MENTRE GESU’, RICEVUTO IL BATTESIMO, STAVA IN PREGHIERA, IL CIELO SI APRI’
commento al vangelo della domenica del Battesimo del Signore (10 gennaio 2016) di p. Alberto Maggi:
Lc 3,15-16.21-22
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Giovanni Battista nel deserto aveva annunziato un battesimo in segno di conversione, cioè cambiamento di vita, per il perdono dei peccati. La risposta è inaspettata: tutto il popolo accorre a lui. Il popolo ha compreso che il perdono dei peccati non può avvenire al tempio, con un atto liturgico, con un sacrificio al Signore, ma attraverso un cambiamento di vita.
Ma se il popolo ha creduto e accorre a Giovanni Battista, le autorità religiose, i capi no, sempre refrattari a qualunque invito al cambiamento.
Allora leggiamo il vangelo di questa domenica, il capitolo 3 di Luca, dal versetto 15. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, cioè il messia.
Il popolo crede di aver individuato in questo profeta nel deserto l’atteso liberatore di Israele. Ma Giovanni chiarisce subito che lui non lo è. Giovanni rispose a tutti dicendo “Io vi battezzo con acqua”, cioè vi immergo in un liquido che è esterno all’uomo, che è un segno di cambiamento di vita per ottenere il perdono dei peccati. “Ma viene colui che è più forte di me”, e qui l’evangelista adopera un’espressione che va inserita nel contesto che va inserita nel contesto culturale dell’epoca per comprenderla. “Non sono degno di slegare i lacci dei sandali”.
Cosa vuol dire Giovanni Battista con questa espressione? C’era una legge nell’istituzione matrimoniale del tempo, che si chiamava “del levirato”. In cosa consisteva questa legge? Quando una donna rimaneva vedova senza figli, il cognato aveva l’obbligo di metterla incinta. Il bambino nato avrebbe portato il nome del marito defunto.
Era la maniera per perpetuare il nome della persona. Quando il cognato si rifiutava di mettere incinta questa donna probabilmente per motivi di interesse perché la donna senza figli, senza prole, veniva rimandata al suo clan familiare. Colui che nella scala sociale, giuridica, aveva il diritto dopo di lui, procedeva alla cerimonia dello scalzamento, sfilava i sandali di questa persona, li prendeva, ci sputava sopra. Era un gesto simbolico che significava “il tuo diritto di mettere incinta questa vedova, spetta a me”.
Ecco allora il significato di questa espressione di Giovanni Battista, che ritroviamo nell’antico testamento, nelle storie di Ruth e nei vari libri. Non sono degno di slegare i legacci dei sandali quindi significa “non sono io che devo fecondare questa vedova”, il popolo di Israele veniva considerato come una vedova, “ma colui che viene dopo di me”.
Perché “Egli vi battezzerà in Spirito Santo”. Mentre io vi ho immerso nell’acqua, simbolo di un cambiamento di vita, lui vi inzupperà, vi immergerà, vi impregnerà della stessa vita divina. “E fuoco”.
Poi qui la liturgia taglia dei versetti che indicano l’eliminazione di Giovanni Battista. E’ la risposta del potere alla conversione. I potenti non vogliono mai cambiare. Ma è anche la stupidità del potere perché la persecuzione fa sempre fiorire la vita, non la estingue. Ogni volta che i potenti vogliono spegnere una voce, ecco che ne sorge una ancora più potente, più forte.
Ecco riprendiamo la nostra lettura al versetto 21. Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato … quindi il popolo ha compreso, tra Gerusalemme, il tempio dove, attraverso un sacrificio al Signore si otteneva il perdono dei peccati, e il deserto attraverso un rito di immersione, il popolo ha compreso che lì c’è la verità.
Ecco che compare Gesù, che va anche lui a farsi battezzare. Ma perché Gesù si battezza? Il battesimo era un simbolo di morte per la gente. Morire al passato, a quello che era uno stato, per iniziare una vita nuova. Anche per Gesù il battesimo è un segno di morte, non ad un passato di peccato che lui non ha, ma l’accettazione di morte nel futuro. Gesù dirà più avanti in questo stesso vangelo che c’è un battesimo nel quale deve essere battezzato ed è angosciato finché non arriverà questo momento.
Si tratta della sua morte. Quindi per Gesù andare a farsi battezzare significa: per la fedeltà all’amore di Dio accettare la persecuzione e anche la morte. Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì. Cosa significa questo cielo che si apre? E’ la comunicazione permanente e definitiva dell’uomo con Dio. Il cielo indica la realtà divina.
Quando c’è un uomo che si impegna a manifestare fedelmente l’amore di Dio, ecco che la comunicazione tra Dio e l’uomo è continua. Con Gesù questa comunicazione sarà ininterrotta.
E discese sopra di lui lo Spirito Santo, l’articolo determinativo indica la totalità. Lo Spirito è la forza, l’energia dell’amore di Dio, che scende su Gesù. Perché l’evangelista indica in forma corporea? Per dire realmente, pienamente; come una colomba. L’immagine della colomba richiama vari elementi, riguarda la creazione quando lo Spirito di Dio aleggiava sopra le acque e nell’interpretazione rabbinica si diceva che era come una colomba, quindi in Gesù c’è la nuova creazione. Richiama soprattutto la colomba che esce dall’arca di Noè, dopo il diluvio, in segno di perdono.
Gesù è il perdono di Dio. Ma richiama anche un proverbio palestinese che dice: “come amor di colomba al suo nido”. La colomba è quell’animale che rimane affezionato, attaccatissimo al suo nido originario. Gli si può cambiare il nido, farne uno nuovo, ma lei non ne vuole sapere. Quindi Gesù è il nido dello Spirito, è là dove si manifesta la pienezza dell’amore di Dio.
E, venne una voce dal cielo, quindi da Dio. E qui l’evangelista fa un collage di vari testi dell’antico testamento, dal profeta Isaia, un salmo, il libro della Genesi: “Tu sei il Figlio mio, l’amato – l’amato indica l’erede, colui che eredita tutto dal padre – “in te ho posto il mio compiacimento”.
Quindi Dio conferma che in Gesù c’è tutta la sua stessa realtà, e il popolo lo deve soltanto accogliere.