il messaggio del card. Turkson al C.C.I.T. 2019

 

CCIT— Trogir – 2019
Dal Vaticano, 27. marzo, 2019

Messaggio di S.Em. Cardinale Peter K. A. Turkson Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ai Partecipanti all’Incontro Annuale del Comité Catholique International pour les Tsiganes (CCIT) (Trogir, Croazia, 5 – 7 aprile 2019)

Reverendo e caro Don Dumas, Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo, Con piacere indirizzo il mio cordiale saluto a tutti voi riuniti nell’Incontro annuale del Comitato Cattolico Internazionale per gli Zingari, memore dell’interessante e prezioso scambio che ho avuto con molti di voi l’anno scorso a Banneux, in Belgio.
Il tema scelto, La missione di ritorno: sorgente di cambiamento, dà una determinata direzione alle riflessioni di questa riunione.

La missione di ritorno obbliga a volgere lo sguardo al passato, impone una rilettura della storia e un ritorno alle radici, con gratitudine e con nuovo zelo, per riscoprire ciò che sta alla base e al centro della vostra missione e per ritrovare la forza e la vitalità delle origini sulle quali costruire un futuro migliore, rinnovato. Tutto ciò con la consapevolezza che l’opera, che stiamo costruendo oggi, rimane per le generazioni future e, quindi, deve avere un solido fondamento, e un ricco contenuto che costituiscono una vera risorsa da consegnare ai giovani.
La missione di ritorno implica una ricerca di tutto ciò che abbiamo in comune e che permette di conoscerci meglio, di comprenderci a vicenda, superando i pregiudizi e i preconcetti, al fine di costruire unità nella diversità. Questo nasce in ogni incontro, innanzitutto nell’accettazione dell’altro con tutta la sua realtà e i suoi condizionamenti, nell’accoglienza senza riserve, nel dialogo, nell’apertura alla sua alterità e alla sua gerarchia di valori, nel riconoscere la sua identità e nel permettergli di essere e rimanere se stesso.
So che tale missione e tutto il vostro servizio in favore dei Rom e di altri gruppi itineranti non è facile.

Pertanto desidero assicurarvi che la Chiesa vi è vicina e vi ringrazio, mentre esprimo la riconoscenza del Santo Padre, insieme a quella del mio Dicastero.
Nonostante gli sforzi congiunti tra le varie istituzioni ecclesiali e sociali, intraprese per favorire l’inserimento delle popolazioni rom nella società e per assicurare la loro piena partecipazione ai diritti e ai doveri, molto c’è ancora da fare. In diversi paesi i Rom continuano a rimanere nelle periferie esistenziali, emarginati, dimenticati e privi del necessario. Penso a coloro che vivono segregati nei cosiddetti “campi nomadi” e nelle banlieue delle città, sotto i ponti e ai margini delle strade, spesso ingannati e traditi anche dai loro conterranei. Penso alle mamme che chiedono l’elemosina con i piccoli in braccio, ai ragazzi e alle ragazze che abbandonano il percorso scolastico, spesso costretti a farlo. Penso ai padri che vorrebbero assicurare il benessere alle famiglie, ma nessuno offre loro un’opportunità di lavoro a causa della diversità. Penso, infine, a molti uomini, donne e bambini vittime del traffico di esseri umani o di altre forme di schiavitù.

Al riguardo, Papa Francesco ricorda a tutti noi che

“siamo chiamati a sviluppare ogni volta di più una maggiore collaborazione, perché si superi ogni tipo di disuguaglianza, ogni tipo di discriminazione, che sono proprio quelle che rendono possibile che un uomo possa fare schiavo un altro uomo. Un impegno comune per affrontare questa sfida sarà un aiuto prezioso per la costruzione di una società rinnovata e orientata alla libertà, alla giustizia e alla pace’.

Cari Amici, voi raggiungete i Rom in tanti luoghi, ma soprattutto nelle periferie, dove molti non osano o non vogliono andare per paura di umiliazioni o di rigetto; voi vi accostate a loro là dove è necessario rinunciare a se stessi, per farsi pieno dono secondo la logica del Vangelo. Agendo in questa direzione, portate loro la speranza e la ragione di essere i protagonisti del proprio sviluppo umano integrale, della crescita nella fede e della formazione etica e spirituale. Mentre li avvicinate e instaurate un dialogo con loro, vi rendete conto che state entrando in un diverso modo di essere e di agire, dove i vostri gesti e comportamenti, come pure le parole e le azioni, devono acquisire una nuova comprensione e un nuovo significato. A questo punto desidero rammentare quanto ha detto il Papa emerito Benedetto XVI a proposito dello sviluppo nella Lettera enciclica Caritas in veritate.

