papa Francesco
“non si guardano i clochard come parte del paesaggio!”
la provocazione a Santa Marta: sono «come una statua, la fermata del bus?». Cosa «sentiamo quando vediamo bimbi chiedere l’elemosina…? “Sono dell’etnia che ruba?”»
«cosa sentiamo nel cuore quando vediamo i bambini da soli che chiedono l’elemosina… “No, ma questi sono di quella etnia che rubano…”, vado avanti, faccio così?»
lo chiede papa Francesco nella omelia della Messa del 16 marzo 2017, a Casa Santa Marta, di cui Radio Vaticana fornisce stralci. Il Pontefice avverte:
“chi guarda i clochard come parte del panorama è sulla cattiva strada”
«I senzatetto – afferma il Pontefice – i poveri, quelli abbandonati, anche quelli senzatetto benvestiti, perché non hanno soldi per pagare l’affitto perché non hanno lavoro… cosa sento io? Questo è parte del panorama, del paesaggio di una città, come una statua, la fermata del bus, l’ufficio della posta, e anche i senzatetto sono parte della città? È normale, questo? State attenti. Stiamo attenti. Quando queste cose nel nostro cuore risuonano come normali – “ma sì, la vita è così… io mangio, bevo, ma per togliermi un po´ di senso di colpa dò un offerta e vado avanti” – la strada non va bene».
Francesco, richiamando il Salmo odierno, sottolinea: «Maledetto l’uomo che confida in se stesso, che confida nel suo. Niente è più infido del cuore, e difficilmente guarisce. Quando tu sai quella strada di malattia, difficilmente guarirai». Di qui il Papa rivolge una domanda: «Cosa sentiamo nel cuore quando andiamo per strada e vediamo i senzatetto, vediamo i bambini da soli che chiedono l’elemosina … “No, ma questi sono di quella etnia che rubano…”, vado avanti, faccio così?».
Il vescovo di Roma poi ammonisce: quando una persona «vive nel suo ambiente chiuso, respira quell’aria propria dei suoi beni, della sua soddisfazione, della vanità, di sentirsi sicuro e si fida soltanto di se stesso, perde l’orientamento, perde la bussola e non sa dove sono i limiti». Lo dice commentando il brano del Vangelo in cui il ricco «passava la vita a fare feste e non si curava del povero che stava alla porta della sua casa».
Rimarca il Papa: «Lui sapeva chi era quel povero: lo sapeva. Perché poi, quando parla con il padre Abramo, dice: “Ma inviami Lazzaro”: ah, sapeva anche come si chiamava! Ma non gli importava. Era un uomo peccatore? Sì. Ma dal peccato si può andare indietro: si chiede perdono e il Signore perdona. Questo, il cuore lo ha portato su una strada di morte a tal punto che non si può tornare indietro. C’è un punto, c’è un momento, c’è un limite dal quale difficilmente si torna indietro: è quando il peccato si trasforma in corruzione. E questo non era un peccatore, era un corrotto. Perché sapeva delle tante miserie, ma lui era felice lì e non gli importava niente».
Francesco evidenzia la necessità di accorgersi quando si è sulla strada «scivolosa dal peccato alla corruzione»: «Cosa sento, io – si chiede – quando al telegiornale» si vede che «è caduta una bomba là, su un ospedale, e sono morti tanti bambini», la «povera gente»? Si recita una preghiera e poi si continua a vivere come se niente fosse? «Entra nel mio cuore questo» o «sono come questo ricco che il dramma di questo Lazzaro, del quale avevano più pietà i cani, non entrò mai nel cuore?». Se fosse così ci si troverebbe in un «cammino dal peccato alla corruzione», puntualizza.
Perciò, bisogna chiedere a Dio: «“Scruta, o Signore, il mio cuore. Vedi se la mia strada è sbagliata, se io sono su quella strada scivolosa dal peccato alla corruzione, dalla quale non si può tornare indietro” – abitualmente: il peccatore, se si pente, torna indietro; il corrotto – osserva – difficilmente, perché è chiuso in se stesso». Dunque «”Scruta, Signore, il mio cuore”: che sia oggi la preghiera. “E fammi capire in quale strada sono, su quale strada sto andando”».