DISTRUGGETE QUESTO TEMPIO E IN TRE GIORNI LO FARO’ RISORGERE
commento al Vangelo della terza domenica di quaresima (8 marzo 2015) di p. Alberto Maggi:
Gv 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
L’analisi completa del brano della cacciata dei mercanti dal tempio nel vangelo di Giovanni, capitolo 2, versetti 13-25 è già stata fatta l’11 marzo 2012, quindi per chi la vuole può rivedere la registrazione, ma questa volta pensavo di analizzare il motivo profondo del gesto di Gesù nel tempio di Gerusalemme.
Quel motivo che nel brano in questione appare al versetto 21, dopo la replica dei Giudei, cioè dell’autorità, che chiedono “Questo santuario è stato costruito in 46 anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”
L’evangelista commenta: Ma egli parlava del santuario del suo corpo. E’ questo il motivo di fondo di tutta l’azione di Gesù. Il commento dell’evangelista, in una cultura che, per l’influenza della filosofia greca vedeva il corpo come una prigione dell’anima, addirittura come una tomba dell’anima, la dichiarazione dell’evangelista è esplosiva. Egli parlava del santuario del suo corpo.
Il corpo di Gesù, come il corpo di ogni persona, il corpo di ogni credente, non è una prigione dove l’anima sta in sofferenza e avverte l’anelito di ritornare verso Dio. Purtroppo questa è la concezione che ha influito anche su una certa spiritualità del cristianesimo, quindi con il disprezzo di tutto il corpo, e tutto quello che riguarda le funzioni, le manifestazioni del corpo, come se fossero negative. Invece qui l’evangelista dichiara che il corpo è un santuario.
Nel suo vangelo Giovanni, al termine del prologo dichiara che Dio nessuno lo ha mai visto, solo il figlio ne è la rivelazione, e questa nuova rivelazione che Gesù fa di Dio è che lui è venuto a proporre e a portare una nuova relazione tra Dio e gli uomini che comporta la scomparsa di tutte le istituzioni dell’Antico Testamento, quelle importanti. E tra queste la più importante era il tempio, il santuario di Dio, dove i fedeli dovevano andare per offrire a Dio, un Dio che assorbiva le energie degli uomini.
Ebbene Gesù, eliminando il tempio, cambia il concetto di santuario. Non c’è più bisogno per l’uomo di andare verso il tempio, dove non tutti potevano andare. C’erano determinate condizioni, alcuni erano esclusi. Perché il Dio di Gesù non è un Dio che chiede, ma un Dio che offre; non un Dio che assorbe le energie degli uomini, ma un Dio che comunica loro le sue.
Il Dio di Gesù è un Dio che ad ogni credente, ad ogni persona, chiede di essere accolto nella sua vita per fondersi con lui e dilatare la sua capacità d’amare in modo da rendere ogni persona e ogni comunità l’unico vero santuario dal quale si irradia e si manifesta l’amore, il perdono e la compassione di Dio. A questo santuario le persone non devono andare, ma è il santuario, l’uomo vivente che va verso di loro. E verso chi va? Verso gli emarginati, e gli esclusi.
E l’evangelista Giovanni già dalle prime battute del suo brano porta a compimento questa nuova sensazionale, straordinaria rivelazione di Dio, un Dio che non è lontano dagli uomini, un Dio che addirittura è loro intimo. Nel capitolo 14 al versetto 23 Gesù dichiarerà: “Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.
L’uomo, il credente diventa la dimora di Dio. Questa di Gesù non è la promessa per l’aldilà, ma la risposta del Padre a un comportamento tenuto in questa vita. Chi orienta la propria vita per il bene e il benessere degli altri, il Padre prende dimora in questa persona. Nell’Esodo Dio aveva posto la sua dimora in una tenda in mezzo al suo popolo e camminava con esso guidandolo verso la libertà. Poi Dio venne come sequestrato dalla casta sacerdotale, dall’istituzione religiosa, e relegato in un tempio dove non a tutti era possibile l’accesso e soprattutto si era ammessi a determinate condizioni, con determinati cerimoniali.
Ebbene con Gesù Dio ha abbandonato il tempio e, come scrive Giovanni nel suo prologo, ha posto la sua tenda in mezzo a noi, in noi. E ha iniziato un nuovo esodo dove ogni discepolo di Cristo diventa la dimora della divinità. L’uomo aveva sacralizzato Dio; mediante la comunicazione del suo Spirito, Dio ora sacralizza l’uomo. La portata e la comprensione di questa espressione cambia completamente il rapporto con Dio e con gli altri. Questo significa che non esistono ambiti sacri al di fuori dell’uomo. La sacralizzazione dell’uomo desacralizza tutto quello che prima veniva concepito come sacro.
Quindi Dio non è più una realtà esterna all’uomo e lontana da lui, ma interiore. E ha un nome. E questo nome è “Padre”. E, mentre la relazione con Dio aveva bisogno di mediatori, l’intimità con il padre rende le mediazioni superflue. Dio chiede dei sacerdoti incensanti, il Padre richiede dei figli assomiglianti.
Quando l’uomo comprende tutto questo, cambia il rapporto con Dio, comprende che Dio non chiede che l’uomo viva per lui, ma che vivendo di lui, sia come lui.
Quindi con Gesù l’uomo non vive più per Dio, ma vive di Dio e come Dio. Vivere come Dio significa fare della propria vita un dono, amore totale. Questo sarà poi l’unico comandamento che Gesù trasmetterà. Compiendo questo l’uomo sperimenta che l’adesione a Dio non lo diminuisce, ma lo potenzia. E l’uomo sperimenta cosa significa essere il santuario di Dio. Poi San Paolo svilupperà quest’idea nella Lettera ai Corinzi e dirà: Non sapete che siete il santuario di Dio?
“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire..”
il commento di p. Agostino Rota Martir:
Il Vangelo di questa domenica narra del “casino” di Gesù al tempio santo di Gerusalemme. Siamo poco abituati a considerare i tratti spigolosi di un Gesù arrabbiato, anzi infuriato..più disposti ad abbracciare quelli di Gesù misericordioso, dolce e compassionevole: quando si intrattiene a parlare con l’ emarginato, il peccatore, il malato, quando gioca con i bambini o interviene alla festa di un matrimonio, come aveva fatto a Cana, appena qualche giorno prima.
Ci è un pochino difficile conciliare atteggiamenti così diversi, diciamolo pure: del tutto opposti. Forse ci piace poco questo Gesù al tempio di Gerusalemme, poco edificante ai nostri occhi religiosi..lo vorremmo più “diplomatico”, con i piedi per terra, realistico cioè capace di accettare la realtà dei fatti, insomma un buon moderato.
Il Vangelo è moderato?
La vita è più importante della religione. A maggior ragione se il tempio diventa ormai privo di relazione con Dio, anzi si confonde e si identifica esclusivamente con scambi di carattere sacro-economico, gestito da imprenditori religiosi. Già i profeti dell’A.T. avevano sollevato la tentazione di un culto a Dio slegato dalla vita e il rischio di dimenticare il Dio che libera dalla schiavitù, che accompagna Israele in una tenda e che lo segue nel suo peregrinare, che manifesta il suo volto nel rispetto dei più deboli. E’ un Dio nomade che vive in una tenda, fuori l’accampamento, ma ben impiantato nella vita del suo popolo. Il tempio, invece stabilizza Dio, allontanandolo dalla vita della gente, un tempio magnifico, ma con vetri oscurati!
Dio ha bisogno di uscire, proprio come ha fatto uscire Israele dall’Egitto, mentre il tempio rischia di rinchiuderlo in spazi sacri, accessibili solo a chi gestisce il potere sacerdotale..perché anche Dio và controllato! E spesso, a ben guardare succede anche nella nostra società, che tende sempre di più a chiudere spazi, a privatizzarli in nome dell’economia, del profitto. Così come si controllano i poveri Cristi di oggi..
Gesù con il suo annuncio del Regno, intende proprio far uscire Dio dal tempio, per farlo entrare nella vita degli uomini lo fa con gesti semplici, vivendo relazioni con gli esclusi, i peccatori, gli emarginati gli stessi che si sentivano abbandonati o castigati dalla legge del tempio santo, sussurrando alle loro orecchie che il Regno di Dio è in loro! Gesù parla di Dio non dal tempio santo, dal luogo preposto per eccellenza, ma attraverso la sua stessa itineranza, è dal cammino che è possibile capire meglio, non solo la Scrittura ma anche discernere la presenza di Dio nella storia.
E’ un Gesù che attraverserà i confini, migrante del Padre, incurante anche delle prescrizione sacre del Tempio, che proibiva di calpestare frontiere pagane, perché tutta la terra è santa agli occhi di Dio suo Padre. Bello quel Tempio che non trattiene per sé Dio e gli uomini, ma raccoglie il loro respiro per poi spingerli sempre fuori, nella vita di nuovo insieme sulle strade di questo mondo, per “bene dire” le speranze e le lacrime degli uomini. Perché la vita di ogni essere umano diventi l’unico Tempio, dove Dio posa fiducioso il suo sguardo.
p. Agostino Rota Martir
6 marzo 2015