Dopo il segno del pane, il lago si riempie di barche e di domande.
Da dove nascerà un lungo scontro verbale, nella sinagoga di Cafarnao, duro fino ad una soglia di rottura, e non solo con occasionali ascoltatori, ma proprio con i suoi discepoli.
Sarà un dialogo tra sordi, che si articola all’inizio attorno a tre domande:
I. Quando sei venuto qua?
E Gesù capisce che alla gente non interessa sapere il quando e il come, ma il perché. E risponde senza giri di parole: voi mi cercate perché avete mangiato, perché pensate di avere un tornaconto, per la pancia piena. Contesta la loro e la mia fede illusoria, “economica”: io amo Dio o i suoi favori? Amo il Donatore o i suoi doni? C’è il cuore da saziare, che è un abisso insondabile (salmo 64,7), e non il ventre.
II. Cosa dobbiamo fare per essere in sintonia con Dio?
Mettersi in sintonia con Gesù: credere, fidarsi, fondarsi, affidarsi. Al cuore della fede sta la tenace, dolcissima fiducia che l’opera di Dio è Gesù: volto alto e luminoso dell’umano, libero come nessuno, guaritore del disamore del mondo. Volto vero di un Dio che viene non come un dito puntato, ma come un abbraccio, come le due ali aperte di una chioccia che protegge e custodisce i suoi pulcini (Lc 13,34), con tenerezza combattiva.
III. Tu, quale opera fai perché ti crediamo? Gesù risponde con due parole immense: Dio dà.
Un verbo così facile, così chiaro: dare, che racchiude il cuore di Dio. Dio dà vita. Siamo davanti a uno dei vertici del vangelo, a uno dei nomi più belli di Dio: Lui è nella vita, donatore di vita. Dalle sue mani la vita fluisce illimitata e inarrestabile.
L’opera di Dio è dare. Dio non prende, dona. Non esige, offre. Non pretende, colma. Non dà pane in cambio di potere, neppure del potere sulle anime. Offre qualcosa che solo può colmare le profondità della vita: “pane dal cielo”.
E qui scatta come una molla, come una freccia, la pretesa totale, perfino eccessiva di Gesù: io sono il pane, io faccio vivere!
L’uomo nasce affamato, ed è la sua fortuna. Il bambino ha fame della madre, gli amanti hanno fame l’uno dell’altro e poi di un figlio che incarni il loro amore, come un balcone sul futuro. E quando una famiglia è completa, dovrebbe sentirsi appagata. E invece l’uomo sente la felicità sempre minacciata. Ed ha fame ed ha paura, desidera amici e teme tradimenti. Ha fame di corpi e poi di infinito; ha fame di cielo: cerca pane d’azzurro.
Pane non è solo un pugno di farina e acqua, ma indica tutto ciò che ci mantiene in vita. Amore. Pace. Dignità. Energia. Libertà. Sogno. Fioritura piena del nostro essere. Felicità.
Pane ‘dal’ cielo, ma non solo: pane ‘di’ cielo, composto di ciò che compone il cielo, fatto della stessa materia di cui è fatto Dio.