + El valle de los Caidos) — ritorno in serata




C.C.I.T.2017 – Madrid relazione di Cristina Simonelli

Il canto di tutti: la colonna sonora della nostra vita

Gracias a la vida que me ha dado tanto
me ha dado la risa y me ha dado el llanto
así yo distingo dicha de quebranto
los dos materiales que forman mi canto
y el canto de ustedes que es el mismo canto
y el canto de todos que es mi propio canto
Gracias a la vida, gracias a la vida….1

spagnolo nel testo, traduzione in nota

      1. Hai mutato il mio lamento in danza

Hai mutato il mio lamento in danza,

la mia veste di sacco in abito di gioia,

perché il mio cuore ti possa cantare inni senza posa

Signore, mio Dio, ti loderò per sempre

(Sal 30,12-13)

religioso per la morte che si apre alla risurrezione.

Il biblista italiano Gianfranco Ravasi, ora cardinale, così descrive in generale il mondo musicale del salterio attraverso il vertice della raccolta, che è il Salmo 150:

antifonale fra coro e solista2.

Anche il nuovo Testamento conosce molte forme di Inni, che ad esempio nell’Apocalisse assumono anche tutto lo spessore di una liturgia, con diversi soggetti che intervengono e si rispondono. Sarebbe lungo poi ricordare le molte forme con cui questo è stato vissuto e interpretato, riporto solo, per la sua originalità, uno stralcio di uno scritto “apocrifo” che descrive una danza pasquale di Cristo:

3

Tutto il mistero pasquale dunque viene espresso e insieme sperimentato in una musicalità che diventa anche danza. Anche al di là di questo testo particolare, è significativo – e sarà utile per la seconda parte della nostra riflessione – ricordare anche che di fatto non conosciamo con sicurezza quale fosse la musica dei salmi, così come degli inni più antichi extra biblici, anche se molti se ne sono posti alla ricerca: essa dunque oggi esiste solo nelle molteplici forme in cui è stata interpretata, riespressa, contaminata e dunque vissuta.

Nella sua forma collettiva, spesso organizzata e dunque ordinata e condivisa sia nella forma che nel significato, la musica diventa festa. Anche con l’aiuto degli studiosi di antropologia culturale, il mondo della teologia e della spiritualità ne ha maggiormente compreso l’importanza:

La riscoperta della dimensione festiva costituisce uno dei maggiori segni indicatori della capacità di memoria e di celebrazione dell’esistenza umana e del suo mistero nella storia di un popolo. Partecipare ad una festa significa rievocare insieme il suo messaggio ideale e impegnarsi a realizzarlo. Il fare festa diventa per una comunità un atto unificante, capace di coniugare simbolicamente nei segni posti, il passato, il presente e il futuro (Giuseppe De Virgilio)4

Dobbiamo infatti riconoscere che se oggi nessuno studioso della Bibbia negherebbe questa dimensione, non sempre il concreto atteggiamento pastorale è capace di vivere con serenità e carattere evangelico questa realtà.

2. Nella gioia del Vangelo

Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. Però riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto (Evangelii Gaudium n. 6)

Anche il cammino sinodale ha indicato rischi analoghi ed ha rappresentato una risorsa di conversione pastorale. Averlo percorso:

significa aver dato prova della vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia.

Significa aver cercato di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività.

Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole “indottrinarlo” in pietre morte da scagliare contro gli altri.

Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite.

Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori.5

Una condizione anestetizzata, incapace di riconoscere il dolore e la gioia, la festa e il lutto di chi incontra, è spesso sintomo della incapacità di riconoscere i propri sentimenti, in quella che potrebbe essere indicata come “alessitimia”, termine che indica un disturbo della sfera emotiva, connotato dalla difficoltà di incapacità di percepire, riconoscere ed esprimere gli stati emotivi, propri e degli altri. Non basta una buona volontà singola per uscirne, abbiamo necessità di un lavoro collettivo: sinodale in termini ecclesiali, o politico e culturale in termini laici. Questi nostri incontri e lo “spirito del CCIT” possono contribuire a questo percorso di consapevolezza e di conversione pastorale, fatta anche attraverso gli occhi, i suoni, i riti “degli altri”.

