il papa che ama le periferie
Il Papa e la Chiesa di popolo
«Vedo meglio dalle periferie»
di Franca Giansoldati
in “Il Messaggero” del 13 marzo 2015
è il Papa che sta insegnando alla Chiesa ad affrontare i confini. A misurare le periferie. Periferie fisiche, del cuore, esistenziali, geografiche. In questi due anni di pontificato Francesco non ha fatto altro, e il risultato raggiunto ha un segno positivo
Da quel saluto non convenzionale («fratelli e sorelle buonasera») dalla Loggia delle Benedizioni, il 13 marzo 2013, fino alla messa che programmata per il Giovedì Santo a Rebibbia. Si inginocchierà lavando i piedi a dodici ergastolani, uomini e donne. Le periferie appunto. I giorni che si sono succeduti dalla sua prima apparizione pubblica in poi, si sono riempiti via via di azioni dirompenti, di atti non convenzionali, di discorsi franchi e diretti, persino di sbagli fatti in buona fede, di frasi sopra le righe ma bonarie, battute divertenti, capaci di introdurre al centro il linguaggio della periferia, tanto da cambiare la percezione della Chiesa, del Vaticano, del Papa stesso.
«ALLONTARSI DAL CENTRO»
Rispetto a due anni fa l’immagine complessiva della Chiesa è differente. Più dialogante, più inclusiva, più di popolo. Come se qualcuno avesse spannato uno specchio da troppo tempo offuscato. Questione di confini. Il lievito di evangelica memoria che emerge. Il programma che sta realizzando il Papa argentino mette al centro la responsabilità dei cristiani e il loro modo di rapportarsi al mondo circostante, ampliando il raggio d’azione, includendo anche quegli spazi che, in un modo o nell’altro, solitamente non si controllavano. Dal centro si marcia verso la periferia. «Nella misura in cui usciamo dal centro e ci allontaniamo da esso scopriamo più cose, e quando guardiamo al centro da queste nuove cose che abbiamo scoperto, da nuovi posti, da queste periferie, vediamo che la realtà è diversa». Questa frase chiave per capire cosa ha in testa Bergoglio è stata affidata pochi giorni fa al giornale dei Villeros, i poveri delle favelas di Buenos Aires. Gli avevano mandato una serie di domande, sperando che trovasse il tempo di rispondere, e così è stato. «Una cosa è osservare la realtà dal centro e un’altra è guardarla dall’ultimo posto dove tu sei arrivato. Un esempio: l’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa. La realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro. Compresa la realtà di una persona, la periferia esistenziale, o la realtà del suo pensiero; tu puoi avere un pensiero molto strutturato ma quando ti confronti con qualcuno che non la pensa come te, in qualche modo devi cercare ragioni per sostenere questo tuo pensiero; incomincia il dibattito, e la periferia del pensiero dell’altro ti arricchisce».
Da questa piattaforma si può declinare ogni azione di governo del Papa argentino. All’interno della curia dove sono iniziate le riforme, allo Ior che sta rinunciando al segreto bancario, tra i vescovi ai quali chiede di rivedere tanti criteri nell’esercizio delle loro funzioni pastorali.
DIALOGO E SVOLTE STORICHE
L’impatto di Francesco è stato vitale anche in diplomazia. Sotto di lui ha ripreso a volare la grande scuola di Paolo VI. Grazie alla fiducia che riesce a infondere gli Usa di Omaba e la Cuba di Castro si sono per la prima volta messi attorno ad un tavolo per avviare un negoziato dai contorni storici. Anche atri dossier attendono aperti nel frattempo: la Cina e i rapporti con Pechino, il Vietnam, la Turchia e l’Armenia, l’Ucraina. L’idea di fiducia nell’uomo si trasmette anche alle nazioni. «Tutte le persone possono cambiare».
«VORREI MANGIARE UNA PIZZA»
Francesco sostiene che non si tratta di ottimismo, ma di fede. «Fede nella persona che è figlia di Dio e non abbandona i suoi figli». Tenerezza e misericordia, capacità di rialzarsi dopo una caduta, sapendo che Dio è più grande di ogni dolore, di ogni sbaglio, di ogni perdita. Bergoglio ama ribadire durante le prediche del mattino a Santa Marta che la persona è immagine di Dio «e che Dio non disprezza la propria immagine, in qualche modo la riscatta, trova sempre il modo di recuperarla quando è offuscata; Noi figli di Dio ne combiniamo di tutti i colori, sbagliamo ad ogni piè sospinto, pecchiamo, ma quando chiediamo perdono Lui sempre ci perdona. Non si stanca di perdonare; siamo noi che, quando crediamo di saperla lunga, ci stanchiamo di chiedere perdono». Papa Bergoglio insegna ad ascoltare i rumori della foresta che cresce. «Ascoltare le persone, a me, non ha mai fatto male. Ogni volta che le ho ascoltate, mi è sempre andata bene. Le volte che non le ho ascoltate mi è andata male. Perché anche se non sei d’accordo con loro, sempre – sempre! – ti danno qualcosa o ti mettono in una situazione che ti spinge a ripensare le tue posizioni. E questo ti arricchisce». Due anni tempo di bilanci anche per Francesco: alla giornalista messicana Valentina Alazraki, star di Televisa, due giorni fa ha assicurato che fare il Papa gli sta piacendo, solo che vorrebbe avere la possibilità di uscire la sera in incognito per Roma «per andare a mangiare una pizza».