i vescovi brasiliani ammettono l’appoggio alla dittatura

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LA CHIESA BRASILIANA AMMETTE:
ALCUNI VESCOVI APPOGGIARONO LA DITTATURA

«Se è vero che, all’inizio, alcuni settori della Chiesa appoggiarono le mobilitazioni che si tradussero nella cosiddetta “rivoluzione” [così fu chiamato il colpo di Stato del ‘64] al fine di combattere il comunismo, è anche vero che la Chiesa non tacque appena si rese conto dei metodi usati dai nuovi detentori del potere che non rispettavano la dignità della persona e i suoi diritti»
Tale ammissione di connivenza è contenuta nella “Dichiarazione per i tempi nuovi di libertà e democrazia” emessa dalla Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) nel 50° anniversario del colpo di Stato che originò, il 1° aprile del 1964, una dittatura durata 21 anni.

Nel testo, i firmatari – il presidente della Cnbb, card. Raymundo Damasceno Assis, il vicepresidente, dom José Belisário da Silva, e il segretario, dom Leonardo Ulrich Steiner – motivano innanzitutto la Dichiarazione: «Raccontare i tempi del regime d’eccezione – affermano –  ha senso in quanto ci porta a comprendere l’errore storico del golpe, ad ammettere che non a tutto è stato posto rimedio e ad allertare le generazioni post-dittatura perché si mantengano sempre attive nella difesa dello Stato democratico di Diritto». E descrivono la situazione dalla quale non tutti i vescovi seppero prendere le dovute distanze: «Si stabilì una spirale di violenza con la pratica della tortura, la soppressione della libertà di espressione, la censura della stampa, la decadenza dei politici; furono instaurate la paura e il terrore. In nome del progresso, che non si realizzò, diversi popoli furono espulsi dalle loro terre e altri decimati. Molti i morti che non poterono essere seppelliti dai loro familiari». E «ancora oggi molte ombre coprono la verità sui 21 anni che ridussero il Brasile ad un Paese di dolore e lacrime. Ci aiuta a pagare questo debito storico con le vittime del regime la Commissione Nazionale della Verità», istituita nel maggio del 2012, «il cui obiettivo è far luce, senza revanscismi né vendette, su quello che è rimasto nascosto negli abissi della dittatura».

Un orrore cui hanno posto fine «quanti hanno creduto e lottato per il ritorno alla democrazia, alcuni con il sacrificio della loro vita», e grazie ai quali «viviamo tempi nuovi, respiriamo l’aria della libertà e della democrazia». E tuttavia, sottolinea la Dichiarazione, «è necessario superare l’ingiustizia, la disuguaglianza sociale, la violenza, la corruzione, la non credibilità della politica, il non rispetto dei diritti umani, la tortura… La democrazia – mettono in guardia dal vertice dell’episcopato brasiliano – esige la partecipazione costante di tutti». Da parte sua, «fedele alla sua missione evangelizzatrice, la Cnbb riafferma l’impegno per la difesa di una democrazia partecipativa e feconda di giustizia sociale per tutti» e «chiama la società brasiliana ad essere protagonista di una nuova storia, libera dalla paura e forte nella speranza».
Verità, “dovere di solidarietà”

Anche la Commissione Nazionale della Verità, in una nota del 31 marzo, ha voluto ricordare i 50 anni dall’inizio della dittatura, «un regime autoritario che disprezzava i diritti umani; nel quale i diritti sociali di molti erano ignorati e oppositori e dissidenti erano sistematicamente perseguitati con la perdita dei diritti politici, la detenzione arbitraria, la prigione, l’esilio; e dove la tortura, gli omicidi, le scomparse forzate di persone erano regolarmente utilizzati contro quanti insorgevano». In questo cinquantenario, «la Commissione Nazionale della Verità vuole rendere omaggio a queste vittime e riaffermare la sua determinazione a costruire con gli altri un Brasile sempre più democratico e più giusto».

La Cnv è nata, ricorda la nota, «con l’obiettivo di esaminare e chiarire le gravi violazioni dei diritti umani praticate in quel periodo», e poggia «sulla convinzione che la verità storica ha come fine non solo l’affermazione della giustizia, ma anche l’avvio alla riconciliazione nazionale». «Nella certezza – aggiunge infine l’organismo – che il chiarimento circostanziato e l’accertamento della responsabilità dei casi di tortura, morte, scomparsa forzata, occultamento di cadavere, nonché l’identificazione di locali, istituzioni e circostanze relazionate alle gravi violazioni dei diritti umani costituiscano un dovere elementare di solidarietà sociale e un imperativo di decenza reclamati dalla dignità del nostro Paese».

eletta cucuzza su Adista

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