Cito:

“Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace” (CV n. 79).

Nel vostro tema leggo anche “Sorgente di cambiamento”. Guardiamo allora al presente nella prospettiva del futuro, con speranza e ottimismo, domandandoci che cosa cambiare e perché, per quale motivo. A che cosa deve servire la missione di ritorno?

La presentazione della storia e della spiritualità del CCIT2 che ho potuto seguire a Banneux, mi permette di fare qualche breve riflessione in merito. La strada percorsa dal Comitato nei suoi 44 anni di vita è stata ardua e faticosa, soprattutto nei suoi inizi. Tuttavia oggi siete un buon numero di membri, tra sacerdoti, religiosi/e, operatori pastorali laici e gli stessi rom. Nel corso degli anni, soprattutto dal 1979, il Comitato si è sviluppato costantemente, con entusiasmo e difficoltà, caratteristiche che non hanno smesso di essere le pietre miliari del suo cammino. Oggi, esso vuole essere uno spazio di gratuità, di libertà e di fraternità; un intimo legame tra la realtà sempre nuova delle popolazioni rom e il senso cristiano del vostro impegno. Senz’altro è un’opera importante e valida quella che portate avanti, tenendo conto delle sue origini e tradizioni. E pensando alla storia del CCIT, non si può non ricordare Don André Barthélémy, che con il suo costante impegno e la ferma volontà di trasmettere ai Rom la fede in Gesù Cristo è stato uno dei fondatori di questa realtà. Il suo grande amore e la sollecitudine verso i Rom, vi servano da guida nella riflessione sul vostro futuro e sui cambiamenti.

Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium Papa Francesco ha parlato di una “Chiesa in uscita”, di una Chiesa missionaria che non ha paura di incontrare l’altro, di scoprire le novità, di parlare della gioia del Vangelo; non per fare proseliti, ma per condividere con tutti la Buona Novella, con audacia e fervore. Il Pontefice tratta maggiormente questo argomento nell’Esortazione Gaudete et exultate, ai nn. 129-139, ricordando che tutto deve partire da Dio, che “ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere. Ci conduce là dove si trova l ‘umanità più ferita e dove gli esseri umani, al di sotto dell’apparenza della superficialità e del conformismo, continuano a cercare la risposta alla domanda sul senso della vita. […] Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì” (GE n. 135). Papa Francesco insiste molto sull’importanza della collaborazione nell’impegno dell’evangelizzazione, del sociale e nell’ambito caritativo.
In questa prospettiva dovrebbe, forse, essere riletto il ruolo del CCIT all’interno della Chiesa. Sin dall’inizio, come ha detto il Sig. Tambour, il Comitato ha lavorato con uno spirito missionario verso i Rom e ha creato un ambiente e una mentalità che collegano intimamente l’attualità dei Rom a una dimensione spirituale. Tuttavia il lavoro potrebbe essere ancora più ricco e più fecondo se il Comitato fosse maggiormente aperto alla collaborazione con le Chiese locali, con i suoi Pastori, che vi hanno inviato in questa missione, e con le parrocchie. I Rom hanno bisogno anche di questa relazione. Prima di tutto, perché quanti hanno rapporti di amicizia con loro sono chiamati a impegnarsi anche nella sensibilizzazione delle comunità parrocchiali per rispondere all’invito di Papa Francesco ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare’ come i migranti, così anche i rom. In secondo luogo, la cooperazione con altre istituzioni ecclesiali aiuta a sfruttare tutte le risorse, spirituali e materiali, che la Chiesa mette a disposizione per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri e per risolvere più facilmente le cause strutturali della povertà (cfr. EG 188), quindi porta vantaggio alle popolazioni rom. Il CCIT sarà un autentico dono per la Chiesa e per i Rom, se saprà realizzare pienamente il proprio carisma nell’apertura e in sinergia con altre istituzioni. Anche Gesù non ha portato la croce da solo, ma si è lasciato aiutare da Simone di Cirene (cfr. Lc 23, 26). Cari Amici, auspico che lo Spirito Santo vi accompagni con la sua luce e i suoi doni durante questa riunione e vi permetta di scoprire tutto ciò che può portare al cambiamento e può aprire davanti a voi nuove possibilità di servizio. Il Signore vi benedica e Maria Regina vi accompagni nel vostro cammino.

A Lei affido ognuno di voi, le vostre comunità e le vostre famiglie.
Peter K.A. Cardinale Turkson Prefetto

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