il commento al vangelo della domenica

 

lo Spirito e la via della mistica aperta a tutti

il commento di Ermes Ronchi al vangelo della sesta domenica di pasqua (17 maggio 2020):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. […]

Un Vangelo da mistici, di fronte al quale si può solo balbettare, o tacere portando la mano alla bocca. La mistica però non è esperienza di pochi privilegiati, è per tutti, «il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà» (Karl Rahner). Il brano si snoda su sette versetti nei quali per sette volte Gesù ripropone il suo messaggio: in principio a tutto, fine di tutto, un legame d’amore. E sono parole che grondano unione, vicinanza, intimità, a tu per tu, corpo a corpo con Dio, in una divina monotonia: il Padre vi darà lo Spirito che rimanga con voi, per sempre; che sia presso di voi, che sarà in voi; io stesso verrò da voi; voi sarete in me, io in voi; mai orfani. Essere in, rimanere in: ognuno è tralcio che rimane nella vite, stessa pianta, stessa linfa, stessa vita. Ognuno goccia della sorgente, fiamma del roveto, respiro nel suo vento. Se mi amate. Un punto di partenza così libero, così umile. Non dice: dovete amarmi, è vostro preciso dovere; oppure: guai a voi se non mi amate. Nessuna ricatto, nessuna costrizione, puoi aderire o puoi rifiutarti, in totale libertà. Se mi amate, osserverete… Amarlo è pericoloso, però, ti cambia la vita. «Impossibile amarti impunemente» (Turoldo), senza pagarne il prezzo in moneta di vita nuova: se mi amate, sarete trasformati in un’altra persona, diventerete prolungamento delle mie azioni, riflesso del mio sguardo. Se mi amate, osserverete i comandamenti miei, non per obbligo, ma per forza interna; avrete l’energia per agire come me, per acquisire un sapore di cielo e di storia buona, di nemici perdonati, di tavole imbandite, e poi di piccoli abbracciati. Non per dovere, ma come espansione verso l’esterno di una energia che già preme dentro – ed è l’amore di Dio – come la linfa della vite a primavera, quando preme sulla corteccia secca dei tralci e li apre e ne esce in forma di gemme, di foglie, di grappoli, di fiori. Il cristiano è così: un amato che diventa amante. Nell’amore l’uomo assume un volto divino, Dio assume un volto umano. I comandamenti di cui parla Gesù non sono quelli di Mosè ma i suoi, vissuti da lui. Sono la concretezza, la cronaca dell’amore, i gesti che riassumono la sua vita, che vedendoli non ti puoi sbagliare: è davvero Lui. Lui che si perde dietro alla pecora perduta, dietro a pubblicani e prostitute e vedove povere, che fa dei bambini i conquistatori del suo regno, che ama per primo e fino a perdere il cuore. Non vi lascerò orfani. Io vivo e voi vivrete. Noi viviamo di vita ricevuta e poi di vita trasmessa. La nostra vita biologica va continuamente alimentata; ma la nostra vita spirituale vive quando alimenta la vita di qualcuno. Io vivo di vita donata.
letture: Atti 8,5–8.14–17; Salmo 65; 1 Pietro 3,15–18; Giovanni 14,15–21