La Teologia della liberazione è irrinunciabile
La storia del mondo è innanzitutto l’arena complessiva della lotta drammatica tra le forze dialettiche di grazia e libertà da un lato e peccato e oppressione dall’altro. Ma la storia nel suo nucleo più intimo è comunque storia della salvezza, perché Dio – in quanto creatore e redentore del mondo e dell’uomo – ha posto se stesso come fine oggettivo del movimento storico e dell’azione umana di liberazione.
Chi dunque partecipa attivamente alla liberazione, sta dalla parte del Liberatore divino. Nella pratica, si tratta della partecipazione trasformante al processo storico verso il fine trascendente e immanente di esso. Chi agisce per la liberazione, sta già dalla parte di Dio, che egli ne abbia piena consapevolezza o meno (…).
È possibile mostrare il radicamento della Teologia della liberazione originale nella rivelazione biblica e nella grande tradizione teologica e dottrinale della chiesa. E se anche – per quel che riguarda l’elaborazione delle proprie fondamenta – ci si possa ancora trovare in una fase di sviluppo, le carenze e le incongruenze emerse in alcune prese di posizione, dal forte impatto mediatico, di singoli rappresentanti della Teologia della liberazione non possono mettere in discussione la validità delle sue grandi acquisizioni di fondo.
Sulla base delle esigenze della vita ecclesiale e della stessa teologia è necessario affermare che la chiesa nel terzo mondo, ma anche la chiesa come chiesa universale, non può rinunciare a un ulteriore sviluppo e a un’applicazione della Teologia della liberazione. Solo per mezzo della Teologia della liberazione, la teologia cattolica – sul piano universale e a livello di svolta storica epocale – ha potuto emanciparsi dal dilemma dualistico di aldiquà e aldilà, di felicità terrena e salvezza ultraterrena; o, rispettivamente, da un dissolversi monistico di un aspetto nell’altro. È un dilemma, tuttavia, che il marxismo non già ha generato, ma solo espresso.
Non da ultimo per queste ragioni la Teologia della liberazione sarebbe anche da considerare come un’alternativa radicale alla concezione marxista dell’uomo e all’utopia storica da essa scaturita. Proprio la pretesa metodologica della Teologia della liberazione – quella di prendere avvio da una prassi trasformante – non è altro che la riformulazione dell’evento originario della teologia: prima c’è la sequela di Cristo e da questa scaturisce anche la formulazione della professione su chi è realmente Gesù.
Può darsi anche che, nell’attuale congiuntura, nell’opinione pubblica l’interesse per la Teologia della liberazione sia in calo. Ma alla luce delle oggettive questioni irrisolte, essa svolge un’opera indispensabile per il servizio della chiesa di Cristo a favore dell’umanità, un servizio trasformante, sul piano della riflessione e della pastorale. La Teologia della liberazione è irrinunciabile, sia sul piano regionale sia per la comunicazione teologica universale.
GERHARD LUDWIG MÜLLER Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede