il Dio cristiano è ‘partigiano’ , è un Dio che sta da una ‘parte’

ce lo ha detto chiaramente Gesù

«Tu sei il Dio dei poveri, il Dio umano e semplice, il Dio che suda per le vie, il Dio dal viso stravolto; per questo ti parlo io così come parla il mio popolo, perché tu sei il Dio operaio, il Cristo lavoratore»

(messa contadina nicaraguegna)

È partito tutto da lui, ha diviso la storia in prima e dopo non lasciando nulla com’era, e forse proprio per questo ha ‘goduto’, durante la vita terrena, di una pessima fama. Sì, per noi è il Figlio di Dio. Sì, noi seguiamo, con immensa gioia, un reietto condannato all’infamia della crocifissione. Noi non crediamo nel giudizio emesso dal Potere civile e da quello religioso, perché la sua Persona e il suo messaggio risuonano nel luogo più intimo della nostra anima, restituendo vigore ai nostri desideri infiniti di libertà e di fratellanza. Intravediamo una Verità che valorizza il nostro processo di umanizzazione. Sobillatore e provocatore per lo Stato, per noi è Dio che ci rivela la sua predilezione, fino al punto di morire, per gli ultimi, per quelli schiacciati proprio dal Potere. Un ‘eretico’ e un bestemmiatore per la gerarchia religiosa, per noi è Dio che guarda con viscere materne le ferite dell’uomo prodotte dal peccato.

Sì, per noi è Dio e conosciamo l’abituale reazione violenta del Potere nei confronti dei dissidenti. D’altronde, per esso, è sopportabile solo un dio accondiscendente e collaborativo secondo le esigenze dell’oppressione. In caso contrario è pronto un palo verticale allestito dal Potere religioso e uno orizzontale allestito dal Potere civile: la croce delle struttura di peccato su cui inchiodare i giusti e gli indifesi. Noi rifiutiamo il Potere, preferiamo morire piuttosto che opprimere in cambio di qualche sporco vantaggio personale, desideriamo aiutare, cooperare, includere senza prevalere e comandare. Noi rifiutiamo la competizione, la logica del più forte e quella del più furbo, preferiamo perdere ma arrivare tutti insieme, evitiamo i piedistalli per non cadere, i pulpiti per non guardare dall’alto in basso, e l’unico insegnamento che riteniamo veramente indispensabile è quello di Matteo 25. Noi non consideriamo come progresso l’osservazione dei pianeti o la scoperta di nuovi universi ma solo il grado di compassione nei confronti delle fragilità. Noi non condividiamo la cultura borghese ed elitaria, scegliamo il popolo. Desideriamo essere così: invisibili tra gli invisibili.

da ‘altrainformazione’

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