“Dio odia le donne”?
lo dicono le religioni
un libro di Giuliana Sgrena
da: Adista Notizie n° 21 del 04/06/2016
Al titolo provocatorio del libro di Giuliana Sgrena Dio odia le donne (Saggiatore, 2016) mi viene da contrapporre l’incipit di un saggio di Giovanni Fioravanti (in Italialaica) «Dio è morto, la religione no. Se si uccide in nome della propria fede, non è Dio che si sta cercando ma esclusivamente la propria affermazione terrena…». Aggiungo: si può uccidere anche senza l’uso delle armi, semplicemente rendendo la persona umana invisibile. L’uomo-maschio si è servito nei secoli del mito dell’onnipotenza della divinità per affermare e difendere il proprio dominio sulle donne create come esseri inferiori.
È questa sorta di complicità che ha mantenuto in vita la religione che non è – come comunemente si pensa – il ponte tra l’umanità e Dio. Basta percorrere la ricchissima documentazione proposta dall’autrice, frutto di un’accurata ricerca sui testi fondamentali delle 3 grandi religioni monoteiste per rendersene conto. Ma quando è morto Dio? E poi, Dio è veramente morto? È morto alcuni secoli fa, se consideriamo le “guerre di religione” che dal Medioevo in poi hanno funestato le nostre società, le persecuzioni degli “eretici”, degli “infedeli”, delle “streghe”. Non così nel mondo antico, dove le guerre venivano scopertamente combattute per estendere il proprio dominio su terre e mercati e agli dei venivano tributati sacrifici e doni propiziatori. Le sconfitte erano considerate vendette per doni mancati o inadeguati… Dio potrebbe essere morto, ucciso dal progresso scientifico e dalla complessità dei centri di potere dell’Età moderna.
Ma Dio non è morto. Segni della sua vitalità sono la ricerca di spiritualità in chiave non fondamentalista, e i fondamentalismi risorgenti dovuti alla crisi dei valori, all’ignoranza, alla sete di protagonismo (cfr. Introduzione). La ricerca di spiritualità passa necessariamente per la laicità fondandosi sul rifiuto delle discriminazioni offerte a piene mani dai testi sacri di ebraismo, cristianesimo e islam, e sulla negazione dell’Assoluto. E laico è nel metodo e nel merito questo saggio di Giuliana Sgrena.
Nel metodo: non si instaura alcun confronto gerarchico tra le 3 religioni. I dettami di ciascuna vengono calati senza pregiudizi nelle realtà conosciute dall’autrice durante la sua attività di giornalista in Medio Oriente e in Nord Africa, e durante i giorni del suo sequestro. Piovono come pietre sul capo di donne che non conoscono la distinzione tra imperativo religioso e leggi dello Stato.
Nel merito: le religioni non sono affrontate come una “disciplina di studio”, ma per le ricadute tutte ugualmente discriminanti nei confronti delle donne. Ben altro approccio rispetto a quella “Storia delle religioni” invocata da molti come antidoto all’insegnamento della religione cattolica concordatario. Infatti è la religione, non le religioni la causa reale della mancata liberazione delle donne. Le religioni sono le varianti contestualizzate nelle diverse culture, ma è la religione quel groviglio di tradizioni, pregiudizi, legami irrinunciabili che formano l’appartenenza, e l’impossibilità per la gran parte delle donne di formarsi una propria identità al di fuori dell’obbedienza.
Dalle pagine di questo terribile libro escono figure come Gulnaz, la giovane donna di Kabul, stuprata dal marito della cugina; potrebbe fuggire, aiutata da un’associazione, ma alla fine resta senza più speranze, sposa il cugino stupratore, vive nella sua casa con la prima moglie, che ha 4 figli, mentre lei ne avrà tre. “È rassegnata, non rivolge mai lo sguardo al marito stupratore”… figure come Amina in Somalia «una donna bellissima ma i suoi occhi sono spenti». Ha sperimentato sulla sua bambina la pratica delle mutilazioni genitali femminili (mgf). Una pratica che viene accettata di buon grado dalle donne di quel Paese (e non solo) poiché il dolore fisico da loro subito rende la famiglia degna di onorabilità…
I primi due capitoli riguardano il tema della creazione e della verginità. Notevole l’immagine di Lilith, la divinità mesopotamica entrata nella cabala ebraica, creata dalla terra come Adamo, ma ribellatasi a lui viene associata al demonio, seminatrice di vento e tempesta. Per questo Dio creò Eva dalla costola di Adamo e non dalla terra, perché gli fosse per sempre sottomessa… I capitoli a seguire evidenziano le inferiorità attribuite alla donna: invisibili e svergognate per l’impurità del corpo di cui sono portatrici e che devono continuare a espiare, a partire da segregazioni, lavaggi, aspersioni, fino al rito macabro del mgf che Sgrena descrive con pagine di intensa partecipazione.
Una riflessione sulle circostanziate descrizioni degli effetti prodotti sulle donne dalle Scritture non può che farci concludere che la religione – emanazione di regole e norme patriarcali per mantenere inalterato il potere in mano maschile – non è certo il ponte che conduce a Dio.
Resta uno scoglio, quello della nostra appartenenza. Il rifugio in un Dio, che depuriamo di tutte le discriminazioni contenute nei Sacri Testi, un Dio che in qualche modo “ci appartiene?” O il passo ulteriore, dalla laicità all’ateismo?