una riflessione di C. Maltese
La minaccia di far cadere il governo era un bluff, come prevedibile, ed è durato ancora meno del previsto. Berlusconi in persona ha dato il contrordine, falchi e colombe sono rientrati nel pollaio. È andata male. Qualcuno del resto poteva credere che si facesse sul serio? La permanenza del governo Letta è l’unico salvacondotto possibile rimasto a Berlusconi. Un’ancora alla quale si è aggrappato con forza. Le ipotesi alternative sarebbero state una follia.
Da un lato, c’era la prospettiva di un Letta bis senza i voti decisivi del Cavaliere. Dall’altro, l’avventura di elezioni anticipate in autunno, che sarebbero state drammatiche per il Paese e probabilmente catastrofiche per il centrodestra. In entrambi i casi, per Berlusconi avrebbe significato la condanna all’irrilevanza politica. Come sempre, ha scelto la soluzione migliore per i propri interessi. Non senza aver inflitto al Paese l’ennesimo trucco. Per settimane i media sono corsi dietro al bestiario di falchi e colombe e pitonesse, prima di rendersi conto che era il solito teatrino di cortigiani dove il padrone passa ogni tanto a distribuire le parti in commedia.
La recita è finita secondo la logica. Il governo va avanti e il Parlamento voterà la decadenza di Berlusconi da senatore. La guerra o la guerricciola istituzionale è finita. Peccato che la destra si sia dimenticata di avvisare qualche amico del Pd. Nessuno per esempio ha avvertito Luciano Violante, che continua a combattere nella jungla come un soldato giapponese la sua battaglia contro il nemico che più l’ossessiona: l’antiberlusconismo.
Per la verità sono molte le cose delle quali il senatore sembra rimasto all’oscuro, almeno a giudicare dalla sortita di ieri. Il senatore Violante ha ricordato il diritto alla difesa di Berlusconi contro le tentazioni del Pd di trasformarlo in un nemico assoluto e ha esortato il proprio partito ad ascoltare le ragioni dell’avversario.
Violante non è stato informato che Berlusconi oggi non è più il nemico assoluto e tecnicamente neppure un avversario del Pd, ma il suo principale alleato di governo. Come tale le sue ragioni sono ascoltate tutti i giorni dal partito di Violante e anzi, secondo molti elettori del centrosinistra, perfino un po’ troppo.
Altra informazione non pervenuta al senatore è che il processo a Berlusconi si è già celebrato in questi anni, in cui l’imputato ha potuto largamente usare e anche abusare del diritto alla difesa dentro e fuori le aule, nel processo e dal processo. Ormai non rimane, secondo Costituzione, che prendere atto della sentenza definitiva. Berlusconi non intende farlo, ma ci vuole un bel coraggio per definire un simile atteggiamento «diritto alla difesa».
Ancora una volta il Pd riesce a trasformare un problema della destra in uno proprio. Alla fine la destra ha compiuto la scelta più raziocinante, la più conveniente. Ha evitato il voto anticipato e lo spettro di un’esclusione dalla maggioranza. La scelta più conveniente per il Pd, una volta svanita la minaccia e il bluff della destra, sarebbe stata di chiudere la vicenda in fretta, archiviare il caso Berlusconi e tornare a occuparsi dei problemi seri del Paese. Ecco che invece il partito riprende a lacerarsi con una discussione assurda e fuori tempo. È davvero difficile capirne la necessità. Chissà, forse siamo noi a non essere bene informati.
Dal ’96 in poi ci siamo chiesti perché il governo di centrosinistra non avesse approvato in Parlamento una legge sul conflitto d’interessi e sul sistema televisivo. Prima di apprendere un giorno, anni dopo, dalla voce dello stesso Violante in Parlamento che c’era un accordo sottobanco fra i dirigenti della sinistra e Berlusconi per «non toccare le televisioni e le aziende ». Se anche stavolta esistono «patti della crostata» fra vertici di centrosinistra e Berlusconi, i cittadini dovranno aspettare altri nove anni per saperlo?