il biblista p. Pagola commenta il vangelo della domenica
CHI SONO IO PER GIUDICARE?
domenica 27 ottobre, 3oa domenica del tempo ordinario
vangelo: Lc 18, 9-14 : il fariseo e il pubblicano
La parabola del fariseo ed il pubblicano normalmente sveglia non in pochi cristiani un rifiuto grande verso il fariseo che si presenta davanti a Dio arrogante e sicuro di sé, ed una simpatia spontanea verso il pubblicano che riconosce umilmente il suo peccato. Paradossalmente, il racconto può svegliare in noi questo sentimento: “Io ti ringrazio, perché non sono come questo fariseo.” Per comprendere correttamente il messaggio della parabola, dobbiamo pensare che Gesù non la racconta per criticare i settori farisei, bensì per scuotere la coscienza di “alcuni che, ritenendosi giusti, si sentivano sicuri di se stessi e disprezzavano gli altri”. Tra questi ritroviamo, certamente, non pochi cattolici dei nostri giorni. … Il discorso del fariseo ci rivela il suo atteggiamento interiore: “Oh Dio! Ti ringrazio perché non sono come quell’altro”. Che razza di discorso è questo di credersi migliore degli altri?
Un fariseo, fedele alla legge e puntuale nelle sue cose, può vivere in un atteggiamento pervertito. Questo uomo si sente giusto davanti a Dio e, proprio per questo motivo, si trasforma in giudice che disprezza e condanna quelli che non sono come lui. Il pubblicano al contrario, riesce solamente a dire: “Oh Dio! Abbi compassione di questo peccatore”. Questo uomo riconosce umilmente il suo peccato. Non può glorificarsi della sua vita. Si raccomanda alla compassione di Dio. Non si confronta con nessuno. Non giudica gli altri. Vive in realtà davanti a sé stesso e davanti a Dio. La parabola è una penetrante critica che smaschera un atteggiamento religioso ingannevole che ci permette di vivere davanti al Signore sicuri della nostra innocenza, mentre condanniamo dalla nostra presupposta superiorità morale chiunque non pensa o agisce come noi. Circostanze storiche e correnti trionfalistiche lontane dal vangelo ci hanno resi specialmente noi cattolici deboli verso questa tentazione. Per questo motivo, dobbiamo leggere la parabola ognuno di noi in atteggiamento autocritico: Perché ci crediamo migliori degli agnostici? Perché ci sentiamo più vicini a Dio noi che coloro che non si interessano al Signore? Che cosa c’è in fondo a certi discorsi che si fanno in merito alla conversione dei peccatori? Che cosa significa per noi riguardo a come si deve porre riparo ai propri peccati senza vivere convertendosi a Dio? Recentemente, davanti alla domanda di un giornalista, Papa Francesco fece questa affermazione: “Chi sono io per giudicare un gay?”. le Sue parole hanno sorpreso quasi tutti. Nessuno si aspettava una risposta tanto semplice ed evangelica di un Papa cattolico. Tuttavia, questo è l’atteggiamento di chi vive in realtà d’innanzi al Signore.
José Antonio Pagola
Un fariseo, fedele alla legge e puntuale nelle sue cose, può vivere in un atteggiamento pervertito. Questo uomo si sente giusto davanti a Dio e, proprio per questo motivo, si trasforma in giudice che disprezza e condanna quelli che non sono come lui. Il pubblicano al contrario, riesce solamente a dire: “Oh Dio! Abbi compassione di questo peccatore”. Questo uomo riconosce umilmente il suo peccato. Non può glorificarsi della sua vita. Si raccomanda alla compassione di Dio. Non si confronta con nessuno. Non giudica gli altri. Vive in realtà davanti a sé stesso e davanti a Dio. La parabola è una penetrante critica che smaschera un atteggiamento religioso ingannevole che ci permette di vivere davanti al Signore sicuri della nostra innocenza, mentre condanniamo dalla nostra presupposta superiorità morale chiunque non pensa o agisce come noi. Circostanze storiche e correnti trionfalistiche lontane dal vangelo ci hanno resi specialmente noi cattolici deboli verso questa tentazione. Per questo motivo, dobbiamo leggere la parabola ognuno di noi in atteggiamento autocritico: Perché ci crediamo migliori degli agnostici? Perché ci sentiamo più vicini a Dio noi che coloro che non si interessano al Signore? Che cosa c’è in fondo a certi discorsi che si fanno in merito alla conversione dei peccatori? Che cosa significa per noi riguardo a come si deve porre riparo ai propri peccati senza vivere convertendosi a Dio? Recentemente, davanti alla domanda di un giornalista, Papa Francesco fece questa affermazione: “Chi sono io per giudicare un gay?”. le Sue parole hanno sorpreso quasi tutti. Nessuno si aspettava una risposta tanto semplice ed evangelica di un Papa cattolico. Tuttavia, questo è l’atteggiamento di chi vive in realtà d’innanzi al Signore.
José Antonio Pagola