Perugia-Assisi: SI, ma non basta
ci vorrebbe un antagonismo diretto e “rumoroso” nei confronti del sistema politico-militare che, anche nel nostro paese, contribuisce direttamente o indirettamente alla terza guerra mondiale a pezzi
La Perugia-Assisi è di tutti, la Perugia-Assisi è un momento di partecipazione di massa che crea emozioni e muove energie soprattutto giovanili. E’ comunque e sempre un fatto positivo in una situazione del paese in cui alla persistenza della crisi socioeconomica non corrisponde una adeguata mobilitazione dal basso ed anche sulle questioni della pace e della guerra il movimento è insufficiente. E’ questa una facile constatazione. Ciò premesso, mi pare che non basti chiamare alla marcia solo perché “la pace è bella” e ci si scarica così la coscienza davanti a una situazione generale nel mondo che si è aggravata negli ultimi due-tre anni. Bisogna qualificare la propria presenza, anche alla marcia, con qualche parola d’ordine specifica, intransigente, antagonista, che sia graffiante. La piattaforma, che è stata presentata in giugno quando la marcia è stata convocata dalla Tavola della pace e dalla Rete della pace, è meno che mediocre. Non dice quasi niente, meglio è piena di belle parole ma generiche che possono andare bene a tutti o a quasi tutti.
Anche Renzi, se non fosse distratto dalla sua campagna per il referendum, potrebbe pensare a parteciparvi tra i suoi boyscout per fare un po’ di immagine e di demagogia a buon prezzo. Già ci tentò D’Alema quando era Presidente del Consiglio, i vecchi della marcia se lo ricordano. Eppure un anno fa all’Arena di Verona le cose furono diverse. Ci fu la proposta soprattutto della campagna su “Un’altra difesa è possibile”, tra maggio e giugno ci sono state iniziative vivaci. Ha fatto bene Pax Christi a pronunciarsi nel suo Consiglio nazionale di giugno e a voler qualificare la propria presenza alla marcia con propri punti (stop agli F-35, no all’installazione delle nuove bombe nucleari B 61-12, blocco alle continue violazione della 185, no alla nuova presenza in Libia, sì alla difesa popolare non armata e non violenta…..). E mi paiono pesanti le osservazioni del Movimento nonviolento che ha deciso di non partecipare. Questa assenza dovrebbe pesare come un macigno perché sono essi , ben più di altri, gli eredi di Capitini e sono stati spesso tra i protagonisti della marcia. Ragionando su questa caduta in basso, che mi è sembrata a un primo momento inspiegabile, mi è venuto il sospetto che la motivazione di fondo sia il freno, conscio o inconscio, determinato dal fatto che al governo non ci sia più la destra nei confronti della quale è facile strillare ma una specie di governo considerato “amico” o perlomeno non nemico (cosa pensata ma non detta).
Ma se questo non fosse solo un mio sospetto, bisognerebbe ridiscutere tutto perché ne verrebbe messo in discussione il senso stesso della marcia a partire dal fatto che non si vede nell’attività di questo governo alcuna benché minima iniziativa nella direzione auspicata da tutte le proposte pacifiste. E ragionando da cristiano mi chiedo perché, mentre papa Francesco parla bene e spesso, i nostri vescovi stiano zitti su questioni che coinvolgono così intensamente la coscienza cristiana.
Vittorio Bellavite
coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa