commento al Vangelo domenicale
SE QUALCUNO VUOLE VENIRE DIETRO A ME, RINNEGHI SE STESSO
Commento al Vangelo della ventiduesima domenica del tempo ordinario (31 agosto 2014) di p. Alberto Maggi
Mt 16,21-27
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Ai discepoli che seguono Gesù pensando che lui sia il messia trionfatore, vincitore, quello annunziato dalla tradizione, che a Gerusalemme avrebbe conquistato e preso il potere, Gesù per la prima volta parla apertamente di quello che l’attende a Gerusalemme. Siamo al capitolo 16 del vangelo di Matteo, dal versetto 21. “Da allora Gesù cominciò”, quindi significa una serie di insegnamenti che continuano lungo tutto il suo percorso, “a spiegare ai suoi discepoli che doveva …”, il verbo dovere è un verbo tecnico che indica la volontà di Dio, “andare a Gerusalemme e soffrire”. Questo verbo è una creazione degli evangelisti perché assomiglia molto al termine Pasqua, infatti il verbo soffrire in greco è Pàsco ed ha assonanza con il termine Pasca, che significa Pasqua, perché gli evangelisti hanno visto in Gesù il vero agnello pasquale. “Soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi”; tutti questi sono i componenti del sinedrio, il massimo organo giuridico di Israele, “venire ucciso”, quindi Gesù non andrà a conquistare il potere, ma sarà ucciso dai detentori del potere religioso. I massimi rappresentanti dell’istituzione religiosa saranno gli assassini di Gesù. Però aggiunge, “E risorgere il terzo giorno”. Il terzo giorno non è un’indicazione cronologica, il numero tre indica ciò che è pieno, ciò che è completo, quindi sarà ucciso, ma tornerà in vita pienamente. Ebbene, appena Gesù ha detto questo, Pietro entra in gioco. L’evangelista presenta Simone soltanto con il soprannome negativo, termine tecnico con il quale Matteo indica l’opposizione, la contrarietà di questo discepolo a quanto Gesù annunzia. “Pietro lo prese a sé”, quindi lo afferra e non appena Gesù ha cominciato a spiegare, Pietro comincia al sua resistenza. “E cominciò a rimproverarlo”, letteralmente sgridarlo, ed è il termine che si adopera per scacciare i demoni. Quindi per Pietro quello che Gesù ha detto non corrisponde alla volontà divina, ma è addirittura un pensiero satanico, un pensiero demoniaco. La traduzione traduce con “Dio non voglia”, ma letteralmente è “«Ti perdoni»”, e si sottintende Dio. E’ un’espressione che veniva adoperata per quelli che avevano abbandonato Dio. Si trova anche nel profeta Geremia, capitolo 5, versetto 7. Quindi “«Ti perdoni, Signore; questo non ti accadrà mai»”. Quindi per Pietro quello che Gesù sta dicendo è una cosa lontana da Dio, per cui Dio deve perdonarlo, addirittura un pensiero demoniaco. “Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana!»” Sono gli stessi termini che Gesù ha adoperato nel deserto per rifiutare le seduzioni del tentatore. Come al tentatore, al diavolo, Gesù dice “Vattene”, però Gesù non rompe con il discepolo, gli dà una possibilità: “torna a metterti dietro di me”. Fintanto Pietro sta davanti e vuole lui indicare la traccia, la via, lui è il Satana, l’avversario. Allora Gesù dice “«Vattene dietro di me, Satana! Tu mi sei di scandalo»”. Quello che Gesù aveva definito una pietra adatta per la costruzione della sua ecclesia, cioè la comunità dei credenti convocati dal Signore, quello che era stato chiamato ad essere un mattone per la costruzione, adesso diventa una pietra di inciampo, una pietra di scandalo. Perché? “«Perché non pensi secondo Dio»”, cioè le categorie dell’amore e del servizio, “«ma secondo gli uomini»”, cioè le categorie del potere e del dominio. Gesù comprende che non è solo Pietro ad avere questa mentalità, ma anche tutti i discepoli. Ecco allora che si rivolge a tutto il resto dei suoi. “Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me»”, Gesù ha invitato Pietro ad andare dietro di lui e ora fa comprendere quali sono le condizioni per poterlo seguire. “«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso»”, rinnegare se stesso non significa mortificare la propria esistenza, ma rinunciare a questi pensieri di ambizione, di successo, di supremazia, e poi prosegue, letteralmente “«e sollevi la sua croce»”. La croce non viene data da Dio, ma viene presa dagli uomini. L’evangelista adopera il termine “sollevare”, che indicava il momento nel quale il condannato doveva sollevare da terra il patibolo e caricarselo sulle spalle. Poi da lì, dal tribunale, uscire dalla porta della città per andare nel luogo dove doveva essere giustiziato. Era il momento più tremendo, il momento della solitudine. La gente aveva l’obbligo religioso di insultare e malmenare questa persona. “«Sollevi la sua croce»”, la croce era la pena di morte riservata ai rifiuti della società. Quindi Gesù non sta parlando di sofferenze e di dolore, ma sta parlando dello scandalo che seguire Gesù comporta, uno scandalo che arriva a far