3. Le musiche tzigane come ingegneria culturale e legame sociale

6

Il film di Toni Gatlif, Latcho Drom, rappresenta oggi per noi, in questo nostro Incontro ben più di una conferenza. Mostra in sequenze filmiche quello che tutti sappiamo per esperienza e su cui vogliamo anche riflettere: quello che vale per ogni cultura ha un valore singolare per alcune. In questo caso l’espressione musicale è molto importante nella vita romani (tzigana) nelle molte differenze così come nelle dimensioni comuni. Così importante che, appunto, il regista riesce a indicare gli itinerari e le soste di tali popolazioni seguendone le musiche e le danze, dall’India alla Spagna, le feste e i lutti, gli incontri più o meno autentici.

Alcune sue forme sono così note e fondamentali per la cultura europea da farne parte in maniera inseparabile: le musiche ungheresi, cui si ispirò fra gli altri Franz Liszt e il Cante Flamenco in primo luogo, ma anche la musica dei Lautari rumeni, riuniti in gruppi denominati Taraf “Gypsy of the Nile” e i “Moroccan Gypsies”, con Sidi Mimoun e Ben Souda, o le forme legate alle tarantelle (danze popolari) del sud Italia. Alcuni nomi hanno tale risonanza da uscire anche da registri strettamente etnici, come quello del jazzista Django Reinhardt, di Manitas de Plata (= Ricardo Baliardo, Montpellier 2014), del complesso dei Gipsy Kings o di Goran Bregović.

Pensare di renderne anche solo minimamente ragione qui sarebbe altrettanto arrogante che pensare di aver parlato in maniera sufficiente della musica nella Scrittura. Senza contare che quello che a noi interessa non sono soltanto i grandi nomi, bensì la trama della vita quotidiana, della nostra comune esperienza, che si esprime in forme meno alte ma ugualmente artistiche, come pure nella semplice abitudine di ascoltare musica prodotta da altri, facendone però in certo senso la colonna sonora della nostra vita. L’ottica che vogliamo assumere è piuttosto un’altra: si usa dire che le differenze fra questi tipi di musiche sono tali e tante da lasciare sullo sfondo le somiglianze, che pure si potrebbero raccogliere nella frequenza di cambi di registro, nella capacità di seguire il ritmo come nel blues, nella prorompente improvvisazione come nel jazz. Infatti:

Ciò che distanzia questi artisti dalle lontane origini comuni sembra maggiore di ciò che li avvicina. Eppure nei numerosi stili che si sono venuti a creare si possono riconoscere vari elementi in comune, prima fra tutte la pratica molto frequente dell’improvvisazione, con rapidi cambi di tempo, ritmi assai sostenuti, talvolta note lunghe e appassionate, un alto grado di virtuosismo, una forte sensibilità quasi sentimentale e una ricca “ornamentazione”, fatta di cesellature e arabeschi. Talvolta, inoltre, le esecuzioni vengono arricchite da suoni prodotti con qualsiasi mezzo si abbia a disposizione, dalla percussione di una vecchia lattina al battito di mani (Francesca Ferrando).

archeologia irraggiungibile di un suono puro, ma nella contaminazione plurale delle molte esecuzioni.

Altri momenti musicali che non posso dimenticare sono quelli funebri: il suono del violino dell’anziano Sinto che onorava così tra le lacrime la sepoltura della moglie, le musiche contrastanti delle bande musicali che, secondo un uso appreso da alcune regioni italiane come la laica Emilia, accompagnano la via che porta al cimitero, alternando musiche felici, magari amate dal defunto, ad altre tristi, consentendo così l’espressione dell’affetto e del cordoglio.

Bregović, cui ebbi occasione di assistere. La maggior parte dei brani, lo comprendevo molto bene, erano in romanes, le musiche erano quelle balcaniche, tipico esempio di mixage e contaminazione di suoni. Bregović non spiegava, non faceva discorsi di bontà e integrazione, semplicemente suonava e cantava insieme al suo complesso: tutti i partecipanti, xenofobi o meno che fossero, in visibilio, saltavano, ballavano, applaudivano!!

