ECCO L’AGNELLO DI DIO, COLUI CHE TOGLIE IL PECCATO DEL MONDO –
Commento al Vangelo della seconda domenica del tempo ordinario (19 gennaio 2013) di p. Alberto Maggi, giornata – la centesima – dedicata alla riflessione sulle migrazioni (segno che non si tratta di una casuale emergenza ma di una realtà strutturale che va cambiando gli assetti mondiali) : dopo il commento di p. Maggi mi piace inserire una breve riflessione su questa centesima giornata di Tonio dell’Olio di ‘pax christi’:
Gv 1,29-34
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fossemanifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui chemi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Giovanni cadenza il suo vangelo seguendo il ritmo della creazione secondo il libro della Genesi. E’’ per questo che il brano di oggi inizia con l’espressione “Il giorno dopo”. E’ il secondo giorno e l’evangelista cadenzerà questi giorni fino ad arrivare al settimo giorno, il giorno della completezza della creazione, con le nozze di Cana, dove sarà annunziata la nuova alleanza.
Ebbene, Giovanni Battista “il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio ”.
Giovanni Battista identifica in Gesù l’agnello di Dio, cosa si intende con questo agnello? E’ l’agnello pasquale, quell’agnello che Mosè ordinò al suo popolo di mangiare la notte della Pasqua, perché la carne avrebbe dato la forza per compiere questo cammino verso la liberazione e il sangue di questo agnello avrebbe privato gli ebrei della morte che l’angelo distruttore quella notte avrebbe portato su tutto l’Egitto.
Quindi carne per avere la forza di camminare verso la libertà, e sangue che libera dalla morte.
Ebbene Giovanni l’evangelista vede in Gesù l’agnello di Dio. Sono numerosi i riferimenti nel vangelo su Gesù come agnello pasquale, per esempio la sua morte che sarà la stessa dell’ora nella quale nel tempio venivano sacrificati gli agnelli per la Pasqua, il fatto che a Gesù non sarà spezzato alcun osso, come era stato stabilito per questo agnello pasquale al quale non dovevano essere spezzate le ossa. Quindi Giovanni vede in Gesù l’agnello di Dio, colui la cui carne darà la capacità e la forza di iniziare il cammino verso la libertà, la liberazione e l’esodo, e il sangue, che non salverà dalla morte fisica, ma salverà dalla morte definitiva. Consentirà a chi accoglie questo sangue una vita di una qualità tale capace di superare la morte.
Ebbene, la funzione dell’agnello di Dio, secondo Giovanni, è “colui che toglie il peccato del mondo”.
Non si tratta dei peccati del mondo, che darebbe il significato dei peccati degli uomini, ma il peccato del mondo. C’è un peccato che precede la venuta di Gesù e rappresenta un ostacolo alla comunicazione tra Dio e l’umanità. Questo peccato è il rifiuto dell’offerta di pienezza di vita che Dio offre all’umanità, causato dall’adesione a un sistema ideologico, religioso che è contrario alla volontà di Dio. E Giovanni Battista definisce Gesù come “colui del quale ho detto «Dopo di me viene un uomo ”, quindi per adesso viene presentato soltanto come uomo. Dice che non lo conosceva, ma è venuto “a battezzare nell’acqua perché Gesù fosse manifestato a Israele” Israele sarà stato sempre un piccolo gruppo che è rimasto fedele al Signore, all’alleanza, alle sue promesse, e nel libro del profeta Sofonia si legge “Farò restare in mezzo a te un popolo umile e povero, un resto di Israele che confiderà nel nome del Signore”
E a questo resto la promessa del Signore. Ma questa promessa che adesso è per Israele dopo con Gesù si rivolgerà da Israele a tutta l’umanità. “Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito»”, l’articolo determinativo indica la totalità dello Spirito, cioè l’energia divina, la pienezza della forza di Dio, cioè l’amore, «Discendere come una colomba dal cielo»”, ricordiamo che la colomba rimanda sia allo Spirito che aleggiava sulla creazione nel racconto del Genesi, sia all’affetto della colomba per il suo nido “«E rimanere su di lui»”. E’ importante come l’evangelista sottolinei non soltanto il fatto che lo Spirito discenda su Gesù, ma che rimanga. Cosa vuol dire? L’esperienza dello Spirito è possibile a molti, ma solo colui sul quale questo Spirito rimane, questi lo può comunicare all’altro; questa sarà infatti l’attività di Gesù che adesso vedremo “«Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse ‘Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito’ »” … ecco di nuovo l’evangelista sottolinea che, non solo lo Spirito, cioè la forza, la potenza di Dio scende su Gesù, ma su lui rimane. Prosegue letteralmente “«’… è colui che battezza nello Spirito Santo’»”.
