i frati che vivono nelle carrozze dismesse dei treni

 i «frati dei vagoni» vivono la radicalità francescana a Napoli


di Rosanna Borzillo, Napoli

La presenza feconda dei Frati minori rinnovati, che vivono nelle carrozze dismesse dei treni. Carità e apostolato: che nascono dalle ore a tu per tu con Dio

I Frati minori rinnovati di Napoli assieme alle Suore delle Poverelle, a Scampia

i frati minori rinnovati di Napoli assieme alle Suore delle Poverelle, a Scampia 

Bussando al campanello di via Marfella 12 (stradina a ridosso di Capodimonte, a Napoli) ti risponde sempre una voce rassicurante che ti saluta con «il Signore ti dia pace». Al di là del cancello del convento dei Frati minori rinnovati davvero la pace c’è, per chiunque lo varchi, per un incontro con la comunità dei francescani conosciuti nel territorio come i “frati dei vagoni”. Al di là del cancello, infatti, la comunità che ha scelto la radicalità di san Francesco d’Assisi (è a Napoli dal 1976) vive in vagoni dismessi e di sola provvidenza. «Siamo e ci facciamo strumento di provvidenza», spiega fra Massimiliano, il guardiano della comunità. Trentasei anni, vocazione maturata a Carini, in Sicilia, a 19 anni, in “casa scout”, aggiunge: «Non amo le etichette ma, di fatto, abitare nei vagoni diventa profetico: la fraternità diventa testimonianza in un mondo in cui è sempre più difficile portare avanti relazioni e meta che può essere d’aiuto alle famiglie che vengono qui». Tante, in verità, il sabato mattina, in cerca di aiuto materiale e tantissime che nei vagoni trovano un «reticolo di relazioni, ma anche – aggiunge fra Massimiliano – uno spazio. La nostra missione è che i vagoni diventino un luogo teologico, un luogo di Dio dove gli altri possano, attraverso il sacramento della riconciliazione o semplicemente l’incontro con la fraternità, trovare ascolto».

Oltre a Napoli, quattro case in Colombia (Bogotà, El Retiro, Guática, La Cruz), una in Tanzania (Pomerini) e due in Sicilia (a Palermo e Corleone) dove la comunità è nata come scelta di radicalità dopo il Concilio Vaticano II. «Dopo i primi passi a Palermo, una delle tappe più importanti fu Corleone – ricorda il guardiano – perché negli anni 70 il vescovo di Monreale chiese ai frati di impegnarsi in un luogo martoriato dalle faide delle famiglie mafiose e là diventare strumento di dialogo e di pace».

Per fra Stefano è la malattia che diventa salvezza. «Ho 38 anni e vengo da una famiglia semplice – racconta –. Ero imbianchino, ma stavo buttando la mia vita nella spazzatura. Lavoravo in Germania, là mi ammalai e fui costretto a tornare in Italia per curarmi e qui ho incontrato la fede, ma soprattutto mi è stata fatta una promessa: avere una famiglia più grande di quanto io potessi immaginare». Oggi fra Stefano segue molte famiglie a Scampia. La promessa si è avverata. «Con loro organizziamo dei momenti di condivisione alle Vele: portiamo la spesa e cerchiamo di pregare, ascoltare e alleviare tante solitudini».

Uno dei vagoni dismessi del convento dei Frati minori rinnovati, a Napoli

uno dei vagoni dismessi del convento dei frati minori rinnovati, a Napoli 

Attualmente la comunità di Napoli è impegnata anche in due percorsi di evangelizzazione sul territorio: le “10 parole” e i “7 segni” e il percorso di “Fede e psicologia in dialogo” attraverso una lettura biblico-teologica e psicologica dei vizi capitali. Fra Massimiliano è anche accompagnatore spirituale della comunità propedeutica del Seminario di Napoli: sua la testimonianza alla recente veglia vocazionale diocesana con l’arcivescovo Mimmo Battaglia.

Quest’estate, come progetto, la Croazia: un campo a Zagabria, a servizio di bambini disabili e, in particolare, in un ospedale con bambini con malattie rare. «Saremo in tenda per dieci giorni e animeremo tre realtà: un ospedale, un campo rom, un quartiere croato con fragilità». E il futuro? «La creazione di una fraternità secolare di laici che vivono con noi momenti di preghiera e per il prossimo anno un cammino sulla mediazione dei conflitti – spiega fra Massimiliano – vorremmo occuparci di giustizia e ingiustizia nel luogo in cui noi viviamo». Ma perché, oggi, un giovane dovrebbe scegliere di vivere di provvidenza, povertà e servizio? «Per non accontentarsi di sopravvivere ma di vivere veramente».

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