nel pregare non conta la quantità, ma la verità
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola (…): «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». (…)
Disse una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. Molte volte ci siamo stancati! Le preghiere si alzavano in volo dal cuore, come colombe dall’arca del diluvio, e nessuna tornava indietro a portare una risposta. E mi sono chiesto molte volte: ma Dio esaudisce le nostre preghiere, si o no?
Bonhoeffer risponde: «Dio esaudisce sempre, ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse». Pregate sempre… Pregare non equivale a dire preghiere. Mi sono sempre sentito inadeguato di fronte alle preghiere prolungate. E anche un pochino colpevole. Per la stanchezza e le distrazioni che aumentano in proporzione alla durata. Finché ho letto, nei Padri del deserto, che Evagrio il Pontico diceva: «Non compiacerti nel numero dei salmi che hai recitato: esso getta un velo sul tuo cuore. Vale di più una sola parola nell’intimità, che mille stando lontano».
Perché pregare è come voler bene. C’è sempre tempo per voler bene; se ami qualcuno, lo ami sempre, qualsiasi cosa tu stia facendo. «Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre» (S. Agostino). Quando uno ha Dio dentro, non occorre che stia sempre a pensarci. La donna incinta, anche se il pensiero non va in continuazione al bimbo che vive in lei, lo ama sempre, e diventa sempre più madre, ad ogni battito del cuore. Davanti a Dio non conta la quantità, ma la verità: mille anni sono come un giorno, gli spiccioli della vedova più delle offerte dei ricchi. Perché dentro c’è tutto il suo dolore, e la sua speranza.
Gesù ha una predilezione particolare per le donne sole: rappresentano la categoria biblica dei senza difesa, vedove orfani forestieri, i difesi da Dio. E oggi ci porta a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna, fragile e indomita, che ha subìto ingiustizia ma non cede al sopruso. E traduce bene la parola di Gesù: senza stancarsi mai. Verbo di lotta, di guerra: senza arrendersi. Certo che ci si stanca, che pregare stanca, che Dio stanca: il suo silenzio stanca. Ma tu non cedere, non lasciarti cadere le braccia. Nonostante il ritardo: il nostro compito non è interrogarci sul ritardo del sole, ma forzare l’aurora, come lei, la piccola vedova.
Una donna che non tace ci rivela che la preghiera è un “no” gridato al “così vanno le cose”, è come il primo vagito di una storia nuova che nasce.
Perché pregare? È come chiedere: perché respirare? Per vivere! «Io prego perché vivo e vivo perché prego» (R. Guardini). Pregare è aprire un canale in cui scorre l’ossigeno dell’infinito, riattaccare continuamente la terra al cielo, la bocca alla fontana. Come, per due che si amano, il loro bacio.
(Letture: Esodo 17,8-13; Salmo 120; Seconda Lettera a TImoteo 3,14-4,2; Luca 18,1-8)