4 Gli occhi degli altri: la conversione del “principio di distinzione”

In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore degli eserciti: «Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità (Isaia 19, 23-25).

Come negli Incontri del CCIT ci siamo più volte detti, ci troviamo costantemente a dover negoziare fra due principi che si fronteggiano: stiamo, sia a livello di azione sociale/politica/culturale che di pratica religiosa, tra il timore della “etnicizzazione” Mi sembra che potrebbe aiutarci in questa riflessione un suggerimento di Jan Assmann, un egittologo che, avvicinandosi alla figura di Mosè, protagonista dell’Esodo biblico, ma, appunto “straniero necessario”, egiziano ed ebreo a un tempo. Assmann parla come di “distinzione mosaica”per indicare la forma di identitarismo esclusivo cui dà vita quel particolare monoteismo. La questione, così come si deposita nella memoria culturale e religiosa del Libro biblico e della sua memoria attualizzata, nasce da un pasticcio etnico, da un disprezzo che era diventato sottomissione e schiavitù. Ad esso ha reagito un uomo/tipo, meticcio e appartenente alle due culture, quella maggioritaria e dominante e quella minoritaria e sottomessa. La storia che ne trae origine è segnata, appunto, dall’esclusivismo: un Dio, un popolo, una Legge, diversi e separati da tutti gli altri. Tuttavia, come lo stesso Assmann segnala, in quella narrazione plurale (=la raccolta biblica) e nelle tradizioni viventi che vi si riferiscono, c’è anche un’altra possibilità ed è quella di convertire la distinzione/separata in differenza/accogliente. In Assmann questo si concretizza nell’idea di conversione del monoteismo:

Solo come religio duplex, vale a dire come una religione a due piani, che ha imparato a concepirsi come una tra le molteplici e a guardarsi con gli occhi degli altri, e che nondimeno non ha perso di vista il Dio nascosto o la verità nascosta come punto di fuga comune a tutte le religioni, la religione stessa può trovare un posto nel nostro mondo globalizzato10

11.

stile. I “popoli”sono tutti i confinanti nonché i nemici tradizionali – Egitto, Assiria, Filistei – e alcuni altro, tra cui Etiopi e Arabi.. Ripeto la perla che si apre e cambio lo scenario radicalmente:

Infine, come nel salmo 30, la soglia che fa sperimentare è anche quella radicale, in cui la vita si apre nel suo Oltre, quella del gemito dello Spirito (Rm 8) che attraversa le parole e fa sì che il canto di ognuno diventi il canto di tutti e di tutte le cose: Gracias a la vida.

Cristina SImonelli

1Grazie alla vita che mi ha dato tanto

Mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto

Così io distinguo la felicità dal rimpianto

I due materiali che formano il mio canto

E la vostra canzone che è il mio stesso canto

E la canzone di tutti che è il mio proprio canto

Grazie alla vita che mi ha dato tanto

2Gianfrano Ravasi, Il libro dei salmi. Commento e attualizzazione, Vol I,, EDB, Bologna 1985, pg 28: la seconda parte della citazione è una mia sintesi del suo scritto.

3Atti di Giovanni, 94-96. Scritto apocrifo, che tuttavia conserva elementi innici e liturgici interessanti

4La festa costituisce comunque un momento particolarmente privilegiato anche in senso religioso: chiamando l’uomo ad uscire da se stesso e dal proprio quadro ordinario di esistenza, lo apre in maniera nuova all’esperienza del sacro, del divino, della fede. In questo senso, la festa fa parte delle ricchezze più preziose della nostra umanità” (AA. VV., Riscoperta della festa, Roma 1991, 27).

5http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/october/documents/papa-francesco_20151024_sinodo-conclusione-lavori.html

7Leonardo Piasere, I rom d’Europa. Una storia moderna, Laterza, Roma-Bari 2004, 3;15. «Ci sono almeno due modi di guardare e descrivere i rom e gli altri gruppi detti “zingari”. Il primo ruota attorno ai concetti di integrazione anomia, anche quando tali termini non sono apertamente pronunciati. […]. Il secondo considera il rapporto tra rom e non zingari come fortemente radicato nel continuum spazio-temporale della modernità europea e come suo momento strutturale profondo» (ibidem,VII).

