la Shoah oggi?
“il nuovo Olocausto è nella fossa comune del Mediterraneo”
Ovadia
l’artista ospite del Teatro “Gesualdo” per una due giorni in città all’insegna della memoria come insegnamento per l’oggi
“l’ebreo di oggi è il rom, considerato ancora paria dell’umanità; è il musulmano, il palestinese; è il profugo che trova la morte nella fossa comune del Mediterraneo”
di Emma Barbaro
“Io conosco la Shoah. Tuttavia ritengo che oggi essa venga strumentalizzata per altri scopi. Il giorno della memoria sta diventando il giorno della falsa coscienza e della retorica. L’Ebreo è divenuto il Totem attraverso cui ricostruire la verginità della civiltà occidentale. Ma l’ebreo di oggi è il rom, considerato ancora paria dell’umanità; è il musulmano, il palestinese; è il profugo che trova la morte nella fossa comune del Mediterraneo”. A parlare è l’artista poliedrico Moni Ovadia. Un ebreo italiano, nato in Bulgaria nel 1946. Un uomo, innanzitutto. La sua famiglia vive gli anni della persecuzione nella schiera dei ‘fortunati’. Sfuggono ai campi di concentramento perché Bulgaria e Danimarca non cedono alle pressioni internazionali e scelgono di non piegarsi alle deportazioni di massa. “Vuol dire che si poteva fare- ricorda Ovadia- e che gli altri Stati hanno deciso consapevolmente di non farlo”.
Parole dure come macigni, che rispolverano quel concorso di colpa tutto italiano nelle vicende della Seconda Guerra Mondiale. La memoria scivola a quel 16 ottobre del 1943, data in cui 1024 ebrei romani, 1024 italiani, furono arrestati, tenuti prigionieri e infine caricati come bestiame sui quei vagoni la cui ultima fermata recava ‘Auschwitz Birkenau’. Circa 847 di loro furono direttamente ‘selezionati’ all’arrivo per le camere a gas. Tornarono in sedici, una donna e quindici uomini. “Abbiamo bisogno di sapere- suggerisce Ovadia- che la memoria serve ad edificare presente e futuro. Altrimenti, è solo vuoto celebrativismo. E allora, che si parli pure di una giornata ‘delle memorie'”.
Ad ascoltare, attenti, gli studenti della Scuola Media ‘Perna- Alighieri’ e quelli del Liceo delle Scienze Umane ‘P. V. Marone’ che ogni anno, nel mese di febbraio, porta i suoi studenti a visitare il tristemente noto campo di concentramento di Auschwitz Birkenau. Nell’ambito della rassegna ‘Teatro Civile’, il Teatro Carlo Gesualdo e il Conservatorio Cimarosa di Avellino si sono fatti promotori di una due giorni incentrata sul ricordo delle vittime della Shoah. Presenti all’incontro il presidente dell’Istituzione Teatro comunale Luca Cipriano, l’assessore con delega alla Cultura Teresa Mele e l’assessore alle Politiche Sociali Marco Cillo, che nel donare a Moni Ovadia una sciarpa realizzata nel maglificio confiscato alla camorra ‘CentoQuindici Passi’ ricorda le vittime trasversali del ‘sonno della ragione’. “Se il compito del Terzo Reich- afferma Cillo- è stato quello di cercare di cancellare dalla memoria le vittime innocenti del genocidio, al pari la mafia tenta di nascondere alle coscienze il ricordo dei suoi morti. Oggi abbiamo il compito di affidare questi nomi agli studenti per dar loro la possibilità di perpetrare la memoria. Il 27 gennaio dovrebbe uscire dal calendario ed entrare nella nostra quotidianità”.
