G.Piana e le innovazioni del ‘questionario’
G. Piana riflette sul ‘questionario’ che papa Francesco ha voluto mettere in mano ad ogni membro ecclesiale, vedendovi novità significative (metodo ‘democratico’, affermazione della sinodalità, della corresponsabilità) e contenutistiche (sguardo positivo sul matrimonio e attenzione ai nodi critici nella prospettiva della misericordia):
il questionario per una chiesa viva
di Giannino Piana
in “Rocca” n. 23 del 1 dicembre 2013
A poco più di sette mesi dalla elezione Papa Francesco (o meglio il nuovo vescovo di Roma, per
usare la formula da lui prediletta) non cessa di sorprendere. Tantissimi sono ormai gli interventi, fatti con
i gesti e con le parole (ma anche – non dimentichiamolo – con precise decisioni di governo), che hanno
contrassegnato di una chiara impronta innovativa il suo pontificato. La scelta preferenziale dei poveri
e l’esercizio della misericordia nei confronti delle molte situazioni difficili che l’umanità oggi
sperimenta sono i tratti qualificanti della sua azione pastorale dal timbro schiettamente evangelico, che
coinvolge a vasto raggio credenti e non credenti, risuscitando la speranza in un mondo attraversato da una
profonda crisi, non solo economica e sociale ma anche (e soprattutto) culturale e morale, e afflitto
proprio per questo dalla paura del futuro.
L’ultimo importante atto di Papa Bergoglio, che non ha mancato di suscitare vivaci e in generale
positive reazioni nell’ambito dell’opinione pubblica (non mancano tuttavia, anzi vanno moltiplicandosi,
nei confronti del Papa anche posizioni di dissenso negli ambienti della conservazione ecclesiale e della
destra politica), è stata la pubblicazione (anticipata da alcune agenzie e poi fornita ufficialmente dagli
organi della Santa Sede) del questionario inviato alle diocesi di tutto il mondo in preparazione del Sinodo
straordinario sulla famiglia, che avrà luogo a Roma nell’ottobre del 2014 e al quale parteciperanno per la
prima volta (in omaggio alla collegialità) tutti i Presidenti delle 114 Conferenze episcopali nazionali del
mondo.
dall’ Instrumentum laboris al questionario
La «novità» di questo modo di procedere è anzitutto metodologica. I sinodi, finora celebrati, dopo il
Vaticano II, sono sempre stati preceduti dalla pubblicazione di un ampio e dettagliato documento
denominato Instrumentum laboris, destinato ai vescovi, e in particolare a quelli designati a partecipare,
nonché ai periti e osservatori invitati, che riproponeva le linee fondamentali della dottrina della chiesa
attorno al tema prescelto come oggetto dell’assise sinodale e conteneva alcune domande su questioni
aperte, di carattere soprattutto pastorale, che dovevano essere fatte oggetto di discussione e di confronto.
Ora, a parte la restrizione del campo al solo ambito dei vescovi e degli esperti, in particolare dei
partecipanti ai lavori (i quali certo avevano la possibilità, di consultare, se lo volevano, sacerdoti e laici),
ad essere fatti oggetto di riflessione erano semplicemente alcuni temi che riguardavano l’applicazione della
dottrina tradizionale alle nuove situazioni o, nel migliore dei casi, l’individuazione di piste efficaci di
carattere pastorale.
Il passaggio al questionario costituisce perciò un vero e proprio ribaltamento di metodo. Non si tratta,
infatti, di procedere dall’alto, in modo deduttivo, ribadendo i principi di sempre e disponendosi ad
affrontare, a partire da essi, i problemi che vengono emergendo dalla realtà. Si tratta piuttosto di partire dal
basso, da una conoscenza approfondita della realtà, perciò facendo spazio a una consultazione di base,
finalizzata a rilevare ciò che le comunità cristiane e, in senso più ampio, gli uomini di buona volontà, pensano
per interrogarsi seriamente su come impostare l’azione pastorale, cioè su come rendere attuale l’annuncio
evangelico così da raggiungere la coscienza dell’uomo contemporaneo.
La novità consiste pertanto nell’impegno ad ascoltare anzitutto il popolo di Dio nella sua interezza – clero,
religiosi e laici – mettendo in tal modo in atto l’ecclesiologia del Concilio, che ha sottolineato con
forza la corresponsabilità di tutti i credenti nella costruzione della Chiesa e il ruolo specifico e fondamentale
dei laici nell’apertura della Chiesa al mondo. La seria considerazione di quanto si registra nelle comunità
cristiane in tema di credenze e di costume non ha, perciò, soltanto un significato sociologico, per quanto
importante; risponde, più profondamente, a un’istanza teologica, quella della ricezione del sensus
fidelium, che è un elemento essenziale dal quale il magistero non può prescindere nell’esercizio delle
proprie funzioni dottrinali e pastorali.
i contenuti del questionario
Un altro dato di grande interesse – quello senza dubbio più eclatante e ampiamente commentato dai media per gli immediati riflessi sull’opinione pubblica – riguarda i contenuti del questionario. Le
trentotto domande, suddivise in nove sezioni, affrontano un ampio spettro di questioni relative allo sviluppo
della vita matrimoniale e familiare, non eludendo i temi più scottanti senza alcuna reticenza e con un
linguaggio diretto, per nulla curiale.