8Piasere, I rom d’Europa, 89.Questo paragrafo riprende le osservazioni dell’intero capitolo Le concezioni del mondo, 89-105.

9Daniele Todesco, Le maschere dei pregiudizi: l’innocenza perduta dei pregiudizi positivi. Una categoria esemplare: gli zingari, Quaderno Migrantes, Roma 2004.

10Jan Assmann, Monoteismo e distinzione mosaica, Morcelliana, Brescia 2015, 20.

11Hans Küng, Teologia in cammino. Un’autobiografia spirituale, Mondadori, Milano 1987, 269ss




C.C.I.T. 2017 Madrid – di omelia Claudes Dumas

CCIT – Guadarrama 2017

Omelia del 22 aprile

Claude Dumas

« A chi paragonerò questa generazione? »

Questo Vangelo ci parla di quelli che giudicano in maniera negativa il modo di comportarsi di Giovanni il Battista e di Cristo. Niente di quello che il Cristo insegna è accettato tanto dal mondo di ieri che da quello di oggi per il fatto che siamo immersi in una società che offre solo beni di consumo e occasioni di piacere.

Non rifiuta alcun invito spingendosi addirittura a provocarli. Il suo gusto , il suo bisogno di convivialità è cosi smisurato che gli valgono critiche aspre dai dottori della Legge. La tavola è il luogo in cui Gesù , in mancanza degli invitati che non hanno accettato , invita tutti gli umani, anche se fossero marginali,scomunicati,respinti . La tavola apre sulla gioia di un incontro a cuore aperto

Ora, attraverso tutte queste critiche, Gesù ci invita ad accordarci ai progetti di Dio per noi e per la storia . I progetti di Dio , noi possiamo percepirli solo nella vita . Accordarci ai progetti di Dio significa , accordarsi alla vita come si presenta a noi. Accordarsi come ci si accorda alla musica in una danza . Come in una danza bisogna accordarsi anche con il suo partner . Da sempre, Dio fa alleanza con noi e sposa la nostra umanità per farci entrare nella danza del suo amore .

Non so ballare, non ho mai imparato . Faccio difficoltà a seguire la musica , sto là a guardare senza en

l’introduzione di Claud Dumas al CCIT 2017 di Madrid

CCIT – Guadarrama 2017

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

di  Claude Dumas

Buongiorno a tutti, Non ritomerò sui saluti e le parole di benvenuto pronunciate precedentemente alle quali mi associo pienamente ma desidero solo ringraziare più particolarmente la direzione e il personale del centro di congressi FrayLluis de Léon che ci apre in grande le porte, ringraziamenti anche alla conferenza episcopale spagnola nella persona dei nostri amici Belen e Ramon e al gruppo che li accompagna… organizzare un incontro del CCIT non è una delle cose più facili …grazie per il vostro impegno.
« La musica nella vita tra festa e legami sociali »
Un tema piuttosto sorprendente… Come questo soggetto potrebbe ricollegarsi alla nostra pastorale ?… eppure… un semplice sguardo alla Bibbia in particolare all’antico testamento ci rivela che la musica, fin dagli inizi, appare come la sola arte che gli Israeliti sembrano aver praticato…Musica vocale e strumentale, religiosa e profana, benefica o malefica : tutti gli aspetti attuali del dominio musicale vi sono abbordati, tutti i momenti della giornata, tutte le époque dell’anno sono impregnati di canti imparati o improvvisati… musica sempre e dovunque…allora, non è da stupirsi ,che la musica abbia un posto importante nella vita degli zigani di ieri come di oggi, lei ne è l’espressione della vita quotidiana.
Julia Talon, musicologa nella sua memoria « La Musica e la costruzione dell’individuo », precisa che per quel che la riguarda « che essendo accessibile a tutte le popolazioni, la musica è un’arte che illustra l’appartenenza a un gruppo sociale, a una fascia d’età… » d’altra parte non è forse quello che esprime attualmente la maggioranza dei giovani Roma come Gadjé, che senza tregua si servono dei loro telefoni per ascoltare e condividere con i loro parenti musiche in cui si riconoscono e grazie alle quali rivendicano un’ identità, un posto, una storia.
Per Tony Gatlif, autore di numerosi film come Latcho Drom che servirà da supporto alla nostra riflessione, la musica è « il cemento che unisce gli umani » ,o ancora « Il soffio che permette di andare verso gli altri.
Questa è la dimensione che desideriamo esplorare durante il nostro incontro : quella di non considerare la musica come diabolica, la musica che è vista spesso come un luogo di perdizione quando è associata alla festa per, senza nascondere le difficoltà che ad essa si collegano (violenza, alcool), ridarle un senso di comunione, di reciprocità, di condivisione , di gioia e raggiungere in questo senso la « Gioia del Vangelo » come l’esprime il papa Francesco : « ci sono dei cristiani che sembrano avere un aria da Quaresima senza Pasqua »(n°6)
Concretamente questo rimanda ognuno , a lasciar interrogare il suo sguardo e i suoi sensi, per attraverso la musica di cui lei non è che un elemento, sentirsi invitare alla festa come spazio di pace e di incontro per quanto effimera essa sia…
Tutti noi abbiamo ,ne sono certo, fatto l’esperienza di quei momenti, in cui portati dalla musica, ci sentivamo in profonda comunione gli uni con gli altri, un lasso di tempo in cui cadono i muri, le barriere di razza , di religione o anche della gerarchia …per sostenere i miei propositi, mi basta pensare a quello che noi viviamo nei nostri incontri quando ciascuno di noi vibra , per esempio , al suono della musica di Viktor e altri gruppi musicali…in quel preciso momento, non c’è più bisogno di parlare , più bisogno di parole… la musica si fa silenzio interiore per lasciar uscire le emozioni che abitano in noi, gioia, malinconia, rivolta , evasione… La musica, e più particolarmente in questi decenni , con l’era delle nuove comunicazioni, è diventata più che mai creatrice di vincoli sociali…è uno strumento di costruzione o addirittura di ricostruzione per le persone in stato di fragilità instaurando una forma nuova di comunicazione…in questo senso molti musicisti non esitano a dare parte del loro tempo per andare verso persone in situazione di handicap, di malattia di precarietà…non so se questo esista altrove ma a Tolone un gruppo musicale porta il nome « senza voce » …un titolo sufficientemente evocatore per dire quanto la musica sia linguaggio…
Allora sapremo durante il nostro incontro lasciarci sorprendere, interrogarci , trasferire per collegare festa e vincoli sociali…
Sapremo anche ,più concretamente ,lasciarci destabilizzare dall’organizzazione di questi giorni nella misura in cui noi non cominceremo come d’abitudine con l’ascolto della nostra oratrice , ma con la proiezione di 4 estratti del Film Latcho Drom, seguita poi da un tempo d’incontro per il quale tutte le consegne sono state date agli animatori .
Si è proprio questo il tema del nostro incontro…tra festa e legame sociale Cosa significa questo legame creato dalla musica, che ne facciamo nei nostri incontri ? Come la sfruttiamo nella nostra pastorale ?…
Tante domande e altre ancora alle quali il nostro conferenziere Cristina Simonelli saprà questo pomeriggio chiarire, meglio di me , con il suo sguardo di teologo Non mi resta più che augurarvi un buon incontro nello spirito del CCIT cioè nell’ascolto e l’incontro dell’altro… Buon lavoro !!




le domande al centro della riflessione e del dialogo al CCIT 2017 di Madrid

CCIT 2017 Spagna

 

 

 

 

 

 

DOMANDE CARREFOUR

1. Frequentando i Rom-Sinti e ascoltando la loro/nostra musica:

• quali sono le nostre reazioni immediate?

• quale la nostra lettura dopo una seria riflessione e confronto con altri operatori?

• Ci è possibile cogliere il legame spontaneo con la loro vita nelle varie situazioni (feriali, di esclusione, festive, di lutto ecc.)?

2. Come può la Festa diventare un mezzo per superare e vincere i momenti difficili di un popolo?

3. La Musica che armonizza il Passato, Presente e Futuro, ma anche la vita, i drammi, il rifiuto, la festa, la religione ((ingegneria culturale). Come cogliere questo legame così intrecciato nelle vite dei Rom?