L’evangelista pone in parallelo l’espressione usata “colui che toglie il peccato del mondo” con “colui che battezza nello Spirito Santo”. Questo peccato non deve essere espiato ma deve essere estirpato. Come? Non attraverso una lotta, non attraverso una violenza. Giovanni ha già scritto nel suo prologo che la luce splende tra le tenebre, la luce non combatte contro le tenebre; la luce si limita a brillare e le tenebre se ne vanno.
L’azione di Gesù è di battezzare nello Spirito Santo. Mentre il battesimo nell’acqua significava immergersi in un liquido che era esterno all’uomo, il battesimo nello Spirito Santo significa lasciarsi impregnare, inzuppare con la pienezza della potenza divina che viene da Dio attraverso Gesù. Quindi l’azione di Gesù è comunicare ad ogni persona la sua stessa vita divina.
Mentre su Gesù scende la forza di Dio, lo Spirito, l’azione di Gesù è quella di battezzare in Spirito Santo; ‘Santo’ indica non solo la qualità, la santità di questo Spirito, ma la sua attività di santificare, cioè separare quanti accolgono questo Spirito, dalla sfera del male, dalla sfera delle tenebre. Quindi l’azione di Gesù è quella di comunicare il suo stesso Spirito.
Una volta che questo Spirito è accolto nella persona, questo diventa una sorgente zampillante che comunica, in maniera crescente, continua e traboccante, la vita divina. E conclude il brano, “«E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio»”. Colui che era stato annunziato semplicemente come un uomo , “dopo di me viene un uomo che è davanti a me”, ora viene rivelato come il figlio di Dio.
Una volta che è discesa la pienezza dello Spirito Santo, in Gesù c’è la pienezza della condizione divina e Gesù manifesta pienamente la realtà di Dio.
Il sesto continente
Tonio Dell’Olio
Domenica prossima in tutte le chiese cattoliche del mondo sarà celebrata la centesima giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Centesima. Segno che non può essere emergenziale l’attenzione per coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra. Che a buon ragione quello dei migranti deve essere considerato ormai il sesto continente. E che lo sguardo va oltre Lampedusa e si sposta ai mille confini del mondo in cui tanta povera gente gioca a dadi col proprio destino. Per cercare una vita dignitosa per sė e per la propria famiglia. Segno che le migrazioni dei popoli cambiano lingua e rotte, modalità e origine, ma sono endemiche. Ce ne dobbiamo fare una ragione. Al contrario la stragrande maggioranza dei soldi del capitolo immigrazione nel nostro Paese vengono destinati per la gestione dei CIE e per i respingimenti. Briciole, solo briciole, per scuola e servizi sanitari che sono i luoghi in cui si costruisce sicurezza sociale. Una politica miope che non riesce nemmeno ad affrontare il tema in senso planetario, ovvero con accordi internazionali e politiche di cooperazione. E intanto il carico delle vittime si fa insostenibile per le nostre coscienze da Prato a Lampedusa, ma anche dai confini messicani a quelli asiatici. Mi dice padre Giovani La Manna: “Per strappare all’anonimato i morti della notte del 3 ottobre a Lampedusa ho deciso di celebrare ogni giorno una messa per ciascuno di loro e mi sono accorto che sono 368 i morti ufficiali. Non mi basteranno tutti i giorni dell’anno”.