il cristianesimo non è religione del sacro, ma fede in quel Dio che ha deciso di condividere la condizione umana, non sul trono dei cesari, ma sul terribile supplicium (Cicerone) dei reietti. Considera tentazione satanica il potere, sceglie di essere il messia della croce. Inchiodato su quel legno, reso in-potente, dice il suo amore per ogni uomo e ci lasca liberi di accettare o rifiutare, persino di insultarlo
c’è un sacro come apertura all’infinito che esprime il mistero dell’essere, materia informe e matrice di tutte le utopie. Nella sua totalità assume i lineamenti del volto di Dio, non come feticcio manipolabile dalle caste sacerdotali in funzione del potere, ma come il Totalmente Altro di fronte a tutti i nostri tentativi di definirlo, che sempre ti invita a uscir fuori dalla schiavitù d’Egitto e da ogni altra schiavitù
Paolo Flores d’Arcais nel suo libro La Guerra del Sacro (Raffaello Cortina Editore, Milano 2016), partendo dagli avvenimenti parigini del 7 gennaio 2015 interpreta il terrorismo jihadista come la punta di diamante di tutto il fondamentalismo islamico, anche quando si dice contrario. In fin dei conti l’aspirazione è la stessa: la realizzazione della umma nella sua vocazione universale, l’intero mondo governato dalla sharia che esprime la volontà di Dio, Signore del cielo e della terra. Non combatte le altre religioni per occupare il loro spazio, ma la modernità che ha affermato il primato dell’homo sapiens nella sua autonomia, in antitesi ad ogni nomos-eteros dell’Altro e dall’Alto. Il fondamentalismo islamico esprime, nonostante le apparenti differenze, l’essenza di ogni monoteismo, ossia il primato di Dio sull’uomo e la vittoria dell’eteronomia sull’autonomia. Nella città non c’è posto per due sovranità: o quella di Dio, o quella del cittadino che costruisce il proprio futuro etsi Deus non daretur.
Mi permetto due osservazioni. Il fenomeno del jihadismo attuale ha come fondamento non solo la fede religiosa, ma anche un’aspirazione identitaria. Sino all’inizio dell’era moderna l’islam era più forte militarmente, più colto e più civile, tanto da poter guardare con superiorità il rozzo e arretrato Occidente. La posizione si è rovesciata quando l’Occidente ha fatto un balzo in avanti con la rivoluzione scientifica e la rivoluzione politica. Il mondo arabo nella sua staticità è stato sottomesso dal colonialismo degli Stati occidentali: umiliazione inaccettabile e quindi volontà di riscatto, ma non c’è una bandiera nazionale per coagulare la rivincita della propria identità. L’unico punto in comune è la religione che però scade in ideologia e fondamentalismo.
In secondo luogo non mi sembra accettabile l’equiparazione del jihadismo alla religione in generale sia per la rivendicazione della supremazia di Dio, che per la volontà di affermare l’etica dell’eteronomia. Così si esprime Flores d’Arcais: «Il fondamentalismo islamico non costituisce l’aberrazione del sacro, bensì la rivendicazione della verità essenziale del monoteismo, la sovranità di Dio. L’essenza della religione è la religione sovrana che sottomette alla legge ogni fibra dell’esistenza» (p. 19). «Strutturalmente e ontologicamente è la guerra santa dell’eteros-nomos contro l’autos-nomos… contro l’empio orgoglio dell’homo sapiens di decidere da sé nella vita collettiva e individuale» (p. 18). Risuona qui l’eco delle parole di Nietzsche in La Gaia Scienza (aforisma 343). Noi filosofi e spiriti liberi alla notizia che il vecchio dio è morto ci sentiamo illuminati da una nuova aurora, finalmente l’orizzonte ci appare di nuovo libero, finalmente i nostri vascelli possono riprendere il mare aperto dove ogni audacia è consentita a chi vuol conoscere.
Se non si vuol fare confusione è opportuno tener conto di una distinzione nel concetto di sacro.
C’è un sacro come apertura all’infinito che esprime il mistero dell’essere, materia informe e matrice di tutte le utopie. Nella sua totalità assume i lineamenti del volto di Dio, non come feticcio manipolabile dalle caste sacerdotali in funzione del potere, ma come il Totalmente Altro di fronte a tutti i nostri tentativi di definirlo, che sempre ti invita a uscir fuori dalla schiavitù d’Egitto e da ogni altra schiavitù. Questa è l’essenza dell’uomo che si caratterizza come libertà, continuo ex-sistere, freccia del desiderio. Ogni cosa che sbarra il sentiero all’uomo e presume sottometterlo, in rapporto a questo orizzonte viene ricondotta alla sua finitezza e superata. Senza questa apertura all’infinito non avrebbe senso l’evocazione della parola poetica, né il sacrificio eroico per un ideale e per la persona amata. Nella contrapposizione tra la finitezza del dato e il suo fugace tramonto e dall’altra parte il desiderio di infinito, nasce l’inquietante coscienza della morte e si formula il problema del senso della propria identità e del vivere.
Ma il sacro può essere anche una realtà sensibile sottratta all’uso umano e deputata a rappresentare la divinità: il tempio, l’idolo, la persona, la formula… Quest’oggetto impone dei divieti e degli obblighi, genera il profano, ossia il territorio che sta fuori del tempio, ma non lo può accettare nella sua autonomia, lo deve sottomettere a nome di Dio, sovrano dominatore di tutte le cose. Proprio perché rappresenta la divinità non può essere messo in discussione, impone l’imperativo categorico della sottomissione. Alle estreme conseguenze è la sacralità della pantofola del papa. Galilei dalla prigione scrive a Urbano VIII «umilmente prostrato al bacio della sacra pantofola, oso presentare la mia supplica…». Alla chiusura, precipitosa per l’arrivo dei bersaglieri, del Concilio Vaticano I che ha proclamato l’infallibilità del papa, tutti i vescovi si sono congedati con il bacio della sacra pantofola. Venuto il turno del patriarca orientale che non accetta il dogma dell’infallibilità, Pio IX l’ha sottratta al bacio e l’ha posta sopra la testa, dicendo: «Quando capirete?». Qui che c’entra Dio, ho la sfrontatezza di suggerire il mio libro Ma liberaci dal… sacro (Di Giacomo Editore, Trapani 2012).
Il cristianesimo non è religione del sacro, ma fede in quel Dio che ha deciso di condividere la condizione umana, non sul trono dei cesari, ma sul terribile supplicium (Cicerone) dei reietti. Considera tentazione satanica il potere, sceglie di essere il messia della croce. Inchiodato su quel legno, reso in-potente, dice il suo amore per ogni uomo e ci lasca liberi di accettare o rifiutare, persino di insultarlo. Non alzi il dito! Conosco gli infiniti tradimenti, ho insegnato storia con il coraggio della verità, posso spiegare, mai giustificare… ma Cristo è un’altra cosa e in suo nome continuo a ribellarmi.