4. Le feste dei Rom-Sinti, ai nostri occhi, appaiono molto “sprecone” considerando il loro stile di vita “feriale” e l’attività della sopravvivenza, l’elemosina. “Ci sono Cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua.” (papa Francesco) . Chi rispecchia di più l’esperienza raccontata nella Parola della Bibbia?

5. Il CCIT è il nostro cammino frutto dell’incontro con il cammino dei Rom-Sinti. Questo viaggio particolare ha lasciato segni e tracce che ci hanno cambiato, donandoci uno sguardo nuovo attraverso suoni, riti, voci diverse. In questo cammino è mutata in noi anche l’immagine di Dio? Come?




il saluto della responsabile della pastorale spagnola per i rom al CCIT 2017 a Madrid

CCIT – Guadarrama 2017

 

 

 

 

 

 I SALUTI
di Belen Carreras Maya

missionaria direttrice nazionale della pastorale dei gitani in Spagna


Noi raccomandiamo questo incontro alla beata gitana affinchè questo incontro porti frutti per noi tutti.
Felice soggiorno in questa casa di Guadarrama della città di Madrid




messaggio del Vaticano al CCIT 2017 a Madrid

CCIT 2017 Madrid

 

Dal Vaticano. 10 aprile 2017

DICASTERIUM AD INTEGRAM HUMANAM PROGRESS1ONEM FOVENDAM

Reverendo e caro Padre Dumas,

Cari fratelli e sorelle,
Mi è  gradito rivolgere cordiale saluto a tutti voi riuniti net consueto Incontro annuale del Comitato Cattolico Internazionale per gli Zingari. Esprimo parole di stima e di riconoscenza per la generosity e l’impegno con cui vi dedicate al servizio delle popolazioni rom, sinti e altri gruppi gitani. Nel corso della riunione vi dedicherete alto studio del tema La musica nella vita, tra festa e legame sociale. Questo argomento si riferisce a uno degli aspetti essenziali della vita dei rom, la musica. Il tema invita anche a una riflessione sul ruolo che la musica ricopre nel processo d’integrazione del popolo gitano.

Voi, cari amici, che condividete lo stile di vita dei rom sperimentate quotidianamente come la musica perinea la loro esistenza e plasma la loro identity. Attraverso la musica le varie etnie gitane raccontano momenti importanti della loro vita, narrano la bellezza della natura e, soprattutto, svelano ii desiderio di amare e di essere amati. Considerando la loro storia, sarebbe interessante vedere come la musica gitana si a evoluta nel corso degli anni, in che modo ha influenzato la vita dei popoli gitani e come ha modellato le loro relazioni con altri popoli ed etnie. Una cosa e certa: nelle sue varie manifestazioni, la musica gitana e stata sempre apprezzata e ammirata per la ricchezza delle espressioni sonore e per le melodie, e non ha mai trovato barriere culturali, linguistiche o religiose. Nel tempo, ha detto loro Papa Benedetto XVI, ricevendo i rom in udienza privata l’undici giugno 2011. “avete creato una cultura dalle espressioni significative, come la musica e il canto, che hanno arricchito l’Europa”. Infatti, la musica gitana e penetrata nel folklore dei popoli ospitali, contribuendo allo sviluppo di gruppi strumentali e di alcune forme musicali come it flamenco spagnolo. Musica, canti, danze e costumi gitani hanno marcato le feste popolari di tutti i tempi. Per quasi mille anni, le etnie gitane che vivono in Europa hanno ispirato non soltanto grandi compositors quali Brahms, Liszt o Bizet, pittori e poeti, ma soprattutto l’arte popolare. II flamenco, il violino e la fisarmonica sono diventati simboli distintivi del popolo gitano. ma si deve evitare che popolo rom venga identificato soltanto con musica e danza. La musica gitana porta in se valori fondamentali dell’essere gitano: l’amore per la famiglia, per gli anziani, la difesa della vita.