Ma è Moni Ovadia a rinsaldare la consapevolezza. A ricostruire il sottile legame con la coscienza. “Si è passati- afferma- dallo sterminio degli ebrei alla israelianizzazione della memoria. Ho ascoltato politici, per me furfanti, uscire dal campo di concentramento di Auschwitz e dire “mi sento israeliano”. Ma che affermazione è questa? Non sento nessuno affermare di sentirsi rom, omosessuale, antifascista, slavo o menomato. Eppure anche loro furono vittime dello sterminio. Vedete, distinguere tra morti è uno schifo. Primo Levi ha scritto un capolavoro assoluto della memorialistica e della riflessione, ma non l’ha intitolato ‘Se questo è un ebreo’ ma ‘Se questo è un uomo’. Ricordiamoci degli esseri umani. Anche se noi italiani siamo specialisti in retorica e falsa coscienza, sfatiamo il mito degli ‘italiani brava gente’. Ricordiamo che quello fascista è stato il regime dei genocidi: in Cirenaica, ad opera del generale Graziani; in Etiopia, il generale Badoglio ordinò lo sterminio col gas. Centotrentacinquemila morti civili, innocenti spariti in una volta sola. Ricordiamoci della ex Jugoslavia. Facciamo come i tedeschi. Loro hanno fatto chapeau. Loro, con la storia, ci hanno fatto i conti. Forse dovremmo iniziare a farlo anche noi”.
Nella memoria di Ovadia sfilano gli armeni, lo sterminio di massa in Manciuria, quello delle Filippine; ma anche il tentativo di cancellazione di un’intera generazione in Argentina con i desaparecidos, la lotta interna della Cambogia, la guerra civile dell’ex Jugoslavia tra coloro che pregavano lo stesso Dio: i cattolici- croati e i serbi- ortodossi. E l’Europa, ferma a guardare le sue faglie in rotta di collisione tra loro. Pronta a favorire gli uni piuttosto che gli altri interessi. Per non parlare delle crociate di democrazia moderne, dei morti civili in Iraq, Afghanistan, Siria, Libano, Palestina. La lista è lunga, ma la domanda resta: si può oggi escludere una persistenza della mentalità degli stermini? “Il Mar Mediterraneo è una fossa comune- arringa Ovadia- Ancora una volta gli interessi economici vengono anteposti alla dignità degli esseri umani. Eppure siamo stati noi occidentali a dire che ‘gli uomini nascono liberi e uguali, pari in dignità e diritti‘. Ma ancora manca il diritto di residenza universale. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, ed io condivido con tutto il cuore questa impostazione, propone l’abolizione universale del permesso di soggiorno. Altrimenti non saremo mai una vera umanità. I dati Onu ci dicono che le ‘guerre moderne’ causano oggi il 95 percento delle vittime civili. La guerra non è di per sé un atto criminale?”.
“Io voglio stare in esilio finché vivrò- conclude l’artista- L’Italia è il mio Paese ma non la mia patria. Patrie non ne voglio avere. Vengo a parlare con questi ragazzi perché le loro vite non subiscano passivamente la falsa coscienza e retorica. Perché oggi i rom vengono considerati ancora i paria dell’umanità mentre gli ebrei sono le vacche sacre? Perché i primi non hanno uno Stato, mentre i secondi sono armati fino ai denti con testate nucleari e cercano costantemente di estendere i propri confini. Ecco perché l’antisemitismo di Stato è scomparso. Per carità, sopravvive in alcuni corpuscoli nazisti, ma è stato espunto dallo spazio pubblico. Si deve avere coraggio e lungimiranza per affermare certe idee. Poi ne paghi il prezzo: io non dirigo teatri o festival, collaboravo per alcune testate e ora non mi ci fanno più scrivere. Ma settant’anni cominci a fregartene e comprendi che l’informazione è importante, ma non deve mai ridursi a mera comunicazione. In questi giorni assisteremo ad un profluvio di trasmissioni sulla Shoah, ma nessuno penserà di collegare quel ricordo con gli stermini di massa di cui siamo complici nel presente. L’informazione- conclude- va incrociata con l’indagine del presente per poter essere un elemento fruibile dalle future generazioni”.