dieci libri per non dimenticare l’olocausto

la dura memoria della Shoah

10 libri per ricordare

Gli ebrei e la Repubblica sociale italiana – Il Diario di Anna Frank tradotto in simboli – Le testimonianze della Shoah e il naufragio dell’Occidente – Antisemitismo e anticiviltà – La lingua del lager – Gli Internati Militari Italiani

La dura memoria della Shoah: 10 libri per ricordare

Dieci libri per conoscere l’evento più drammatico della storia del Ventesimo secolo, selezionati in occasione della Giornata della Memoria, ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno. Letture “per non dimenticare” le milioni di vittime dell’Olocausto.

“Il 30 novembre 1943, con un’ordinanza di polizia, il governo della Repubblica sociale italiana decise di arrestare e rinchiudere in campo di concentramento tutti gli ebrei che vivevano in Italia. Agenti di polizia e carabinieri, quasi fosse ‘ordinaria amministrazione’, eseguirono con prontezza gli ordini ricevuti”. Gli ebrei e la Repubblica sociale italiana raccontati nel libro di Matteo Stefanori (Laterza, 2017)

Il famosissimo “Diario di Anna Frank” diventa accessibile grazie alla casa editrice La Meridiana che lo ha tradotto in simboli. Una traduzione adatta a chi non associa il suono alla parola ma all’immagine, pensata e realizzata per tutte quelle persone con disabilità linguistiche o cognitive che si approcciano con difficoltà ai testi tradizionali. Il libro permetterà loro di leggere una delle più grandi testimonianze sulla Shoah. I venti capitoli riprendono le date del diario della Frank e le sue parole “pur necessariamente ridotte, conservano anche in questa traduzione la loro freschezza e forza”. “Primo Levi” è invece un graphic novel, dedicato al noto scrittore, realizzato da Matteo Mastragostino e Alessandro Ranghiasci per la Becco Giallo edizioni (2017).

“Auschwitz è il luogo, simbolico e materiale, in cui si compie l’ultimo atto della modernità europea. Auschwitz, in questo senso, divide la storia in un ‘prima’ e un ‘dopo’ tra cui non c’è più nessuna comunicazione, dando vita a una vera e propria frattura che mette fine ai miti e alle illusioni di quella stessa modernità”. Le testimonianze della Shoah e il naufragio dell’Occidente in “L’anticiviltà” di Sibilla Destefani (Mimesis edizioni 2017). Composto da tre sezioni “La dura memoria della Shoah” a cura di Carmelo Botta e Francesca Lo Nigro (Navarra Editore, 2017) si rivolge a studenti e docenti, ma anche a tutti gli appassionati di storia e a chi desidera conoscere la dura realtà dei campi di concentramento nazisti dalla voce di chi ha subito quel tragico destino in prima persona. Un approccio nuovo alla storia della Shoah, costruito con anni di studi specifici e di esperienza didattica dedicata all’argomento.

Due i testi editi Il Mulino. Il primo “L’antisemitismo” di Steven Beller  (2017) racconta il fenomeno e il rischio attuale di un suo ritorno “che sta nella ripresa dei nazionalismi esclusivisti, che non tollerano e negano le differenze”. L’altro, ripropone una riflessione di Hans Mommsen (studioso della Germania di Weimar e del Terzo Reich) su come arrivò la Germania nazista alla “soluzione finale del problema ebraico”. Da una parte c’è la lingua tedesca dei sorveglianti, dall’altra la lingua franca dei prigionieri, costituita da lingue diverse (tedesco, russo, polacco, francese, spagnolo e italiano). A Mauthausen, Auschwitz, Ravensbrück, Dachau e in altri campi, la “Lagersprache” la lingua del lager, è per le deportate e i deportati un mezzo imprescindibile per comprendere gli ordini espressi solo in tedesco, per comunicare tra loro, per interpretare la realtà che li circonda, per evitare i pericoli, e per resistere. Colma un vuoto della ricerca linguistica, Rocco Marzulli elaborando un repertorio fondato su un’ampia ricognizione delle parole e delle memorie dei deportati italiani. Il testo è edito Donzelli (2017).

Come stelle nel cielo” di Silvia Pascale (Ciesse Edizioni, 2017) ripropone attraverso una vicenda individuale, la scelta difficile e sofferta degli IMI (Internati Militari Italiani), “la loro fu una scelta di Resistenza non armata, uno dei molteplici aspetti di opposizione al nazifascismo che non ha avuto adeguata valorizzazione. Nonostante abbia coinvolto un numero altissimo di famiglie italiane, è rimasta confinata per lo più nelle memorie personali”. Nella primavera del 1961 Hannah Arendt viene inviata dal settimanale “New Yorker” a seguire il processo ad Adolf Eichmann, in quella circostanza diviene amica di Leni Yahil, storica di origine tedesca e studiosa della Shoah. Inizia così una corrispondenza che alterna questioni personali, filosofiche e politiche. Queste lettere, scritte originariamente in tedesco e inglese, e rimaste a lungo private, sono ora disponibili in italiano  grazie a “L’Amicizia e la Shoah” (EDB-Edizioni Dehoniane Bologna, 2017).

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