La musica è un fattore importante nello sviluppo integrale della personalità, aiuta a sviluppare i sentimenti e l’immaginazione, è creatrice di gioia e bellezza. E necessario sfruttare tutte le possibilità della musica gitana per potenziare il protagonismo del popolo rom nella sua promozione umana, sociale, culturale e religiosa, ma soprattutto nello sviluppo integrale di ogni membro della comunità gitana, cominciando dai bambini e dai giovani, fino agli adulti. Finché subirà discriminazione e oppressione, fino a quando non avrà accesso ai fondamentali servizi sociali, finché sarà calpestata la dignità anche soltanto di uno di loro, non si potrà parlare di sviluppo integrale. Tutto questo esige anche un serio impegno del popolo gitano, la volontà di avvicinare le nuove generazioni all’istruzione e all’educazione professionale. La musica è uno dei mezzi di educazione che favorisce creazione di una convivenza pacifica e solidale. Se a volte le popolazioni rom sono emarginate e rigettate dalla società, al contrario la loro arte di far festa è molto apprezzata; anche se molti di loro vivono il dramma di accoglienza negata e di rigetto, la loro musica e la loro arte sono dei fattori che diminuiscono tensioni sociali.
Momenti particolari di integrazione sociale e di omaggio alla cultura e arte gitana, sono i Festiva! di Musica e di Cultura Rom organizzati in vari Paesi europei. Mentre da una parte assecondano l’integrazione all’interno della minoranza rom, rendendola consapevole del proprio valore culturale e della propria originalità specifica, dall’altra, questi offrono occasioni per intrecciare relazioni interpersonali e sociali che aiutano a prevenire i conflitti e a promuovere la tolleranza e il rispetto nello spirito dei valori della democrazia e della libertà. La musica gitana è una musica della collettività; nasce nella comunità, la definisce e ne determina le tradizioni, l’identità e la cultura. Come parte integrante dell’esistenza, la musica ricopre un ruolo fondamentale nel dialogo intergenerazionale. Il canto e le ballate trasmettono alle nuove generazioni la storia e il patrimonio culturale della propria etnia. Nel pensiero teologico di Papa Benedetto XVI, tre sono i luoghi in cui scaturisce la musica: l’esperienza dell’amore, l’esperienza della tristezza e del dolore, e l’incontro con il divino, con Dio stesso¹. La musica e il canto trovano le sue fondamenta nella Sacra Scrittura e sin dall’inizio hanno accompagnato la preghiera della Chiesa. I Salmi, cantati in ogni liturgia, esprimono i vari sentimenti delle creature verso il Creatore e sono veri inni di lode al Signore. Con essi pregava Gesù e la sua Madre. Il “Magnificat” è un inno per eccellenza di esaltazione e di gratitudine al Dio Creatore. Con Salmi anche la Chiesa canta e prega, come insegnava Sant’Agostino “Il cantare è proprio di chi ama” (Sermo 336,1: PL 38,1472). Spetta a voi, cari operatori pastorali, scoprire modi affinché la musica gitana trovi spazio nella liturgia e sia un’espressione sincera del vero incontro tra l’uomo e il suo Creatore.
Cari amici, voi che accompagnate le varie etnie gitane nel loro percorso verso la partecipazione legittima e doverosa nei diritti e nei doveri della società e della Chiesa, siate come una madre con cuore aperto², siate una Chiesa “in uscita” che giunge le periferie umane. Questi giorni vi serviranno per rallentare il passo e mettervi in atteggiamento di ascolto e di contemplazione dei valori, delle gioie e dei dolori dei nostri fratelli e sorelle gitani. Auspico per tutti voi la pienezza dello Spirito Santo e imploro la benedizione di Dio per tutti voi, le vostre comunità e le vostre famiglie.


1.BENEDETTO XVI, Discorso in occasione della Consegna di Dottorato honoris causa dalla Pontificia Università “Giovanni Paolo II” e dall’Accademia Musicale di Cracovia, Castel Gandolfo, 4 luglio 2015.

2 Cfr. PAPA FRANCESCO, Evangelii Gaudiztm, V, 46.




CCIT 2017 a Madrid: la situazione sociale spagnola dei rom e la pastorale nei loro confronti

CCIT – Guadarrama 2017

LA SITUATIONE SOCIALE E LA PASTORALE DEI GITANI

IN SPAGNA

Fernando Jordán Pemán

INTRODUZIONE

L’attuale situazione è complessa e numerose tensioni e contraddizioni marcano la comunità gitana : non è facile fare una sola e unica analisi, gli esperti ne fanno diverse letture ma sopratutto una parola riviene sempre : crisi.

Mi hanno chiesto di riflettere sulla situazione sociale e pastorale dei Gitani di Spagna e voglio partire, per questa riflessione, dall’inizio della nostra democrazia ed arrivare fino a oggi, perché negli ultimi 40 anni ci sono state più trasformazioni nel mondo che dal 1425, anno dell’arrivo dei Gitani in Spagna1.

IL NUOVO VISO DEI GITANI

al primo posto, i gitani che hanno aquisito una promozione sociale.

  • al secondo posto i gitani che hanno una propmozione sociale in corso.

  • Tra le cause, le più influenti che hanno prodotto questo cambiamento di vita e di attitudini nel comportamento dei Gitani, possiamo rilevare :

    • La scolarizzazione dei bambini nelle « scuole-ponte »

    • I mezzi di communicazione

    • Il cambiamento delle zone di residenza per molti di loro

    • La valorizzazione della donna Gitana

    • 2

    2.1- ASCOLTARE LA VITA INTERIORE DEL GITANO

    aspetto più evidente Non è il caso. La parte di Gitani praticante è sempre più minoritaria. Quello che si osserva ora è che la fede occupa un posto sempre più piccolo nella vita quotidiana delle persone.

    La fede è sostituita da altre convinzioni che sono intorno ai valori della democrazia intesa come un sistema diffuso di credenze, principi e valori (diritti umani, libertà, tolleranza, sicurezza, rispetto della Costituzione, etc) che possono contribuire a una migliore coabitazione e consolidare i legami sociali.

      1. UN NOUVO GITANO CRISTIANO

    b) Inoltre, gli zingari non formano un insieme omogeneo. Non tutti derivano dalla fede alle stesse conclusioni sulle loro scelte e comportamenti.

    c) Quindi, in questo modo il modo di credere cambia notevolmente.

    NDARE LORO INCONTRO


    Le nostre “Chiese locali” devono essere i primi a sentirsi preoccupate di riunire di gitani.

    2.3.2- FACILITARE E RAFFORZARE


    Di fronte a questa realtà a volte confusa ma sempre ricca e sorprendente, s’impone una sfida, certamente non sempre facile da soddisfare; potremmo definirla dicendo : facilitare e rafforzare.

    Ciò richiede :

    • Benvenuti nello stile del Buon Samaritano

    • Lavorare nella formazione di piccoli gruppi.

    • Creare spazi di incontro.

    • Prestare particolare interesse per i gruppi zingari.

    • Scoprire il mondo degli zingari loro esigenze e aspirazioni.

    • Credere alla promozione di ciò che unisce culture diverse.

    a) La priorità alla povertà.

    ENCOURAGER LE DIALOGUE

    3.

    Dobbiamo prendere in considerazione diversi criteri per questo dialogo :

    a) Conoscere la realtà Gitana

    b) Parlare in nome di Gesù-Cristo

    c) Da una organizzazione

    4

    Non possiamo dimenticare che :

    • La diversità ci fa crescere, ci stimola. È la ricchezza della nostra Chiesa.
      Il Vangelo nel mondo degli zingari è l’interesse per l’altro e il desiderio di avvicinarsi a l’altro con simpatia.

    • Possiamo evangelizzare solo partendo dalla reciprocità.

    • interazione: annuncio una buona novella e ottengo una buona novella.

    • Evangelizzare implica generare spazi di vita.

    • La chiave della pastorale, non è nei risultati, ma nel fatto di fare un cammino insieme con zingari, con ciascuno di loro, con la loro comunità.


    Affidiamo questo compito di evangelizzazione all’intercessione materna della Majari, la Madre del Redentore. Sarà per noi la stella che guiderà i nostri passi per incontrare il Signore.

    1 LÓPEZ MENESES, A. “El documento más antiguo relativo a la inmigración gitana en España”, Rev. Pomezia, 6 (1967), p. 90

    2Ibidem, pp.23-37

    3

    4