La preoccupazione, che traspare dalla lettura del questionario, è anzitutto quella della trasmissione della
fede, dell’individuazione cioè delle strade per una rinnovata evangelizzazione del matrimonio cristiano, del
suo significato sacramentale e dei valori ad esso connaturati. Papa Francesco è consapevole – e lo esplicita di
continuo nei suoi interventi, soprattutto nella riflessione che svolge quotidianamente attraverso le omelie di
Santa Marta – che la situazione di marcato secolarismo nella quale viviamo, ha finito per offuscare, anche
nel mondo dei battezzati che accedono al sacramento del matrimonio, la consapevolezza del
significato che esso riveste e dei doveri che da esso scaturiscono. L’impegno prioritario delle comunità
cristiane è dunque – come risulta dalle prime sezioni del questionario – quello di restituire credibilità al
matrimonio cristiano e di alimentare la vita spirituale delle coppie e delle famiglie che fanno ad esso
riferimento, perché diano testimonianza dell’amore di Dio che si rende presente nella storia degli
uomini mediante l’esperienza del loro amore. Ma il questionario non manca di mettere a fuoco, con
grande realismo, anche alcuni nodi critici della vita matrimoniale e familiare, propri della situazione
odierna. Contraccezione, coppie di fatto, etero ed omosessuali, convivenze ad experimentum,rapporti
prematrimoniali, comunione ai divorziati risposati sono alcune delle questioni poste sul tappeto;
questioni delicate – come è facile intuire – la cui rilevanza è oggi particolarmente consistente, e che non
possono (e non devono) pertanto essere eluse sul piano pastorale. Significativo è soprattutto il modo con
cui le domande sono costruite, sia perché l’accento è posto anzitutto sull’annuncio della misericordia di
Dio (si veda la domanda che riguarda i separati e i divorziati risposati), sia perché l’attenzione
privilegiata è ai soggetti deboli, in particolare ai bambini, come risulta con chiarezza da una delle
domande (ben quattro) riferite alle «unioni di persone dello stesso sesso».
Non manca, infine – e anche questo è un dato di indubbia novità – il riferimento al giudizio sulla
legislazione civile, soprattutto laddove è in gioco il riconoscimento delle unioni di fatto omosessuali:
«Quale è – recita il questionario – l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato
civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in
questo tipo di unione?». La domanda così posta, che ha come obiettivo la registrazione dei pareri delle
diverse Chiese locali, sembra riconoscere implicitamente la complessità di un giudizio, quello sulla
legislazione civile, la quale, in quanto riflette la situazione di una società democratica e pluralista, non
può certo assumere direttamente la concezione etica propria di una religione – di quella cattolica ad
esempio – o di una ideologia; ma, senza rinunciare a far valere l’istanza etica, deve rintracciarla tuttavia
nella possibile convergenza attorno a un denominatore comune condiviso, le diverse posizioni etiche
presenti nella società.
si avvera il sogno del cardinale Martini?
Quest’ultimo importante atto di Papa Francesco sembra dunque confermare la linea di condotta
innovatrice, che ha contrassegnato fin dall’inizio il suo pontificato. La perfetta sinergia di gesti, parole ed
atti di governo rende trasparente la scelta inequivocabile di una nuova direttrice di marcia, destinata a segnare
una svolta epocale nella vita della Chiesa. Che si avveri il sogno del cardinale Martini, che, in una delle
ultime interviste, denunciava con sofferenza l’arretratezza della Chiesa nei confronti delle trasformazioni
intervenute nella società, giungendo persino a parlare di un gap di ben duecento anni? È troppo presto per
dirlo. Ma è certo che le questioni messe a tema attraverso il questionario del Sinodo straordinario del
prossimo autunno sono le stesse alle quali egli ha ripetutamente alluso negli anni del suo episcopato milanese e
per le quali auspicava appunto la celebrazione di un Sinodo straordinario, se non addirittura (ma su questo
non si è mai espresso ufficialmente) di un nuovo Concilio.
Non c’è che da restare in attesa dei lavori sinodali per verificare quanto delle premure pastorali di Papa
Francesco verrà recepito. Ciò che, in ogni caso, appare assodato è il fatto che si respira oggi nella Chiesa
un clima nuovo e carico di attesa. L’apertura decisa alla sinodalità come forma di conduzione della
chiesa a tutti i livelli (perciò non solo come esercizio della collegialità episcopale) – la destinazione
del questionario rappresenta, a tale proposito, un segno eloquente – e la capacità di immergersi profondamente nel vivo delle vicende umane, a partire da quelle nelle quali si rende più
immediatamente trasparente la fragilità creaturale e il peso del peccato e della sofferenza per
annunciare la misericordia di Dio, sono altrettanti segni di un ritorno allo spirito del Concilio,
peraltro da Papa Francesco ripetutamente proposto come traccia sicura e irrinunciabile del cammino
della Chiesa di oggi. Sembrano tornare di attualità le parole contro i «profeti di sventura» con cui Papa
Giovanni apriva cinquanta anni fa l’assise conciliare e riaffacciarsi, dopo una stagione incerta e non
esente da tendenze involutive, una rinnovata e promettente primavera.