ci eravamo scordati quanto è faticosa l’incertezza
di Mario Giro
in “Domani” del 17 novembre 2020
Le polemiche attorno alla gestione del Covid nascondono qualcosa di serio: la società occidentale
contemporanea è completamente disabituata all’incertezza, all’imprevisto, al non programmato.
Una vita che non sia sotto il proprio egocentrico controllo fa impazzire molti; situazioni che non si
possono dominare appaiono inaccettabili. Alcuni reagiscono a tale situazione sospesa con
depressione, stanchezza o chiusura. Altri con rabbia, collera o sfida. C’è chi sceglie
l’autoreferenzialità e cerca una fuga solitaria. C’è invece chi risponde con cieco vitalismo, negando
la realtà, trasformandosi in folla arrabbiata. C’è anche chi vive entrambi gli atteggiamenti,
passando dall’uno all’altro senza soluzione di continuità. Per questo vediamo molti arrabbiati oggi
contro le chiusure anche se le avevano invocate ieri o viceversa. Non c’è tanta differenza tra chi
protesta e chi si separa dagli altri: entrambi sono modi riluttanti di non acconsentire all’incertezza
dell’indefinito, dell’inconsueto, dell’inatteso. La paura del contagio o della sofferenza è logica e
condivisibile. Ma la pandemia ha fatto emergere il terrore per ogni tipo di disagio e un forte
fastidio per le domande ultime che essa reca con sé. La rabbia contro virologi o medici che si
contraddicono in tv è frutto di tale atteggiamento: dalla scienza si gradirebbe una risposta
ultimativa. Al netto della vanità di chi interviene probabilmente spesso per competere coi colleghi,
si dimentica che la scienza non è certezza assoluta ma ricerca, sperimentazione, progressi e
fallimenti. Anche il caso del vaccino è divenuto un’assurda gara: il mio copre il 90 per cento, il mio
il 92, il mio il 94… comportamenti infantili invece di cooperare a una distribuzione generale che
ancora rimane incerta mentre dovrebbe rassicurare tutti. È diventato insopportabile per l’uomo e la
donna contemporanei, in particolar modo occidentali, non sentirsi liberi di poter fare tutto ciò che pare loro. Improvvisamente ogni tipo di restrizione diviene un dramma assoluto tanto da provocare
una permanente ricerca dei colpevoli. Se non posso sentirmi libero di fare ciò che voglio, significa
che qualcuno me lo impedisce: da qui prende avvio la retorica del complotto, della congiura di cui
sentirsi immancabilmente vittime. A furia di vedere congiure dovunque ci si istupidisce e non si
crede più a nulla. Ma così paradossalmente alla fin fine si è pronti a credere a tutto, a qualunque
cosa. Non si possono trovare colpevoli convincenti della propria ansia: è la vita ad essere così,
quella vera, non quella confortata del nostro orizzonte impigrito.
La vita è lotta, incertezza, sforzo, attesa. Può cambiare e cambiarti. Non tutto è dato per sempre e
occorre impegno. Non è mai stato vero che la vita si possa controllare. La maggioranza del mondo
vive già così e i poveri provano l’incertezza nel quotidiano. Ora il Covid la rammenta a tutti e la vita
ci dice che se ne esce solo lottando e insieme.