il commento al vangelo
CHI CREDE NEL FIGLIO HA LA VITA ETERNA
E IO LO RISUSCITERO’ NELL’ULTIMO GIORNO
Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I DEFUNTI
2 novembre 2014
Gv 6,37-40
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Per la commemorazione dei fedeli defunti, la liturgia ha scelto un brano del vangelo di Giovanni, il lungo discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao sul pane della vita, al capitolo 6, versetti 37-40.
In questo lungo discorso ai suoi discepoli Gesù afferma che si fa pane, alimento di vita, perché quanti poi lo accolgono siano capaci a loro volta di farsi pane e alimento di vita per gli altri. In questo ricevimento del pane, che è Gesù, e nel farsi pane per gli altri c’è questa comunicazione della vita di Dio, di una vita divina, capace di superare la morte.
Ma sentiamo cosa dice Gesù secondo Giovanni. “Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me”. Il desiderio di pienezza di vita che il Padre come creatore ha posto nell’intimo di ogni uomo trova la piena risposta in Gesù. Gesù è la piena risposta di Dio al bisogno di pienezza di vita che ogni persona si porta dentro.
E Gesù afferma “Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori”. Il verbo “cacciare” in questo vangelo appare 6 volte, due volte quando Gesù caccia le pecore dal tempio e poi dal recinto dell’istituzione religiosa, significando la libertà che Gesù è venuto a portare ai suoi; una volta per l’istituzione che caccia, scaccia fuori dalla sinagoga coloro che credono in Gesù; e infine l’ultima volta – positiva – l’annunzio che il principe del mondo sarà cacciato fuori.
E’ la vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre. Gesù non caccia nessuno, lui è solo accoglienza.
“Perché sono disceso dal cielo ..”, questa discesa dal cielo non va intesa in senso spaziale, ma teologico. Vuol dire che l’origine di Gesù non è meramente umana, ma divina. Con la discesa dello Spirito Santo, Gesù, il Cristo, è la definitiva presenza di Dio tra gli uomini.
L’evangelista, al termine del suo Prologo, aveva scritto che Dio nessuno l’ha mai visto, solo il Figlio unigenito ne è la rivelazione. Gesù è la piena manifestazione, la piena presenza di Dio tra gli uomini.
“Non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato”. La volontà del Padre e la volontà di Gesù sono identiche: entrambi desiderano comunicare vita, e vita abbondante, agli uomini. E poi Gesù afferma “E’ questa la volontà”, con l’articolo determinativo, non ci sono tante volontà. A volte si fa coincidere la volontà di Dio con gli avvenimenti tragici, tristi, di sofferenza della vita. Nel vangelo la volontà è unica e positiva.
Sentiamola. “Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”.
Per la prima volta nel vangelo di Giovanni compare l’espressione “ultimo giorno” che poi comparirà sette volte, di cui quattro in questo lungo discorso, sempre associato al verbo “risuscitare”. L’ultimo giorno nel vangelo di Giovanni, che cadenza secondo il ritmo di una settimana il suo vangelo, è quello della morte di Gesù.
Quando Gesù, annunziando che tutto è compiuto, che il progetto di Dio sull’umanità si è realizzato, consegna il suo spirito, dona lo spirito. Quindi l’ultimo giorno è il giorno della morte, ma che è un’esplosione di vita. Gesù, morendo, consegna la vita di Dio, consegna il suo spirito. “Questa infatti è la volontà del Padre mio”.
Gesù torna di nuovo a ripetere, a ribadire quale sia la volontà. E Gesù si è definito il figlio dell’Uomo, è stato definito il figlio di Dio, qui si parla soltanto di “figlio”. Vedere il figlio significa riconoscere la capacità dell’uomo di essere il figlio di Dio realizzando in sé il progetto del creatore.
“Chiunque vede il Figlio e crede”, cioè da la sua adesione, “in lui abbia vita eterna”, senza l’articolo come invece viene tradotto. Perché questa definizione dell’evangelista? Perché l’omissione dell’articolo? Perché la vita eterna avrebbe potuto far pensare a quella della credenza giudaica, cioè una vita che iniziava dopo la morte, come un premio per la buona condotta tenuta nella vita presente. No Gesù dice “Che lui abbia vita eterna”, una vita che è già eterna, non tanto per la durata indefinita, ma per la qualità, che è divina e quindi indistruttibile.
Il dono dello spirito, ci assicura Gesù, porta con sé il dono della risurrezione già in questa vita. Gesù dirà poi più avanti che chi crede in lui non farà mai l’esperienza della morte.