considerare Gesù e quelli che lo seguono rifiuti della società, persone addirittura rifiutate da Dio, perché la croce era il supplizio per i maledetti da Dio, “«e mi segua»”. Gesù quindi non sta parlando della morte in croce, ma della via verso il supplizio, una via in solitudine, una via del disonore. Se i discepoli non sono pronti a perdere la propria reputazione – perché di questo si tratta – che non pensino a seguirlo, perché seguire Gesù significa andare incontro al massimo disonore. E poi Gesù aggiunge: “«Perché chi vuole salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà»”. Chi vive per gli altri realizza pienamente la propria esistenza, chi vive centrato esclusivamente sui propri bisogni, sulle proprie necessità, la distrugge. Quindi questa è l’alternativa che Gesù offre. Vivere per gli altri, dare, non è perdere, ma guadagnare. Significa realizzare pienamente se stessi. E Gesù commenta: “«Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?»” A che serve guadagnare tanto, conquistare tanto e poi smarrire se stesso? Questo è il significato. E’ una critica che Gesù fa alle persone di potere, qualunque potere. Le persone che hanno conquistato il potere, divorati dalla loro ambizione, sono persone che hanno tanto, ma non hanno nulla perché hanno completamente smarrito se stesse. Sono persone alla deriva dalla vita, alla deriva dalla felicità. “«Perché il Figlio dell’Uomo»”, Figlio dell’uomo indica Gesù nella pienezza della condizione divina, “«Sta per venire nella gloria del Padre suo»”. Gesù contrappone al massimo disonore, la pena di morte alla quale è stato condannato dal sinedrio, quindi il massimo disonore dell’istituzione religiosa, il massimo onore da parte di Dio. Quindi “«nella gloria del Padre suo con i suoi angeli»”. E qui Gesù cita il libro dei Proverbi, capitolo 24, versetto 12, “«e renderà a ciascuno secondo le sue azioni»”, letteralmente “la prassi”. L’uomo è valutato per la vita che ha praticato, per le opere che ha fatto, e non per le idee o le dottrine religiose che ha professato. E’ quello che si fa per gli altri che determina la propria esistenza. C’è un’altra parte che non è presente nella versione liturgica, ma è importante. Gesù annunzia che “I presenti non moriranno prima di aver visto arrivare il Figlio dell’uomo con il suo regno”. Infatti annunzia l’episodio che poi seguirà che è quello della trasfigurazione, in cui Gesù dimostra che la morte non distrugge la persona, ma la potenzia pienamente.
IMPARARE A PERDERE
commento di p.José Antonio Pagola
Il detto è registrato nei Vangeli e ripetuto sei volte: “Se si vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà per causa mia, la troverà.” Gesù non sta parlando di un tema religioso. Egli sta insegnando a i suoi discepoli ciò che il vero valore della vita.
Il detto è espresso in modo paradossale e provocatorio. Ci sono due modi diversi di guidare la vita, uno conduce alla salvezza, l’altra alla distruzione. Gesù invita tutti a seguire il percorso che sembra più difficile e meno attraente, in quanto porta l’uomo alla salvezza finale.
Il primo modo è quello di aggrapparsi alla vita vivere solo per se stessi: per fare “sé” l’ultima ragione e il fine ultimo dell’esistenza. Questo modo di vita, sempre alla ricerca di sé guadagno o vantaggio, che porta alla distruzione dell’essere umano.
Il secondo modo è quello di saper perdere, vivere come Gesù, aperto al fine ultimo di umanizzare il Padre: cioè rinunciando alla propria sicurezza o di guadagno, cercando non solo proprio bene, ma il bene degli altri. In questo modo generoso di vita porta ad umana per essere la sua salvezza.
Gesù parla della sua fede in un Dio salvatore, ma le sue parole sono un serio monito per tutti. Quale futuro attende una umanità divisa e frammentata, dove i poteri economici cercano il loro proprio beneficio; paesi, il proprio benessere; individui, il loro interesse?
La logica che conduce in questo momento il modo in cui il mondo è irrazionale. I popoli e gli individui stanno lentamente cadendo in schiavitù “hanno sempre”. Niente è troppo per sentirsi soddisfatti. Per vivere bene, abbiamo sempre bisogno di più produttività, più consumi, comodità materiale, più potere sugli altri.
Insaziabilmente cercano il benessere, ma non stiamo sempre disumanizzante un po ‘di più? Vogliamo “progresso” sempre, ma ciò che il progresso è questo che ci porta ad abbandonare milioni di esseri umani in miseria, la fame e la malnutrizione? Quanti anni può godere il nostro benessere, chiudendo le nostre frontiere a chi ha fame?
Se solo i paesi ricchi cercano di “salvare” il nostro tenore di vita, a meno che non perdiamo il nostro potenziale economico, non dare mai passi verso la solidarietà globale. Ma non fare errore. Il mondo sarà sempre più pericoloso e inabitabile per tutti, noi compresi. Per salvare la vita umana nel mondo, dobbiamo imparare a perdere.
José Antonio Pagola